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Indennità integrativa speciale in misura intera

Corte dei Conti , sez. Puglia, sentenza 08.07.2008 n° 553

Corte dei conti

Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia

Sentenza 8 luglio 2008, n. 553

...omissis...

Considerato in FATTO

1. La ricorrente è titolare di pensione ordinaria iscr. n. XX - a decorrere dal 10.9.1985 - su cui non è corrisposta l’indennità integrativa speciale e di pensione di reversibilità iscr. n. YY – a decorrere dal 7.11.1992 – su cui viene corrisposta la ridetta indennità.

2. Con il ricorso in questione – notificato all’I.N.P.D.A.P. in data 23.2.2004 e depositato il 23.3.2004 – la ricorrente chiede l’annullamento del silenzio rifiuto dell’Istituto di previdenza sulla istanza inviata in data 25.5.2001, volta ad ottenere la corresponsione dell’i.i.s. sulla pensione ordinaria iscr. n. XX e l’accertamento del diritto alla indennità integrativa speciale dalla maturazione dello stesso, con gli accessori (interessi legali e rivalutazione monetaria).

Nei motivi di ricorso, si sostiene che il divieto di cumulo nei confronti del titolare di due pensioni di cui all’art. 99 secondo comma del D.p.r. n. 1092/1973 è stato espunto dall’ordinamento in virtù delle sentenze della Corte costituzionale n. 566/1989, n. 204/1992, n. 494/1993 e n. 172/1997 e che in tal senso è la giurisprudenza delle Sezioni Giurisdizionali Regionali e delle Sezioni Centrali di Appello della Corte dei conti.

2. Si è costituito in giudizio l’I.N.P.D.A.P. – Direzione provinciale di Bari, depositando in data 16 maggio 2007 memoria difensiva, nella quale eccepisce che gli interventi della Corte costituzionale non hanno espunto dal’ordinamento le norme sul divieto di cumulo, fatta salva l’integrazione del trattamento minimo I.N.P.S., qualora l’ammontare della pensione, per effetto della sospensione della i.i.i.s, risulti inferiore ad esso. , L’ Istituto di previdenza eccepisce, in via subordinata la prescrizione quinquennale dei singoli ratei mensili non corrisposti e che il diritto al cumulo delle indennità integrative speciali sia riconosciuto nei limiti del minimo I.N.P.S., giusta quanto statuito dalle sentenze n. 1/2000/QM e n. 2/2006/QM delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, con gli eventuali interessi dalla domanda attrice. Si chiede, inoltre, nel caso di soccombenza, la compensazione delle spese di giudizio.

Alla odierna udienza le parti hanno concluso in senso conforme a quanto già rassegnato per iscritto.

Ritenuto in DIRITTO

1. Oggetto del giudizio che viene all’esame della Sezione è la controversa questione del cumulo della indennità integrativa speciale e della 13^ mensilità in ipotesi di doppia pensione.

2. Tanto la L. 324 del 1959 ( art. 2, commi, 5°, 6° e 7° ) e il successivo D.P.R. 1092 del 1973 ( art. 99, commi 2° e 5° ) prevedevano che l’indennità integrativa speciale potesse essere percepita una volta sola, e ciò sia per i pensionati che svolgono un’altra attività, sia per i percettori di due o più pensioni.

L’art. 17 della legge 21.12.1978 n.843 disponeva che l’indennità integrativa speciale non è cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di lavoro alle dipendenze di terzi, fatto salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

3. La Corte costituzionale si è pronunziata più volte su entrambe le ipotesi di divieto di cumulo di indennità integrative speciali, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale sia di norme della legislazione statale ( e regionale) che stabiliscono il divieto di cumulo di più indennità integrative speciali nel caso di titolarità di più pensioni, sia di altre norme che statuiscono la sospensione dell’indennità integrativa speciale nei confronti del titolare di pensione o assegno vitalizio che presti opera retribuita

3.1. Inizialmente, è intervenuta sul divieto di cumulo tra due indennità integrative speciali su pensione e retribuzione , con la sentenza n. 566 del 13 dicembre 1989, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 99, co. 5°, D.P.R. 1092/1973, “ in quanto non ha stabilito il limite dell’emolumento per le attività alle quali si riferisce, dovendosi ritenere ammissibile, al di sotto di tale limite, il cumulo integrale tra trattamento pensionistico e retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione dell’indennità integrativa “.

3.2.1. Il divieto di cumulo di indennità integrative speciali in ipotesi di plurime pensioni è stato dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 172 del 1991 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1° della L. 21 dicembre 1978 n. 843 e dell’art. 15 del D.L. 30 dicembre 1979 n.663, con riferimento al trattamento di pensione erogato dalla C.p.d.e.l., “ nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione, oltre la quale diventano operanti l’esclusione e il congelamento dell’indennità integrativa speciale “ e, inoltre, con la sentenza n. 494 del 29 dicembre 1993, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.. 99, comma 2°, D.P.R. 1092/1973 “ nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti “.

3.2.2. La sentenza n. 307 del 1993 ha adottato identica soluzione con riferimento al sistema normativo delle pensioni erogate dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della L. 773 del 1982.

3.2.3. E analogo dispositivo è stato pronunciato - nella sentenza n.376/1994 - con riferimento all’art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978 n. 17 “ nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di più pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell’indennità di contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall’adeguamento del costo della vita, debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti”

Con la stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha altresì censurato la norma anche “ nella parte in cui, riguardo al pensionato che presta attività retribuita, non determina la misura della retribuzione complessiva oltre la quale diventi operante il divieto di cumulo dell’indennità di contingenza relativa al trattamento pensionistico con le indennità dirette all’adeguamento al costo della vita del trattamento di attività “ .

