Cassazione , sez. II civile, sentenza 08.03.2006 n° 4920
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
SENTENZA 08-03-2006, n. 4920
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 93 del 2000 il Giudice di Pace di Lanciano, in accoglimento
della domanda proposta dal Condominio .... di ..... di quella città,
inibiva ad B.A., quale conduttore di un appartamento, locato dal condomino
D.M. nonchè a S.M., condomino del medesimo edificio, di tenere
animali domestici negli immobili dai medesimi occupati nel predetto
fabbricato, dichiarando cessata la materia del contendere in relazione
alla domanda proposta nei confronti di M.G. conduttore di un altro
appartamento locato dal condomino D.M..
Avverso tale decisione proponevano appello il B., il M. e il S..
Con sentenza dep. 11-10 dicembre 2001 il Tribunale di Lanciano, in
accoglimento del gravame, rigettava la domanda proposta dal Condominio.
Per quel che ancora interessa nella presente sede i Giudici di appello
ritenevano che il Condominio, a fondamento della domanda,aveva invocato
la norma del regolamento condominiale, secondo cui era vietato detenere
negli appartamenti dell'edificio animali: le norme che incidono sull'utilizzabilità e
la destinazione delle parti di proprietà esclusiva non possono
essere approvate a maggioranza dall'assemblea ma hanno carattere convenzionale,
sicchè - ove il regolamento sia predisposto dall'originario
costruttore - devono essere accettate dai condomini nei rispettivi
atti di acquisto o con atti separati,mentre qualora siano deliberati
dall'assemblea devono essere approvate all'unanimità.
Nella specie - secondo la decisione impugnata - era del tutto mancata
la prova dell'esistenza di un regolamento accettato nei singoli atti
di acquisto da tutti i condomini o dell'approvazione da parte dell'assemblea
all'unanimità, tenuto conto che il verbale del 01/01/1981 non
recava le sottoscrizioni di tutti i condomini; in considerazione dell'assenza
di un regolamento applicabile, la norma invocata dall'attore non poteva
spiegare alcun effetto nei confronti dei conduttori, posto che l'impegno
dai medesimi assunto con il contratto di locazione produceva effetti
nei confronti del locatore ma non di terzi;
infine, il regolamento non poteva trovare applicazione nei confronti
dei soli condomini che l'avevano accettato, posto che l'approvazione
da parte dell'assemblea costituisce un atto collettivo.
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il Condominio …..
sito in ……. sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione
degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., deduce che non aveva partecipato
al giudizio di appello, D.M., il quale - essendo il costruttore dell'immobile
- era il consorte principale di tutta la vicenda processuale, giacchè in
contraddittorio del medesimo doveva stabilirsi la validità della
norma regolamentare.
Con il secondo articolato motivo il ricorrente, denunciando violazione
degli artt. 360, 100 e 214 cod. proc. civ., in relazione alle norme
sul condominio e segnatamente degli artt. 1138 e 1136 cod. civ., deduce
che l'approvazione del regolamento di condominio era avvenuta all'unanimità dei
condomini che all'epoca facevano parte del condominio con delibera
emessa dall'assemblea convocata dal S. che era anche amministratore
e segretario dell'assemblea,in cui espresse voto favorevole all'approvazione;
in ogni caso, le norme del regolamento erano state accettate dai conduttori
in virtù del contratto di locazione intercorso con il D.M.,
che costituiva la fonte normativa degli impegni dai medesimi assunti.
Il primo motivo è fondato.
La sentenza di primo grado, emessa nel giudizio instaurato dal Condominio
nei confronti dei condomini D.M. e S. ed in contraddittorio dei terzi
chiamati B. e M., conduttori degli appartamenti di proprietà del
D.M., è stata appellata dal B., dal M. e dal S. nei confronti
dell'attore:
al giudizio di appello non ha partecipato anche il D.M., che essendo
- come detto - proprietario degli immobili siti nell'edificio condominiale,
era litisconsorte necessario, nei confronti del quale il contraddittorio
andava integrato ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ..
In tema di condominio degli edifici e nell'ipotesi di violazione del
divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli
locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati
usi,il condominio può richiedere la cessazione della destinazione
abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore.
Peraltro, nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore,
si verifica una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario,che
deve partecipare al giudizio in cui si controverte in ordine all'esistenza
e alla validità del regolamento: infatti, le limitazioni all'uso
delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, derivanti
dal regolamento contrattuale di condominio, in quanto costituiscono
oneri reali o servitù reciproche (Cass. 7003/1990; Cass. 1681/1993)
afferiscono immediatamente alla cosa. (Cass. 16240/2003; 2683/1994).
La mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del proprietario
comporta la nullità del giudizio di gravame e della sentenza
impugnata. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo motivo
che ha natura pregiudiziale, essendo assorbito il secondo;
la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio,
anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Lanciano in
diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo assorbito il secondo cassa in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, al
Tribunale di Lanciano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre
2005.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2006.
TORNA AL GIORNALE GIURIDICO
TORNA IN ALTO PAGINA