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Blocco delle assunzioni negli enti locali: la legge
è incostituzionale
(Corte Costituzionale, Sentenza 17 dicembre 2004 n°
390)
La sentenza
Corte costituzionale
Sentenza 17 dicembre 2004, n. 390
[...] nei giudizi di legittimità costituzionale
dell'articolo 34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria del 2003), e dell'articolo 3,
commi 53-55, 58, 60, 61 e 65, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato - legge finanziaria del 2004),
promossi con ricorsi della Regione Marche (2 ricorsi), della
Regione Toscana (2 ricorsi), della Regione Piemonte, della
Regione Valle d'Aosta, della Regione Campania, della Regione
Umbria, della Regione Emilia-Romagna (2 ricorsi) e della
Regione Veneto, notificati il 25, il 26, il 28 febbraio
ed il 1° marzo 2003, il 24 ed il 26 febbraio 2004, depositati
in cancelleria il 4, il 5 ed il 7 marzo 2003, il 3 ed il
4 marzo 2004 ed iscritti ai numeri 14, 15, 18, 19, 21, 22,
25 e 26 del registro ricorsi 2003 ed ai numeri 31, 32 e
33, del registro ricorsi 2004.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 28 settembre 2004 il Giudice
relatore Romano Vaccarella;
uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche,
Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Gabriele
Pafundi per la Regione Piemonte, Vincenzo Cocozza per la
Regione Campania, Giovanni Tarantini per la Regione Umbria,
Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, Mario
Bertolissi per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato
Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
RITENUTO IN FATTO
1.- Con otto distinti ricorsi (iscritti ai numeri 14, 15,
18, 19, 21, 22, 25 e 26 del registro ricorsi del 2003),
le Regioni Marche, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Campania,
Umbria, Emilia-Romagna e Veneto hanno promosso giudizio
di legittimità costituzionale, tra altre norme, dell'articolo
34 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
- legge finanziaria 2003), a norma del quale: a) le pubbliche
amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma
4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modificazioni provvedono alla rideterminazione delle dotazioni
organiche nel rispetto del principio dell'invarianza della
spesa e senza superare il numero dei posti di organico complessivi
vigenti alla data del 29 settembre 2002 (commi 1 e 2); b)
«sino al perfezionamento dei provvedimenti di cui
al comma 1, le dotazioni organiche sono provvisoriamente
individuate in misura pari ai posti coperti al 31 dicembre
2002, tenuto anche conto dei posti per i quali alla stessa
data risultano in corso di espletamento procedure di reclutamento,
di mobilità o di riqualificazione del personale»
(comma 3); c) «per l'anno 2003, alle amministrazioni
di cui al comma 1 (...) è fatto divieto di procedere
ad assunzioni di personale relative a figure professionali
non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore
all'unità, nonché quelle relative alle categorie
protette» (comma 4); d) «per le regioni e le
autonomie locali, nonché per gli enti del Servizio
sanitario nazionale si applicano le disposizioni di cui
al comma 11» (così il comma 10) il quale dispone
che e) «ai fini del concorso delle autonomie regionali
e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica,
con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni
e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata,
sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province
e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che
abbiano rispettato le regole del patto di stabilità
interno per l'anno 2002, per gli altri enti locali e per
gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti
per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003.
Tali assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di
mobilità, devono, comunque, essere contenute (...)
entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni
dal servizio verificatesi entro l'anno 2002 tenuto conto,
in relazione alla tipologia di enti, della dimensione demografica,
dei profili professionali del personale da assumere, della
essenzialità dei servizi da garantire e dell'incidenza
delle spese del personale sulle entrate correnti. Per gli
enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte
esclusivamente assunzioni, entro i predetti limiti, di personale
appartenente al ruolo sanitario»; f) «fino all'emanazione
dei decreti di cui al presente comma ... trovano applicazione
le disposizioni di cui al comma 4»; g) con i decreti
medesimi «è altresì definito, per le
regioni, per le autonomie locali e per gli enti del servizio
sanitario nazionale, l'ambito applicativo delle disposizioni
di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo»; h)
«per l'anno 2003 le amministrazioni di cui al comma
1 possono procedere all'assunzione di personale a tempo
determinato, ad eccezione di quanto previsto all'art. 108
del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, o con convenzioni ovvero alla stipula di contratti
di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del
90 per cento della spesa media annua sostenuta per le stesse
finalità nel triennio 1999-2001. Tale limitazione
non trova applicazione nei confronti delle regioni e delle
autonomie locali, fatta eccezione per le province e i comuni
che per l'anno 2002 non abbiano rispettato le regole del
patto di stabilità interno, nonché nei confronti
del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale»
(comma 13).
1.1.- In particolare, la Regione Marche, con ricorso notificato
il 26 febbraio 2003 (n. 14 del 2003), censura le disposizioni
di cui ai commi 2, 3, 4 e 13 dell'art. 34 della legge n.
289 del 2002, in primo luogo per lesione della sfera di
competenza legislativa regionale in violazione degli artt.
117, commi secondo, terzo, quarto e sesto della Costituzione.
