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Canale: Peer
To Peer
di Francesco Caccavella (f.caccavella@html.it)
Martedì 20 Gennaio 2004
Anche in Italia l'industria musicale si organizza per fermare
la distribuzione di file sulle reti peer to peer. Pronte
denunce e un maggiore attenzione al fenomeno. Parla ad HTML.it
il segretario generale di FPM
Anche in Italia è scoccata l'ora del giudizio per
chi scarica MP3 dalla rete Internet. Il 2004 sarà
l'anno in cui le major della discografia italiana daranno
l'assalto ai programmi di file sharing e alle forme di condivisione
di materiale "abusivamente duplicato". Rafforzamento
dei controlli, maggiore coordinamento con le forze di polizia,
una fitta campagna stampa sui rischi del condividere file
e denunce pronte per chi detiene archivi zeppi di MP3 e
simili.
Ad annunciare la svolta anche in Italia è la Federazione
contro la pirateria musicale (FPM), l'ufficio della Federazione
dell'Industria musicale italiana (FIMI) che si occupa di
monitorare e dettare le strategia contro la pirateria sia
online sia offline.
«Il 2003 è stato un anno positivo per la pirateria
"fisica", ossia per la vendita diretta di supporti
masterizzati secondo i tradizionali canali postali o brevi
manu. Altrettanto non si può dire per la pirateria
online che continua a crescere senza sosta» ci dice
in un'intervista telefonica Luca Vespignani, segretario
generale di FPM.
«Il 2004 sarà l'anno della musica digitale
legale. Il file sharing e i sistemi peer to peer esistono
da anni, tuttavia sino a oggi l'industria musicale non aveva
strumenti per distribuire online la musica. Da pochi mesi,
invece, anche in Italia sono attivi sistemi per acquistare
legalmente musica. Tiscali, Messaggerie Musicali, Vitaminc
e fra breve anche il noto servizio iTunes di Apple, permettono
di acquistare una canzone anche a mezzo euro e permettono
anche di crearsi da soli la propria compilation con i brani
preferiti».
È la prima volta che l'industria musicale italiana
affronta faccia a faccia gli utenti dei sistemi di scambio
file. Sinora l'attività su Internet si era limitata
al monitoraggio di siti che distribuivano materiale illegale
e alla loro segnalazione alle forze di polizia. La stessa,
clamorosa operazione
dello scorso giugno non minacciava i sistemi peer to
peer, anche se così è stata divulgata con
clamore da alcuni magazine online, ma un vasto sistema di
compravendita che aveva Internet come canale privilegiato.
La crescita delle connessioni a banda larga e la diffusione
di sistemi di download legale hanno dato una spinta decisiva
alla lotta contro la diffusione di musica illegale. In più
c'è l'esempio d'oltreoceano, dove la RIAA (l'associazione
discografica americana), ha da tempo attivato un sistema
di monitoraggio e di denuncia per chi condivide grandi quantità
di file.
In Italia tuttavia la strada della RIAA non è percorribile:
negli USA la legislazione sul diritto d'autore prevede la
possibilità, tuttora contestata dalle associazioni
degli utenti e dai provider, di chiedere direttamente al
provider i nomi di coloro che si desidera perseguire basandosi
sul loro indirizzo IP. In Italia la legge sulla privacy
e il sistema giudiziario non permettono questa giustizia
"fai da te". Le indagini sono demandate agli organi
di polizia mentre l'associazione dei nomi agli indirizzi
IP deve essere autorizzata da un magistrato.
«Non agiremo come agisce la RIAA, – continua
Vespignani –; non andremo a dare la caccia alla bambina
dodicenne e non monitoreremo come agenti di polizia le reti
di file sharing. Abbiamo un team di esperti tecnici che
coadiuvano la Guardia di Finanza e le altre forze di polizia
nell'individuazione dei reati, tuttavia non ci faremo giustizia
da soli».
Le iniziative con cui la FPM ha iniziato a penetrare nel
mondo del Peer to Peer sono per ora due. Da un lato una
campagna stampa sui rischi in cui si incorre nello scaricare
musica illegale; una campagna che tenti di estirpare la
poca consapevolezza del reato che serpeggia nelle reti di
file sharing. Migliaia di e-mail sono state già inviate
a ministeri, scuole, grandi aziende e banche per avvertirle
dei rischi in cui si può incorrere permettendo lo
scaricamento di file illegali. Dall'altro un'intensificazione
dei rapporti con le forze di polizia per indirizzare le
indagini nei luoghi in cui più frequente è
il traffico musicale. Più in là si passerà
forse ad azioni più dirette.
Ad essere colpiti saranno comunque i cosiddetti "big
uploaders", ossia coloro che condividono nel proprio
computer grosse quantità di brani musicali e che
fungono da concentratori di risorse musicali. Per costoro
le pene non sono leggere: la nuova legge sul diritto d'autore
dello scorso 2000 prevede una multa da cinque a trenta milioni
di vecchie lire e la reclusione da sei mesi a tre anni per
chi «abusivamente duplica, riproduce, trasmette o
diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto
o in parte, un'opera dell'ingegno destinata al circuito
televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio,
dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto
contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche
o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento».
Le danze, insomma, sono aperte. La FPM fa sapere di non
aver ancora preso in considerazioni azioni diverse da quelle
"soft" descritte sopra, tuttavia siamo appena
all'inizio e sembra che questa volta le intenzioni siano
delle più serie: «nei prossimi mesi i pirati
musicali si devono aspettare le nostre denunce – ha
dichiarato a Reuters Enzo Mazza, vicepresidente della FIMI
– Colpiremo direttamente con azioni penali e civili
coloro che condividono file in rete, utenti del peer-to-peer
illegale». Dal 2 a 6 marzo c'è Sanremo, banco
di prova della pirateria musicale sotto i riflettori dei
grandi media e forse primo banco di prova anche per il file
sharing italiano.
Fonte news: htlm.it
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