Immagine di orphen
Maschio
Nessuno Terre Esterne

Orphen

Forza
42
Esperienza
5715
Mente
13
Monete
0
Resistenza
35
Schiavi
0
Spirito
12
Cibo
0
Agilità
31
Legna
0
Costituzione
17
Minerali
310
Carisma
16
Casato
-
Procura Cibo
25
Stato Civile
Nubile/Celibe
Raccolta Legna
26
Etnia
Creolo
Raccolta Minerali
43
Navigazione
5
Costruzione Edifici
5
Lavorazione Materiali
5

Iscritto dal 01-07-2006 13:47
Venghino signori, venghino, venghino . . .

Si, si, voi. Dico proprio a voi venite qua, anche voi, e voi laggiù, venite tutti qui.
. . .

Bene, bene vedo che siete venuti in molti qui da me. Soprattutto sono contento di vedere voi bambini!

Di tante storie sono il cantore, di stornelli il narratore, ma il nome che più mi si addice e a chi che ne dice, ora rimedia, mi presento, io sono la Commedia. Non sono fatto di ossa, ma atti che vi lasciano soddisfatti. Il mio cuore si chiama trama, gente che si odia e gente che si ama.

Il mio sangue è tutto cioè che accade, dal bacio, al duello con le spade. Io sono la commedia e mi divido in atti, per raccontare a voi gli straordinari fatti.
Ma, l’ora dei preamboli è finita, è l’ora che si vada a cominciare, a tessere la trama e poi gli orditi cosù che io vi lasci sbigottiti.

Oggi vi racconterù una delle mie storie preferite, vedete, si tratta di un ragazzo a cui la vita ha riservato mille dolori, ma a me piace soprattutto perché racconta di guerre, azione, mostri e naturalmente, amore.

C’è solo una cosa più spaventosa della fine. . . il suo inizio.

E, la storia, comincia con questo giovincello di nome Orphen, credo che abbia avuto più o meno la tua età, piccolo. . .si proprio la tua. Povero, ma del resto felice, l’affetto era la sua ricchezza, sino al momento in cui dei Pirati sanguinari giunsero sull’isola in cui lui viveva.

Sparsero distruzione e morte, devastarono tutto, bruciarono case, violentarono donne e ragazze, razziarono le poche ricchezze di un villaggio di pescatori , ma come potete immaginare non risparmiarono nemmeno la famiglia del giovane Orphen, venne trucidata e il bambino, chi sa perché sotto l’ordine della bellissima quanto terrificante donna che era il capitano del vascello lo portarono con se.

La Rosa Nera, si esatto cosù si faceva chiamare la donna, una rosa tanto bella e tanto terrificante da fare impallidire il più grezzo e brutale uomo al mondo, gli uomini della sua nave la desideravano e la temevano allo stesso tempo. Il giovincello nel frattempo cresceva forte e vigoroso cominciava a prendere la mano con le armi, ma niente di che. Era uno schiavo, l’unico e personale del Capitano.

Ogni desiderio era un ordine per il ragazzo, qualunque desiderio. Ma, nell’ultimo periodo gran fermento c’era sulla nave, i mozzi lavavano il ponte gli ufficiali e i vari Ospiti del comandante continuavano a riunirsi in assemblee in gran segreto, pirati di ogni sorta passavano d’innanzi agli occhi del ragazzo. Era una giornata tranquilla, ma dovevate esserci, oh si, era grandioso, un’immensa orda di navi solcavano i mari arrivando da ogni dove. Navi pirata e navi della legge, si radunarono in un punto di mare chiamato Abisso di Kalhert, la scontro inizio e il capitano non si smentù, non per niente era una delle persone più vicine a grande Generale del Mare del Nord Worden “La Bilancia” Torghenard.

La battaglia infuriava e la Rosa e i suoi uomini mietevano vittime, e destra e a manca. La battaglia in generale durù circa due giorni. La Rosa e il suo equipaggio anche se dimezzato durù sino alla fine, ma purtroppo cadde anche lei.

[E Orphen? Che fine ha fatto Orphen]

Bella domanda bambina, tranquilla lui c’è sempre, la Rosa perù per salvarlo. Si è vero ve lo giuro, una donna devota all’oro e alla propria pellaccia, si sacrificù per salvare un ragazzo. Fu un ammiraglio della Flotta della Legge, ma anche con l’intervento del Capitano non uscù illeso, anzi, una ferità profonda e lunga tutto il busto gli lasciù L’ammiraglio.