La ricorrente osserva che la normativa in esame, prevedendo
un vero e proprio blocco generalizzato delle assunzioni
di personale per le amministrazioni pubbliche tra le quali
sono comprese le Regioni, disciplina la materia delle assunzioni
e delle dotazioni organiche delle amministrazioni regionali
e degli enti facenti parte del Servizio sanitario nazionale
che non è fra quelle per le quali lo Stato ha potestà
legislativa esclusiva, limitata dall'art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost. al solo "ordinamento e organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali".
Pertanto, la materia dell'"ordinamento e organizzazione
amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli
enti pubblici sublocali" spetta inequivocabilmente
alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni che
risulta così lesa dalla norma in questione.
Secondo la ricorrente non sarebbe possibile ricondurre
le disposizioni impugnate entro i confini della materia
- assegnata dall'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
alla competenza esclusiva statale - della "determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale", risultando quest'ultima eterogenea
rispetto al blocco delle assunzioni e delle dotazioni organiche,
in particolar modo, delle strutture del servizio sanitario
nazionale.
Anche ove fosse possibile ricondurre la norma impugnata
nell'alveo della materia - di competenza legislativa concorrente
ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - della "tutela
della salute" o della "armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica", continuerebbero
a sussistere profili di illegittimità costituzionale
nella misura in cui le norme censurate non dettano principî
fondamentali, ma disposizioni di dettaglio, direttamente
applicabili ai destinatari e non cedevoli a fronte dell'eventuale
esercizio della potestà legislativa regionale. Tanto
più che, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre
1992, n. 421), compete alle Regioni la funzione legislativa
ed amministrativa in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera.
Né infine sembra alla ricorrente che possa rivestire
un qualche rilievo l'eventuale richiamo all'interesse nazionale,
categoria non menzionata espressamente dalle norme del Titolo
V della Costituzione e, comunque, inidonea ad escludere
o limitare la potestà legislativa regionale;
Sarebbe inoltre ravvisabile una violazione dell'autonomia
di spesa riconosciuta e garantita alle Regioni dall'art.
119 Cost., secondo cui queste sono l'unico soggetto abilitato
a prevedere procedure e criteri di controllo della propria
spesa pubblica, almeno fino a quando lo Stato non avrà
dettato i principî di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario di cui all'art. 119, secondo
comma, Cost.
Ancora, il comma 11 dell'art. 34, nel prevedere un'ipotesi
di allocazione di decisioni amministrative presso la Presidenza
del Consiglio dei ministri che incardina in organi statali
le relative funzioni ed attività, viola l'art. 117,
sesto comma, e l'art. 118, Cost. che fissano, rispettivamente,
una ripartizione rigida della potestà regolamentare
tra Stato e Regioni e i parametri costituzionali per la
corretta distribuzione delle funzioni amministrative tra
gli enti che costituiscono la Repubblica. Infatti, il decreto
impugnato, per un verso, disciplina materie riconducibili
all'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. in relazione alle
quali la potestà regolamentare spetta esclusivamente
alle Regioni e, per altro verso, non richiama, né
sono diversamente rinvenibili, espressamente od implicitamente,
specifiche ragioni di esercizio unitario della funzione
amministrativa tali da consentirne la riserva al livello
di governo sovraregionale.
Peraltro, la finalità del comma 11, di garantire
"il concorso delle autonomie regionali e locali al
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica", non
consente al legislatore statale di intervenire in settori
materiali dell'ordinamento che gli sono sottratti, come
quello relativo all'organizzazione amministrativa della
Regione e degli enti subregionali; né l'intervento
legislativo censurato introduce norme di coordinamento della
finanza pubblica, ma stabilisce dei vincoli alla politica
delle assunzioni del personale di Regioni ed enti locali.
D'altra parte, lo stesso art. 3 della legge 27 dicembre
2002 n. 289, nell'istituire un organo consultivo - l'Alta
Commissione di studio - con il compito di indicare al Governo
i principî generali del coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli artt.
117, terzo comma, 118 e 119 della Costituzione, con evidenza
rinvia l'individuazione di questi ad un futuro provvedimento
legislativo statale, in tal modo inscrivendo le norme oggi
censurate nella sfera di competenza legislativa residuale
della regione.
Inoltre, la previsione di un accordo tra Governo, Regioni
ed autonomie locali per fissare criteri e limiti per le
assunzioni per l'anno 2003, se è coerente con il
principio del coordinamento di cui all'art. 119 Cost., non
può costituire lo strumento per applicare puntuali
limiti fissati unilateralmente dal legislatore statale in
violazione del medesimo art. 119 Cost.
1.1.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, il quale conclude per l'infondatezza del ricorso,
qualificando l'art. 34 impugnato quale norma, costituente
una temporanea misura di salvaguardia, volta a stabilire
principî in tema di «coordinamento della finanza
pubblica», intesa come finanza «allargata»
e cioè non solamente statale. Irrilevante risulterebbe
inoltre la censura mossa al comma 13 della norma denunciata,
in quanto essa, in tema di assunzioni a tempo determinato,
espressamente prevede che «tale limitazione non trova
applicazione nei confronti delle regioni».
