Versione
stampabile
SENTENZA N.281
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt.
34, commi 1 e 2, e 35, comma 1, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione
e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche,
di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promossi con
ordinanze del 15 settembre 2001 dal Tribunale di Verona,
del 29 novembre 2001 dal Giudice istruttore del Tribunale
di Vicenza, sezione distaccata di Schio, dell'11 dicembre
2001 dalla Corte di cassazione, del 6 dicembre 2001 dal
Tribunale di Bologna, del 15 febbraio 2002 dal Tribunale
di Cassino, sezione distaccata di Sora, del 14 febbraio
2002 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Modena, sezione distaccata
di Sassuolo, del 1° marzo 2002 dal Tribunale di Parma,
sezione distaccata di Fidenza, del 27 febbraio 2002 dal
Tribunale di Melfi, del 22 aprile 2002 dalla Corte d'appello
di Genova, del 1° marzo 2002 dal Tribunale di Parma,
sezione distaccata di Fidenza, del 23 luglio 2001 dal Tribunale
di Bassano del Grappa, del 4 giugno 2002 dal Tribunale di
Forlì, sezione distaccata di Cesena, del 1° agosto
2002 dal Tribunale di Lanusei, del 21 ottobre e del 4 novembre
2002 dalla Corte di cassazione, rispettivamente iscritte
ai nn. 63, 79, 89, 97, 151, 175, 176, 216, 219, 310, 312,
341, 381, 520 e 584 del registro ordinanze 2002 e al n.
47 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 7, 10, 11, 15, 18, 20, 26,
33, 36 e 48, prima serie speciale, dell'anno 2002 e nn.
3 e 7, prima serie speciale, dell'anno 2003.
Visti l'atto di costituzione del Comune di Sassuolo nonché
gli atti di intervento della Federconsumatori di Bologna
e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice
relatore Romano Vaccarella.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza dell'11 dicembre 2001 (r.o. n. 89
del 2002) le sezioni unite della Corte di cassazione, in
sede di regolamento di giurisdizione proposto da Belfrontizio
s.p.a., in un giudizio volto ad ottenere, in via principale,
il risarcimento dei danni asseritamente patiti dalla società
a seguito di inadempimento del Comune di Acireale a convenzione
di lottizzazione e, in subordine, l'indennizzo per arricchimento
senza causa dell'ente convenuto, hanno sollevato, in riferimento
all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma
1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni
in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle
amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie
di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in
attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo
1997, n. 59), per eccesso rispetto alla delega conferita
dall'art. 11, comma 4, lettera g), della legge n. 59 del
1997, nella parte in cui, in materia di edilizia e di urbanistica,
non si limitano ad estendere alle controversie inerenti
a diritti patrimoniali consequenziali la giurisdizione di
legittimità o esclusiva già spettante al giudice
amministrativo, ma istituiscono una nuova figura di giurisdizione
esclusiva e piena con riferimento all'intero ambito delle
controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti
delle amministrazioni pubbliche.
1.1.– In punto di rilevanza, il giudice a quo, ricordato
preliminarmente che parte attrice aveva adito contemporaneamente
sia il Tribunale di Acireale che il TAR per la Sicilia,
assumendo di aver eseguito, da parte sua, le opere di urbanizzazione
alla cui realizzazione si era impegnata e di averle trasferite
al Comune, il quale, viceversa, non aveva rilasciato la
concessione edilizia relativa ad un certo lotto, per la
pretesa inefficacia del piano regolatore generale di zona,
precisa che la controversia, avendo ad oggetto il risarcimento
del danno per comportamento della pubblica amministrazione
nella fase di attuazione di un piano di lottizzazione –
che è strumento urbanistico di dettaglio, concernente
l'uso del territorio – va ricondotta all'art. 34 del
decreto legislativo n. 80 del 1998. Evidenzia quindi che
nella fattispecie non trovano applicazione né l'art.