3.3. Dalla evoluzione della giurisprudenza costituzionale intervenuta in subjecta materia, si evince che un divieto generalizzato di cumulo, cioè senza che sia fissato un limite minimo o trattamento complessivo per le attività alle quali si riferisce, al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso, sia illegittimo ( cfr., da ultimo, Corte cost. 21 novembre 2000 n.516, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della tabella 0, lett. B), terzo comma. L.R.Sicilia 29 ottobre 1985 n.41 ) e che un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere, sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra le diverse soluzioni ( cfr. Corte cost. 21 novembre 2000, n. 517 ).

4. L’insegnamento del Giudice costituzionale rinvenibile nelle pronunce sopra indicate ha indotto la prevalente giurisprudenza delle Sezioni regionali e centrali della Corte dei conti ad assumere differenti posizioni in merito alla problematica del divieto di cumulo delle indennità integrative speciali ( cfr. SS.RR. 3 gennaio 2000 n. 1/2000/QM e SS.RR. 18 giugno 2003 n.14/2003/QM, per una messa fuoco della problematica).

4.1.1. Secondo un primo orientamento permane il divieto di cumulo in presenza di due o più trattamenti pensionistici, semprechè la seconda o ulteriore pensione risulti superiore all’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS ( ex multis, Sez. II centrale, 18 luglio 2002,n.262/A; Id., 12 giugno 2003 n. 231; Sez. Sardegna 29 gennaio 2002 n. 104; Sez. Friuli-Venezia Giulia, 3 ottobre 2000, n. 467; Sez. Toscana, 18 aprile 2000, n.686 ).

4.1.2. Secondo un altro orientamento, invece, va riconosciuto il diritto alla indennità integrativa speciale su entrambi i trattamenti pensionistici ( Sez. III centrale, 21 marzo 2002 n.106; Id., 6 febbraio 2001 n.26; Id., 28 marzo 2001 n. 66; Sez. Toscana 7 marzo 2002, n.155;Id., 23 aprile 2002 n.309; Sez. Lombardia, 3 dicembre 2001 n. 1775; Sez. Marche, 23 febbraio 2000, n.2873 ).

5. Le Sezioni Riunite, intervenute in sede di questione di massima, su impulso di questa Sezione Giurisdizionale Regionale, hanno affermato i seguenti principi di diritto: “ 1) in ipotesi di doppio trattamento di pensione non è consentito il cumulo della indennità integrativa speciale; 2) il titolare di due pensioni ha diritto a percepire la indennità integrativa speciale sulla seconda pensione soltanto nei limiti necessari per ottenere l’integrazione della pensione sino all’importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti ( c.d. minimo I.N.P.S.) “. ( cfr. n.14/ 2003/QM)

Il ragionamento svolto dalle Sezioni Riunite è assai articolato e merita di essere esposto per l’accurata ricostruzione della giurisprudenza costituzionale e per la accuratezza delle considerazioni di diritto, in quanto sono alla base della successiva decisione n. 2/2006/QM ( v. infra n. 7 )

5.1. Si legge nella motivazione della sentenza n.14/2003/QM che la Corte costituzionale ha tenuto ben distinta l’ipotesi di cumulo della i.i.s. su pensione e retribuzione da quella della doppia pensione, emettendo nel primo caso sentenze di mero annullamento e, nel secondo caso, sentenze additive che hanno avuto l’effetto di estendere alle disposizioni recanti il divieto di cumulo della i.i.s. nei confronti del titolare di due pensioni il principio della salvaguardia del minimo I.N.P.S. contenuto nell’art. 17, 1° comma, della legge n.843 del 1978 .

5.2. Sulla base di tale presupposto, si confuta, in sentenza, la tesi favorevole al cumulo , sul presupposto che la norma “ aggiunta “ - dalla sentenza costituzionale n. 172 del 1991 - all’art. 17 della legge n.843 del 1978 sarebbe stata travolta per effetto della successiva sentenza n. 204 del 1992 , per la considerazione che la declaratoria di incostituzionalità contenuta nella sentenza n. 204 del 1992 riguarda solo l’ipotesi del pensionato che presta opera retribuita ed in quanto la sentenza n. 494 del 1993 ha avuto l’effetto di aggiungere all’art. 99, comma 2° del D.p.r. 1092/1973 la salvaguardia del trattamento minimo I.N.P.S. nei confronti del titolare di due pensioni, salvo il divieto di cumulo della i.i.s. nella sua originaria formulazione.

5.3. Che il legislatore abbia tenuto nettamente distinte le due ipotesi lo si evince dalla sentenza n.376 del 1994 e ciò troverebbe giustificazione con il fatto che “ la salvaguardia del minimo I.N.P.S. era stata introdotta dal legislatore del 1978 ( all’art. 17, 1° comma, della legge n.843 ) e, quindi, la Corte costituzionale ha reperito nell’ordinamento vigente il parametro da applicare nell’ipotesi di duplice pensione “ ed in relazione alla diversa tutela del pensionato rispetto al lavoratore con riguardo ai principi contenuti, rispettivamente, negli artt. 38 e 36 della Costituzione

5.4. Inoltre, pur qualificando come sentenza di mero annullamento la sentenza n. 516 del 2000, che si riferisce ad entrambe le ipotesi ( pensione più retribuzione/doppia pensione ), le Sezioni Riunite ritengono che l’effetto della declaratoria di incostituzionalità sia quello di mantenere inalterata l’efficacia dell’art. 17, comma 1° della legge n. 843 del 1978 come “ manipolato “ dalla sentenza n. 172 del 1991 e dell’art. 99, 2° comma, del D.p.r. 1092/1973 come “ manipolato “ dalla sentenza n. 494 del 1993.

