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Difetto di conformità delle merci
nella vendita internazionale: legge applicabile e competenza
giurisdizionale
avv. Giuseppe Briganti
(avv.briganti@iusreporter.it – www.iusreporter.it)
Nell’ambito dei contratti di vendita internazionale
di beni mobili, allorché non siano coinvolti consumatori,
la disciplina dettata dalla Convenzione di Vienna del 1980i
prevale sulla disciplina dettata, per le obbligazioni contrattuali,
dalla Convenzione di Roma del 1980ii. Ciò in base
sia all’art. 21 di quest’ultima convenzione
sia all’art. 57, ultima parte, L. 218/1995iii.
L’art. 21 della citata Convenzione di Roma stabilisce
infatti che “La presente convenzione non pregiudica
l’applicazione delle convenzioni internazionali di
cui uno Stato contraente è o sarà parte”.
L’art. 57, ultima parte, L. 218/1995 di riforma del
sistema italiano di diritto internazionale privato fa salve
le altre convenzioni internazionali in vigore per l’Italia,
in quanto applicabili.
La Convenzione di Vienna, com’è noto, è
un accordo non sulla legge applicabile bensì di diritto
materiale uniforme, volto cioè a sostituire, almeno
in parte, le diverse discipline nazionali con un regime
unitario delle vendite aventi carattere transfrontalieroiv.
Detta Convenzione deve altresì ritenersi prevalente
sulla Convenzione dell’Aja del 1955 sulla legge applicabile
alle vendite a carattere internazionale di oggetti mobili
corporaliv.
Ciò in base al fatto, secondo la dottrina e parte
della giurisprudenza, che l’ambito di applicazione
internazionale della Convenzione delle Nazioni Unite del
1980 è speciale rispetto a quello della Convenzione
dell’Aja, in quanto più limitato. La Convenzione
di Vienna, infatti, si applica soltanto ai contratti di
vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa
ubicazione statale della sede d’affari delle parti
contraenti, mentre la Convenzione dell’Aja contempla
ogni tipo di contratto di vendita “internazionale”.
La specialità della Convenzione di Vienna, e dunque
la sua prevalenza, è data però essenzialmente
dalla circostanza che essa, come accennato, detta una disciplina
di diritto materiale uniforme, mentre la Convenzione dell’Aja
pone regole di diritto internazionale privato. Le norme
di diritto materiale uniforme rivestono infatti per definizione
carattere di specialità, “giacché risolvono
il problema sostanziale ‘direttamente’, ossia
evitando il doppio passaggio, consistente nell’individuazione
del diritto applicabile prima e quindi nell’applicazione
dello stesso, che sempre si rende necessario quando si fa
ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato”vi.
Secondo parte della dottrina, inoltre, il ricorso al diritto
materiale uniforme presenterebbe un ulteriore vantaggio
rispetto al ricorso alla giustizia di diritto internazionale
privato: l’eliminazione del cd. forum shopping, ossia
l’attività tendente alla ricerca della giurisdizione
più favorevole agli interessi dell’istante;
questa, infatti, sarebbe evitata dall’applicazione
del medesimo diritto materiale nei vari Stati contraenti.
D’altra parte, a ciò si è giustamente
obiettato che detto vantaggio resterebbe tale solo sul piano
teorico, in quanto non mancano ragioni per cui, pur in applicazione
di una convenzione di diritto uniforme, le parti avranno
comunque interesse a ricorrere al forum shopping, avvalendosi
del sistema processuale nazionale che ritengono a loro più
confacente, soprattutto considerando che nei vari Paesi
le convenzioni vengono interpretate in modo talvolta anche
molto diverso, con la possibile configurazione di risultati
anche opposti sul piano materialevii.
Tale rischio si presenta però ridotto con riferimento
alla Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di vendita
internazionale di merci: esistono oggi infatti numerosi
strumenti che consentono di attenuare le divergenze interpretative,
quali banche dati che pubblicano giurisprudenza internazionale
in materia e riviste giuridiche dedicateviii. Tali strumenti
hanno lo scopo – conforme a quanto prescritto dall’art.
