Immagine di aegon
Maschio
Nessuno Terre Esterne

Aegon

Forza
40
Esperienza
3565
Mente
21
Monete
1936
Resistenza
30
Schiavi
0
Spirito
20
Cibo
0
Agilità
27
Legna
0
Costituzione
26
Minerali
0
Carisma
21
Casato
-
Procura Cibo
18
Stato Civile
Nubile/Celibe
Raccolta Legna
19
Etnia
Isolano
Raccolta Minerali
27
Navigazione
8
Costruzione Edifici
6
Lavorazione Materiali
11

Iscritto dal 09-01-2006 20:22
Da Aegon Cragster, ora Gerarca dei Luttuosi, salve. Tu, che ti metti a sbirciare tra queste cartacce malmesse, sappi tanto per cominciare che non è per vanità, o per qualche dannatissimo senso del ricordo o quelle baggianate che piaccion tanto ai Darchoniani che mi sono messo a scrivere questa vaccata. Mi ci ha convinto quello stoccafisso infernale della mia donna, quel dannato tizzone d’inferno. E io mi ci metto, tanto più che con gli eretici alle porte che giocano a nascondino, non ho un granchè da fare tra una ronda e l’altra.
Lo stesso non si puù dire di te. Che diavolo sprechi il tuo tempo a leggere una tale buffonata? Usa in maniera più utile il tuo tempo, piuttosto che bruciarti gli occhi su queste carte, che il Senza Nome, di tempo, ce ne ha dato poco. Ma se sei invalido, deficiente o semplicemente pazzo per la lettura come quel topo di biblioteca di mio cugino, poi non prendertela con me se quel che leggerai non t’andrà a genio. Detto questo, cominciamo.


INIZIO

Non che ci sia molto da dire sulla mia infanzia. E fosse per me taglierei anche corto. Mio padre era un Targaryen, veniva dalle terre esterne, si dice. Fatto sta che sposù una Cragster di Sotminoa, e il risultato fui io. Non v’aspettate una qualche storia particolare d’infanzia, stramba o in qualche modo avventurosa. Crebbi come un qualsiasi altro dannatissimo pargolo al mondo, almeno fin quando i miei non creparono, ed io venni affidato alle cure dei miei zii per parte di madre, Ramsay e Kraven Cragster. Alcuni dicono che questa possa essere una cosa traumatica. Ma forse io ero cosù piccolo che non m’ha fatto effetto, mica son cresciuto con qualche dannatissimo scompenso affettivo o puttanate del genere. Quella è roba che usano gli eretici per giustificarsi del fatto che sono delle dannatissime mezze seghe.
Poi, al compimento del sesto anno d’età, venni sbattuto a lavorare in miniera, come ogni Cragster che si rispetti. E se non sapete chi sono i Cragster, affaracci vostri. A ogni modo, lavorai in miniera per un bel pezzo, assieme ai minatori che dipendevano dai miei zii, e pure in mezzo ai nostri schiavi. Dormivo con loro, mangiavo con loro. Ogni tanto vedevo pure i miei zii, che non è che fosse un gran spettacolo. Perù ci volevo bene, a loro. Mi insegnavano tante cose sulla religione, la Religione vera, no quelle eresie blasfeme che si raccontano in giro, Darch, Minch Punch e tutti i loro compari che, ve lo dico io che le cose le so, non sono altro che abomini infernali, subcreature create dall’Unico e poi relegate negli abissi del mare, o in qualche altro posto infernale. Le so, io, queste cose, e voialtri fareste bene a imparare da me.