6. Condivide questo Giudice le argomentazioni delle Sezioni Riunite circa il rapporto intercorrente tra le sentenze costituzionali n. 172/1991 e n. 204/1992.

Premesso che la sentenza n. 172/1991 si riferisce all’ipotesi di fruizione di plurime pensioni e la sentenza n. 204/1992 si riferisce alla diversa ipotesi del pensionato che presti opera retribuita, diversa è la tecnica seguita nella declaratoria di incostituzionalità: nel primo caso, l’illegittimità con la salvezza del c.d. minimo INPS; nel secondo caso, l’illegittimità tout court.

E, pertanto, la prima sentenza è qualificabile come “ manipolativa-additiva “, mentre la seconda ha natura “ ablatoria “ .

Sicchè si può convenire con le Sezioni Riunite, le quali hanno affermato che “… la Corte costituzionale abbia tenuto ben distinta l’ipotesi di cumulo della i.i.s. su pensione e retribuzione da quella di doppia pensione, emettendo nel primo caso sentenze di mero annullamento e, nel secondo caso, sentenze additive che hanno avuto l’effetto di estendere alle disposizioni recanti il divieto di cumulo della i.i.s. nei confronti del titolare di due pensioni il principio della salvaguardia del minimo I.N.P.S. contenuto nell’art. 17, comma 1°, della legge n. 843 del 1978 “.

Ma ciò è vero sino alla sentenza n. 516 del 2000, con cui la Corte costituzionale ha preso in esame in maniera indifferenziata entrambi le ipotesi di concorso tra pensione e retribuzione e di due o più pensioni.

Ritengono le Sezioni Riunite che a seguito della declaratoria di incostituzionalità del divieto di cumulo previsto dalla normativa regionale siciliana torna ad acquistare efficacia l’art. 17, comma 1°, della legge n. 843 del 1978, come “ manipolato “ dalla sentenza costituzionale n. 172/1991 e l’art. 99, comma 2°, del D.p.r. n. 1092/1973, come “ manipolato “ dalla sentenza costituzionale n. 494 del 1993.

Da tale avviso, sia pure autorevole, questo Giudice intende, tuttavia, discostarsi, secondo quanto in appresso detto.

Deve osservarsi, innanzitutto, la diversa formulazione del dispositivo di accoglimento della sentenza n. 516/2000 ( “ dichiara l’illegittimità costituzionale…nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante… il divieto di cumulo… “ ) rispetto a quella utilizzata nelle precedenti sentenze pronunciate con riferimento alla medesima ipotesi della doppia pensione ( “ dichiara l’illegittimità costituzionale…nella parte in cui non prevede che … debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti “: cfr. sentt. n. 376/1994 e n. 494/1993 ).

Ciò non è senza conseguenze di rilievo, in quanto attribuisce alla pronuncia di incostituzionalità la valenza di una sentenza di annullamento, a differenza della giurisprudenza costituzionale precedente, nella quale le due ipotesi sono tenute nettamente distinte sul piano degli effetti delle declaratorie di incostituzionalità.

D’altronde, le stesse Sezioni Riunite si rendono conto di come la sentenza n. 516 del 2000 “ potrebbe offrire qualche spunto alla tesi del venir meno del divieto di cumulo della i.i.s. in entrambe le ipotesi di pensione più retribuzione e di doppia pensione “, sebbene poi in maniera incoeerente si concluda nel senso che a seguito della declaratoria di incostituzionalità della normativa regionale torna ad acquistare forza espansiva e cogente la disposizione di cui all’art. 4 della L.R. n. 17 del 1978 - come “ manipolata “, relativamente all’ipotesi della doppia pensione – dalla sentenza costituzionale n. 376 del 1994, nonché gli artt. 17, comma 1°, L. n. 843 del 1978 – come “ manipolato “ dalla sentenza costituzionale n. 172 del 1991 – e l’art. 99, comma 2°, D.P.R. n.. 1092 del 1973 – come “ manipolato “ dalla sentenza costituzionale n. 494 del 1993.

Non considerano, infatti, le Sezioni Riunite che a differenza delle precedenti sentenze costituzionali intervenute con riferimento alla ipotesi della doppia pensione, nelle quali è fatto salvo il c.d. minimo INPS, la sentenza n. 516 del 2000 è qualificabile come ablatoria, in quanto viene dichiarata l’illegittimità costituzionale tout court del divieto di cumulo dell’indennità di contingenza ( indennità integrativa speciale ) in relazione ai “ titolari di pensione ed assegni vitalizi “ senza fare alcun riferimento alla integrazione differenziale al c.d. minimo I.N.P.S.

7. Alla suddetta decisione si aggiunge la più recente n. 2/ 2006/QM, pronunciata su questione di massima sollevata dal giudice di appello, che aveva riscontrato permanere, pur dopo la sentenza n.14/QM/2003, un contrasto giurisprudenziale tra Sezioni di appello, accentuato anzi dalla diversa lettura data dai giudici di appello alla recente ordinanza della Corte costituzionale 8 marzo 2005 n. 89.

La citata decisione delle Sezioni Riunite ha interpretato la ordinanza di inammissibilità della Corte costituzionale n. 89/2005, pronunciata sulla base della prospettazione della questione di costituzionalità in ordine alla permanenza del divieto di cumulo di indennità integrativa speciale su più trattamenti pensionistici, sotto il profilo della mancata indicazione dei motivi che obbligano ad una lettura della norma che suscita dubbi di costituzionalità anziché una intepretazione costituzionalmente orientata.