7, par. 1, della Convenzioneix – di rendere uniforme,
attraverso il riferimento alla giurisprudenza dei vari Paesi
ivi reperibile, l’applicazione e l’interpretazione
della Convenzione; e ciò, invero, anche laddove si
consideri che il richiamo alla giurisprudenza di altri Paesi
o anche di tribunali arbitrali, che i giudici dovrebbero
operare, può soltanto avere valore persuasivo e non
vincolantex.
Ciò posto in ordine alla prevalenza della Convenzione
di Vienna, occorre ora prenderne in esame l’ambito
di applicazione con riguardo ai contratti di vendita che
presentano caratteri di internazionalità.
Innanzitutto, naturalmente, è necessario essere in
presenza di un contratto di compravendita. In mancanza di
un’espressa definizione nella Convenzione, occorre
rifarsi al disposto degli artt. 30 e 53 della stessa.
In base alle norme suddette, è contratto di compravendita
l’accordo in virtù del quale il venditore s’impegna,
alle condizioni previste dal contratto e dalla Convenzione,
a consegnare i beni, a trasferirne la proprietà ed
eventualmente a consegnare tutti i documenti ad essi relativi,
mentre l’acquirente si assume l’obbligo di pagare
il prezzo e di prendere in consegna i beni. La Convenzione
richiede altresì che l’oggetto della compravendita,
al momento della consegna, sia mobile e tangibilexi.
In secondo luogo, l’applicazione della Convenzione
è subordinata al carattere di internazionalità
del contratto. Occorre, a tal fine, come già accennato,
che le parti contraenti abbiano, al momento della conclusione
dell’accordo, la loro sede d’affari, ossia il
luogo dal quale viene svolta un’attività commerciale
caratterizzata da una certa durata e stabilità nonché
da una certa autonomiaxii, in Stati diversi.
L’internazionalità del contratto non è
tuttavia di per sé sufficiente a rendere applicabile
la Convenzione. È infatti altresì necessario
che i Paesi nei quali le parti hanno la loro sede d’affari
siano Stati contraenti della Convenzione al momento della
conclusione dell’accordo (art. 1, par. 1, lett. a)),
oppure che le norme di diritto internazionale privato del
foro rinviino al diritto di uno Stato contraente (art. 1,
par. 1, lett. b)). In negativo, occorre inoltre che le parti
non si siano avvalse della facoltà loro riconosciuta
dalla Convenzione di escludere l’applicabilità
della stessa al contratto (art. 6).
Così precisato l’ambito di applicazione, deve
essere brevemente esaminata la disciplina riservata ai cd.
vizi di conformità della merce (artt. 35 ss.).
L’art. 35 prevede che il venditore debba consegnare
beni di quantità, qualità e genere corrispondenti
a quelli previsti dal contratto; il cui imballaggio e confezione
corrispondano a quelli previsti dalle parti.
Pertanto, a meno che i contraenti non convengano altrimenti,
le merci possono considerarsi conformi al contratto solo
se:
a) sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente
merci dello stesso genere;
b) sono atte ad ogni uso speciale, espressamente o tacitamente
portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione
del contratto, a meno che risulti dalle circostanze che
l'acquirente non si è affidato alla competenza o
alla valutazione del venditore o che non era ragionevole
da parte sua farlo;
c) possiedono le qualità di una merce che il venditore
ha presentato all'acquirente come campione o modello;
d) sono imballate o confezionate secondo i criteri usuali
per le merci dello stesso tipo, oppure, in difetto di un
criterio usuale, in maniera adatta a conservarle e proteggerle.
Il venditore non è d’altronde responsabile
di un difetto di conformità che il compratore conosceva
o non poteva ignorare al momento della conclusione del contratto.
Qualora i beni risultino difettosi, per non perdere la relativa
garanzia, l’acquirente deve denunziare i difetti al
venditore, precisandone la natura, entro un termine ragionevole
dal momento in cui li ha scoperti o avrebbe dovuto scoprirli
(art. 39, par. 1)xiii.
Il concetto di “ragionevolezza” del termine
costituisce, secondo la prevalente opinione, una “clausola
generale”, che non può che rimandare ad una
valutazione da parte del Giudice di tutte le circostanze
della fattispecie concreta, tenendo presente, tra l’altro,
la natura dei beni oggetto della compravenditaxiv.