Venne sbalzato fuori dalla nave, la Rosa dei Mari, cadde in acqua e riuscendo ad aggrapparsi ad un pezzo di legno che riaffiorava dalle acque. La battaglia finù, un patto venne stipulato tra i Filibustieri e la legge, e il giovane Orphen venne caricato su una nave della Legge.
Visse con loro per circa un anno come cuoco, lù L’ammiraglio non era una cattiva persona e gli insegnù ancora qualche colpo di spada, ma scappù il giovane vivendo di stenti e di piccoli furtarelli qua e là. Sino a quando, in uno dei suoi viaggi arrivo su un isola, ormai all’età di 18 anni.

Quell’isola è proprio la nostra, sù, proprio questa. Ha calpestato anche le mattonelle dove vi sedete voi adesso, ma procediamo con calma. Allora, sbarcato nella cittadina di Darchon, clandestinamente su una nave mercantile, si stabilù sulla spiaggia e continuù a vivere di furtarelli, ma ben presto per cola del suo atteggiamento alquanto sgarbato e indisponente, alquanto sbruffone non si fece molti amici, restando solo.

E un giorno alla taverna del Lupo in piazza a Revaden, incontrù la morte per mano dello Stratega Hikliff. Si esatto bambini morù, ma la storia mica finisce qui, su quest’isola ci sono dei maghi che con i loro poteri possono far tornare in vita le persone, ma attenti, mi raccomando non pensate di essere immortali, quando Dio decide che il tuo tempo sulla terra finisce e non hai peccato, finirai al suo fianco e non tornerai in vita. Comunque tornù in vita, ma non si ricordava chi fosse stato ad ucciderlo per cui si unù all’Armata del Rispetto, che ora non esiste più.
Erano mercenari, che in cambio di denaro proteggevano Revaden. Il nostro caro Orphen, entrù solo per convenienza, sia ben chiaro, non per futili idealismi. Migliorù e venne promosso da semplice Soldato a Fante, affinù la sua tecnica di combattimento, uccise feroci bracconieri e protesse Revaden dai Pirati.
A proposito di Pirati, in quei gironi nelle celle dell’Accademia, brulicavano di Pirati, ma una tra tutti attirava Orphen, una donna bellissima e terrificante, proprio come la Rosa Nera, ve la ricordate? Bene, forse per la sua personalità o forse perché era l’esatta copia della Rosa, lui era attratto da lei, anche se non lo dava a vedere.

Tornando al nostro manipolo di mercenari, l’Armata non aveva futuro. Una forza superiore alle loro si contrappose al loro operato. Un abominio che loro adoravano come Dio, si rivoltù contro loro stessi distruggendo la loro accademia, mandandogli contro orde di topi, lombrichi giganti ragni ancora più grandi del nostra Ratto Nero, animali di ogni genere che non vivono su questo lembo di terra.

Perché mi guardate con quelle facce? Non ci credete? È tutto vero, non è finzione, chiedete ai vostri nonni, loro vi confermeranno che questi avvenimenti sono accaduti realmente, di cose strane al mondo c’è ne sono a bizzeffe, e il nostro caro Orphen ne ha viste molte.

Tornando a noi. Orphen c’era sempre, e sempre si distingueva con la sua spada, uccideva più bestie e mostri possibili, ma cosa puù fare un semplice uomo, o degli uomini contro un abominio di quella potenza? Nulla, purtroppo, l’armata finù, e il nostro protagonista finù di nuovo per stare da solo.

Vi ricordate della Pirata ai tempi dell’Armata? Ecco. Lei continuù a vederla cominciando a provare del sentimento per ella, viveva la giornata per rivederla, Rakshasa si chiamava, quel nome ricordatevelo perché lei riapparirà in futuro, ma per il momento accantonatelo. Tornando ad Orphen, un giorno rincontrù un suo vecchio compagno d’Armi, Sinkited, ottimo combattente e mercenario un tipo che non vorresti mai avere come nemico in poche parole.
Insieme si recarono alla Taverna Kalleidos sfondarono la porta con un colpo, e il loro carattere poco accondiscendete messo insieme face innervosire e non poco i Dragoni dei Mari che proteggevano Darchon, infatti nemmeno entrati insulti e minacce volarono tra loro e i Dragoni. Anche qualche eroe improvvisato aiutù quelle sotto specie di Bisce. Dalle minacce presto si arrivù alle spade e insieme combatterono contro più di cinque persone, solo uno strano individuo li aiutù, ma loro come al solito si distinsero tra tutti tenendoli testa a ferendone molti, ma cosa volete? Troppi contro pochi non è stata mai una buona politica, ne una buona strategia. E come si poteva immaginare i due ebbero la peggio e vennero catturati e e scortati alla Fortezza dei dragoni, da lù, separarti. Non si rincontrarono mai più.

