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L'art. 203 del C.d.S., il quale impone che il ricorso
al Prefetto contro il verbale di accertamento della violazione
sia proposto nel termine di sessanta giorni dalla contestazione
o dalla notificazione, solo "qualora non sia stato
effettuato il pagamento", attiene ad una fase preliminare
rispetto alla decisione amministrativa e riguarda il pagamento
in misura ridotta, non riguarda cioè la fase successiva
alla adozione dell'ordinanza-ingiunzione del Prefetto ed
il conseguente pagamento della sanzione irrogata con tale
provvedimento.
Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 25 febbraio 2004, n. 3735
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il signor L.M. ricorreva, davanti al Giudice di pace
di Elusone per l'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione,
emessa dalla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo
di Bergamo che, per la contestata violazione dell'art. 21,
commi 1, 4 e 5, c.d.s. - in quanto, senza il nulla osta
dell'ente proprietario, aveva installato un "trabattelo"
mobile sulla sede stradale, al fine di tinteggiare la parte
esterna di un immobile, riducendo la larghezza della carreggiata
a meno di metri 5.60 - gli aveva inflitto la sanzione amministrativa
pecuniaria di lire 2.224.000.
2. Il G.d.p. accoglieva il ricorso.
3. La Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di
Bergamo ricorreva per cassazione, affidando l'impugnazione
ad un unico motivo di doglianza. L'intimato non ha svolto
difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso (con il quale lamenta violazione
e falsa applicazione degli artt. 21, 203 e 205 del c.d.s.
e degli artt. 22 e 23 della l. 689/1981, in relazione all'art.
360, primo comma, n. 3, c.p.c.) la Prefettura - Ufficio
Territoriale del Governo di Bergamo deduce che il ricorso,
proposto davanti al G.d.p., doveva essere dichiarato improcedibile
«atteso che il contesto contravvenzionale era stato
già definito con il pagamento della sanzione amministrativa
pecuniaria applicata con l'ordinanza prefettizia poi annullata,
come risulta dalla ricevuta di versamento postale dell'8
febbraio 2000». Dall'art. 203 del c.d.s. si evincerebbe
che il contravventore potrebbe, in via alternativa, o pagare
in misura ridotta ovvero proporre ricorso al Prefetto. Pertanto,
avendo l'utente della strada prestato acquiescenza all'operato
della P.A., con il dare esecuzione al pagamento della sanzione,
il contravventore non avrebbe potuto proporre ricorso davanti
al G.d.p., e la pronuncia di quest'ultimo sarebbe, conseguentemente,
nulla.
2. Il ricorso è infondato.
La Prefettura ricorrente, contumace nel giudizio di primo
grado, svoltosi davanti al G.d.p. di Elusone, eccepisce
in questa sede, per la prima volta, e chiede di provare,
mercé l'allegazione di documento idoneo, la circostanza
di fatto relativa all'inammissibilità dell'opposizione
proposta dal trasgressore avverso l'ordinanza-ingiunzione
del Prefetto, in ragione dell'avvenuto pagamento della somma
ingiunta con il provvedimento impugnato; circostanza che
non ha formato oggetto di dibattito processuale.
Tale documento, del tutto nuovo, non può trovare
ingresso nel giudizio di Cassazione in quanto riguarda il
rapporto processuale di primo e unico grado di merito, in
ordine al quale questa Corte non può più statuire.
Infatti, l'art. 372 c.p.c. consente l'esame di nuove prove
solo in ordine all'ammissibilità del ricorso e del
controricorso ed "alla nullità della sentenza",
che - con formula contratta - non richiama pienamente il
motivo di cassazione di cui all'art. 360, primo comma, n.
4, il quale riguarda la "nullità della sentenza
o del procedimento".