1.2.- La Regione Toscana, con ricorso notificato il 26
febbraio 2003 (n. 15 del 2003), impugna l'art. 34, commi
1, 2, 3, 4, 11 e 13, della legge n. 289 del 2002, perché
violativo dell'art. 117 Cost. il quale riserva la materia
dell'ordinamento ed organizzazione amministrativa alla legislazione
esclusiva statale solo con riguardo allo Stato ed agli enti
pubblici nazionali, mentre attribuisce alle Regioni, nell'esercizio
della potestà legislativa residuale, l'organizzazione
amministrativa e l'ordinamento del personale delle Regioni
e degli enti strumentali, ivi compresi gli enti del sistema
sanitario regionale; peraltro, la prevista emanazione di
decreti da emanarsi a seguito di accordo raggiunto in Conferenza
unificata non eliderebbe la censura, in quanto tali decreti
non possono certo sostituire l'esercizio di una potestà
legislativa costituzionalmente affidata alle Regioni in
via esclusiva.
Né la norma censurata è riconducibile nell'alveo
della legittimità costituzionale in virtù
del richiamo al rispetto degli obbiettivi di finanza pubblica
imposto anche alle amministrazioni regionali, posto che
tale principio va concretamente attuato mediante scelte
assunte nell'esercizio dell'autonomia regionale che, nella
specie, è compressa dalla previsione di disposizioni
puntuali e di dettaglio.
1.2.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi
per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, sostiene
che l'intervento legislativo censurato non incide indebitamente
sulla organizzazione dell'amministrazione regionale e dell'ordinamento
del relativo personale, ma costituisce espressione di principî
fondamentali in tema di coordinamento della finanza pubblica,
mediante l'individuazione di criteri e limiti per le assunzioni
a tempo indeterminato per il 2003 con d.P.C.m. che il previo
accordo in sede di Conferenza unificata vale ad assicurare
come adeguato alle peculiari esigenze del personale delle
Regioni in relazione alle funzioni da svolgere.
1.3.- La Regione Piemonte, con ricorso notificato il 28
febbraio 2003 (n. 18 del 2003), impugna l'art. 34 della
legge n. 289 del 2002 - con espressa menzione dei soli commi
1 e 11 - perché violativo della competenza regionale
esclusiva in tema di organizzazione ed ordinamento del proprio
personale dipendente ai sensi dell'art. 117, quarto comma,
Cost. Tale censura, a detta della ricorrente, non sarebbe
superata dal previsto accordo fra Governo, Regioni ed enti
locali in sede di Conferenza unificata ai fini dell'emanazione
di un d.P.C.m. con la fissazione di criteri e limiti per
le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003: i divieti
così previsti hanno infatti carattere generalizzato
ed appaiono privi di ogni giustificazione fondata su specifiche
esigenze di ordine economico-finanziario. Vi sarebbe, inoltre,
una interna contraddittorietà tra le dichiarate finalità
di contenimento della spesa pubblica, realizzate mediante
il divieto delle assunzioni a tempo indeterminato, e la
possibilità di procedere senza limiti di spesa ad
assunzioni a tempo determinato; in tal modo imponendo dall'esterno
alle Regioni modalità operative per un contenimento
della spesa in concreto non perseguito. Ciò che comporta
la violazione dei principî di ragionevolezza e di
buon andamento (articoli 3 e 97 Cost.).
Lamenta inoltre la ricorrente, senz'altro specificare, la
violazione degli articoli 114, 118, 119 e 120 della Costituzione.
1.3.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi
per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, conclude
per la infondatezza del ricorso, sottolineando l'incongruenza
del richiamo ai parametri costituiti dagli articoli 3 e
97 Cost., e la parziale inammissibilità per la genericità
dei motivi riguardanti, in particolare, il comma 11.
1.4.- Con ricorso notificato il 28 febbraio 2002 (n. 19
del 2003), la Regione Valle d'Aosta denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
in relazione agli articoli 3, 5, 114, 117, 118 e 119 Cost.,
nonché all'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della Parte seconda
della Costituzione), deducendo, al pari degli altri ricorrenti,
che la norma impugnata, disciplinando la materia del pubblico
impiego presso le Regioni e gli altri enti locali, nonché
la rideterminazione degli organici, invade la potestà
legislativa esclusiva regionale garantita dall'art. 117,
quarto comma, Cost. e che tali disposizioni, di tipo sicuramente
dettagliato, nell'autorizzare una fonte secondaria (d.P.C.m.)
ad intervenire sul punto, realizzano una violazione non
sanabile attraverso il ricorso all'accordo da raggiungersi
in sede di Conferenza unificata.
Rileva poi la ricorrente una violazione dell'art. 118 Cost.
per la limitazione imposta all'autonomia organizzativa della
Regione nelle proprie scelte discrezionali in tema di rapporti
con il personale.
Inoltre, anche ove l'intervento legislativo statale fosse
inscrivibile nell'area del coordinamento della finanza pubblica,
trattandosi di materia concorrente sussisterebbe la violazione
denunciata avendo lo Stato dettato norme non di principio
ma dettagliate.