Il futuro del nostro protagonista era buio, non gli si prospettava nulla di buono nel suo avvenire come prigioniero, il suo destino era segnato, era condannato a morte. Interrogato! “Chi sei? Do dove vieni? Perché lo hai fatto?”. Domande assillante, ripetute sino alle nausea. Ripetute con qualche piccolo e ovvio incentivo, lo torturarono barbaramente, con dei giochetti niente affatto male, gli staccarono le unghie di una mano, poi una volta gli appesero una punta di spada sopra la coscia e lui doveva tenere con la bocca attraverso una fune . . .

Ma va beh mi sto perdendo in chiacchiere, e poi non vorrei che restasse troppo traumatizzati. Sta di fatto che lo torturarono e da mangiare solo pane e acqua, chiuso in quattro mura gelide e buie, con solo una stretta fessura dove spifferi gelidi e pioggia entravano. Un luogo alquanto angusto in conclusione.

Il tempo passava e il giorno dell’esecuzione era sempre più alla porte, da come poi era ridotto non gli sarebbero restati molti giorni di vita, comunque siano andati i fatti. Ma negli ultimi giorni una Corsara fece spesso tappa la cella di Orphen, rendendo quell’indirizzo un appuntamento fisso. Il nome di questa donna era Eris, bella come quasi tutte le donne che segnarono la vita dell’uomo, ligia al suo dovere e ferma nella sue decisioni, tipico soggetto che presa una decisione non si guarda mai indietro.

La morte. Vedete, è un discorso interessante quello che si potrebbe intraprendere sulla morte, lungo e appassionante, ma non siamo qui per questo.
Il giorno era arrivato. Orphen si trovava sdraiato sulla sua branda, e un silenzio di tomba padroneggiava nel posto, solo il flebile eco dei passi dei Dragoni venuti a prenderlo si poteva udire. Quel flebile ticchettio degli stivali, un rumore, che pian piano cresceva, sembrando quasi che fosse nella sua stessa testa. I prigionieri nella altre cella non fiatavano, silenti osservavano il passaggio degli esecutori.

Arrivati davanti alla cella Orphen era lù ad attenderli, seduto sulla branda, li osserva nell’oscurità che ottenebrava il loco, la luce delle torce illuminarono in poco la figura del giovane. Stava lù, in silenzio ad osservarli, bianco denutrito e stanco, con un sorrisino innaturale, ambiguo come se fosse incosciente di cosa andava incontro.”Pazzia? Stupidità? Incoscienza?” questo pensarono i Dragoni, ma vi assicuro, che era conscio di quello che accadeva, non era follia, non è stupido, come avete potuto capire dal racconto che vi ho narrato sino ad adesso. Era solo l’accresciuta percezione delle cose, le cose attorno a lui sembravano facessero parte di lui stesso.

Dopo qualche convenevoli i dragoni lo caricarono su un carro che presto lo condusse in piazza, dove lo aspettava una folla inferocita che gli sbraitava contro, tirandogli pietre e qualsiasi cosa avessero in mano.
Messo il cappio al collo, due uomini si misero ai rispettivi lati del ragazzo, uno era un enorme uomo muscoloso e alto, a torso nudo si presentava, con un grosso sacco nero sulla testa, con dei buchi per gli occhi. L’altro era invece un uomo alquanto bassotto e tarchiato, compiti e ben sistemato, e in mano aveva un rotolo di pergamena. Orphen dall’alto della struttura osservava la folla che si trovava sotto di se, ma non era turbato, solo alquanto ansioso, l’irrequietezza lo governava.

L’ometto srotolù la pergamena e cominciù a leggere i capi d’accusa imputatigli dal Governo di Darchon, la lista era lunga, e gli atti non erano confortanti. Finito di leggere il Funzionario, osservù il popolo precedentemente azzittito, alzù il braccio e . . . qualche istante dopo lo riabbassù dando l’ordine al Boia di tira la leva, che azionava il meccanismo di apertura della botolo al di sotto dei suoi piedi, e in un lampo, tutto finù. Una morte veloce, e, a penzoloni, la sua vita si spense, sotto l’incessante brusio della folla.