11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che riserva
al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva,
le controversie «in materia di formazione, conclusione
ed esecuzione» degli accordi conclusi tra amministrazione
procedente e terzi, al fine di «determinare il contenuto
discrezionale del provvedimento finale», né
l'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. l0, che sancisce
la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con
riguardo ai provvedimenti di rilascio o di diniego della
concessione, ai contributi di urbanizzazione e alle sanzioni
amministrative: e ciò in quanto alla disposizione
censurata deve essere attribuita, in ragione della sua specificità
(di norma sulla giurisdizione) e della sua tendenziale onnicomprensività
(estensibile anche agli accordi conclusi in materia urbanistica),
efficacia derogatoria, ai fini che qui interessano, rispetto
a tutta la normativa anteriore.
1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza del dubbio
prospettato, la Corte, richiamata la propria, precedente
ordinanza del 9 marzo 2001, rileva che la ratio della legge
delega era di estendere la giurisdizione amministrativa
già esistente, nelle materie dell'edilizia, dell'urbanistica
e dei servizi pubblici, ai diritti patrimoniali consequenziali,
ivi compreso il risarcimento del danno, in modo da concentrare
davanti a un solo giudice e la fase di controllo di legittimità
dell'azione amministrativa, e quella della riparazione per
equivalente, così rendendo piena ed effettiva la
tutela del cittadino.
Non a caso – ricorda il collegio rimettente –
con riferimento alla materia dei servizi pubblici, l'art.
33 del decreto legislativo n. 80 del 1998 è già
stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega
(sentenza n. 292 del 2000). Per ragioni analoghe anche gli
artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma l, sembrano esorbitare
dall'ambito della delega: il combinato disposto delle norme
citate, infatti, istituisce una nuova ipotesi di giurisdizione
esclusiva e piena che abbraccia l'intero ambito delle controversie
aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti delle
amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia e cioè
un settore suscettivo di tendenziale, ulteriore estensione,
in ragione dell'amplissima definizione della materia urbanistica
(peraltro non compresa nella delega), posto che questa concerne
tutti gli aspetti dell'uso del territorio.
Né – argomenta ancora il Supremo Collegio –
sulla rilevanza della questione può influire l'entrata
in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205, che con l'art.
7 sostituisce l'art. 34 riproducendone il contenuto: la
nuova legge invero, in difetto di espressa previsione in
tal senso, non ha efficacia retroattiva ma si applica solo
ai giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in
vigore (salvi gli effetti convalidanti per i giudizi già
pendenti davanti al giudice amministrativo).
2.– La stessa questione di costituzionalità
è stata riproposta dalle sezioni unite con altre
due ordinanze, l'una del 21 ottobre e l'altra del 4 novembre
2002 (rispettivamente, r.o. n. 584 del 2002 e n. 47 del
2003), entrambe pronunciate in sede di regolamento preventivo
di giurisdizione. Essa è stata inoltre sollevata
dai Tribunali di Bologna (r.o. n. 97 del 2002), Cassino
(r.o. n. 151 del 2002), Modena (r.o. nn. 175 e 176 del 2002),
Parma (r.o. n. 216 del 2002) e Forlì (r.o. n. 381
del 2002), nonché, ma nei riguardi del solo art.
34, dai Tribunali di Verona (r.o. n. 63 del 2002), Vicenza
(r.o. n. 79 del 2002), Melfi (r.o. n. 219 del 2002), Lanusei
(r.o. n. 520 del 2002), Parma (r.o. n. 312 del 2002), Bassano
del Grappa (r.o. n. 341 del 2002) e dalla Corte d'appello
di Genova (r.o. n. 310 del 2002).
Le argomentazioni, in punto di rilevanza e di non manifesta
infondatezza, sostanzialmente ricalcano quelle del Supremo
Collegio innanzi esposte, salve le precisazioni che seguono.
2.1.– L'ordinanza delle sezioni unite del 21 ottobre
2002 (r.o. n. 584 del 2002) è intervenuta in relazione
al giudizio promosso innanzi al Tribunale di Firenze, con
atto di citazione notificato l'11 novembre 1998, da Sirio
Cecchi e Carlo Somigli, al fine di ottenere il ristoro dei
danni da essi subiti a seguito della perdita del diritto
dominicale su alcuni terreni, occupati in via d'urgenza
e irreversibilmente acquisiti per la realizzazione di un'opera
pubblica, da Ferrovie dello Stato s.p.a., quale proprietaria
dell'opera, e da C.I.R. s.r.l., quale capogruppo e mandataria
dell'associazione di imprese concessionaria dei lavori.