Infine, ove la ratio della norma dovesse risiedere nel rispetto
del patto di stabilità interno, essa sarebbe afflitta
da manifesta irragionevolezza e da sproporzione dei mezzi
impiegati rispetto al fine perseguito (art. 3 Cost.) posto
che il rispetto del patto di stabilità potrebbe essere
perseguito solo mediante l'indicazione degli obbiettivi
e non anche dei mezzi per farvi fronte, versandosi nell'ambito
di prerogative costituzionalmente riconosciute alle Regioni.
1.4.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, il quale, sulla base di difese analoghe a quelle
già riferite, chiede che il ricorso sia dichiarato
inammissibile e che sia comunque respinto in quanto infondato.
1.5.- Con ricorso notificato il 26 febbraio 2003 (n. 21
del 2003), la Regione Campania denuncia anch'essa l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4 e 11, in riferimento agli
artt. 114, 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
Oltre a proporre censure già riferite a proposito
degli altri ricorsi (lesione della potestà legislativa
esclusiva regionale in tema di ordinamento degli uffici
e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione e carattere
dettagliato della norma), la ricorrente denuncia anche la
violazione del principio di leale cooperazione per l'invasione
delle competenze legislative esclusive della Regione.
1.5.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, il quale conclude per l'inammissibilità
della questione con riguardo al comma 11 per assenza di
specifici motivi di censura e, per il resto, per il rigetto
del ricorso, siccome infondato.
La difesa erariale osserva, in particolare, «che la
spesa pubblica costituisce, tenuto doverosamente conto anche
degli oneri riflessi e consequenziali, una quota cospicua
della spesa degli enti territoriali: l'attribuzione del
principio di invarianza della spesa passa necessariamente
attraverso il contenimento delle dotazioni organiche».
1.6.- Con ricorso notificato il 28 febbraio 2003 (n. 22
del 2003), la Regione Umbria denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4, 10 - quest'ultimo nella
parte in cui stabilisce che "per le regioni e le autonomie
locali, nonché per gli enti del Servizio sanitario
nazionale si applicano le disposizioni di cui al comma 11"
- nonché ai commi 11 e 22, in riferimento all'art.
117, quarto comma, Cost. e per indeterminatezza del dettato
normativo.
In particolare, con riguardo ai commi 1, 2, 3, 4 e 10,
la ricorrente pone in luce profili di contraddittorietà
ed indeterminatezza del dettato normativo laddove, dapprima,
sembrerebbe disporre l'applicazione anche alle Regioni della
disciplina dei commi 1, 2 3 e 4 e poi, attraverso la disposizione
del comma 10, pare invece rendere applicabile agli enti
regionali quella derogatoria prevista dal comma 11.
Anche la Regione Umbria, come gli altri ricorrenti, deduce
l'illegittimità della norma impugnata in quanto disciplina
la materia, ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
dipendenti dalla Regione, oggi riservata alla potestà
legislativa esclusiva regionale ai sensi dell'art. 117,
quarto comma, Cost.
Analoghi motivi di censura la ricorrente estende, ove ritenuto
applicabile anche alle Regioni, al comma 22 dell'art. 34
cit. nella parte in cui prevede che le «altre amministrazioni
pubbliche» sono tenute all'osservanza di quanto in
esso stabilito con riguardo al fatto che «per ciascuno
degli anni 2004 e 2005, a seguito del completamento degli
adempimenti previsti dai commi 1 e 2 e previo esperimento
delle procedure di mobilità, le amministrazioni dello
Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti
pubblici non economici con organico superiore a 200 unità
sono tenuti a realizzare una riduzione del personale non
inferiore all'1 per cento rispetto a quello in servizio
al 31 dicembre 2003 secondo le procedure di cui all'art.
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni».
1.6.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, il quale conclude per l'inammissibilità
ovvero per l'infondatezza del ricorso con argomentazioni
analoghe a quelle spese avverso i ricorsi 14 e 15 del 2003.
1.7.- Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato
il 7 marzo 2003 (n. 25 del 2003), denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4 e 11, in riferimento all'art.
117 Cost., osservando che la norma impugnata, avente carattere
tipicamente ordinamentale ed organizzatorio, è come
tale estranea al contenuto proprio della legge finanziaria,
che non può certo costituire per lo Stato, in via
sostitutiva, il titolo di competenza della sua legislazione
in una materia (l'ordinamento del personale regionale e
l'organizzazione amministrativa) oggi riservata alla potestà
legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi dell'art. 117,
quarto comma, Cost.
La disposizione censurata inoltre violerebbe il canone della
ragionevolezza col disporre il blocco delle assunzioni in
una fase di completamento del processo di decentramento
e dopo che la Regione Emilia-Romagna è già
intervenuta, sul piano del contenimento della spesa per
il personale, con una propria legge. V'è pertanto
una lesione delle prerogative legislative regionali non
giustificabile con la riserva statale in relazione al "sistema
tributario e contabile dello Stato" (art. 117, secondo
comma, lettera e) o all'"armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario" (art. 117, terzo comma), posto che quelle
denunciate non sono «norme tese a realizzare effetti
finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel
bilancio pluriennale», ma si risolvono in misure tipicamente
organizzatorie.
