Tanta azione e qualche risata in meno per un secondo capitolo visivamente molto raffinato
di Gabriele Niola Il kung fu forse è arrivato alla fine dei suoi giorni, l'era industriale incalza nella figura del perfido Shen, figlio dei reggenti, cacciato dal palazzo reale per aver voluto trasformare l'uso della polvere pirica dei fuochi d'artificio in quello della polvere da sparo dei cannoni. Ma il reietto non si arrende, e nell'oscurità accumula metallo per forgiare un esercito di cannoni, un'arma contro cui nemmeno i maestri kung fu possono fare nulla e che gli consentirà di avere la rivincita che cerca. Unica voce dissonante è una vecchia indovina che gli predice la sconfitta per mano di una forza bianco e nera in grado di accomunare ying e yang come nel simbolo del tao. A poco servirà lo sterminio di una villaggio di panda perchè, come in una tragedia greca, nel tentativo di allontanarsi da sè il destino indesiderato Shen non farà che creare la sua nemesi: Po.
Intanto il Guerriero Dragone si gode la sua fama ignaro dell'attacco imminente e quando sarà chiamato ad intervenire contro il malvagio che minaccia la Cina sarà assalito da ricordi in 2D dello sterminio che lo ha reso (forse) orfano. Solo la conquista della pace interiore potrà dargli la forza per combattere i cannoni. Kung fu panda è stato un punto di svolta per la Dreamworks, il primo film a consentirgli di ambire alle inarrivabili vette dei rivali della Pixar, e per dirigerne il seguito con mossa oculata lo studio ha promosso alla regia Jennifer Yuh, che del precedente film aveva curato la storia e soprattutto la direzione della memorabile sequenza iniziale in due dimensioni.
In onore alla tradizione anche Kung fu panda 2 inizia con un prologo bidimensionale, il breve racconto dei fatti incresciosi che hanno portato alla cacciata di Shen dal palazzo e allo sterminio dei panda, un segmento anche stavolta di rara raffinatezza, tutto disegnato per sembrare frutto dei giochi di ombre delle marionette cinesi.
Il film che segue sembra aver maturato la lezione pixariana di Toy Story 2, una versione più asciutta, veloce e centrata sull'azione del precedente, molto focalizzata sulla tensione verso il raggiungimento di un obiettivo. E funziona!
Con una smorfia comica per ogni raffinatezza visiva Kung fu panda 2 dà letteralmente un colpo alla botte e uno al cerchio per tenere avvinto tutti i tipi di pubblico, riuscendo ad unire oriente ed occidente con una fusione inedita per quantità e qualità di stilizzazione dell'azione, dimensione danzereccia dell'arte marziale e comicità grossolana da Looney Tunes.
Per avvicinare una storia occidentale al modo di fare cinema orientale Jennifer Yuh gioca sul terreno dell'estetica, aumenta i combattimenti e li fonde con la danza, ispirandosi a quelli dei wuxiapan più di quanto non avvenisse nel primo film (all'inizio ne vediamo anche uno che comprende strumenti musicali come in La foresta dei pugnali volanti). E se l'umorismo verbale appare più stanco e ripetitivo (soprattutto troppo legato alla trovata del primo film di omettere la spiegazioni di come un panda possa essere figlio di un'oca) è di nuovo sul fronte dell'azione che Kung fu panda 2 guadagna terreno andando ad attingere direttamente al repertorio del maestro dell'action comedy asiatica Jackie Chan. Evoluzioni veloci e coreografate come rapidi passi di un ballo e un accumulo di gag fisiche in un crescendo che porta alla sublimazione finale del film, una risoluzione di trama che sarà prima fisica e corporale che teorica. |
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