7.1. Argomentando dalla considerazione che nel caso in cui avesse ritenuto l’art. 99 secondo comma espunto dall’ordinamento e dunque caducato, da un lato avrebbe usato una diversa formula di dichiarazione di inammissibilità, riferendola alla attuale non vigenza della norma stessa, e dall’altro mostrando di ritenere possibili più opzioni interpretative dell’art. 99 secondo comma evidentemente la Corte costituzionale ha mostrato di ritenere che la suddetta norma esiste, in quanto se espunta dall’ordinamento non sarebbe possibile dare ad essa alcuna lettura, le Sezioni Riunite concludono che la norma esiste effettivamente e non è stata caducata. Inoltre, poiché tale norma è stata “ manipolata “ per effetto dell’inserimento del principio di integrazione del minimo I.N.P.S. questa rimarrebbe, conformemente all’invito rivolto ai giudici di merito contenuto nella ordinanza costituzionale n.89/2005, l’unica interpretazione costituzionalmente orientata e legittima della norma in questione.

Tale conclusione le Sezioni Riunite ritengono avallata anche dal richiamo che la citata ordinanza costituzionale contiene alla sentenza n. 494/1993.

7.2. La citata sentenza delle Sezioni Riunite ha, infine, ritenuto non ammissibile la diversa interpretazione - definita praeter contitutionem - con effetto abrogativo del divieto di cumulo, a tutt’oggi sostenuta da numerose sentenze, ed esplicitamente riferendosi ad una recente decisione della Sezione di Appello per la Regione Siciliana ha criticato come una anomalia la disapplicazione di una norma da considerarsi vigente, quale l’art. 99 secondo comma cit., non potendo il giudice di merito procedere alla disapplicazione di norme ritenute incostituzionali, in quanto occorre sempre, anche in ipotesi di norme meramente riproduttive di altre dichiarate incostituzionali, una specifica pronuncia della Corte costituzionale.

7.3. Questo giudice, pur reputando giuste le considerazioni formulate dalle Sezioni Riunite circa i limiti che la funzione giurisdizionale incontra per quanto concerne lo scrutinio di costituzionalità delle norme , non ritene, tuttavia, di poter condividere le argomentazioni e le conclusioni alle quali la decisione n. 2/2006/QM perviene.

Ed invero, l’invito rivolto - nella ordinanza n. 89/2005 - dalla Corte costituzionale ai giudici a quibus di spiegare le ragioni per le quali non ritengano di adottare l’opzione interpretativa che esclude la persistenza del divieto di cumulo delle indennità integrative speciali in caso di titolarità di più pensioni costituisce una vera e propria esortazione a fare applicazione dei principi fissati dalla stessa Corte nelle numerose decisioni emesse in materia. Nessun impedimento si oppone, dunque, nel caso in esame, a che il giudice adotti l’interpretazione che gli consente di superare i prospettati dubbi di costituzionalità ( c.d. interpretazione adeguata o conforme a Costituzione )

Ciò non vuol dire, ovviamente, come si afferma nella sentenza n. 2/2006/QM, dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma sottoposta alla valutazione del giudice sul piano della legittimità costituzionale, bensì di estendere al caso in esame le regole costituzionali facilmente desumibili dal complesso della giurisprudenza costituzionale ( cfr. Sez. App. Sicilia, n. 258/A/2007 ).

Ma vi è di più. Si è osservato, infatti, che tutta la motivazione della sentenza n. 2/2006/QM si incentra su una determinata interpretazione della dichiarazione di inammissibilità di cui alla ordinanza costituzionale n. 89/2005, che non appare l’unica possibile ed anzi appare opposta a quella suggerita, invero, nella ordinanza stessa. L’invito al giudice di merito ad adottare una interpretazione costituzionalmente orientata, contestualmente alla dichiarazione di inammissibilità della questione che era stata sollevata sul presupposto interpretativo che l’art. 99 comportasse attualmente il divieto di cumulo di i.i.s., pare molto più verosimilmente un rifiuto della Corte costituzionale di decidere la questione sulla base di tale presupposto interpretativo, già escluso nelle precedenti decisioni, ed un invito al giudice ad adottare una diversa interpretazione, adeguata e conforme a Costituzione ( cfr. C. Conti Emilia Romagna, Sez. giurisdiz., n. 139/2007 ).

Ritiene questo Giudice, a tale riguardo, che se la Corte costituzionale avesse voluto intendere il divieto di cumulo di cui all’art. 99 tutt’ora vigente seppure nei limiti del diritto alla integrazione della pensione sino al raggiungimento del c.d. minimo I.N.P.S., non avrebbe avuto senso sollecitare una “ interpretazione orientata costituzionalmente “, evidentemente diversa da quella, perché la norma aveva avuto quella precisa portata già per effetto della sentenza n. 516/2000, così da evitare qualsiasi disparità di trattamento tra i pensionati della Regione Siciliana, destinatari della sentenza n. 516/2000 e gli altri pensionati, per i quali dovrebbe esser fatto salvo il c.d. minimo I.N.P.S. ( cfr. C. Conti Sicilia, Sez. giurisdiz., n. 1534/2008 ).

8. Anche dopo la decisione n.2/2006/QM la giurisprudenza pensionistica della Corte dei conti ha, comunque, continuato a dividersi tra i fautori del divieto di cumulo per la parte eccedente il c.d. minimo I.N.P.S. ( ex multis: C. Conti Puglia, Sez. giurisdiz., n. 166/2007 ) e i sostenitori del cumulo in misura intera (C. conti Sardegna, Sez. giurisdiz., n. 25/2007; Id., Sez. III centr. App., n. 88/2006; Id., Sez. app. Sicilia, n. 20/2007; Id. Liguria, Sez. giurisdiz., n.369/2006; Id. Campania, Sez. giurisdiz., n. 1172/2006 ).

