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14/12/2004 Nullità della chiamata in causa di terzo
non autorizzata
La chiamata in causa di terzo effettuata dall'attore in
mancanza dell'autorizzazione del giudice prevista dall'art.
183 c.p.c. è affetta da nullità radicale.
La norma citata devolve, infatti, alla valutazione del giudice
la tutela dell'interesse alla rapidità del giudizio,
interesse che ha rilevanza costituzionale, atteso che l'art.
111 Cost. impone espressamente che sia assicurata la ragionevole
durata del processo.
Tribunale di Mantova, Sez. I Civile – Giudice unico
Dott. Luigi Pagliuca - Sentenza del giorno 19 febbraio 2004.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’iter processuale
Con citazione notificata in data 1.10.02 Rossi Dino, Verdi
Nadia e Rossi Sarah nella loro qualità di usufruttuari
(Rossi Dino e Verdi Nadia) e nuda proprietaria (Rossi Sarah)
del fabbricato ad uso di civile abitazione sito nel Comune
di Castel d’Ossi e censito in catasto fabbricati al
foglio 8, mappale 266 sub 1 convenivano in giudizio Giorgi
Giliano asserendo che:
1) l’immobile di loro proprietà godeva di
servitù di passaggio sui fondi censiti in catasto
al foglio 8 mappale 265 e 267;
2) che detta circostanza risultava espressamente nell’atto
di compravendita con cui avevano acquistato l’immobile
dai precedenti proprietari dello stesso;
3) che il convenuto, proprietario del mappale 265, impediva
loro di esercitare il passaggio.
Tutto ciò premesso gli attori chiedevano fosse accertata
l’esistenza della suddetta servitù di passaggio
sui mappali 265 e 267 con condanna del Giorgi a consentirne
il libero esercizio.
Alla prima udienza si costituiva in giudizio il Giorgi
contestando la sussistenza del diritto vantato dagli attori
e chiedendo perciò il rigetto della domanda ex adverso
proposta.
Alla medesima udienza interveniva volontariamente in giudizio
Leda Bianchi la quale, premesso di essere proprietaria del
mappale 267, contestava anch’essa la sussistenza in
capo agli attori del diritto di passaggio sul suo fondo
e concludeva perciò chiedendo il rigetto delle domande
formulate dagli attori.
All’udienza ex art. 183 cpc del 25.2.03 gli attori
chiedevano l’integrazione del contraddittorio nei
confronti della madre del Giorgi, comproprietaria del mappale
265, nonché di essere autorizzati alla chiamata in
causa di Terzi Vanda e Terzi Gustavo, loro danti causa,
al fine di essere manlevati e garantiti per il caso di soccombenza.
Con ordinanza in data 1.3.03 il GI rigettava la richiesta
di autorizzazione alla chiamata in causa di Terzi Vanda
e Terzi Gustavo ed ordinava invece l’integrazione
del contraddittorio nei confronti della madre del Giorgi.
Alla successiva udienza in data 11.6.03 interveniva volontariamente
in giudizio Castelli Iole, madre del Giorgi e comproprietaria
del mappale 265, la quale aderiva alle difese del figlio
e concludeva anch’essa per il rigetto delle domande
degli attori. Alla medesima udienza gli attori reiteravano
nuovamente la richiesta di autorizzazione alla chiamata
in causa di Terzi Vanda e Gustavo, richiesta alla quale
tutte le altre parti si opponevano.
Con atto di citazione notificato in data 24.7.03, in assenza
di autorizzazione da parte del giudice, gli attori provvedevano
lo stesso alla chiamata in giudizio di Terzi Vanda e Gustavo
spiegando nei loro confronti domanda di garanzia e manleva.
I chiamati si costituivano in giudizio contestando in fatto
e diritto la domanda formulata dagli attori e chiedendo,
in via riconvenzionale, l’accertamento dell’intervenuto
acquisto della servitù per usucapione.
All’udienza in data 11.11.03, immediatamente successiva
alla chiamata, il convenuto e gli intervenuti Castelli e
Bianchi eccepivano l’inammissibilità della
chiamata in quanto non autorizzata dal giudice e dichiaravano
espressamente di non accettare il contraddittorio rispetto
alla domanda riconvenzionale formulata dai chiamati.
Con ordinanza in data 10.2.04 il giudice, ritenuta l’opportunità
di decidere preliminarmente la questione relativa alla validità
della chiamata in causa dei terzi chiamati, nonché
in ordine alla ammissibilità delle domande formulate
dagli attori nei loro confronti fissava per la precisazione
delle conclusioni e per la discussione orale l’udienza
del 19.2.04.
A detta udienza le parti precisavano le conclusioni come
da verbale e provvedevano alla discussione orale della causa.
Nullità della chiamata in causa e inammissibilità
delle domande proposte nei confronti dei terzi chiamati
Ai sensi dell’art. 183 cpc la chiamata in causa di
un terzo ad opera dell’attore è espressamente
subordinata all’autorizzazione del giudice, che potrà
consentirla solo nel caso in cui l’interesse all’estensione
del giudizio ad altro soggetto sia conseguita alla domanda
riconvenzionale o alle eccezioni formulate dalle parti già
presenti nel giudizio. Detti limiti sono evidentemente posti
a tutela del superiore interesse, trascendente quello delle
stesse parti e dei terzi, all’economia del giudizio.
L’estensione soggettiva ed oggettiva del giudizio,
che necessariamente comporta un appesantimento dello stesso
e conseguentemente una sua maggior durata, può cioè
giustificarsi solo nel caso in cui, tenuto conto delle difese
delle controparti, emerga l’opportunità di
estendere il giudizio al terzo per evitare possibili contrasti
di giudicati o, quantomeno, per consentire la partecipazione
a soggetti che potrebbero anche solo indirettamente patire
pregiudizio dall’eventuale accoglimento delle domande
spiegate da alcuna delle parti già costituite.