Ma per l’Unico il suo tempo ancora non era giunto, quindi grazie ai soliti incanti dei maghi ritornù in vita, e il suo primo pensiero fu quello di cercare Rakshasa, ve la ricordate? La Pirata di cui si era innamorato, nemmeno la morte gliela fece dimenticare. Dopo vari ricerche la trovù, nella terra di nessuno, nella terra dove la legge non esiste, dove l’unica legge che vige è quella del più forte. Non gli era rimasto altro che lei, la gente che aveva popolato il suo passato ormai non erano altro che fantasmi, che perù mai smisero di tormentarlo.

Una notte addirittura si incontrarono nella camera dei Predoni, lù Rakshasa trafficava con un vecchio e ingiallito diario. Quella notte fu una svolta per Orphen, quel diario conteneva l’albero genealogico della Famiglia Tepesh , e con estremo stupore il ragazzo scoprù che era il Cugino della sua amata, e di sua sorella Zeiven. Fu un colpo per lui scoprire che la donna che tanto ama sia sua parente. Varie missione seguirono dopo questo evento. E una sera d’inverno dopo una lunga nevicata, si rincontrarono sempre nella stanza dei Predoni, lù un lungo discorso avvenne tra i due, e solo loro due sanno cosa si siano detti, da lù insieme andarono sul ponte e giocarono affettuosamente con la neve, ma la passione tra i due era grande, ma l’amore era solo da quella del Mozzo. Il bacio più bello della sua vita lo diede a lei in quel momento, cosù caldo e cosù passionale che la neve intorno a loro poteva sciogliersi, ma anche se i corpi l’uno contro l’altro fremevano il giudizio del Predone, lù fece interrompere.

Anche Zeiven cominciava a far parte della sua vita, un adorata cugina una parte di se, e un’amica passionale. Ma anche sta volta la sorte non era con il nostro protagonista, infatti l’amore della sua vita sposù il Gerarca dei Luttuosi Aegon Targaryen Cragster, l’invito alle nozze gli giunse in ritardo, ma non credo che comunque avesse il coraggio di presentarsi, ma come se non bastasse poco tempo dopo Rakshasa se ne andù per chi sa quale setta mistica, la voglia di andare avanti si spense pian piano, anche perché la sua cuginetta Ozma, la Dea del Ruhm, cosù veniva anche chiamata Zeiven, era troppo occupata con il suo nuovo spasimante per occuparsi delle pene di Orphen, ormai era diventato inutile anche come lava ponti, e come da codice chi cade e resta indietro, resta indietro. Quindi fu abbandonato pure dalla Ciurma.

Vagù per l’isola senza una metà, questa volta senza voglia di far nulla era ridotto a uno straccione il peggiore dei pezzenti, addirittura quegli Zingari dei Rom erano messi meglio di lui. Ma nel suo vagabondare giunse alla biblioteca del paese, quella di Sotminoa, lù comincio a leggere dei libri sulla religione Sotminoita, approfondendo quello che già sapeva su quella religione. Indi girovagù per molto per i monti arrivando siano all’Antro dei Luttuosi, lù lo attendeva il Comandante in persona delle Lame Dell’Unico. Lo interrogù e Nerevar, cosù si chiamava cercava di capire cosa spingesse Orphen a voler entrare nelle sue armate, quel piccolo colloquio bastù a farlo diventare un aspirante deto con parole meno dure, ma ciù che era in realtà in quel momento uno schiavo privato del suo nome e della sua stessa volontà, non aveva più il suo libero arbitrio.

Subù le angherie senza dire nulla provando cosù che era disposto a tutto per essere accettato per acquistare fiducia e rispetto . . . per dimostrare che per lui la vera Fede era la cosa più importante. Apprese il significato di fraternità e di lealtà. Aiutù i Luttuosi a conquistare Revaden proteggendo gli Stregoni dell’Unico, che da lontano mietevano vittime come fossero insetti, aiutù una volta conquistata a ficcare nella zucca a quegli idioti di boscaioli a capire che la vera Fede era l’unica via, Sotminoa era sua amica e il suo Governo giusto e prosperoso, non come quello che ha avuto sino a quel momento, aiutù a ricostruire quello che avevano distrutto e finalmente dopo un movimentato colloquio con Nerevar ricevette finalmente le sacre Fasce, lù il suo lavoro continuù li si allenù apprese ciù che i superiori gli insegnarono migliorandosi sempre come aveva fatto ogni volta.