E ancora una volta, alcuni giudici di merito, anziché risolvere in via di interpretazione la questione del cumulo delle indennità integrativa speciale, hanno preferito affidare impropriamente alla Corte costituzionale il compito di dirimere ogni dubbio interpretativo, che essi stessi avrebbero dovuto risolvere in un senso o nell’altro, sollevando nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 99 secondo comma, sul presupposto che l’unica interpretazione possibile della suddetta norma era che il divieto del cumulo integrale dell’i.i.s. - nel caso di concorso di più pensioni - continuava ad essere vigente nell’ordinamento, e rilevando la disparità di trattamento che si è venuta a creare tra coloro che hanno avuto liquidata la pensione dopo il 1995, e quindi hanno beneficiato del conglobamento dell’indennità integrativa speciale nella pensione per effetto dell’art. 15 comma 3 della L. 23.12.1994 n. 724, e coloro che, posti in pensione prima di tale data, si vedono applicato il divieto di cumulo ( in terminis : Sez. Giur. Toscana, ord. n.33/2006; Sez. Giur. Abruzzo, ord. n. 14/2006; Sez. III centr. App., ord. n. 153/2006 )

9. La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 119 /2008 ha rimesso gli atti ai giudici a quibus perchè procedano ad una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 1, commi 774 e 776 , della L. 27.12.2006 n. 296.

Si discute in dottrina sulla qualificazione da attribuire alla restituzione degli atti al giudice a quo, se cioè sia un provvedimento che definisce il giudizio o se ( come parrebbe dalla forma, che è generalmente quella della ordinanza ) invece non lo sia, lasciando inalterati gli effetti dell’ordinanza di rimessione. In questa direzione potrebbe spingere la considerazione della funzione di tale provvedimento, che è “ istituzionalmente “ quella di istituire una sorta di “ dialogo “ fra Corte e giudice remittente.

Emblematici sono, da questo punto di vista, i casi in cui gli atti vengono restituiti al giudice a quo allorquando il mutamento concerne, oltre alla norma impugnata, l’intero sistema normativo ( cfr. , ad es., nn. 73, 74, 84, 202, 203, 204, 205, 536-537-538, 540 e 543 del 2000 ) e può influire sulla “ fondatezza “ ( e, prima ancora, sulla “ non manifesta infondatezza “ ) della questione.

Nell’interpretare l’ordinanza costituzionale n. 119/2008, che ha natura processuale , la giurisprudenza ha assunto diversi orientamenti che ripropongono, sia pure con alcuni aggiustamenti, la “ lacerazione “ della giurisprudenza pensionistica ( alla quale fa riferimento C.Conti Piemonte, Sez. giurisdiz., ord. n.36/2006 ).

9.1. Secondo la prima pronuncia ( Sez. Giur. Toscana, n. 350/2008 ) intervenuta succesivamente alla ordinanza n. 119/2008, lo jus superveniens segnalato dal Giudice delle leggi ha fatto venir meno la “ situazione di macroscopica disparità di trattamento evidenziata in ordine al cumulo dell’i.i.s. su plurime pensioni fra percettori di più pensioni liquidate ante L. n. 724/1994 e percettori di plurime pensioni liquidate post L. n. 724/1994 “ per effetto del conglobamento ( a decorrere dal 1° gennaio 1995 ) della indennità integrativa speciale nel complessivo trattamento pensionistico, fermo restando il divieto di cumulo sia pure mitigato dal c.d. minimo I.N.P.S. sino al 31.12.1994.

Nella analisi svolta in motivazione, è possibile individuare i seguenti fondamentali passaggi argomentativi:

- “ …non a caso, sovvertendo l’ordine cronologico viene richiamato “ nella ordinanza n. 119/2008 “ il comma 776 dell’art. 1 L. n. 296/2006 – abrogativo dell’art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994 – prima del comma 774 della stessa disposizione che ha dettato una norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 41, della legge n. 335/1995 relativa al computo dell’indennità integrativa speciale per le pensioni di reversibilità, applicabile indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta: infatti si è così voluto sottolineare – in primo luogo – che con questa abrogazione il legislatore ha eliminato – oltrechè una norma di salvaguardia dei diritti quesiti – norma di salvaguardia di migliore trattamento per le situazioni pregresse ( così definita dalle SS.RR. della Corte dei conti, rispettivamente, nella sentenza n. 8/QM/2002 e nella successiva n. 2/QM/2006 ) prevista in via transitoria per le pensioni di reversibilità – anche il riferimento alla perdurante applicabilità – quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e a quelle di reversibilità ad esse riferite – delle disposizioni relative alla corresponsione dell’indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall’art. 2 della legge n. 324 del 1959, e successive modificazioni “ – cioè in buona sostanza, tale abrogazione ha comportato anche l’eliminazione del divieto di cumulo dell’i.i.s., in particolare, su due pensioni, oltrechè su pensione + retribuzione”;

- “ E’ evidente che l’eliminazione di tale divieto non può che decorrere dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007 abrogatrice del citato art. 15, comma 5, della L. 724/1995, e cioè dal 1° gennaio 2007, lasciando quindi inalterara la situazione di macroiscopica disparità di trattamento per i titolari di più pensioni liquidate prima del 31.12.1994 quanto meno fino al 31.12.2006, rispetto ai titolari di più pensioni liquidate dopo il 31.12.1994 e quindi conglobate con l’i.i.s. in misura intera”;

