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08/12/2004 Fallimento e danno biologico del lavoratore
(Tribunale di Mantova, Sez. II)
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08/12/2004 Fallimento e danno biologico del lavoratore
Va collocato al passivo in via privilegiata ex art. 2751bis n. 1 c.c. il credito del lavoratore per il risarcimento del danno biologico e di quello morale conseguenti a malattia della cui insorgenza sia responsabile il datore di lavoro.


Tribunale di Mantova, Sez. II – Dr. Giovanni Scaglioni, Presidente; Dr. Mauro Bernardi, Giudice Estensore; Dr. Luigi Bettini, Giudice – Sentenza del giorno 26 agosto 2004.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 101 l.f. notificato in data 16-1-2001 X Y sosteneva di avere proposto ricorso al Pretore del Lavoro di Taranto deducendo a) di avere lavorato presso la Belleli Industrie Meccaniche s.r.l.-stabilimento di Taranto dal 6-3-1974 con qualifica di operaio di IV livello svolgendo mansioni di saldatore; b) di avere contratto, a causa del malsano ambiente di lavoro, una epatite cronica e che tale infermità lo aveva costretto ad un lungo periodo di malattia al rientro dalla quale era stato adibito a lavori di pulizia nei locali igienici e negli spogliatoi; c) che, ciò nondimeno, egli era stato adibito a lavori che comportavano l'esposizione a vapori di acidi ed altre sostanze il che aveva determinato l'aggravamento delle sue condizioni di salute tanto che egli non era più in grado di svolgere le mansioni affidategli; d) che la società aveva erogato la retribuzione in suo favore sino al luglio 1990 omettendo successivamente ogni pagamento; e) che, alla luce di ciò, aveva diritto al risarcimento del danno in misura pari al trattamento economico non goduto sino al luglio 90 ed al danno biologico; f) che la Belleli, costituitasi in giudizio, aveva chiesto il rigetto della domanda, giudizio poi dichiarato interrotto a seguito della dichiarazione di fallimento della Belleli; g) che egli aveva quindi proposto istanza di insinuazione al passivo riproponendo le domande già formulate avanti al Pretore del Lavoro.

La Belleli s.p.a., costituitasi in giudizio, si opponeva all'accoglimento del ricorso negando che la patologia del lavoratore fosse insorta a causa delle condizioni di lavoro ed affermando che il lavoratore non aveva percepito la retribuzione dal 16-1-1991 per superamento del periodo di comporto, che dal 20-7-1989 al 19-10-1990 egli era stato retribuito e che tra il 20-1-1990 ed il 15-1-1991 era stato retribuito al 50% in conformità della disciplina legale e contrattuale in vigore: in via subordinata eccepiva l'intervenuta prescrizione quanto alla domanda di risarcimento del danno.

Esperita l'istruttoria orale la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi
L'opposizione è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono.

In primo luogo va rilevato che la Curatela, solo successivamente all'udienza ex art. 183 c.p.c., ha eccepito il difetto di legittimazione passiva assumendo che il rapporto di lavoro del X era insorto con la Belleli Industrie Meccaniche e non con la Belleli s.p.a., eccezione di cui la difesa del ricorrente ha rilevato la tardività rifiutando il contraddittorio.

In proposito va osservato che, quando il convenuto eccepisce la propria estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, viene a discutersi non di una condizione per la trattazione del merito della causa quale è la legitimatio ad causam, ma dell'effettiva titolarità passiva del rapporto controverso, cioè dell'identificabilità o meno nel convenuto del soggetto tenuto alla prestazione richiesta dall'attore e mentre il controllo circa la legitimatio ad causam è esercitabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, l'eccezione circa l'effettiva titolarità del diritto fatto valere comporta una decisione attinente al merito della controversia ed il suo difetto deve essere dedotto nei modi e nei tempi previsti per le eccezioni di parte (in tal senso vedasi Cass. 21-6-2001 n. 8476; Cass. 7-12-2000 n. 15537; Cass. 17-5-2000 n. 6420; Cass. 17-6-1997 n. 5407): ne deriva pertanto che l'eccezione in questione non può essere esaminata perché tardivamente sollevata.

Nel merito va osservato che la pretesa volta ad ottenere il pagamento di retribuzioni non percepite non è fondata dovendosi osservare che il lavoratore era stato licenziato nel 1992 per superamento del periodo di comporto, licenziamento mai impugnato.

Va poi aggiunto che dalla relazione medica in atti, assunta nel giudizio svoltosi avanti al Pretore del Lavoro di Taranto ed utilizzabile nel presente procedimento (cfr. Cass. 16-5-2000 n. 6347) anche perché non oggetto di contestazioni specifiche (sicché appare superfluo disporre, come richiesto dalla difesa del ricorrente, una nuova indagine), emerge che la patologia di cui il X era affetto (di origine virale) non era stata contratta a causa delle mansioni svolte: non è quindi provata la sussistenza di un nesso di causalità fra la malattia professionale ed il superamento del periodo di comporto, onere probatorio questo gravante sul lavoratore (per l'applicazione del principio in termini generali vedasi Cass. 15-12-1994 n. 10769).