2.1.1.– In punto di rilevanza la Corte regolatrice
chiarisce che il convincimento in ordine all'applicabilità
dei commi 1 e 2 dell'art. 34 del decreto legislativo n.
80 del 1998, nella loro originaria formulazione, non è
scalfito dai rilievi formulati nelle ordinanze n. 123 del
2002 e n. 340 del 2002, con le quali questa Corte, in relazione
a giudizi instaurati dopo il 30 giugno 1998 e prima del
10 agosto 2000, ebbe a dichiarare inammissibili le relative
censure, per non essere stata vagliata l'opzione interpretativa
secondo cui l'art. 7 della legge n. 205 del 2000, sostituendo
il testo degli artt. 33, 34 e 35 del decreto legislativo
n. 80 del 1998, non solo avrebbe trasformato la natura delle
disposizioni, da legge in senso materiale a legge in senso
formale, così affrancandole dal vizio di eccesso
di delega, ma avrebbe anche disciplinato la giurisdizione,
per i giudizi innanzi indicati, apportando eccezioni al
principio sancito dall'art. 5 cod. proc. civ., attraverso
il mantenimento dell'art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80
del 1998, relativo alla devoluzione al giudice amministrativo
delle controversie di cui agli artt. 33 e 34, a partire
dal 1° luglio 1998. Richiamato l'iter argomentativo
già esplicitato nell'ordinanza n. 12198 del 5 luglio
2002, osservano le sezioni unite che la “sostituzione”
di una norma di regola esprime una vicenda innovativa con
effetti “ex nunc”, posto che essa non comporta
l'eliminazione o la modificazione ab origine della disposizione
sostituita – della quale viene anzi sottintesa la
perdurante validità fino al momento della sostituzione
– e che nessuna rilevanza può attribuirsi alla
sua appartenenza ad un testo normativo del quale non sia
modificata la data di entrata in vigore, trattandosi di
elemento logicamente conciliabile con l'intento di conservare
la disposizione sostituita fino al momento in cui la sostituzione
diventa operativa.
2.1.2.– In questo giudizio è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l'inammissibilità
per irrilevanza o l'infondatezza della questione proposta,
osservando come l'opzione interpretativa seguita dalla Suprema
Corte, e posta a fondamento del dubbio di costituzionalità
sollevato, non possa essere condivisa, dal momento che essa
si basa su criteri di ordine logico, sistematico e storico,
laddove l'esegesi delle norme censurate proposta dalla Corte
costituzionale con la declaratoria di inammissibilità
della questione, contenuta nell'ordinanza n. 123 del 2002,
si fonda sul dato letterale, prima regola ermeneutica applicabile
– ad esclusione delle altre, ove conduca a risultati
appaganti – a norma dell'art. 12 delle preleggi.
2.2.– L'ordinanza del 4 novembre 2002 (r.o. n. 47
del 2003) è stata pronunciata dalle sezioni unite
nel corso di un giudizio proposto innanzi al Tribunale di
Napoli da Maria Rosaria, Vittorio e Clara Leone che, con
atto di citazione notificato il 28 aprile 1999, hanno chiesto
la condanna del Comune di Portici al risarcimento dei danni
da essi subiti per essere stati, alcuni terreni di loro
proprietà, occupati dall'ente convenuto in via d'urgenza
ed irreversibilmente impiegati nella realizzazione di opere
stradali, in modo asseritamente illegittimo per l'invalidità
della dichiarazione di pubblica utilità e dei successivi
atti determinativi dell'indennità di esproprio nonché
della relativa accettazione in sede di cessione volontaria.
2.2.1.– Anche in questo giudizio è intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto
l'inammissibilità per irrilevanza ovvero l'infondatezza
della questione proposta sulla base delle medesime argomentazioni
svolte nel giudizio di cui all'ordinanza n. 584 del 2002
(sub 2.1.2.).