Da tempo ormai questa Corte si è attestata sulla
posizione in base alla quale «le ipotesi di nullità
della sentenza che consentono, ex art. 372 c.p.c., la produzione
di nuovi documenti in sede di giudizio di legittimità
sono limitate a quelle derivanti da vizi propri dell'atto,
per mancanza dei suoi requisiti essenziali di sostanza e
di orma, e non si estendono, pertanto, a quelle originate,
in via riflessa o mediata, da vizi del procedimento»
(in tale senso, solo da ultime, Cassazione 2586 e 18136/2002;1650/2001;
486/1999). Tale posizione non è stata neppure presa
in considerazione nel ricorso che, perciò, non ha
introdotto alcun argomento per superarla.
2.1. Tuttavia, quand'anche non bisognosa di documentazione
perché autosufficiente, l'affermazione, contenuta
nel ricorso, riguardante l'avvenuto pagamento - da parte
del trasgressore - della sanzione amministrativa inflitta
dal Prefetto con l'ordinanza-ingiunzione, non può
dar luogo alla lamentata violazione di legge e non comporta
le conseguenze sollecitate dal ricorrente.
Infatti, la prescrizione dell'art. 203 del c.d.s., la quale
impone che il ricorso al Prefetto contro il verbale di accertamento
della violazione sia proposto nel termine di sessanta giorni
dalla contestazione o dalla notificazione, solo "qualora
non sia stato effettuato il pagamento", attiene ad
una fase preliminare rispetto alla decisione amministrativa
e riguarda il pagamento in misura ridotta, non riguarda
cioè la fase successiva alla adozione dell'ordinanza-ingiunzione
del Prefetto ed il conseguente pagamento della sanzione
irrogata con tale provvedimento. Tale disposizione, per
essere estranea al piano processuale, quale è stabilito
dal successivo art. 205 c.d.s., non può essere invocata
per chiedere (ed ottenere) la declaratoria di inammissibilità
del ricorso introduttivo.
Peraltro, questa Corte ha già affrontato e risolto
il problema dell'interesse sostanziale del trasgressore
ad impugnare la decisione amministrativa con la quale viene
irrogata la sanzione amministrativa, nonostante il pagamento
cautelativo di quanto ingiunto.
Con la sentenza 4886/1989 si era stabilito che il pagamento
della somma portata dall'ordinanza-ingiunzione, potendo
ricollegarsi alla volontà dell'intimato di sottrarsi
all'esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento
(il quale è titolo esecutivo e la cui efficacia non
è di regola sospesa dalla opposizione), non comporta
di per sé acquiescenza, né incide sull'interesse
ad insorgere avverso il provvedimento medesimo, con il rimedio
contemplato dall'art. 22 della l. 689/1981.
Tale principio è stato poi ripreso dalla sentenza
della Cassazione 14845/2000, a tenore della quale il pagamento
della somma portata dall'ordinanza-ingiunzione - tanto se
intervenga prima che dopo la notifica di questa -, potendo
ricollegarsi alla volontà dell'intimato di sottrarsi
all'esecuzione forzata, di evitare la confisca del bene
in sequestro o di ottenere la restituzione, non comporta
di per sé acquiescenza né incide sull'interesse
a proporre opposizione ai sensi dell'art. 22 della l. 689/1981.
In coerenza con tale parallelo interesse del trasgressore,
la Cassazione ha riconosciuto alla stessa Amministrazione
la possibilità di intervenire sull'ordinanza ingiuntiva
anche dopo l'avvenuto pagamento da parte dell'interessato.
Secondo la sentenza 2761/2003, di questa stessa Corte, sino
a quando non sia intervenuto il giudicato a seguito dell'opposizione
proposta dall'ingiunto avverso l'ordinanza-ingiunzione,
l'Amministrazione, nell'esercizio del potere di autotutela,
può procedere alla rimozione degli eventuali vizi,
ovvero alla rettifica ed alla correzione degli eventuali
errori in essa contenuti, provvedendo ad emanare una nuova
ordinanza-ingiunzione emendata da detti vizi e/o errori,
e ciò può fare anche nel caso in cui l'ingiunto
abbia già pagato la somma indicata con il primo provvedimento.
Il ricorso dell'Amministrazione, pertanto, va rigettato.
3. Non avendo l'intimato svolto attività difensiva,
non v'è materia per provvedere sulle spese di questa
fase.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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