I VIZI DEGLI ATTI TRIBUTARI: 1.L'INESISTENZA, 2.LA NULLITA', 3.LA RIFORMA DELLa L. 15/2005 4.L'ANNULLABILITA', 5.CASI PRATICI DI NULLITA'
L'invalidità degli atti tributari è un tema complicato,l'inosservanza di disposizioni stabilite a pena di nullità non genera, di norma, provvedimenti nulli, ma annullabili (ed è tutta un'altra musica);cio' significa, che in virtu' del principio generale del chiesto e del pronunciato, per poter ottenere l'annullamento dell'atto e' necessario fare ricorso al Giudice Tributario.
La L. n. 15 del 2005 muta sensibilmente il quadro; dal giorno 8 marzo 2005 i vizi degli atti amministrativi, e quindi anche degli atti tributari, presentano un volto nuovo, vediamo di analizzare i vari aspetti della portata della nuova norma con riferimento ai vari vizi degli atti tributari
1.L'INESISTENZA (mancanza di legittimazione passiva)
Comprende i provvedimenti impositivi che, benché apparentemente tali, sono in realtà privi di vita ab initio: ad esempio, un avviso di accertamento intestato ad una società cancellata dal Registro delle imprese , ovvero ad una persona deceduta da oltre un anno , non esistono per la semplice ragione che non esistono i destinatari del provvedimento, quindi l'atto e' inesistente, quando manca la legittimazione passiva,in merito alla notifica di una cartella ad una società cancellata si veda Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sent. 10 ottobre 2005, n. 19732. L'atto inesistente conta zero; non produce effetti giuridici; a chi ne pretendesse qualcuno sarebbe in ogni tempo opponibile l'inefficacia assoluta. Il giudice è tenuto, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, a dichiarare che l'atto inesistente è solo un ectoplasma; la sentenza avrà natura dichiarativa: il relativo dispositivo recherà il sintagma "la Commissione dichiara l'inesistenza dell'atto impugnato" aut similia.
2. LA NULLITA'
La nullità in diritto tributario, non ha la stessa efficacia rilevabile nel diritto civile, quindi niente imprescrittibilità della relativa azione o eccezione , niente rilevabilità di ufficio (oltre che dall'interessato) da parte del giudice in ogni stato e grado del processo.
La nullità dei provvedimenti tributari, significa solo annullabilità; cioè l'atto fiscalmente nullo produce effetti nel mondo giuridico come se fosse valido, tanto che costituisce titolo per la riscossione ed e' suscettibile di divenire definitivo, rendendo irrilevanti gli eventuali vizi di nullità, se l'interessato non ricorre al giudice tributario.Una volta impugnato, la Commissione non può rilevare le nullità di propria iniziativa ma solo a richiesta del ricorrente in virtu' del principio del chiesto e del pronunciato.
3.LA RIFORMA DELLa L. 11 febbraio 2005, n. 15
La L. 11 febbraio 2005, n. 15, introduce nel testo della L. n. 241 del 7 agosto 1990 l'art. 21-septies. Questa norma prevede, al comma 1, che "È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge". Accanto a questa norma ne è stata inserita un'altra: si tratta dell'art. 21-octies secondo cui "È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza". In diritto amministrativo - e di riflesso in quello tributario dall'8 marzo 2005 abbiamo dunque, e questa è una novità rilevante, due categorie di atti invalidi: gli atti nulli e gli atti annullabili.
È nullo, come abbiamo visto, l'atto che:
a) manca degli elementi essenziali (ad esempio, la sottoscrizione);
b) è emesso da soggetto cui la legge non riconosce il potere di adozione di quell'atto;
c) viola od elude il giudicato;
d) negli altri casi stabiliti dalla legge.
La nuova legge non ha una grande portata innovativa ai fini della nullità degli atti tributari, ma ha effetto sull'annullabilità, anche se alcune considerazioni sulla nullità sono necessarie.
4.L'ANNULLABILITA'
L'annullabilità designa la (nuova) classe dei nuovi vizi degli atti tributari destinata sicuramente ad innescare rilevanti problemi interpretativi. Abbiamo visto che - prima della riforma del 2005 - sia in diritto amministrativo che in diritto tributario l'atto predicato nullo dalla legge è in realtà un atto annullabile, e quindi produttivo di effetti sino a che non venga annullato dal Giudice ovvero dall'Amministrazione in sede di autotutela. Sino a che venga annullato, l'atto annullabile possiede la stessa dignità (e gli effetti) dell'atto valido.
Essendo un istituto nuovo per l'ordinamento tributario, l'annullabilità - in quanto principio generale applicabile indistintamente a tutti gli atti amministrativi - vale anche nei confronti dei provvedimenti impositivi. La prima parte dell'art. 21-octies della L. n. 241 del 1990 ci dice che è annullabile il provvedimento impositivo :"adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza".