2.3.– Il Tribunale di Verona ha sollevato analoga
questione con ordinanza del 15 settembre 2001 (r.o. n. 63
del 2002), nel corso di un giudizio promosso da Idelma,
Anna Maria, Giovanna, Tiziana e Beniamino Boscaini nonché
da Marcellina Buzzi, con atto di citazione notificato il
25 novembre 1999, volto ad ottenere la condanna del Comune
di Sona alle restituzioni e/o al risarcimento dei danni
conseguenti all'occupazione e al mancato perfezionamento
della procedura espropriativa di un terreno di loro proprietà.
2.4.– Il Tribunale di Vicenza, sezione distaccata
di Schio, ha proposto analogo incidente di costituzionalità
con ordinanza del 23 novembre 2001 (r.o. n. 79 del 2002)
nel corso di un'azione di spoglio intentata, con ricorso
depositato il 18 giugno 1999, da Oreste Savegnago nei confronti
della Provincia di Vicenza, al fine di ottenere la reintegrazione
nel possesso di porzioni di terreno di sua proprietà
indebitamente occupate e assoggettate a procedura espropriativa
dall'ente convenuto, in quanto non comprese nello stato
di consistenza e nel relativo decreto di occupazione.
2.4.1.– In punto di rilevanza, osserva il giudice
a quo che la domanda possessoria, originata da un comportamento
materiale, esplicato in assoluta carenza di potere e lesivo
dei diritti soggettivi del ricorrente, deve considerarsi
disciplinata dall'art. 34 del decreto legislativo n. 80
del 1998, atteso che la nuova giurisdizione esclusiva riguarda
«gli atti, i provvedimenti e i comportamenti in materia
urbanistica ed edilizia», e che nella materia urbanistica
rientrano tutti gli aspetti dell'uso del territorio, come
ripetutamente affermato dal Supremo Collegio.
2.5.– L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Bologna
del 6 dicembre 2001 (r.o. n. 97 del 2002) è intervenuta
nel corso di un procedimento di reclamo ex art. 669-terdecies
cod. proc. civ..
La domanda cautelare, proposta con ricorso depositato il
28 febbraio 2000, era volta ad ottenere, a tutela del diritto
alla salute dei cittadini, la condanna in via d'urgenza
dell'amministrazione comunale all'adozione di misure di
disciplina del traffico sul territorio comunale, rispettose
delle prescrizioni contenute nel d.m. 21 aprile 1999, n.
163 e nella legge 26 ottobre 1995, n. 447.
2.5.1.– In punto di rilevanza, osserva il rimettente
che l'applicabilità dell'art. 34 alla controversia
sottoposta al suo esame deriva dall'ampiezza della nozione
di materia urbanistica, nella quale, secondo i consolidati
orientamenti del Supremo Collegio, sono ricompresi tutti
gli usi del territorio, nessuno escluso, e quindi «da
un lato, la disciplina normativa e/o pianificatoria proveniente
dalla P.A.; dall'altro, aspetti di utilizzazione concreta
del territorio da parte della P.A.».
2.5.2.– In questo giudizio è intervenuta la
Federconsumatori di Bologna – associazione provinciale
autonoma e democratica di consumatori e utenti – che
ha sostenuto l'inammissibilità della sollevata questione.
Dedotto che il petitum dell'azione cautelare proposta è
il c.d. bene della vita, mentre la causa petendi è
il mancato rispetto, da parte dell'amministrazione comunale,
dei limiti previsti dalla legislazione nazionale e comunitaria
in materia di inquinamento atmosferico, sostiene l'interveniente
che competente a conoscerne è il giudice ordinario,
in quanto giudice “naturale” in materia di tutela
del diritto alla salute e all'ambiente salubre e integro,
laddove nessuna attinenza ha l'incoato giudizio con la materia
del traffico e conseguentemente con l'uso del territorio.
