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Profilo del PG Sharyl
Femmina Nessuno Terre Esterne |
Sharyl |
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Vedova a venticinque anni… Più che ammissibile di questi tempi, destino comune a tante donne, anche se non mi considero una donna tra le tante.
Venigrad la città che mi diede i natali, protetta da San Julianos e la sua fiamma. La mia famiglia, una delle tante ricche che hanno comprato la propria nobiltà con i denari e la fedeltà al sovrano di turno. Servizi… più o meno leciti. Una delle tante cadute improvvisamente in disgrazia. Avevo tre sorelle minori, Flora Calliope e Penelope, quindi era giusto toccasse a me raggiunti i diciassette anni, risollevare le sorti della famiglia, attraverso un matrimonio combinato. Ebbi fortuna, non posso negarlo. Idas, il mio promesso sposo, era giovane e aitante. Un uomo audace ma saggio, esperto navigatore, unico erede di una delle più importanti famiglie di Traningrad: gli Octaviel. Non l’ho amato, ma lo stimavo molto, e sono stata fiera di portare in grembo il suo seme. Ero la consorte perfetta per l’uomo perfetto. Entrambi belli, eleganti, dotati di fascino e buona educazione. Dopo il matrimonio, viaggiai fino a Traningrad, dove mi stabilii, e in seguito fui raggiunta dalla mia famiglia, quando ormai ero gravida da qualche mese. Idas e la sua gente ci accolsero degnamente, e tra loro ci fu concessa una seconda possibilità. Non eravamo che degli ospiti, la cosa ci era ben chiara, ma che non si dica non fossimo ospiti di riguardo,perlomeno. Anche io lo ero, nonostante sentissi ormai miei quei luoghi,e nonostante fossi consorte del primogenito e madre degli eredi del clan, i primi nati della nuova generazione degli Octaviel: Castore e Polluce. I miei gemelli, i miei piccoli, se mai vi sono state delle creature tanto meravigliose da eclissare in splendore gli astri del cielo,furono i miei pargoli. Il mio matrimonio è durato appena sette anni, poiché tutto ciù che risale deve ricadere. E cosù fu anche per gli Octaviel. Quando non furono più di alcuna utilità vennero spogliati del loro titolo, mio marito e i miei figli uccisi, cosù che non vi fosse modo di risollevare le sorti, in un futuro, dell’ormai decaduto clan. Da allora porto il lutto, a memoria dei miei cari, persi per sempre. I miei genitori e le mie sorelle, tornarono a Venigrand giusto in tempo, io fui messa in salvo, imbarcata su una nave diretta verso quest’isola, senza avere idea di dove le correnti mi stessero conducendo. Quando chiesi notizie ai marinai che governavano quella vecchia nave, ricevetti tutte le informazioni di chi avevo bisogno. <Ditemi, Argo, dove siamo diretti?> Domandai, mentre osservavo l’orizzonte, che a me pareva infinito,e il fondersi dell’azzurro del cielo con il blu del mare. <Mah… Vossignoria, un isoletta...Niente di che…Insomma, ci stanno solo tre piccoli villaggi.> Argo, un vecchio lupo di mare, panciuto e con una folta barba bianca. Non molto colto, ma l’unica compagnia apprezzabile. < Raccontami…> <Beh…> cominciù come suo solito ad arricciare la punta della barba attorno all’indice della manca.<beh…ci stanno questi tre villaggi no? Uno, Darchon, è un villaggio di pescatori. Poi ci sta Revaden….Bah…Io non lo capisco cosa gli salta nella zucca. Hanno delle capanne strane…Boh…> Non è molto esplicativo, il vecchio Argo. <E il terzo?> <Beh il terzo…Sotminoa…Sono montanari… Sono…come dire…Fissati con la religione. Non apprezzano la presenza degli stranieri.> <Allora è li che andrù. Al nostro arrivo pretendo una carrozza, o qualsiasi mezzo che mi permetta di arrivare fin la.> Mi procurarono in verità, un passaggio. Dall’approdo di Abhorsen fino a Sotminoa, proseguii su un carretto sgangherato. Viaggio lungo e scomodo. Ne valse la pena. Qui ritrovo in parte, un modo di vedere la vita, che mi appartiene. » Indietro « |