Di nuovo, i piedi del Biondo, calpestavano il suolo Revadiano, sotto di altre spoglie. Ogni volta che Orphen, guardava Revaden, diciamo quasi sempre, il piccolo villaggio dell’entroterra era distrutto, ma, questa volta, anche per mano sua.

Piccoli. In quei giorni, quando per le prime volte il Biondo, indossava le Sacre Fasce, una bestia si stava per avvicinare, inesorabilmente, ma non era fatta di zanne o artigli, ma di lance e spade, scudi e asce. E fu proprio il nostro Comandante a scatenarla.

Una sera, come tante altre, alla Sede del Governo, a quel tempo, l’Accampamento Luttuoso, Orphen, era di Guardia, mentre i suoi fratelli, dentro, nella sede. La visuale per il Discepolo, era pressoché inesistente, se non per quel poco che le torce nelle immediate vicinanze donavano. Il silenzio regnava, nulla si sentiva, solo lo scoppiettio del fuoco, ma per il resto, solo silenzio, forse troppo.

Nervoso, per l’inesperienza. Attento, per il suo dovere e silenzioso, come il suo solito, assecondando quello che già c’era. Ma ad un tratto una luce nel buoi saltù agli occhi di Orphen, e subito chiamù Aegon, il Gerarca Dei Luttuosi, che era appena dietro, in un vicolo.

Parlottando di cosa poteva essere, le luci, si moltiplicarono, e quindi, immediatamente il Discepolo, suonù il Corno di battaglia, con quant’aria aveva in corpo. Una freccia, colpù addirittura l’edificio. Quindi, i due velocemente, entrarono per proteggersi. Il cielo pareva in fiamme, per le frecce infuocate delle Aquile. In Luttuosi all’interno erano in fermento, alcuni occupati a spegnere tende in fiamme, altri a sbarrare le finestre e le porte, e le spie su, ai piani superiori, con gli stregoni, per tentare di contrattaccare il nemico.

Ma è tutto inutile, le fiamme divoravano il legno dell’edificio, il fumo faceva respirare a fatica i Fedeli di Dio, e unica possibilità di salvezza, era quella di abbandonare la Sede, e cosù, fecero.

Grazie ad uno degli Incanti degli Stregoni, grazie ad un portale . . .

“Cos’è un Portale?”

Mettiamola cosù, bimbi, un portale in pratica, è una porta, come quella delle vostre case, che entrandovi, ci si puù ritrovare in un nuovo posto, anche molto lontano.

E infanti bambini, i Luttuosi, si ritrovarono in una delle abitazioni della piazza, alle spalle dei nemici. La situazione era disperata, i nostri Luttuosi erano in netta inferiorità numerica, ma non si ritirarono, li affrontarono a viso aperto.

La valanga avanzava, mentre i barbari si raccoglievano in un immenso schieramento, che ben presto si scagliù contro gli eletti di Dio. I luttuosi, avevan scudi ben alti, lance alte, puntate verso il nemico, e onda dopo onda si infransero sui loro scudi, ma, ovviamente, non riuscirono a resistere molto, e lù, in quello notte, caddero, alcuni morirono, come il nostro protagonista, e altri, invece, vennero, catturati.


Sotminoa entrù in crisi, in quel attacco a sorpresa, vennero a mancare molti dei capi Luttuosi, e per tutelare loro e il villaggio, il Comandante face erigere il Presidio, nessuno che non fosse Sotminoita o che non avesse un permesso speciale, non poteva entrare nel suolo Sotminoita.

Ma, ovviamente, molti cercarono di entrare a Sotminoa, clandestini che grazie alle poche forze Luttuose e alle guardie, vennero immediatamente catturati e sbattuti in cella.

Intanto, Revaden e Sotminoa , entrarono in un era di pace, e con dei riscatti i Luttuosi catturati, vennero rilasciati.

Il tempo passava, e la benevolenza di Dio, face ritornare in vita i Luttuosi morti, e con loro il Biondo. Pian piano, le cose si stabilizzarono, e il presidio, finù. Orphen tornù ai suoi doveri, e continuù ad allenarsi e a migliorare.