I LUTTUOSI

Non fatevi strane idee. Ho pure studiato io, una certa cultura ce l’ho. Forse perché i miei zii puntavano a fare di me un sacerdote dell’Unico; io non son mai stato un colosso, in fondo. Perù a me non ispirava stare tutto il giorno chiuso in chiesa a recitare salmi. E pure non mi piacevano quei pastrocchi magicosi che facevano loro. Quello è potere dell’Unico che lui dà a te, mica è roba tua. Invece, la spada, mia è. Si, si potrebbe obiettare anche su questo, ma sicuramente resta più mia di quel che è palesemente potere dell’Unico.
E cosù, accarezzavo l’idea di entrare nei Luttuosi, anche perché da poco Comandante era diventato un tal Nerevar. Un gran figlio di bagascia, che l’Unico mi perdoni, e non state a dirlo a lui, anche se in fondo lo ammette lui stesso. Ma è pure un uomo coi controcoglioni, permettetemi la licenza, e dannatamente carismatico. Cosù un bel giorno pigliai la mia bella daga arrugginita e mi presentai da lui al Sacro Altare. Non fu decisamente quel che si dice un ingresso trionfale.
Cinque minuti e stavo già baruffando con una donna, uno sputo di ragazza, velenosa quanto un pozzo pieno di vipere affamate. Rakshasa si chiamava, e si chiama tutt’ora, quel dannato scarto infernale. E non vi nascondo che mi stava a dir poco sul fondoschiena, allora. A ogni modo, quella sera mi vennero consegnate le Sacre Fasce dal Comandante stesso, e vidi pure quello spaventapasseri di Wren Shadowblade, che all’epoca non era ancora Capitano dei Pirati, ma poco ci mancava.
Cosù ebbe inizio il mio servizio nei Luttuosi. Inutile dire che ero poco più di quel che si dice un “coraggioso dilettante”. E le mie precettrici, quelle che ebbero l’onere di tirarmi su come si deve, furon proprio Rakshasa, dannazione a lei (anche se il fatto di augurarglielo credo sia superfluo), e Faina. Faina, perché Jadelia, che era il suo nome vero, non era tanto adatto a descriverla veramente. Un diavolo di donna anche quella, ma tanto riservata che non t’accorgevi mai di lei. Fino a quando non ti sgozza. Due bei precettori, tuttavia.
Si mormora che, quando il Comandante m’affidù a loro, disse all’incirca “Fatelo diventare un Luttuoso coi controcoglioni”.


ARMATA DI REVADEN - Screzi

Eh, mica colpa mia se quando entrai io nei Luttuosi questi eretici si misero a far casino. Del tipo che il comandante d’allora, tal Caspar, non voleva attaccarci, ma il suo braccio destro Xante invece si, e chissà per quale motivo. Boh. Non lo so, d’altronde a quel tempo ero uno sfigatissimo Luttuoso semplice, figurarsi se sapevo che accadeva ai “piani alti”. Perù sapevo che la mia precettrice, Ricciolo, per gli amici Rakshasa, s’era infilata nel letto di questo Xante. Che, essendo uomo, e in più un dannato eretico, quindi mancante d’intelletto per definizione, ci cascù come un pero maturo.
Lo sedusse, o come cavolo si dice, e lo portù in piazza a Darchon. Me la ricordo quella notte. Lo scannammo come un maiale, noi Luttuosi, insieme ad uno dei suoi soldati. E fu guerra.
Divertente quel periodo. Da Luttuoso partecipai all’incendio della Foresta degli Eletti di Revaden. Quel grumo di stuzzicadenti frondosi, allegro come un branco di megere ad un funerale. Fui io a spargere la pece sugli alberi. Figurarsi poi, il finimondo. Spuntarono soldati da tutte le parti, in ritardo ovviamente. Ci attaccarono mentre si cercava di scappare, cosa che si riuscù a fare, con una buona dose di fortuna e l’aiuto del Senza Nome. E pure della solita Ricciolo.
Ma sul terreno lasciammo Falco Nero. Vero che dei loro creparono molti di più, ma i Luttuosi sono una famiglia, e mica si poteva lasciarlo, lui, credente, nelle fetide mani di quei quattro eretici da strapazzo.Uno poi crepù pure per mano mia, fu il primo uomo che uccisi, ora che mi viene in mente. Vabè sciocchezze, a voialtri che leggete penso che ne freghi molto poco.
Fatto sta che organizzammo una sortita per liberarlo, di comune accordo coi pirati e coi Sacerdoti dell’Unico, tra cui mio Zio Ramsay. Che scatenù il finimondo. Quante vite di quei soldatini vennero spazzate via dal divino potere dell’Unico, reincarnato nella figura di Emerito Abate di Ramsay, e tante altre dalle più concrete spade dei Luttuosi e dei Pirati. Urukan, Wren, Nerevar, abbatterono tanti soldati da non poterne far conto. E pure io feci qualcosina. Manco a dirlo, morù Xante. Lo stesso di prima, che per qualche blasfemia era stato riportato in vita dalle oscure potenze malefiche di qualche abominio abissale che adoravano.
Ricciolo andù a tirar fuori Falco dalle celle, ma l’ultima opera dei soldati sconfitti, nella loro amata accademia data alle fiamme e ormai diroccata, fu di uccidere l’inerme luttuoso.
Insomma le lame dell’Unico, tanto per cambiare, avevan trionfato.