1.8.- Con ricorso notificato il 25 febbraio 2003 (n. 26
del 2003), anche la Regione Veneto denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
in riferimento agli articoli 3, 97, 114, 117, secondo e
quarto comma, e 118, Cost.
La norma impugnata, ad avviso della ricorrente, comprime
l'autonomia regionale in ordine alle esigenze organizzative,
fissandone a priori i parametri e prescindendo da ogni valutazione
della concreta realtà regionale: ciò in violazione
dei principî di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di buon
andamento della p.a. (art. 97 Cost.).
Inoltre, la norma impugnata disciplina la materia dell'ordinamento
del personale regionale, che è oggi riservata alla
potestà legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost., né, comunque,
avrebbe il tratto della normativa di principio, contenendo
invece disposizioni di dettaglio che fissano criteri connotati
da considerevole rigidità. Non vale infine a sanare
l'illegittimità costituzionale la previsione dell'accordo
tra Governo, Regioni ed autonomie locali.
1.8.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, spiegando difese analoghe a quelle articolate
avverso i ricorsi 14 e 15 del 2003.
2.- Con tre distinti ricorsi (iscritti ai nn. 31, 32 e 33
del registro ricorsi del 2004), le Regioni Marche, Toscana
ed Emilia-Romagna hanno promosso giudizio di legittimità
costituzionale, tra altre norme, dell'articolo 3, commi
53, 54, 55, 58, 60, 61 e 65 della legge 24 dicembre 2003,
n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004).
Dispone l'art. 3, comma 53, riformulando l'art. 34, comma
4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che «per
l'anno 2004, alle amministrazioni di cui agli articoli 1,
comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, (...) è
fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato, fatte salve le assunzioni di personale
relative a figure professionali non fungibili la cui consistenza
organica non sia superiore all'unità, nonché
quelle relative alle categorie protette (...). Per le autonomie
regionali e locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale
sono fatte salve le assunzioni previste e autorizzate con
i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre
2003, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14
ottobre 2003, e non ancora effettuate alla data di entrata
in vigore della presente legge».
Il comma 54 prevede una deroga al divieto di cui al comma
53, nei limiti di una spesa annua lorda pari a 260 milioni
di euro, per assunzioni di personale, necessario per soddisfare
indilazionabili esigenze di servizio e previo esperimento
delle procedure di mobilità, in favore (tra altri)
degli "enti pubblici non economici".
Il comma 55 descrive le procedure di autorizzazione alle
assunzioni in deroga di cui al comma precedente, ed il comma
56 prevede, per quel che qui interessa, che "per le
regioni e le autonomie locali, nonché per gli enti
del Servizio sanitario nazionale (...) si applicano le disposizioni
di cui al comma 60".
Il comma 60 riproduce, pressoché letteralmente, con
riguardo al 2004, quanto l'art. 34, comma 11, della legge
n. 289 del 2002 disponeva per il 2003, precisando che le
disposizioni di cui al comma 53 e quelle «dei decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2003»
trovano «applicazione in via provvisoria e fino all'emanazione»
dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri previsti
dal medesimo comma 60.
Il comma 61 proroga di un anno i termini di validità
delle graduatorie per le assunzioni presso amministrazioni
pubbliche soggette, per il 2004, a limitazioni delle assunzioni
ed il comma 65 fissa, "per le amministrazioni di cui
al comma 53", limiti di spesa per il personale a tempo
determinato precisando che "le limitazioni di cui al
presente comma non trovano applicazione nei confronti delle
Regioni ...".
2.1.- Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 (n. 31
del 2004), la Regione Marche denuncia l'illegittimità
costituzionale, in riferimento agli articoli 117, commi
terzo, quarto e sesto, 118 e 119 Cost., dell'art. 3, commi
53, 60 e 65, della legge n. 350 del 2003, muovendo censure
analoghe a quelle spiegate col ricorso n. 14 del 2003 avverso
le corrispondenti disposizioni della legge n. 289 del 2002,
come parzialmente riformulata dalla legge finanziaria per
l'anno 2004.
2.1.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata in
parte inammissibile e per il resto infondata.
In particolare, non sussisterebbe l'interesse della Regione
a censurare il comma 65, posto che esso potrebbe avere rilievo
solo per la parte in cui pone limiti di spesa che, tuttavia,
per espressa previsione, «non trovano applicazione
nei confronti delle regioni e delle autonomie locali».
Con riguardo invece ai commi 53 e 60, essi trovano la loro
ratio nel «concorso delle autonomie regionali e locali
al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica»,
che si radica nell'art. 119 Cost. Quest'ultima norma si
salderebbe a sua volta con la previsione dell'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. che riserva allo Stato
una fondamentale materia definibile come «governo
dell'economia nazionale».