- “ Ma a colmare tale apparente lacuna del legislatore soccorre il riferimento – anche questo non a caso evidenziato nell’ordinanza del Giudice delle leggi di rstituzione degli atti ai giudici remittenti – al comma 774, dell’art. 1 della L.F. 2007 che ha dettato una norma di intepretazione autentica dell’art. 1, comma 41, della legge n. 335 del 1995 – la quale prevede l’estensione al settore pubblico della disciplina del trattamento pensionistico di reversibilità vigente nel settore privato – per cui le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall’entrata in vigore della legge 8 agosto 1995 n. 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità…”;

- “ Ebbene, proprio questa indipendenza della pensione di reversibilità dalla data di decorrenza della pensione diretta, affermata dal legislatore insieme con l’affermazione che l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa è parte integrante del complessivo trattamento percepito, porta a concludere che il legislatore stesso ha inteso riferire l’efficacia del conglobamento dell’i.i.s. nella pensione alla decorrenza del 1° gennaio 1995 prevista dall’art. 15, comma 3°, della legge n. 724 del 1994 indipendentemente dalla data di liquidazione della pensione diretta….”;

- “ In altri termini, con la norma d’interpretazione autentica all’esame, il legislatore ha inteso considerare l’indennità integrativa speciale, a decorrere dal 1° gennaio 1995 e indipendentemente dalla data di liquidazione della pensione, parte integrante del trattamento pensionistico, ritenendola, per così dire, ontologicamente conglobata nella pensione per effetto dell’art. 15, comma 3, della citata legge 23 dicembre 1994 n. 724 “

Di qui la conclusione che la indennità integrativa speciale spetti in misura intera a decorrere dal 1° gennaio 1995.

9.2. Parzialmente differenti sono le argomentazioni di un’altra pronuncia ( Sez. Giur. Abruzzo, n.226/2008 ) secondo cui “ …il comma 778 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, proprio perché rappresenta ius superveniens, non può che riferirsi per la sua entrata in vigore, secondo i principi generali, al momento dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto la norma ( cioè dal 1° gennaio 2007 ). Quindi a seguito dell’interpretazione che questo giudice ritiene vada seguita, il ricorso merita di essere parzialmente accolto riconoscendo quanto formulato nella domanda attrice, a partire dal 1° gennaio 2007. Per il periodo precedente, si deve intendere che, come esposto chiaramente nella sentenza delle Sezioni Riunite QM n.2/2006, era vigente ancora il divieto di cumulo delle due indennità integrative speciali sul tipo di pensioni cui si riferisce il presente ricorso “.

Nel caso di specie, si trattava di pensione liquidata prima del 1° gennaio 1995

9.3. A conclusioni diametralmente opposte sono pervenute, invece, le Sezioni Centrali di Appello, sulla base delle seguenti motivazioni:

- “ …sembrano superate, ad avviso del Collegio, i problemi che avevano indotto il medesimo a sollevare la ricordata questione di legittimità costituzionale: ciò considerando che nel momento i cui con l’abrogazione del citato art. 15 è venuta meno qualsiasi tutela nei confronti delle categorie più deboli ( esclusione della doppia indennità integrativa speciale in misura intera per le pensioni di reversibilità ) non si vede come tale “ tutela “ possa permanere riguardo alle categorie meno deboli ( titolari di pensione diretta )” ( Sez. III Centr. App., n. 163/2008 )

- “ Orbene, a seguito della norma di interpretazione autentica di cui si è detto, costituente secondo il giudice costituzionale jus superveniens nell’ambito dei giudizi di costituzionalità rigaurdanti il problema della doppia indennità integrativa speciale, ritiene il Collegio che, non esistendo più per le pensioni di reversibilità dopo il 1995 una autonoma voce di I.I. S. debba ritenersi superato il problema del cumulo di tale indennità, non solo in ipotesi di concorso di pensione di reversibilità e di altro tipo di pensione, ma anche negli altri casi di concorso di più trattamenti pensionistici” ( Sez. I Centr. App., n. 236/2008 ).

10. Da tale ultimo orientamento giurisprudenziale, intende discostarsi questo Giudice, perché erroneo in punto di diritto.

Nell’interpretare l’ordinanza costituzionale n. 119/2008 i giudici di appello, nel tentativo di trovare una soluzione alla querelle del cumulo della indennità integrativa speciale, valorizzano il riferimento al comma 774 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 quale argomento per sostenere che, non essendo più possibile attribuire ai titolari dei trattamenti di reversibilità sorti dopo il 1° gennaio 1995 una distinta indennità integrativa in forma autonoma ed accessoria al trattamento pensionistico, debba ritenersi superato il problema del cumulo di tale indennità anche negli altri casi di concorso di più trattamenti pensionistici.

A ben vedere, però, così ragionando si estende impropriamente la disciplina dettata dal comma 774 - applicabile al concorso di pensione di reversibilità e di altro tipo di pensione - anche agli altri casi di concorso di più trattamenti pensionistici .

L’avere segnalato un eventuale problema di disparità di trattamento tra coloro che, essendo titolari di trattamenti di reversibilità sorti dopo il 1995 in concorso con altri trattamenti pensionistici, non percepiscono più l’indennità integrativa speciale quale emolumento separato ed accessorio al trattamento pensionistico di reversibilità, rispetto ai titolari di pensione diretta ante 1995, che continuano a percepire l’indennità integrativa speciale in forma autonoma ed accessoria al trattamento pensionistico, non autorizza, in ogni caso, il giudice a compiere una operazione interpretativa che miri sostanzialmente ad eludere il dato normativo, ma, ove ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalità, a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 776, della L. n. 296/2006.