REVADEN – Proseguo

Revaden era sfinita. Ma c’hanno onore quelli. Ignoranti. Come se l’onore fosse qualcosa da tenere in considerazione, alcuni si facevano persino chiamare “sir”. Mi ci pulisco il culo, coi loro sir e il loro onore, e pure col mio. Come se con l’Onore si vincessero le battaglie, o si difendesse la religione dell’Unico.
E cosù continuarono con una sorta di guerriglia, venivano a suicidarsi fino a Sotminoa, ogni tanto andavamo ad accopparne qualcuno noialtri. Xante (lo so, tornava a spuntar fuori, ringraziate per questo gli abomini adorati a Revaden. E poi ditemi se non è blasfemia.) cadde nostro prigioniero assieme a sua moglie, poi riuscù a scappare. Insomma, la storia non pareva aver fine. Frattanto, si cominciava ad avere qualche nefasta profezia. Più che altro messe in giro dall’eretico più eretico di tutti, tal Angelus, zingaro infame che osù accoppare pure mio zio Kraven. Zingari. All’epoca li avrei bruciati tutti, solo li avessi avuti tra le mani. Ma se gli abomini infernali potevan far tornare in vita un botolo ringhioso del calibro si quel Xante, almeno altrettanto poteva fare il Senza Nome, nel suo divino potere, nel concedere una nuova possibilità a quel degno fedele che era mio zio.
E io? Io ero stato promosso a Furia, durante le campagne contro Revaden. Un grande onore, e sotto la guida del Comandante cominciai a prendermi cura delle nuove reclute. Madian fu uno di questi, un nome destinato ad esser conosciuto, amato e temuto nell’Isola tutta.
Un altro fu quel dannato psicopatico di Tabris Esimelor. Pazzo come una gallina nata demente, lo dico io, eppure forse uno dei migliori Luttuosi di sempre. Ricordo la prima volta che si presentù a noi. Scappava come un tordo impaurito, gracchiando da far pietà, inseguito da una megera non meno psicotica di lui, che brandiva pure una spada. Fummo io e Rakshasa, allora, a salvarlo.
Fu in quel clima di stallo, o giù di lù, che una grande tragedia colpù Sotminoa. Ramsay Cragster, Emerito Abate della città, ascese al cielo in una colonna di fuoco, forse troppo santo e troppo divino per poter permanere sulla terra. L’Unico lo chiamù tra le schiere dei suoi Angeli, e sono sicuro che tra di loro si trova ancora. La reggenza dei Sacerdoti fu presa da mio zio Kraven, uno dei Suoi più devoti fedeli. Intanto, la guerriglia con Revaden continuava.


LA VENUTA DEI DEMONI

E la guerriglia finù pure. Tutte quelle dicerie su apocalissi, venuta di certi mistici “dieci demoni”, robaccia del genere, trovarono fondamento. Non arrivarono subito, tuttavia. Prima fecero la loro comparsa qua e là dei mucchietti d’ossa semoventi, tipo scheletri, abbastanza inutili a dire il vero. Vomito eretico, non di più. Ma insieme a loro, venne fuori pure un dannatissimo rigurgito abissale, un’ombra, un demone. Feccia. Prese Jadelia, per mille roghi d’eretico. E poi, tramite lei, il mio Comandante. Che possa quell’essere venire tormentato nell’eternità, in quel fetido buco che è l’Abisso di Agikath (dove infine l’abbiamo spedito, peraltro). Ma sto affrettando le cose. Insomma, fu che questo miserabile prese possesso del mio Comandante, l’uomo più forte dell’Isola; a far bene i conti, non fu una scelta tanto stupida. E cominciù a fare strage per l’Isola. Lo dovemmo uccidere, noi Luttuosi. Noi perché figurarsi se un qualche eretico ne sarebbe stato in grado. Lo accoppammo. E tuttavia, il Senza Nome volle ricompensarlo per i suoi servigi terreni, concedendogli una seconda vita.
Il Demone s’era perù ormai incarnato, e fece ritorno all’Isola su di un nero Vascello, accompagnato da bestiacce sue pari. Prese possesso di Darchon, ne sterminù gli abitanti, arrivù a minacciare l’Isola intera con un esercito infernale, composto da Scheletri, Troll e altre porcate abissali del genere.
Ci toccù muoverci per difendere pure Sotminoa.
I Luttuosi caddero in un’imboscata, vennero sterminati quasi tutti. Manco a dirlo, per il tradimento di un eretico, un Darchoniano. Debole feccia. Solo il Comandante riuscù a tornare salvo a Sotminoa. Io in quel momento mi trovavo all’Antro, io e una scarna guarnigione di Luttuosi. Mentre il comandante si rimetteva, all’Antro, andammo a recuperare i corpi dei caduti, sfidando l’ira dei demoni, e li riportammo al Sacro Altare, dove il Senza Nome, nella sua magnificenza, restituù la vita ad ognuno di loro, perché erano caduti combattendo contro i nemici supremi della razza umana.
Sembra che queste vicende siano accadute rapidamente, ma è solo perché non voglio star troppo a cianciare su queste dannatissime baggianate. La storia sa già come andarono le cose, se le ripercorro è solo per dare un senso a quello che verrà, non certo per sollazzarvi con discorsi triti e ritriti. Se volete intrattenimento, andate a cercarvi un fottutissimo bordello.