Inoltre, nel porre il divieto di procedere ad assunzioni
a tempo indeterminato durante l'anno 2004, la norma censurata
avrebbe carattere generale e di principio, ancorché
sia di per sé self-executing.
2.2.- Con ricorso notificato il 26 febbraio 2004 (n. 32
del 2004), la Regione Toscana denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 3 della legge n. 350 del 2003,
limitatamente ai commi 53, 54, 55, 60 e 61, in riferimento
all'art. 117 Cost., anch'essa muovendo censure analoghe
a quelle spiegate col ricorso n. 15 del 2003 avverso le
corrispondenti disposizioni della legge n. 289 del 2002,
come parzialmente riformulate dalla legge finanziaria per
il 2004.
2.2.1.- Si è costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, il quale nel chiedere che la questione sia
dichiarata in parte inammissibile e per il resto infondata,
articola difese analoghe a quelle spiegate avverso il ricorso
n. 31 del 2004.
2.3.- Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 (n. 33
del 2004), anche la Regione Emilia-Romagna denuncia l'illegittimità
costituzionale dell'art. 3 della legge n. 350 del 2003,
limitatamente ai commi 53, 58 e 60, in riferimento all'art.
117 Cost. ed al canone della ragionevolezza, anch'essa riproponendo
censure analoghe a quelle spiegate col ricorso n. 25 del
2003 avverso il sistema delle corrispondenti disposizioni
della legge n. 289 del 2002 su cui le odierne norme hanno
parzialmente inciso.
3.- Nell'imminenza dell'udienza hanno depositato memorie
le Regioni Marche, Toscana, Campania, Umbria, Emilia-Romagna
e Veneto, ribadendo le argomentazioni svolte, rispettivamente,
a sostegno dei ricorsi numeri 14, 15, 21, 22, 25 e 26 del
2003 proposti avverso l'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
e le Regioni Marche, Toscana e Emilia-Romagna per ribadire
le argomentazioni svolte a sostegno dei ricorsi n. 31, 32
e 33 del 2004 proposti avverso l'art. 3, commi 53 e seguenti,
della legge n. 350 del 2003.
In particolare, la Regione Umbria (reg. ric. n. 22 del 2003)
precisa che il proprio interesse alla dichiarazione di illegittimità
costituzionale dell'art. 34 della legge n. 289 del 2002
è limitato al solo periodo per il quale questa ha
trovato applicazione, posto che l'art. 1, comma 3, del d.P.C.m.
12 settembre 2003, emanato in attuazione dell'art. 34, comma
11, ha escluso, limitatamente al regime delle assunzioni,
«le regioni e i rispettivi enti strumentali e dipendenti
delle medesime per i quali sussistono provvedimenti che
dichiarano lo stato di emergenza derivante da terremoti
o calamità naturali», tra i quali è
la ricorrente con riguardo al periodo che va dal 12 settembre
al 31 dicembre 2003.
L'Avvocatura generale dello Stato, a sua volta, ha depositato
memorie a confutazione dei ricorsi.
In particolare, con riguardo ai ricorsi delle Regioni Marche
(n. 14 del 2003 e n. 31 del 2004), Piemonte (n. 18 del 2003),
Valle d'Aosta (n. 19 del 2003), Campania (n. 21 del 2003),
Umbria ( n. 22 del 2003), Emilia-Romagna (n. 25 del 2003
e n. 33 del 2004) la difesa erariale chiede che venga pronunciata
la cessazione della materia del contendere, per il venir
meno dell'interesse delle ricorrenti, sia con riguardo alle
censure che investono l'art. 34 della legge n. 289 del 2002,
sia relativamente alla totalità delle doglianze formulate
nei ricorsi numeri 31 e 33 del 2004, tenuto conto, in riferimento
alla prima questione, che il 12 settembre 2003 sono stati
pubblicati due decreti del Presidente del Consiglio dei
ministri, ai sensi dell'art. 34 cit., in conformità
del raggiunto accordo tra Stato e Regioni del 19 giugno
2003, l'uno relativo alle amministrazioni regionali ed alle
aziende sanitarie e l'altro agli enti locali e, con riferimento
alla seconda, è stato perfezionato analogo accordo
del 20 maggio 2004 sulla cui base è in via di emanazione
altro decreto presidenziale. L'adesione a questi accordi,
ad avviso della deducente, sarebbe infatti oggettivamente
incompatibile con il permanere delle doglianze.
4.- Le Regioni Piemonte (dichiarando di non avere più
interesse alla decisione) e Valle d'Aosta (giusta delibera
della Giunta) hanno rinunciato ai ricorsi (rispettivamente
n. 18 e n. 19 del 2003) da esse proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Preliminarmente, va dichiarata l'estinzione del giudizio
limitatamente ai ricorsi nn. 18 e 19 del 2003 delle Regioni
Piemonte e Valle d'Aosta per rinuncia.
2.- Sempre in via preliminare, va disposta - per la parte
in cui investono, con censure largamente coincidenti, l'art.
34 della legge n. 289 del 2002, e riservando ad altre pronunce
la decisione per la parte in cui investono altre norme della
citata legge - la riunione dei ricorsi numeri 14, 15, 21,
22, 25 e 26 del 2003, attesa l'evidente comunanza di oggetto
e di questioni.