Il momento in cui comincia a decorrere il termine ragionevole
per la denuncia va stabilito in base all’art. 38,
secondo cui “L’acquirente deve esaminare le
merci o farle esaminare nel termine più breve possibile,
considerate le circostanze”. Diviene così evidente
lo stretto legame tra l’art. 39 e l’art. 38,
ossia fra i doveri di ispezione e tempestiva denunzia, gravanti
sul compratore.
Qualora il contratto di compravendita implichi un trasporto
di beni, l’art. 38, par. 2, stabilisce che l’ispezione
della merce compravenduta può – ma non deve
– essere differita sino all’arrivo a destinazione.
Una volta giunta a destinazione, tuttavia, la merce deve
essere ispezionata nel più breve tempo possibile.
Numerose pronunce impongono un esame immediato delle merci
anche tramite controlli a campione prima della definitiva
rivendita o trasformazione dei beni, con la conseguenza
di far decorrere il termine ragionevole dal momento della
consegna, e di considerare tardiva una denuncia effettuata
oltre una decina di giorni dalla stessaxv.
Altre pronunce hanno ritenuto invece ammissibile un termine
di più di un mese dalla consegna, con riguardo in
particolare a casi in cui il vizio fosse riscontrabile solo
dopo specifici accertamentixvi.
Prevale comunque la tendenza ad applicare una certa severità
nell’individuazione della “ragionevolezza”
del termine per la denuncia, in considerazione anche dell’esigenza
di certezza delle situazioni giuridiche, particolarmente
sentita nel commercio internazionale.
L’onere di provare di avere effettuato una tempestiva
denuncia grava sull’acquirente, secondo il principio
generale della Convenzione onus probandi incumbit ei qui
dicit (art. 7, par. 2)xvii.
Deve segnalarsi infine che la Convenzione, allo scopo di
rendere meno drastiche le conseguenze di una mancata tempestiva
denuncia, prevede la possibilità per il compratore
di far valere in determinate ipotesi il difetto di conformità
anche in mancanza di detta denuncia (artt. 40 e 44).
Così, secondo l’art. 40, “Il venditore
non può avvalersi delle disposizioni degli articoli
38 e 39 se il difetto di conformità riguarda fatti
di cui era a conoscenza o non poteva ignorare e che non
ha denunciato all’acquirente”.
Con riguardo alla competenza giurisdizionale del giudice
italiano a conoscere di controversie aventi ad oggetto contratti
di vendita internazionale di beni mobili, deve osservarsi
che la sussistenza della giurisdizione italiana in materia
civile e commerciale, nei confronti di soggetto domiciliato
in uno Stato membro dell’Unione europea, deve oggi
essere determinata sulla base del Regolamento CE 44/2001,
entrato in vigore il primo marzo 2002 e, in quanto tale,
direttamente applicabile nell’ordinamento giuridico
degli Stati membrixviii.
Per quanto concerne il campo di applicazione del provvedimento
in parola, il suo art. 1 prevede che esso trovi applicazione
in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla
natura dell'organo giurisdizionale. Il Regolamento non concerne,
in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativaxix.
Il principio fondamentale accolto dal Regolamento in materia
di competenza giurisdizionale è quello secondo cui
la competenza a conoscere di una data controversia presentante
elementi di estraneità spetta al giudice dello Stato
in cui è domiciliato il convenuto, indipendentemente
dalla cittadinanza di quest’ultimo.
A questo proposito, infatti, l’art. 2, par. 1, stabilisce
che, salve le altre disposizioni del Regolamento, le persone
domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro
sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità,
davanti ai giudici di tale Stato membroxx.
Accanto al “foro generale” costituito dal domicilio
del convenuto, il Regolamento 44/2001/CE prevede poi “competenze
esclusive” per determinate categorie di controversie;
“competenze speciali” che istituiscono fori
facoltativi a quello generale per certe materie; “competenze
imperative” finalizzate alla protezione del contraente
“debole” in materia assicurativa e nelle ipotesi
di contratti conclusi da consumatori.
Con riferimento alla materia contrattuale che qui interessa,
l’art. 5 del Regolamento prevede, quale competenza
speciale, che la persona domiciliata nel territorio di uno
Stato membro può essere convenuta in un altro Stato
membro davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione
dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguitaxxi.