LA CADUTA DEI DEMONI – Battaglia di Thenoras

Frattanto, un grande onore toccù a me, e alla famiglia Cragster in primis. Già ero diventato Sicario dei Guerrieri dell’Unico, colui che ha il compito di coordinarli e guidarli in battaglia, parigrado della mia vecchia precettrice Jadelia. Quell’altra, Ricciolo, dannatissimo stoccafisso infernale, era sparita per un po’, salvo poi spuntare come mozzo sulla nave dei Pirati, ora guidata dal nero spaventapasseri, il vecchio Wren. Ma queste sono le loro storie. La mia storia fu che venni promosso dal Comandante Nerevar a Gerarca dei Luttuosi, suo Vice, suo braccio destro. Un grande onore, per quelli a cui ne frega qualcosa, ma pure un grande onere. Non so se fino ad ora io sia riuscito a svolger bene il mio lavoro; certo è facile farlo al meglio quando sei il vicecomandante della più potente ed organizzata forza armata dell’Isola. Non lo dico perché è la mia famiglia. Lo dico perché a tutt’oggi i Luttuosi non hanno perso una sola battaglia contro un qualsiasi fottutissimo esercito umano; e vorrei ben vedere. E nessuna in assoluto escludendo l’imboscata dei Demoni, ad opera di quel dannatissimo eretico traditore. Darchoniani, feccia marina, adoratori del più viscido abominio abissale, incestuosi mangiatori di pesce, carne immonda.
Ci toccù andare a salvare la loro città. In teoria doveva essere l’Unione di tutta l’Isola contro il nemico comune, la riscossa dell’umanità contro i Demoni.
In realtà ci trovammo coi pirati che attaccavano dal mare, e i Luttuosi da terra, aiutati da un gruppo di eretici darchoniani. Lo stremato esercito di Revaden non si vide per tutta la giornata.
E cosù la Valanga scese dal Sacro Monte, non per cadere in una sporca imboscata, ma per affrontare a viso aperto quell’esercito apparentemente imbattibile che aveva devastato Darchon. Mentre gli eretici si battevano singolarmente, i Luttuosi si chiusero nei ranghi, in più file, come una sola, imponente macchina da guerra. Io e il Comandante eravamo schierati in prima fila. Ondate su ondate di scheletri andarono ad infrangersi sulla nostra formazione, trovando l’Oblio.
La Valanga, la famiglia Luttuosa non accennava a fermarsi, dietro di noi solo cumuli di ossa insepolte. Fu allora che i Demoni stessi entrarono in campo.
Ed anche loro vennero infine sconfitti. Uno si ritrovù la testa troncata di netto da Nerevar in persona, che si batteva come un leone infuriato. Un altro fu fatto letteralmente a fette da me, e un tale Horowitz, promettente Luttuoso unitosi a noi da qualche mese. Un altro cadde sotto i potenti colpi di Titano Bianco, che ci ha ora lasciati.
Frattanto, mentre sulla terra l’esercito demoniaco veniva travolto dalla Sacra Furia della Valanga, il Nero Vascello, ancorato a poca distanza dalla costa, prese fuoco, e affondù negli abissi. Opera dei Pirati, dannati loro. La giornata fu nostra, tanto per cambiare, i demoni furono annientati; nel giorno della Battaglia di Thenoras il Senza Nome ci sorrise ancora, poiché Egli è il Misericordioso.

Il giorno successivo fece la sua comparsa sul devastato campo di battaglia lo sparuto esercito di Revaden, la Ritardataria. Che non si fece remora, maledetto grumo di viscidi relitti umani, di saccheggiare ciù che era rimasto a terra, le ricchezze che poterono trovare, fossero esse di provenienza demoniaca o Darchoniana. Noi Luttuosi eravamo già in cammino, dopo aver lasciato dietro di noi la morte e la vittoria. Non fa per noi, il saccheggio. Noi veniamo, osserviamo, travolgiamo e ce ne andiamo. Cosù si estirpa l’eresia.

» Indietro «