Analogo provvedimento di riunione si impone per i ricorsi
numeri 31, 32 e 33 del 2003 per la parte in cui tutti investono,
con argomentazioni sostanzialmente analoghe, l'art. 3, commi
53-65, della legge n. 350 del 2003, riservando a distinte
pronunce la decisione per la parte in cui investono altre
disposizioni della citata legge.
La sostanziale coincidenza del contenuto normativo investito
dai ricorsi numeri 14, 15, 21, 22, 25 e 26 del 2003 e dai
ricorsi numeri 31, 32 e 33 del 2004, rende manifesta l'opportunità
della loro decisione con unica sentenza.
3.- Le censure mosse nei confronti dell'art. 34, commi 1,
2, 3, 4, 6, 10, 13 e 22, della legge n. 289 del 2002 devono
essere respinte.
Se è vero, infatti, che l'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
richiamato dal comma 1, fa riferimento anche alle Regioni,
è d'altra parte vero che il comma 10 dispone espressamente
che alle Regioni si applicano - in luogo dei commi ad esso
precedenti - le disposizioni del comma 11 (il quale, come
si dirà, dispone autonomamente circa l'applicabilità
dei commi 1, 2, 3 e 4).
Il comma 13, a sua volta, esclude esplicitamente che la
limitazione (riguardante l'assunzione di personale a tempo
determinato) in esso prevista si applichi alle Regioni.
Il comma 22, infine, non contiene alcun esplicito obbligo
(in particolare, di riduzione del personale non inferiore
all'uno per cento) delle Regioni (alle quali non può
certamente riferirsi la generica locuzione "enti pubblici
non economici"), ma contiene esclusivamente la previsione
che "le altre amministrazioni pubbliche adeguano le
proprie politiche di reclutamento di personale al principio
di contenimento della spesa in coerenza con gli obiettivi
fissati dai documenti di finanza pubblica". E' appena
il caso di rilevare che tale previsione costituisce un principio
di "coordinamento della finanza pubblica" (art.
117, terzo comma, Cost.) che la legislazione statale è
certamente legittimata a fissare, e che non limita in alcun
modo l'autonomia regionale riguardo ai concreti strumenti
(adeguamento delle proprie "politiche di reclutamento
del personale") attraverso i quali quell'obiettivo
("contenimento della spesa") può essere
raggiunto.
4.- Le censure mosse al comma 11 sono fondate nei limiti
di seguito precisati.
Non è fondata la censura volta a contestare che la
legge statale possa prevedere meccanismi e procedure - ed
in particolare l'«accordo tra Governo, regioni e autonomie
locali, da concludere in sede di Conferenza unificata»
-, volti a far sì che vi sia il «concorso delle
autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi
di finanza pubblica», e possa inoltre prevedere che
quanto previsto in quell'accordo sia trasfuso in un decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri che fissi «per
le amministrazioni regionali, per le province e i comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato
le regole del patto di stabilità interno per l'anno
2002, per gli altri enti locali e per gli enti del Servizio
sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni
a tempo indeterminato per l'anno 2003».
Tale previsione, infatti, costituisce puntuale attuazione
del precetto costituzionale che attribuisce alla legge statale
il compito di provvedere al "coordinamento della finanza
pubblica": compito legittimamente assolto coinvolgendo
nell'individuazione dei «criteri e limiti per le assunzioni
a tempo indeterminato» le Regioni e le autonomie locali
e, poi, cristallizzando in un decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri l'accordo che fissa quei criteri
e limiti.
La circostanza che il medesimo comma 11 disponga che «fino
all'emanazione dei decreti (...) trovano applicazione le
disposizioni di cui al comma 4» - e cioè il
«divieto di procedere ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato», fatte salve le eccezioni ivi
previste - non costituisce violazione di alcuna norma costituzionale:
si tratta, infatti, non solo di un divieto temporalmente
limitato, ma anche e soprattutto di un divieto funzionalmente
collegato all'accordo da raggiungere in sede di Conferenza
unificata, quale strumento destinato a disciplinare, con
il concorso delle autonomie regionali e locali, la materia
delle assunzioni del personale a tempo indeterminato. E'
evidente che, in assenza di quel temporaneo divieto, le
finalità perseguite con l'accordo sarebbero frustrate
se, nelle more, le Regioni e gli enti locali potessero procedere,
senza limiti di sorta, alle assunzioni ritenute opportune:
come è evidente che l'intervento della legge statale
in senso limitativo dell'autonomia delle Regioni e degli
enti locali non è meno legittimo per ciò che
il divieto da essa posto è assoluto, ma la sua legittimità
va affermata considerando il carattere strumentale di quel
temporaneo divieto ai fini della efficacia ed effettività
della futura disciplina che scaturirà in sede di
Conferenza unificata.