Il mero interesse dell’attore ad essere garantito
dal terzo non può pertanto in ogni caso prevalere
sull’interesse generale alla speditezza del giudizio.
Spetterà quindi al giudice contemperare i due interessi
e valutare se, tenuto conto delle particolarità del
caso sottoposto al suo esame ( e sempre che l’interesse
sia conseguito alle difese delle altre parti), sia opportuno
consentire all’attore di proporre la domanda di garanzia
nel giudizio già pendente.
Quanto alle conseguenze derivanti dalla chiamata in causa
non autorizzata, pur dovendosi rilevare che il codice non
prevede alcuna espressa sanzione, deve ritenersi che l’oggettiva
violazione della previsione di cui all’art. 183 cpc
non possa essere qualificata quale mera irregolarità,
non comportante alcun pregiudizio per il chiamante.
In proposito è sufficiente rilevare che l’interesse
alla rapidità del giudizio ha attualmente addirittura
rilevanza costituzionale, atteso che l’art. 111 cost
impone espressamente che sia assicurata la ragionevole durata
del processo.
Trattasi quindi di interesse pubblico, in quanto tale sottratto
alla disponibilità delle parti.
E’perciò evidente che l’interpretazione
che qualificasse la chiamata non autorizzata quale mera
irregolarità si porrebbe in evidente contrasto con
il principio, immanente nell’ordinamento, secondo
cui deve privilegiarsi un interpretazione delle norme che
attribuisca loro un significato non contrastante con il
dettato costituzionale.
Se infatti si ritenesse in ogni caso valida la chiamata
in causa operata dall’attore di fatto si consentirebbe
alla parte di disporre a suo piacimento di un interesse
che, per quanto detto, è dall’ordinamento espressamente
sottratto alla disponibilità delle parti. Del tutto
coerentemente, quindi, l’art. 183 cpc rimette alla
discrezionalità del giudice la valutazione in merito
all’esistenza di un contrapposto interesse della parte
(o di altro interesse generale) che, nel caso di specie,
possa prevalere su quello generale alla rapidità
del giudizio.
Pertanto, pur dovendosi rilevare che a norma dell’art.
156 cpc la nullità di un atto dovrebbe essere pronunciata
solamente in caso di espressa comminatoria di legge (nella
specie insussistente), deve ritenersi che da analoga invalidità
siano affetti pure quegli atti che comportino quale conseguenza
la violazione di una norma costituzionale, trattandosi di
fonte sovraordinata rispetto alla stessa legge.
Ne deriva che la chiamata in causa operata dagli attori,
in quanto non autorizzata, è affetta da radicale
nullità; né può ritenersi che detta
nullità sia rimasta sanata per il fatto che i terzi
chiamati, evidentemente primi interessati al suo rilievo,
non abbiano provveduto ad eccepirla nella prima difesa,
rifiutando il contraddittorio rispetto alle domande formulate
nei loro confronti dagli attori.
Così opinando infatti si consentirebbe ad una parte
– in questo caso ai terzi chiamati - di disporre dell’interesse
pubblico alla rapidità del giudizio in chiara violazione
del dettato di cui all’art. 111 cost.
La sanatoria di detta nullità non potrebbe infine
neppure conseguire all’accoglimento dell’istanza,
formulata dagli attori in sede di precisazione delle conclusioni,
di revoca dell’ordinanza in data 1.3.03 con conseguente
rilascio dell’ autorizzazione alla chiamata in giudizio
dei terzi. Detta autorizzazione, infatti, produrrebbe i
suoi effetti solamente ex nunc dal momento della pronuncia
dell’ordinanza di revoca e non sarebbe quindi idonea
a sanare l’invalidità della chiamata non autorizzata,
i cui effetti si sono ormai compiutamente e definitivamente
verificati.
Conseguentemente, attesa la nullità della chiamata,
deve dichiararsi l’improponibilità di tutte
le domande formulate dagli attori nei confronti di Terzi
Vanda e Gustavo.
Spese
Le spese di giudizio sostenute dai terzi chiamati vanno
poste in via solidale ad integrale carico degli attori che
li hanno chiamati in giudizio senza autorizzazione.
Dette spese si liquidano nell’importo complessivo
di euro 1.015,00 di cui euro 115,00 per spese (comprensive
di quelle forfetarie), euro 450,00 per diritti ed euro 450,00
per onorario, oltre iva e cpa.
Separazione del giudizio
Atteso che le domande proposte dagli attori nei confronti
dei terzi chiamati sono oggetto di sentenza definitiva,
mentre le ulteriori domande svolte dagli attori nei confronti
del convenuto e degli intervenuti necessitano di ulteriore
istruttoria va disposta ai sensi degli artt. 104, c. 2 e
279, n. 5 cpc la separazione di dette cause da quella oggetto
di pronuncia definitiva con la presente sentenza, separazione
cui si provvederà con separata ordinanza.
PQM
pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni
diversa domanda ed istanza:
- dichiara la nullità della chiamata in giudizio
di Terzi Vanda e Terzi Gustavo e, per l’effetto, dichiara
inammissibili tutte le domande proposte nei loro confronti
dall’attore;
- condanna Rossi Dino, Verdi Nadia e Rossi Sarah al pagamento,
in solido, dell’importo di euro 1.015,00 oltre iva
e cpa a titolo di rimborso delle spese di lite;
- provvede con separata ordinanza alla separazione delle
cause non oggetto di pronuncia e necessitanti ulteriore
istruttoria.
Così deciso in Mantova il 19.02.04
La redazione di megghy.com |