E’ questo, infatti, che le Sezioni di appello avrebbero dovuto fare e non hanno fatto. Ed invero, quanto affermato dalle Sezioni Riunite nella sentenza n.2/2006/QM , secondo cui “…il nostro ordinamento non prevede un potere diffuso tra i giudici di disapplicazione di norme ritenute incostituzionali ( salvo la diretta applicazione di norme costituzionali immediatamente precettive in quanto di rango superiore rispetto alle leggi ordinarie con esse contrastanti ) ma ha concentrato in un apposito organo ( la Corte costituzionale ) la verifica di costituzionalità delle leggi, con conseguente annullamento erga omnes “, vale sempre.

“ Questo principio è un cardine essenziale del nostro ordinamento costituzionale, che non può essere in alcun modo derogato “ hanno ancora affermato le SS.RR., con la decisione n.2/2006/QM..

11. Parimenti, ritiene questo Giudice di discostarsi dalle pronunce della Sezione giurisdizionale Toscana e della Sezione giurisdizionale Abruzzo essenzialmente per il motivo sopra affermato ( infra nn. 6-7 ) della espunzione dall’ordinamento del divieto di cumulo di cui al’art. 99 secondo comma D.p.r. n. 1092/1973, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 516 del 2000.

11.1. Per quanto riguarda la prima pronuncia, in disparte la semplicistica soluzione di ritenere superato ogni problema di cumulo delle indennità integrative speciali che, non esistendo più come voce autonoma, non possono più porre problemi di reciproca incompatibilità, si rileva una contraddizione tra l’affermazione secondo cui l’eliminazione del divieto di cumulo effettuata con l’abrogazione dell’art. 15, comma 5, della L. n. 724/1994 non può che decorrere dalla data di entrata in vigore dell’art. 1, comma 776, della legge n. 296/2006 – e cioè dal 1°gennaio 2007 - e la conclusione secondo cui con la norma di interpretazione autentica di cui al comma 774 il legislatore ha inteso riconoscere la indennità integrativa speciale dal 1° gennaio 1995, per effetto del conglobamento della indennità integratriva speciale.

Per confutare il ragionamento seguito dal giudice toscano, infatti, basta osservare che l’art. 1, comma 776 della legge finanziaria 2007 ha abrogato l’art. 15, comma 5, della legge n. 724/1994, che si riferisce sia alle pensioni “ dirette “ sia alle pensioni di “reversibilità “ liquidate fino al 31 dicembre 1994 ( si veda sul punto C. Cost n. 74/2008 ) mentre l’art. 1, comma 774, della medesima legge ha dettato una norma di interpretazione autentica relativa al computo dell’indennità integrativa speciale per le pensioni di reversibilità.

Non può, quindi, inferirsi dalla efficacia retroattiva della norma di interpretazione autentica la decorrenza al 1° gennaio 1995 del cumulo integrale delle indennità integrative speciali, nei casi di concorso di più trattamenti pensionistici, tenuto conto che oggetto della intepretazione autentica è la norma ( art. 1, comma 41, legge n. 335/1995 ) che ha esteso ( dal 17 agosto 1995 ) al settore pubblico la disciplina del trattamento di reversibilità in essere nell’A.G.O. determinando così , dalla data di entrata in vigore della legge n.335/1995 cit., la liquidazione della pensione con il conglobamento della indennità integrativa speciale.

D’altronde, se ciò fosse vero, sarebbe difficile giustificare , ai sensi dell’art. 3 Cost., un trattamento differenziato di situazioni omogenee, sotto il profilo temporale , dappoichè differenti sarebbero senza alcuna ragionevole giustificazione i termini di decorrenza del conglobamento della i.i.s. nella pensione a seconda del tipo di pensione: il 1° gennaio 1995 con riferimento alle pensioni “ dirette “, mentre il 17 agosto 1995 in relazione alle pensioni di “ reversibilità “.

11.2. Per quanto riguarda la seconda pronuncia, sia pur condividendo quanto affermato in motivazione circa l’effetto ex nunc della abrogazione dell’art. 15, comma 5 della legge n. 724/1994, ritiene questo giudice di pervenire alla opposta soluzione della spettanza della indennità integrativa speciale per i periodi anteriori al 1° gennaio 2007, che riguarda tutti i titolari di plurimi trattamenti pensionistici diretti liquidati sino al 31 dicembre 1994.

Depone in tal senso quanto già si è già osservato ( infra nn.6-7 ) in merito alla caducazione del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale nella ipotesi di contemporaneo godimento di due o più trattamenti pensionistici.

Semmai, la abrogazione della norma di salvaguardia di cui all’art. 15, comma 5 pone un problema di quantum, più che di an.

Fino al 31 dicembre 1994 la pensione diretta e/o indiretta dei dipendenti pubblici era regolata dal D.p.r. n. 1092/1973 ( e s.m. ) ed era costituita da due voci: la pensione stricto sensu e l’indennità integrativa speciale, che si aggiungeva alla prima quale assegno accessorio e separato.

Con l’entrata in vigore della L. n. 335/1995 “…la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l’indennità integrativa speciale…” ( art. 15, comma 3, L. 23.12.1994 n. 724 ). Si parla a tale proposito di conglobamento della indennità integrativa speciale nella pensione per significare il venir meno della stessa quale assegno accessorio ed autonomo, rimanendo assorbita nel trattamento pensionistico quale voce non più autonoma.

Le vecchie regole restavano ferme e l’indennità integrativa speciale continuava ad essere corrisposta in via separata ed autonoma per le pensioni dirette liquidate anteriormente al 31 dicembre 1994 e per le pensioni di reversibilità ad esse riferite in forza dell’art. 15, comma 5, L. n. 724 cit.

