MAGGIO - GIUGNO
Posegue ( Vedi Aprile)
De Chirico a Castel del Monte. Il labirinto dell'anima.
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Il respiro della luce
Dal 28 Maggio al 12 Giugno 2011
Saletta dell'Arte
via Duca degli Abruzzi 51 - Taranto
Note: Artista contemporaneo (Roma, 1952) ed interprete della storia di una civiltà globalizzata alla quale appartiene, MASSIMO CAMPI dipinge come un pittore impressionista, la cui chiave di lettura delle sue opere è l'applicazione raffinata della luce. Una luce ardente, con cui ama ritrarre soprattutto gli "asettici" panorami urbani della periferia romana, restituendo ad essi la propria intima identità spirituale. Il suo lavoro ha carpito l'interesse di affermati storici e critici dell'Arte, tra i quali: Carlo Fabrizio Carli, Marco di Capua, Lea Mattarella, Alessandro Riva, Duccio Trombadori, che hanno colto nel suo percorso di ricerca pittorica il "paesaggio" dei grandi del Rinascimento italiano e dei Vedutisti veneti, passando per Corot, fino ad arrivare alla Scuola Romana del Novecento italiano ed a Hopper.
Massimo Campi ha rappresentato con un'intelligenza sensibilmente moderna gli ampi spazi edificati di una Roma quotidiana, come possono essere i centri commerciali, i parcheggi, le rampe, i raccordi autostradali, gli anonimi palazzoni, e così via... Questi luoghi regolarmente vissuti, ai quali probabilmente, nessuno presterebbe particolare attenzione se non per necessaria abitudine, si rigenerano di un ossigeno incontaminato nelle sue opere, immersi in un'atmosfera calda ed impalpabile allo stesso tempo, per essere elegantemente rimarcati dal riverbero abbagliante del sole.
Suggestive le sue rappresentazioni di ambientazione cittadina, dove i personaggi tratti da ricordi di scene di vita reale, sembrano isolarsi al loro destino celando le proprie emozioni, come volessero rifuggire dallo sguardo dello spettatore, immerse in una situazione d'attesa dove tutto è possibile ma nulla succede. La figura umana si plasma come fosse un qualsiasi elemento dell'architettura che costituisce il paesaggio, al medesimo livello di una casa o un lampione; è solo un improbabile spettro della memoria dell'autore che si integra nel progetto della sua composizione artistica. Quell''effetto di straordinaria aura "metafisica" che Campi ci trasmette con la sua pittura è data dall'impiego di tonalità cromatiche essenziali e molto tenui, piuttosto pallide, quasi bianche; colori che ben si distinguono da quelli "fuligginosi" utilizzati dall'artista Sironi nel ritratto delle sue lugubri periferie.
La poesia raffinata e apparentemente timida, di cui è pregna l'arte di Massimo Campi, ha incontrato ottimi consensi da parte del pubblico e della critica nazionale in occasione delle sue numerose partecipazioni a mostre personali e collettive, svoltesi soprattutto nella sua amata Capitale.
Il genio di Salvador Dalì
Dal 28 Maggio al 25 Settembre 2011
Castello Aragonese
via Nicola d'Otranto - Otranto, Lecce
Note: La mostra - che sarà inaugurata il 27 maggio alle ore 18.00 – accoglie sei sculture originali in bronzo, tra le quali “Elefante cosmico” (di grandi dimensioni - h 120 x 90 x 350 cm), e una selezione di cinquantaquattro litografie originali, che spaziano nel mondo del surreale per illustrare temi e testi letterari e che ancora una volta testimoniano la grande capacità grafica del maestro spagnolo. Dal clima gotico travasato in surrealismo bianco/nero del “Castello di Otranto”, ai colori pallidi delle “Fiabe Giapponesi”, al vuoto di colore della carta lasciata nuda in “Tristano e Isotta”, al nero e oro glitterato degli “Amours Jaunes”, Dalì precipita con la sua gamma espressiva multiforme nel vero Castello Aragonese di Otranto. Lo invade, lo trasforma, semina il panico con il suo ingombrante mistero, proprio come il gigantesco elmo che mette in moto la trama del romanzo di Walpole che l’artista spagnolo illustra in una delle serie di incisioni in mostra. Dalì si muove, agile e rapido come un gatto, tra testi completamente diversi per registro, tono, epoca, con l’unico filo rosso che è l’indubbia riconoscibilità delle sue figurette allungate, delle sue fughe vertiginose di linee, della sua irreprensibile indole provocatoria. Le sculture in bronzo paiono la materializzazione dei personaggi che Dalì dirige nella sua opera grafica, attori che si muovono in scena nonostante le loro articolazioni molli, senz’ossa, raccontando ognuna la sua storia più o meno eroica.
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