In ordine alla domanda di risarcimento danni in relazione alle lesioni permanenti derivate va osservato che i testi Pompigna e Pastano hanno dichiarato che il X aveva lavorato in un primo tempo come saldatore mentre, successivamente, egli era stato adibito a lavorazioni (di pulizia) che lo avevano esposto ai vapori degli acidi utilizzati per le stesse (e ciò sebbene la direzione dell’impresa fosse a conoscenza delle precarie condizioni fisiche del dipendente: vedasi sul punto le dichiarazioni rese dal teste Bianchi) ed inoltre che il c.t.u. ha riconosciuto esistente un nesso di causalità fra le patologie riscontrate al X e le mansioni esercitate: ne deriva pertanto che, in relazione alla percentuale di invalidità riconosciuta dal medico-legale, sussiste la responsabilità del datore di lavoro nè la presunzione di colpa posta a suo carico ai sensi dell’art. 1218 c.c. (cfr. Cass. 26-10-2002 n. 15133; Cass. 16-9-1998 n. 9247) può ritenersi che sia stata superata.

Quanto all'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del fallimento va evidenziato che la responsabilità derivante dalla violazione del disposto di cui all'art. 2087 c.c. ha natura contrattuale sicché il termine prescrizionale è quello decennale ex art. 2946 c.c. (cfr. Cass. 5-4-1993 n. 4085; Cass. 23-3-1991 n. 3115) ed esso decorre dal momento in cui il lavoratore ha potuto avere piena consapevolezza della malattia con danno alla salute apprezzabile e della sua eziologia professionale (cfr. Cass. 29-9-1997 n. 4774): tenuto conto del fatto che il danno biologico si è determinato per effetto della progressiva esposizione del lavoratore alle esalazioni pericolose delle lavorazioni cui era adibito, deve ritenersi che il termine di decorrenza, alla luce delle considerazioni sopra svolte, vada individuato nel momento di proposizione dell'originario ricorso avanti al Giudice del Lavoro (il 5-11-1991) sicché tenuto conto che tale ricorso è stato poi notificato il 6-12-1991 e che, in data 16-1-2001, è avvenuta la notifica di quello proposto ex art. 101 l.f., ne deriva che il diritto al risarcimento non si è prescritto.

Va quindi accolta la domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno biologico atteso che il c.t.u., con adeguata motivazione, ha accertato che il X è affetto da epatite cronica attiva in soggetto con polineuropatia demielinizzante cronica e che va riconosciuta una percentuale del 2% a causa dell'incidenza sulla epatite dell'esposizione dell'organismo ai fumi ed ai gas tossici di saldatura e che l'altra patologia è di origine professionale e parimenti derivata dalla prolungata esposizione ai gas di saldatura, infermità questa valutata nella misura del 3%.

Tenuto conto dell’orientamento seguito dal Tribunale di Mantova in tema di liquidazione di micropermanenti, alla stregua del quale vengono ritenuti applicabili i criteri di cui alla legge 57/2001, anche in relazione a fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della legge atteso che, dovendosi procedere ad una liquidazione in via equitativa, appare preferibile fare riferimento ai criteri dettati dal legislatore piuttosto che optare per quelli empirici elaborati dalla giurisprudenza e non essendovi ragione per riconoscere un trattamento differenziato a causa della diversa origine delle lesioni patite, il danno subito viene così determinato in valori al momento del fatto: euro 2.920,38 per danno biologico (460,79 -valore a punto- x 1,5 = 691,18 x 5 = 3.455,9 - 15,5% = 2.920,38) ed euro 1.460,19 per danno morale (pari alla metà dell’importo liquidato per danno biologico).

Il totale di euro 4.380,57 rivalutato sino al 10-11-1999 (data di esecutività dello stato passivo: cfr. Cass. 19-5-2000 n. 6529; Corte Cost. 20-4-1989 n. 204) corrisponde ad euro 5.964,59 cui debbono aggiungersi gli interessi al tasso legale via via vigente sulla somma di euro 4.380,57 rivalutata annualmente (fino al 10-11-1999 mentre dopo tale data gli interessi legali andranno calcolati sull'importo fisso di euro 5.964,59) secondo gli indici Istat (cfr. Cass. 2-10-2002 n. 14143; Cass. 29-1-2001 n. 38) dal 5-11-1991 sino alla data di liquidazione dei beni mobili (cfr. Cass. 26-11-1984 n. 6112; Cass. 1-8-1984 n. 4583; Cass. 15-12-1983 n. 7396; Cass. S.U. 15-3-1982 n. 1670).

Va poi precisato che l'importo sopra riconosciuto va collocato al passivo in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 1 c.c.: quanto al danno morale la Corte Costituzionale con pronuncia n. 326/83 ha infatti ravvisato la necessità di trattare in modo uniforme pretese aventi tutte carattere risarcitorio (in tal senso vedasi Cass. 18-6-2002 n. 8765) mentre, in ordine al danno biologico, la sentenza della Corte Costituzionale 29-5-2002 n. 220 ha stabilito che spetta il privilegio generale al credito del lavoratore per danni conseguenti a malattia professionale della quale sia responsabile (come nel caso di specie) il datore di lavoro.

Stante la reciproca parziale soccombenza le spese sono compensate per la metà e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

in parziale accoglimento del ricorso ammette X Y al passivo del fallimento Belleli s.p.a. in liquidazione, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 1 c.c., per l’importo di euro 5.964,59 oltre agli interessi legali sulla somma di euro 4.380,57 (rivalutata annualmente fino al 10-11-1999 mentre dopo tale data gli interessi legali andranno calcolati sull'importo fisso di euro 5.964,59) secondo gli indici Istat ex art. 429 c.p.c. a far data dal 5-11-1991 sino all’ultimazione della liquidazione dei beni mobili ed ordina la conseguente modificazione dello stato passivo;

condanna il fallimento resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite, compensandole per la metà e, per l'effetto, liquidandole in complessivi euro 2.175,00 di cui € 25,00 per spese, € 650,0 per diritti ed € 1.500,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Mantova, lì 26/08/2004.

 La redazione di megghy.com

 

 
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