La Stampa, intervista. 21 novembre 2005
Ma ad Assisi "sacrificavano" anche
i polli
di Vittorio Messori
«La Chiesa ha la memoria lunga. E' dal meeting
interreligioso del 1986 che Joseph Ratzinger aveva un
conto da saldare con i frati di Assisi. Ora le cose sono
a posto». Vittorio Messori, lo scrittore cattolico
italiano più letto nel mondo (unico ad aver scritto
un libro con gli ultimi due Papi) svela cosa c'è dietro
il «commissariamento» pontificio del Sacro
Convento e racconta di quando il futuro Benedetto XVI
si indignò per i sacrifici pagani compiuti sull'altare
di Santa Chiara, a ridosso della cripta gotica che conserva
i resti terreni della fondatrice dell'ordine delle Clarisse.
Sacrifici pagani ad Assisi?
«Ratzinger non ha perdonato alla comunità francescana
gli eccessi della prima giornata di preghiera dei leader
religiosi con Karol Wojtyla. Una carnevalata, a detta
di molti, che forzò la mano al Papa e furono proprio
i frati ad andare molto aldilà degli accordi presi.
Permisero addirittura agli animisti africani di uccidere
due polli sull'altare di Santa Chiara e ai pellerossa
americani di danzare in chiesa. Ratzinger aveva fortissime
perplessità dall'inizio, non volle andare ad Assisi
e le sue riserve limitarono i danni».
In che modo?
«La notte prima del meeting limò il testo
del discorso frenando Giovanni Paolo II. E divenne nitido
nella sua mente che l'enclave francescana, sganciata
da ogni collegamento con il vescovo di Assisi, era un'anomalia
da sanare. Andava limitata e riportata sotto il pieno
controllo giuridico della Chiesa. Il conto per quelle
basiliche cristiane cedute ai culti pagani è stato
saldato 19 anni dopo».
Troppa autonomia?
«I frati hanno abusato del cosiddetto spirito
di Assisi. In realtà loro venerano e diffondono
illegittimamente un santino romantico e di derivazione
protestante, ossia il San Francesco del mito, uno scemo
del villaggio che parla con lupi e uccellini, dà pacche
sulle spalle a tutti. Una vulgata falsa, che ne svilisce
il messaggio. Il Francesco della storia, infatti, è il
figlio più autentico della Chiesa delle crociate».
Non era pacifista?
«Assolutamente no. Alla quinta crociata San Francesco
partecipò come cappellano delle truppe mica da
uomo di pace. Cercò in ogni modo il martirio per
riconquistare la Terra Santa e cadde in depressione quando
i crociati persero. Dal sultano non ci andò per
dialogare ma per convertirlo e lo sfidò a camminare
sui carboni ardenti per verificare se fosse più potente
Cristo o Maometto. E non era neppure animalista. Nel
Cantico delle creature gli animali non sono mai nominati.
E poi, ma quale ecologista! Si oppone ai suoi seguaci
che volevano diventare comunità vegetariana».
Ora, dunque, il Pontefice vuole ristabilire l'ortodossia?
«Certo. Anche a San Giovanni Rotondo i francescani
avevano sfilato il santuario dal controllo della diocesi.
Adesso sia lì che ad Assisi le iniziative dei
frati andranno concordate con l'episcopato. Ed è un
bene anche per il Sacro Convento, così la smetteranno
con la demagogia del politicamente e teologicamente corretto.
Stop all'artificio di pace, ecologia, ecumenismo e alle
velleità pseudo-coraggiose che poi fanno stringere
le mani dei dittatori e violare le chiese».
Il Pontefice «normalizza»?
«Lo spirito di Assisi non è come lo hanno
inteso i frati del Sacro Convento e Joseph Ratzinger è pienamente
consapevole di questo colossale errore dalla giornata
mondiale di preghiera del 1986. Tanto che tre anni fa
riuscì ad attenuare la deriva sincretista dell'ultimo
meeting interreligioso di Assisi. Il tradimento della
figura storica di Francesco andava corretto. Ed è sconcertante
che finora il vescovo di Assisi sapesse delle iniziative
dei frati solo dai giornali».
Fine della capitale mondiale dell'ecumenismo?
«I santuari devono coordinarsi con i vescovi.
L'intervento di Ratzinger è inappuntabile. Il
Pontefice ha seguito il suo stile, agendo in maniera
rispettosa, perché non interferisce con la vita
dell'ordine religioso, ma decisa, in modo che serva da
avvertimento per tutti. Non sono più ammesse realtà ecclesiali
sciolte dalle leggi della Chiesa. E' scelta che rientra
appieno nella strategia pastorale di Benedetto XVI. Toccherà anche
ad altri. Nessuno può essere "legibus solutus"».
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