Responsabilità da buche stradali
( Articolo di Renato Amoroso 12.07.2004 )
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Responsabilità da buche stradali
dott. Renato Amoroso
(Giudice di Pace in Monza)
La annosa e sempre controversa questione della responsabilità
della Pubblica Amministrazione, per i danni provocati da buche presenti
sul manto stradale, sembra conoscere un momento di revisione ed
evoluzione, che presenta spunti di interesse.
Si dibatte se l’ipotesi di una responsabilità della
PA possa essere invocata soltanto in forza dell’art. 2043
C.C. o se sia proponibile la responsabilità per le cose in
custodia ex art. 2051 C.C. La differenza più evidente e più
significativa risiede nel diverso regime dell’onere della
prova.
L’orientamento più tradizionale della giurisprudenza
teneva conto del fatto che il danneggiato ha comunque l’onere
di fare tutto il possibile per evitare il danno e, pertanto, ove
l’ostacolo fosse visibile ed evitabile, non si potesse addebitare
automaticamente una responsabilità all’ente pubblico.
Detta responsabilità poteva essere invocata solo nell’ipotesi
che la buca o avvallamento costituisse nel caso concreto “insidia
o trabocchetto”, non prevedibile e non evitabile con la normale
diligenza. (In tal senso, fra le più recenti e significative,
Trib. Milano 27.1.2003, Cass. 3.12.2002 n. 17152 in Foro it. 2003,
I, 1802 con nota di dottrina e specifici richiami riepilogativi).
La giurisprudenza menzionata ha altresì ammesso di recente
la possibilità di un concorso di colpa fra privato e PA nella
produzione dell’evento dannoso, prima esclusa. L’originaria
interpretazione, infatti, poneva l’alternativa assoluta ed
invincibile fra colpa del danneggiato e responsabilità della
PA, dimodochè ove fosse in concreto dimostrato che l’insidia
era visibile ed evitabile, tutto il danno restava a carico dell’infortunato.
Al contrario, ove il caso concreto avesse posto in evidenza l’insidia
o trabocchetto, per ciò stesso tale elemento avrebbe concretizzato,
in modo sintomatico, la colpa della PA, escludendo ex se la colpa
del danneggiato (si vedano Cass. 8.11.2002 n.15710; Cass. 30.7.2002
n.11250; Cass. 19.7.2002 n.10577; Cass. 13.2.2002 n.2067).
Una più attenta e sistematica analisi del principio contenuto
nell’art. 1227 1° comma C.C., relativo al concorso di
colpa del danneggiato, ha condotto Cass. 17152/02 a collocare detta
ipotesi nella operazione di valutazione del nesso causale fra fatto
e danno: la fattispecie prevista dal 1° comma dell’art.
1227 C.C. concerne il rapporto tra causa ed evento e regola il concorso
di colpa del danneggiato nella produzione dell’evento. Ciò
ha effetti diretti sulla riduzione proporzionale del risarcimento
(Cass. 20.7.2002 n. 10641) e richiede l’accertamento di tutti
i fattori causali e l’incidenza di essi, ivi compreso il fatto
del danneggiato, sulla genesi del danno. Spetterà al Giudice
del caso concreto stabilire se e quanto il comportamento del danneggiato
abbia influito sulla produzione del danno e sulla sua misura (Cass.
9.1.2001 n.240; Cass.9.1.2002 n. 200).
Con sentenza 23.7.2003 n. 11446 la Cassazione ridà corpo
ad un orientamento già affermato ma fino ad ora quasi minoritario
(v. Cass. 15.1.2003 n. 488, Cass. 13.1.2003 n. 289, Cass. 31.7.2002
n.11366). Il regime di responsabilità ex art. 2051 C.C. è
applicabile al caso di danno prodotto da manchevolezze della manutenzione
del manto stradale: per l’esclusione dell’applicazione
di tale regime occorre la dimostrazione dell’impossibilità
oggettiva per l’ente pubblico di esercitare un controllo continuo
e completo sullo stato delle strade. Si ritiene che tale impossibilità,
si ripete “oggettiva”, dipenda dalla duplice condizione
di un uso generalizzato del bene (da parte di una massa cospicua
di utenti) e della notevole estensione del bene stesso.
La valutazione della ricorrenza nel caso concreto di dette condizioni
non può che essere rimessa al prudente apprezzamento del
Giudice. Resta il fatto che l’ente pubblico potrà essere
esonerato dalla responsabilità soltanto fornendo elementi
di giudizio utili a provare che il danno è frutto del caso
fortuito o del fatto, esclusivo o concorrente, del danneggiato o
di un terzo (Cass. 17.5.2001 n. 6767, Cass. 10.5.1999 n. 4616, Cass.
13.5.1999 n.4757). L’eventuale prova del fatto del danneggiato
vale ad esimere l’ente da responsabilità al pari della
prova del fatto fortuito (Cass. 26.3.2002 n.4308, Cass. 20.7.2002
n.10641).
Il criterio di valutazione promosso dalle più recenti pronunce
della Corte di legittimità sembra caratterizzato da una certa
severità di giudizio, ponendo in evidenza che, con particolare
riguardo al caso delle autostrade, proprio la caratteristica di
strada a scorrimento veloce richiede che il gestore provveda con
particolare cura al costante controllo ed alla più opportuna
vigilanza.
Si profila, pertanto, l’ipotesi di responsabilità
ex art. 2051 C.C. come caso di responsabilità oggettiva,
per la sussistenza della quale è sufficiente la prova del
nesso materiale fra la cosa in custodia (nel caso de quo, la strada)
e il danno da questa prodotto. Detto nesso causale potrà
essere escluso dalla prova del fatto fortuito, nei sensi sopra esposti
(Cass. 9.4.2003 n. 5578, Cass. 15.1.2003 n.472, Cass. 13.2.2002
n.2075).
Una volta ammessa la applicabilità della norma di cui all’art.
2051 C.C. si legge nella motivazione delle sentenze n.12219/03 e
11446/03 che si tratterà, caso per caso, di riscontrare nelle
specifiche situazioni delle strade la ricorrenza dei principi affermati
“… in relazione alla loro estensione, alle dotazioni,
ai sistemi di assistenza che le connotano, agli strumenti che il
progresso tecnologico volta a volta appresta e che, in larga misura,
condizionano anche le aspettative della generalità degli
utenti, oltre che … distinguere le situazioni di pericolo
immanentemente connesse alla struttura ed alle pertinenze dell’autostrada”
per le quali “…l’uso generalizzato e l’estensione
della stessa costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine
al concreto atteggiarsi della responsabilità del custode”,
da quelle “…provocate dagli stessi utenti ovvero da
una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello
stato della cosa, che pongano a repentaglio l’incolumità
degli utenti e l’integrità del loro patrimonio”,
per le quali “…dovrà configurarsi il caso fortuito
tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri dell’imprevedibilità
e della inevitabilità”.
Si profila un compito non facile per la valutazione in concreto
delle singole fattispecie
articolo
riportato dal sito : www.altalex.com
La redazione di megghy.com
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