Ai fini dell'applicazione della disposizione e salvo diversa
convenzione, il luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta
in giudizio è, nel caso della compravendita di beni,
il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono
stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto.
Si ricorda in proposito che l’art. 31 della Convenzione
di Vienna disciplina l’obbligo di consegna del venditore
prevedendo, in particolare, che, quando il contratto di
vendita implica un trasporto dei beni, detto obbligo è
soddisfatto con la consegna delle merci “al primo
trasportatore perché le faccia pervenire all’acquirente”xxii.
Allorché si tratti di una compravendita internazionale
di beni mobili di cui parte è un consumatore, troverà
invece applicazione la competenza imperativa configurata
dalla sezione 4 del Regolamentoxxiii.
_____________________
i Convenzione delle Nazioni Unite sulla vendita internazionale
di merci, Vienna, 11 aprile 1980, ratificata e resa esecutiva
in Italia con la legge 11 dicembre 1985, n. 765, GU 303,
Suppl. ord. del 27 dicembre 1985.
ii Legge 18 dicembre 1984, n. 975, Ratifica ed esecuzione
della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali, con protocollo e due dichiarazioni comuni,
adottata a Roma il 19 giugno 1980, GU 25 del 30 gennaio
1985, Suppl. ord.
iii Così Cass. civ., sez. un., 18/10/2002, n. 14837,
in Giust. civ. Mass. 2002, 1826.
iv In generale, sulla Convenzione, si veda T. Ballarino,
Diritto Internazionale Privato, Padova, Cedam.
v Legge 4 febbraio 1958, n. 50, Ratifica ed esecuzione
della convenzione sulla legge applicabile alle vendite a
carattere internazionale di oggetti mobili corporali, firmata
all’Aja il 15 giugno 1955, GU 48 del 25 febbraio 1958.
La Convenzione dell’Aja del 1955 è una convenzione
di unificazione del diritto internazionale privato: le sue
norme hanno come scopo quello di determinare la legge applicabile
al contratto di vendita, non di dettarne una disciplina
sostanziale. In argomento si rimanda a Ballarino, op. cit.
Nel senso della prevalenza della Convenzione di Vienna
sulla Convenzione dell’Aja si veda Tribunale di Rimini,
sent. n. 3095 del 26/11/2002, in www.unilex.info; Tribunale
di Vigevano, 12/07/2000, n. 405, in Giur. it., 2001, 281
ss.; Tribunale di Pavia, 29/12/1999, n. 468, in Corr. giur.,
2000, 932 ss.
vi Trib. Rimini cit.
vii Trib. Rimini cit.
viii Ad esempio: www.unilex.info per le banche dati e Internationales
Handelsrecht per le riviste.
ix Si riporta il testo dell’art. 7 della Convenzione:
“1. Ai fini dell'interpretazione della presente Convenzione,
sarà tenuto conto del suo carattere internazionale
e della necessità di promuovere l'uniformità
della sua applicazione, nonché di assicurare il rispetto
della buona fede nel commercio internazionale.
2. Le questioni riguardanti le materie disciplinate dalla
presente Convenzione e che non sono da questa espressamente
risolte, saranno regolate secondo i princìpi generali
a cui si ispira, o, in mancanza di tali princìpi,
in conformità alla legge applicabile secondo le norme
del diritto internazionale privato”.
x Trib. Rimini cit. Si veda anche A. Veneziano, Mancanza
di conformità delle merci ed onere della prova nella
vendita internazionale: un esempio di interpretazione autonoma
del diritto uniforme alla luce dei precedenti stranieri.
Nota a Trib. Vigevano 12/07/2000, in Dir. comm. internaz.
2001, 2, 497.
xi Trib. Rimini cit.
xii Trib. Rimini cit.
xiii L’art. 39, par. 2, aggiunge che “In tutti
i casi l'acquirente decade dal diritto di far valere un
difetto di conformità se non lo denuncia al più
tardi entro un termine di due anni, a partire dalla data
alla quale le merci gli sono state effettivamente consegnate,
a meno che tale scadenza non sia incompatibile con la durata
di una garanzia contrattuale”.
xiv Trib. Rimini cit.; Trib. Vigevano cit.; Tribunale di
Cuneo, 31/01/1996, in www.unilex.info.
xv Trib. Vigevano cit.; A. Veneziano, op. cit.
xvi A. Veneziano, op. cit.
xvii Trib. Vigevano cit.; A. Veneziano, op. cit.; Trib.