CASI DI ANNULLABILITA'
L'eccesso di potere: Questo vizio è presente quando l'atto viene adottato per perseguire un interesse diverso dallo schema tipico suo proprio, ci sono ipotesi non irrilevanti - come l'atto di diniego di autotutela o l'equivalente silenzio-rifiuto - in cui è possibile ravvisare un cattivo uso, o un non uso illegittimo, del potere di autoannullare il provvedimento fiscale invalido.
La violazione di legge:la violazione di legge, relativamente ai provvedimenti impositivi, potrà al più dare luogo a mere irregolarità ininfluenti sulla validità dell'atto.
Incompetenza territoriale: La giurisprudenza - ante riforma 2005 - considera l'incompetenza territoriale dell'ufficio tributario un vizio mortale. Benché nessuna norma sanzioni così gravemente il provvedimento impositivo adottato da un'Agenzia delle Entrate diversa da quella che sarebbe territorialmente competente in base, ad esempio, al domicilio fiscale del contribuente, per la Cassazione si versa in una ipotesi di nullità insanabile, rilevabile anche di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo .Dall'8 marzo 2005 la situazione dovrebbe mutare; il vizio di incompetenza territoriale integra il vizio meno grave dell'annullabilità con la conseguenza che: a) non è rilevabile di ufficio dal giudice; b) deve formare oggetto di specifico motivo di impugnazione
5.CASI PRATICI DI NULLITA'
A questo punto dobbiamo chiederci: tutte le ipotesi di nullità previste dalla legge fiscale possono formare oggetto di azioni dichiarative davanti al giudice tributario? Se, ad esempio, un avviso di accertamento è nullo per difetto di motivazione ovvero perché manca l'indicazione del maggiore imponibile accertato , si potrà adire la Commissione tributaria in ogni tempo, senza cioè dover osservare il termine di decadenza fissato per impugnare l'atto fiscale?
Non e' facile dare una risposta, bisogna pero' fare alcune considerazioni interpretative, che dovranno trovare conferma in giurisprudenza.
LA NULLITA' ASSOLUTA
Un esempio rilevante è fornito dall'emissione della cartella di pagamento senza la preventiva notifica del cosiddetto avviso bonario, richiesto a pena di nullità dall'art. 6, comma 5, della L. n. 212 del 27 luglio 2000 (Statuto del contribuente). Emissione di un provvedimento impositivo emesso nonostante il contribuente si sia adeguato alla condotta fiscale che l'Agenzia delle Entrate (interpello), in esito ad istanza scritta dell'interessato, gli abbia indicato, ovvero quando l'Agenzia delle Entrate non abbia risposto all'istanza del contribuente entro il termine di 120 giorni (ipotesi tipica di silenzio-assenso)
In questi casi di nullità assoluta, non dovrebbero prevedere termini decadenza, e quindi l'atto dovrebbe essere impugnabile anche oltre i 60 gorni previsti per l'impugnativa.Il giudice, anche di ufficio, dovrebbe dichiarare la nullità del provvedimento impositivo.
LA NULLITA' RELATIVA (La carenza di motivazione dell'atto)
L'art. 61, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce, infatti, che "La nullità dell'accertamento ai sensi del terzo comma dell'art. 42 e del terzo comma dell'art. 43, e in genere per difetto di motivazione, deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado".Consegue che qualunque vizio dell'avviso di accertamento (nessuno escluso: anche la mancanza di sottoscrizione, che, di solito, è causa di nullità se non di inesistenza), compreso il difetto di motivazione in tutte le sue articolazioni (inclusa la mancata allegazione del documento cui l'atto impugnato faccia riferimento), non può essere rilevata di ufficio dal giudice (la norma stabilisce infatti che la nullità deve essere eccepita) ma deve formare oggetto di specifico motivo di ricorso da proporre nel termine, stabilito a pena di decadenza, di 60 giorni. La motivazione, tuttavia, non è un elemento formale ma - lo stabiliscono gli artt. 1 e 7 della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) - è un elemento essenziale di ogni provvedimento impositivo
LA NULLITA' NELLE SANZIONI
L'art. 16, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 stabilisce che l'atto di contestazione delle sanzioni (sia esso contestuale all'avviso di accertamento o costituisca un atto autonomo) deve contenere l'"indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni ...". La mancanza o l'insufficienza nell'atto degli elementi indicati nella norma conduce alla nullità della contestazione della sanzione; pertanto, in relazione alla descrizione dei fatti costituenti l'illecito tributario, all'indicazione delle fonti probatorie, eccetera, si applica il regime delle nullità assolute.
L'ANNULLABILITA' NELLE SANZIONI
L'art. 5 dello statuto dell'illecito tributario dispone che "Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ...". In altri termini, per applicare una misura punitiva tributaria occorre necessariamente che:
a) vi sia identità soggettiva tra l'autore della violazione (o chi ne ritrae l'utile) e il percosso dalla sanzione;
b) l'imputazione soggettiva all'autore della violazione sia qualificata da dolo o almeno da colpa.
Spunti di discussioni tratti da "studiomarino.com"
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