Cassazione , sez. V penale, sentenza 20.04.2006 n° 16571
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
SENTENZA 20 aprile-16 maggio 2006, n. 16571
(Presidente Foscarini – Relatore Marini)
La Corte osserva
B. Teresa e B. Paolo ricorrono per cassazione, a mezzo del comune difensore, avverso la sentenza 20 aprile 2005 della Corte di appello di Palermo che, investita del gravame dagli stessi proposto avverso la sentenza 15 gennaio 2004 del Giudice del Tribunale di Palermo che li aveva condannati rispettivamente alla pena di euro 300 di multa per il reato di ingiuria ed alla pena di mesi tre e giorni dieci di reclusione per il reato di violenza privata (pene entrambe sospese) – reati entrambi commessi in persona di D. Antonio in data 1 giugno 1999 – ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado.
Quali mezzi di annullamento, i ricorrenti prospettano:
1) erronea applicazione dell’articolo 192 Cpp, nonché difetto, illogicità e contraddittorietà della sentenza, sul rilievo di acritica ed illogica adesione alla narrazione accusatoria della persona offesa, prescelta a fronte di disinteressate testimonianze di segno opposto;
2) erronea applicazione degli articoli 594 e 610 Cp, sotto il primo profilo difettando le espressioni pronunciata da B. Teresa di idoneità lesiva dell’altrui onore, e sotto il secondo profilo riconducendosi il fatto nell’ambito di un mero “battibecco verbale”.
Il giudice di merito ha ricostruito in fatto l’episodio nel senso che il B. Paolo, introdottosi con la propria vettura, in altrui area condominiale, parcheggiò il mezzo in modo tale da impedire l’uscita sulla pubblica via all’auto del D., rifiutando di spostarsi una volta invitato, pretendendo che esso D. dovesse attendere l’arrivo della sorella Teresa la quale, a sua volta, gli rivolse l’espressione «a questo la casa gliela hanno regalata…a noi ci dà fastidio l’esistenza sua e della sua famiglia e che sono dei pazzi»; tale ricostruzione ha fondato sulle “dichiarazioni testimoniali acquisite”.
A fronte di tale motivazione, sono evidenti i profili di inammissibilità del primo motivo, che riguarda la sola B. Teresa; e, ciò, sia laddove del tutto genericamente assume l’inattendibilità delle dichiarazioni, in quanto contraddittorie ovvero mendaci, della persona offesa, ovvero prospettata, secondo personale riflessione, un diritto del “visitatore” cioè del B. Paolo, ad una sorta di “precedenza” nei riguardi del condominio, o, infine, oppone che i testi si sarebbero limitati a riferire di “voci concitate”, attestative essere stesse di un litigio verbale cui si è resa compatibile la narrazione di espressioni offensive quale resa della persona offesa.
Quanto alla valenza offensiva delle parole pronunciate da B. Teresa, poi, il ricorso omette palesemente di considerare l’espressione «a noi ci dà fastidio l’esistenza sua e della famiglia, sono dei pazzi», chiaramente lesiva dell’altrui patrimonio morale in quanto attributiva al destinatario di una condizione di squilibrio mentale; e, per concludere sul primo motivo, costituisce mera rilettura del fatto la prospettazione di una reazione del B. Paolo ad un atto di “prepotenza” del D..
Quanto al secondo motivo, palesemente privo di pregio è l’assunto che nella B. Teresa avrebbe fatto difetto l’animus iniuriandi essendo noto che l’ingiuria è reato a dolo generico e l’effettiva intenzione di ledere l’altrui patrimonio morale no è richiesta, salvo che nelle ipotesi – estranee alla fattispecie – nelle quali la carica ingiuriosa delle espressioni dipenda da circostanze di fatto speciali e contingenti.
Destituito di fondamento, poi, è il terzo motivo, con il quale si contesta la configurazione del delitto ex articolo 610 Cp sul rilievo che, nella specie, avrebbero fatto difetto la violenza fisica ovvero la minaccia.
Vero è, infatti, che nel reato di violenza privata (articolo 610 Cp), il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà (Cassazione, Sezione quinta, 17 dicembre 2003 rv 228063); nella specie, la sentenza ha descritto un fatto di voluta intenzione dell’imputato di mantenere il proprio veicolo – già parcheggiato irregolarmente in un’area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere (“condominio a lui estraneo”) – in modo tale da impedire alla persona offesa di transitare con il proprio veicolo per uscire sulla pubblica via, rifiutando reiteratamente di liberare l’accesso, pretendendo “con evidente protervia ed arroganza” che la persona offesa attendesse secondo proprie necessità (la “discesa” della sorella), e tanto basta per integrare la violenza quale normativamente prevista.
Al rigetto dei ricorsi consegue la solidale condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese del procedimento.
Così deciso in Roma il 20 aprile 2006.
Depositata in cancelleria il 16 maggio 2006.
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