Dopo qualche tempo, vennero proprio all’Antro, in cima al Sacro Altare, Frances, priore dell’Iddilio, una setta di maghi da strapazzo che lodano un abominio che assomiglia a una biscia. Sophya, il Drago Nero, che fine fatto Eris Stark, non ho notizia. Lei invece a capo, si un gruppetto di inutili uomini che assomigliano molto ai pirati, solo che loro, non sono dei fuori legge. Con loro c’era pure un ometto, non so come si chiami, ma era uno delle Lucertole dei Mari.

Vennero a riscuotere dall’Esarca Angelus, dei soldi, per un accordo, ma ovviamente, lo Stregone, non volle darglieli, e noi come al solito, ai Luttuosi il lavoro sporco, infatti, finù alle mani. Thunder, Luttuoso, e fratello di Orphen, si prese l’insulso ometto, mentre ad Orphen, la donna, il Drago Nero, una delle donne più temibile sull’isola, per quanto eretica era pericolosa.

Il Discepolo, si comportù egregiamente, tenette testa a Sophya, la colpi e venne colpito, ma alla fine, il Capo dei Dragoni, riuscù a battere il Luttuoso, quindi come pattuito, Angelus, diede solo la metà dei soldi, visto che Thunder, grazie anche a Tabris Esimelor, Precettore dei Luttuosi,che aveva finito il lavoro, sconfiggendo l’ometto.


Il Comandante, uscù dall’Antro, e aiutando il Biondo, a tirarsi su, lo promuovette a Luttuoso. Ora, aveva più responsabilità e ancora più fiducia e rispetto.

Il Luttuoso continuù a perseverare nelal strada che l?unico ha scelto per lui, sempre al servizio di Dio, sotto il Comando di Nerevar. Venne promosso ancora a Luttuoso Scelto, tanta era l'esperienza che ormai pure lui cominciava a prendere sotto la sua ala i Discepoli, forgiandoli con severità indirizzandoli verso la giusta via.

Il tempo passava, e Sotminoa continuo le sue scaramucce con quel miserabile paesello di pescatori. Gli Stregoni in primis tra le file dei fedeli dell'Unico, attaccavano il villaggi di eretici. Ci furono perdite da ambe due i fronti. Il Capo villaggio Gabriel De Lancoire perù ucciso dalla bella, quanto spietata spia dei Luttuosi: Julia Meave. L'esarca Rakshasa fu uccisa, la taverna Drachoniana, la Taverna Kalleidos fu incendiata da quest'ultima.

Le prese di posizioni continuarono, quando un infausto giorno, File di Luttuosi e di Stregoni, decisero di partire in una crociata al di fuori delle coste dell'Isola, verso altri lembi di terra con l'obbiettivo di diffondere la fede, in una nuova Guerra Santa.
Nella spedizione, partirono innumerevoli fratelli e sorella di Orphen, tra cui colui che gli aveva aperto gli occhi . . . Nerevar.

Ma soprattutto partù l'amore della sua vita, colei che lo spingeva ad anadre avanti, la sua Rakshasa.
Il Ragazzo ne morù, ma soffocù come al solito il suo dolore in silenzio, buttandosi nel suo sacro compito.

Ci fu un lungo periodo di stallo, in cui i tre villaggi se ne starono buoni nei propri confini, mentre le file dei Luttuosi erano ridotte all'osso, e gli Stregoni non ve ne erano più.

Il tempo passava, e troppo grave era il fardello che le persone dovevano portare per far parte dei Luttuosi, e di fatti nessuno ormai tentava di entrare, e le cose peggioravano sempre più.

Pochi elementi, ci provarono e ancor meno ci riuscirono, ma non bastava, mentre una nuova minaccia si avvicinava all'Isola.

Jadelia, una donna, prese il comando dei Luttuosi, questo ovviamente suscitù tra il popolo grande sgomento, e ancor di più le cose peggiorarono quando dal mare arrivarono le Furie di Wotan, i Nordici, e noi

. . .

Molta gente, ricorda come è morto, io, preferisco ricordare come è vissuto.

Beh, miei piccolo amici la storia è finita qua. Spero che vi sia piaciuta e che questo pomeriggio insieme vi sia gradito.

Cosa aggiungere altro? A me non resta che sparire, far un bel inchino,e poi, svanire. Ormai anch’io finito il mio cammino, mi accascio, e vado verso il mio destino. Quello di chi inizia e già finisce, sboccia e dopo un attimo appassisce. Di chi vive poche ore, sperando in un applauso, e dopo, muore.

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