Senonchè, essendo stata abrogata la suddetta norma transitoria, per effetto dell’art. 1, comma 776, della L. n. 296/2006, si pone il problema all’interprete di quale disciplina sia applicabile ai rapporti pendenti alla data del 31 dicembre 1994.

Ad avviso di questo Giudice la soluzione del problema è rinvenibile nella disciplina codicistica degli effetti della legge (la legge non dispone che per l'avvenire, essa non ha valore retroattivo, art. 11 disp. prel. cod. civ.)

La norma abrogata, cioè, cessa di avere efficacia per il futuro, ma di norma continua a disciplinare i fatti verificatisi prima dell'abrogazione (salvo che la nuova legge sia retroattiva, per espressa previsione del legislatore, in quanto l’art.11 delle disposizioni preliminari è disposizione posta da una fonte primaria e perciò derogabile dal legislatore).

Ciò significa, nel caso di specie, che, non avendo il legislatore attribuito efficacia retroattiva alla abrogazione di cui al comma 746, sino al 31 dicembre 2006 la indennità integrativa speciale esiste come emolumento accessorio e separato rispetto al trattamento pensionistico diretto e che a decorrere dal 1° gennaio 2007, per effetto del conglobamento, la stessa indennità è venuta meno come voce autonoma anche per le pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 ( per le pensioni di reversibilità liquidate dal 1° gennaio 1995, v. art. 1 comma 774 della L. n. 296/2006 3 e C. cost. n. 74/2008 ).

La tesi che si ritiene di accogliere, oltre che rispettare il nuovo quadro normativo rappresentato dallo ius superveniens a decorrere dal 1° gennaio 2007, a seguito della abrogazione della norma di salvaguardia dei diritti quesiti di cui all’art. 1, comma 776, della L. n. 296/2006 cit., rappresenta un punto di mediazione tra gli orientamenti giurisprudenziali formatisi nella immediatezza della ordinanza costituzionale n. 119/2008 e consente di superare i dubbi di costituzionalità che sono stati avanzati in merito alla presunta non debenza del beneficio della duplice ( o plurima ) indennità integrativa speciale per i periodi anteriori al 1° gennaio 1995.

12. Ciò premesso, essendo la ricorrente titolare del trattamento pensionistico n. XX liquidato in data anteriore al 31 dicembre 1994, sul quale l’I.N.P.D.A.P. non riconosce l’indennità integrativa speciale, spetta alla medesima sino al 31 dicembre 2006 la corresponsione dell’indennità integrativa speciale in misura intera, quale assegno separato ed accessorio, sul predetto trattamento pensionistico e dal 1° gennaio 2007 il conglobamento della indennità integrativa speciale nella base pensionabile, nelle misure di legge..

13. Il riconoscimento del diritto della ricorrente incontra, peraltro, il limite della eccepita prescrizione quinquennale, onde per cui il diritto medesimo viene dichiarato solamente a decorrere dal 24 maggio 1996, dovendosi tenere conto della interruzione del termine prescrizionale dovuta alla presentazione dell’istanza dell’interessata di attribuzione della indennità integrativa speciale ( in data 25 maggio 2001 ) - ai sensi dell’art. 2, quinto comma, del R.D.L. 19 gennaio 1939 n. 295 ( “La prescrizione è interrotta soltanto da istanza o ricorso in via amministrativa o contenziosa o da atto giudiziale valevole a costituire in mora “ )

Deve osservarsi a tale riguardo che di recente la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, primo comma, del R.D.L. n. 295/1939 cit., nel testo sostituito dall’art. 2, quarto comma, della L. 7 agosto 1985 n. 428, ha dichiarato non fondata la questione che era stata sollevata, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, “ nella parte in cui assoggetta a prescrizione quinquennale non solo i ratei di pensione liquidi ed esigibili ma anche i ratei di pensione non ancora liquidi ed esigibili e, quindi, non ancora ammessi a pagamento “, ritenendo che “ in materia di fissazione del termine di prescrizione dei singoli diritti , il legislatore gode di ampia discrezionalità, con l’unico limite dell’eventuale irragionevolezza “ e che tale limite risulta violato “ quando venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce “, ma non nel caso di specie, in quanto la norma prevede un termine prescrizionale di 5 anni “ che non può reputarsi incongruo rispetto ai suddetti fini “ ( Corte cost. 27 giugno 2008 n. 234 )

14. Sulle somme così dovute spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria - secondo gli indici ufficiali ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai – con decorrenza dalla data di maturazione di ciascun rateo pensionistico, nei limiti della prescrizione quinquennale.

I predetti accessori spettano unicamente nel maggiore importo tra rivalutazione ed interessi, secondo il tasso e l’indice correnti in ciascun periodo, in conformità alla disciplina introdotta dall’art. 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991 n. 412 come interpretato dall’art. 45, comma 6, della L. 23 dicembre 1998 n. 448 ( cfr. SS.RR. n. 10/2002/QM )

15. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio, in considerazione della complessità della controversia.

P.Q.M.

la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando

ACCOGLIE il ricorso …. e, per lo effetto, riconosce il diritto alla indennità integrativa speciale in misura intera sul trattamento pensionistico n° 12545775 a decorrere dal 24.5.1996 e sino al 31 dicembre 2006, e dal 1° gennaio 2007 al conglobamento della indennità integrativa speciale nella base pensionabile, nelle misure di legge.

Sulle somme arretrate dovute spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, nei sensi in motivazione.

...omissis...

Scritto da Admin il 12 Luglio 2008 alle 23:03
 
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