Rimini cit. (sull’art. 7, v. nota n. 9.)
xviii Regolamento 44/2001/CE del 22/12/2000, concernente
la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, GUCE L
12 del 16 gennaio 2001; successiva rettifica in GUCE L 307
del 24 novembre 2001.
Come disposto dal provvedimento, nella misura in cui esso
sostituisce, tra gli Stati membri, le disposizioni della
convenzione di Bruxelles del 1968, ogni riferimento a tale
convenzione deve intendersi oggi rivolto al Regolamento
(art. 68).
xix Sono inoltre espressamente esclusi dall’ambito
di applicazione del provvedimento:
a) lo stato e la capacità delle persone fisiche,
il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni;
b) i fallimenti, i concordati e la procedure affini;
c) la sicurezza sociale;
d) l'arbitrato.
xx Alle persone che non siano in possesso della cittadinanza
dello Stato membro nel quale esse sono domiciliate, si applicheranno
comunque le norme sulla competenza vigenti per i cittadini
(art. 2, par. 2).
L’art. 3 aggiunge che le persone domiciliate nel
territorio di uno Stato membro possono essere convenute
davanti ai giudici di un altro Stato membro solo in base
alle norme enunciate nel provvedimento. In particolare,
nei loro confronti non potranno essere addotte le norme
nazionali sulla competenza riportate nell'allegato I del
Regolamento in esame.
Ciò vale a dire che, per l’Italia, allorché
si sia in presenza di un convenuto domiciliato in uno Stato
membro dell’Unione europea, non potranno trovare applicazione
“l'articolo 3 e l'articolo 4 della legge 31 maggio
1995, n. 218”.
Se il convenuto non è domiciliato nel territorio
di uno Stato membro, la competenza è disciplinata,
in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva
l'applicazione degli articoli 22 (competenze esclusive)
e 23 (proroga di competenza) del Regolamento (art. 4, par.
1).
Per l’Italia, si applicheranno dunque in siffatta
ipotesi gli artt. 3 e 4 L. 218/1995.
Chiunque sia domiciliato nel territorio di un determinato
Stato membro può, indipendentemente dalla propria
nazionalità ed al pari dei cittadini di questo Stato,
addurre nei confronti di tale convenuto le norme sulla competenza
in vigore nello Stato medesimo, in particolare quelle indicate
nell'allegato I del provvedimento (art. 4, par. 2).
xxi Altre competenze speciali sono previste dal successivo
art. 6.
xxii Cfr. Cass. civ., sez. un., 18/10/2002, n. 14837 cit.
Si riporta il testo dell’art. 31 della Convenzione
di Vienna:
“Se il venditore non è tenuto a consegnare
le merci in altro luogo particolare, il suo obbligo di consegna
consiste:
a) quando il contratto di vendita implica un trasporto
di merci, nel consegnare le merci al primo trasportatore
perché le faccia pervenire all'acquirente;
b) quando, nei casi non previsti al precedente comma, il
contratto verte su un corpo certo o su qualcosa di genere
che deve essere prelevato su una massa determinata o che
deve essere fabbricata o prodotta e quando, al momento della
conclusione del contratto, le parti sapevano che le merci
si trovavano o dovevano essere fabbricate o prodotte in
un luogo particolare, nel mettere le merci a disposizione
dell'acquirente in tale luogo;
c) negli altri casi, nel mettere le merci a disposizione
dell'acquirente nel luogo in cui il venditore aveva la sua
sede di affari al momento della conclusione del contratto”.
xxiii Sulla competenza giurisdizionale e sulla legge applicabile
alle controversie del commercio elettronico B2C di carattere
internazionale, si veda G. Briganti, Controversie nel commercio
elettronico B2C: competenza giurisdizionale e legge applicabile,
2004, disponibile nella sezione Internet degli e-book di
IusOnDemand, www.iusondemand.com/ebook.
La redazione di megghy.com
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