Altrettanto ovvio è che in sede di accordo ben possono
essere individuati profili della disciplina di cui ai commi
1, 2, 3 (rideterminazione delle piante organiche nel rispetto
del "principio della invarianza della spesa" e
loro tendenziale "congelamento") da applicare
alle Regioni ed agli enti locali, e che anche tali contenuti
dell'accordo raggiunto in sede di Conferenza unificata ben
possono essere trasfusi nel decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri.
Le medesime ragioni, che impongono il rigetto delle censure
mosse alle disposizioni del comma 11 fin qui esaminate,
comportano l'accoglimento di quelle rivolte alla previsione
per cui le assunzioni a tempo indeterminato, «fatto
salvo il ricorso alle procedure di mobilità, devono,
comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale
infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro
percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni
dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002».
Si tratta, infatti, di una disposizione che non si limita
a fissare un principio di coordinamento della finanza pubblica,
ma pone un precetto specifico e puntuale sull'entità
della copertura delle vacanze verificatesi nel 2002, imponendo
che tale copertura non sia superiore al 50 per cento: precetto
che, proprio perché specifico e puntuale e per il
suo oggetto, si risolve in una indebita invasione, da parte
della legge statale, dell'area (organizzazione della propria
struttura amministrativa) riservata alle autonomie regionali
e degli enti locali, alle quali la legge statale può
prescrivere criteri (ad esempio, di privilegiare il ricorso
alle procedure di mobilità: sentenza n. 388 del 2004)
ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica)
ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare
per raggiungere quegli obiettivi.
5.- Quanto ai ricorsi numeri 31, 32 e 33 del 2004 valgono
mutatis mutandis - attesa la sostanziale identità
di disciplina recata dall'art. 3, commi 53-60, della legge
n. 350 del 2003 - le medesime conclusioni appena esposte
con riguardo all'art. 34 della legge n. 289 del 2002.
Va quindi ribadito che né il comma 53 (ove è
previsto il divieto di assunzioni a tempo indeterminato)
né i commi 54 e 55 (che disciplinano deroghe, e relative
procedure, a quel divieto) riguardano, in quanto tali, le
Regioni, come chiarisce l'ultimo alinea del comma 58 stabilendo
che «per le regioni e le autonomie locali, nonché
per gli enti del Servizio sanitario nazionale (...) si applicano
le disposizioni del comma 60».
Analoga esplicita previsione è contenuta nel comma
65 (limiti all'assunzione di personale a tempo determinato),
mentre implicita, ma inequivoca, è l'estraneità
delle Regioni a quanto dispone il comma 61 in ordine alla
proroga del termine di validità delle graduatorie,
dal momento che la norma riguarda esclusivamente "le
amministrazioni pubbliche che per l'anno 2004 sono soggette
a limitazioni delle assunzioni".
Respinte, pertanto, le censure che investono i commi 53,
54, 55, 58, 61 e 65, occorre passare all'esame di quelle
che concernono il comma 60: norma pressoché identica
a quella contenuta nel comma 11 dell'art. 34 della legge
n. 289 del 2002, e per la quale vale quanto si è
precisato supra, n. 4, ribadendo l'infondatezza delle censure
relative alla parte in cui si prevede che l'accordo raggiunto
in sede di Conferenza unificata sia trasfuso in un d.P.C.m.
che fissi criteri e limiti delle assunzioni a tempo indeterminato,
nonché l'infondatezza di quelle relative alla disposizione
a tenore della quale «fino all'emanazione dei decreti
trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 53»;
l'illegittimità costituzionale della disposizione
a norma della quale le assunzioni a tempo indeterminato
«devono comunque essere contenute (...) entro percentuali
non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio
verificatesi nel corso dell'anno 2003».
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i ricorsi numeri 14, 15, 18, 19, 21, 22, 25 e 26
del 2003 nonché i ricorsi numeri 31, 32 e 33 del
2004, e riservata a separate pronunce la decisione delle
questioni in tali ricorsi sollevate relativamente a norme
diverse dall'art. 34 della legge n. 289 del 2002 e dall'art.
3, commi 53-65, della legge n. 350 del 2003;
dichiara estinti per rinuncia i giudizi di cui al ricorso
n. 18 del 2003 proposto dalla Regione Piemonte e n. 19 del
2003 proposto dalla Regione Valle d'Aosta;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
34, comma 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria 2003), limitatamente alla parte
in cui dispone che le assunzioni a tempo indeterminato «devono,
comunque, essere contenute (...) entro percentuali non superiori
al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi
nel corso dell'anno 2002»;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale proposte, in riferimento agli articoli 3,
5, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nei
confronti dell'art. 34, commi 1, 2, 3, 4, 10, 13 e 22 della
predetta legge n. 289 del 2002;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
3, comma 60, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato - legge finanziaria 2004), limitatamente alla parte
in cui dispone che le assunzioni a tempo indeterminato «devono,
comunque, essere contenute (...) entro percentuali non superiori
al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi
nel corso dell'anno 2003»;
dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale proposte, in riferimento agli articoli 117,
118 e 119 della Costituzione, nei confronti dell'art. 3,
commi 53, 54, 55, 58, 61 e 65, della suddetta legge n. 350
del 2003.
La redazione di megghy.com |