Afferma poi che in ogni caso, essendo stato depositato il
ricorso il 28 febbraio 2000, e quindi in epoca anteriore
all'entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, dovrebbe
farsi applicazione, ove fosse vero l'assunto del rimettente,
degli artt. 33 e 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998.
Tali norme sono tuttavia venute meno, la prima, perché
dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di
delega, e, la seconda, per il principio dell'invalidità
consequenziale.
2.6.– Il Tribunale di Cassino, sezione distaccata
di Sora, ha sollevato la questione di costituzionalità
con ordinanza del 15 febbraio 2002 (r.o. n. 151 del 2002),
pronunciata nel corso di una causa civile iniziata, il 1°
febbraio 2000, da Lamesi Giovanni contro l'amministrazione
provinciale di Frosinone, al fine di ottenere la dichiarazione
di illegittimità dell'occupazione nonché il
risarcimento dei danni conseguenti all'irreversibile trasformazione
di un fondo di proprietà dell'attore, destinato dall'ente
convenuto alla realizzazione di un ponte e di una variante
alla strada provinciale.
2.7.– Il Tribunale di Modena, sezione distaccata di
Sassuolo, in sede di decisione di due distinti processi
civili di primo grado, aventi ad oggetto la richiesta di
risarcimento dei danni conseguiti al perfezionamento di
altrettante fattispecie di accessione invertita di terreni,
ha formulato il dubbio di legittimità costituzionale
degli artt. 34 e 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998
con due ordinanze, depositate entrambe il 14 febbraio 2002
(r.o. n. 175 e n. 176 del 2002).
In punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che vari
privati, con separati atti di citazione in data 21 febbraio
2000, avevano convenuto in giudizio il Comune di Sassuolo
e le società UNI.CA.PRO s.c.r.l., A.B.I.T. COOP s.c.r.l.,
C.M.E. s.r.l., Cooperativa Edilizia Case Popolari s.c.r.l.,
Società di Costruzioni s.c.r.l. nonché l'I.A.C.P.
– Istituto Autonomo Case Popolari – della Provincia
di Modena, al fine di sentirli condannare al risarcimento
del danno derivato dall'accessione invertita maturata a
seguito della illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione
di un terreno nell'ambito di un piano per l'edilizia residenziale
pubblica (comparto PEEP), in relazione al quale il Comune
di Sassuolo aveva ceduto il diritto di superficie ai convenuti.
Questi, costituitisi in giudizio, avevano tra le altre cose
eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione del
giudice adito, in ordine al quale il Tribunale ha sollevato
le questioni innanzi alla Corte costituzionale.
2.7.1.– Si è costituito, fuori termine in entrambi
i giudizi, il Comune di Sassuolo il quale ha concluso affinché
sia dichiarata l'irrilevanza e, in subordine, l'infondatezza
del dubbio di costituzionalità prospettato dal Tribunale
di Modena.
A tale fine, ha sostenuto che la rilevanza della questione
de qua sarebbe venuta meno per effetto della entrata in
vigore della legge n. 205 del 2000 che ha riprodotto, sostituendoli
nell'immutato contesto normativo del 1998, gli articoli
denunciati, con l'intento riconoscibile di non innovare
le disposizioni ivi contenute, ma piuttosto di riconfermarne
la validità, come si evince dall'utilizzo del termine
“sostituisce”; sarebbe stata così attribuita
all'art. 34 «una doppia legittimazione, sostanziale
e formale, sotto il profilo della fonte normativa».
In ogni caso, poi, la modifica in parola avrebbe lasciato
integro il dettato dell'art. 45, comma 18, del decreto legislativo
n. 80 del 1998 (rimasto immutato anche dopo la sentenza
n. 292 del 2000 di questa Corte), a tenore del quale «le
controversie di cui agli articoli 33 e 34 del presente decreto
sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1°
luglio 1998. Resta ferma la giurisdizione prevista dalle
norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla
data del 30 giugno 1998»: ciò che dovrebbe
indurre, ad opinione del comparente, a ritenere l'efficacia
retroattiva ed in parte sanante della legge n. 205 del 2000,
secondo l'assioma per cui «la volontà di novare
la fonte normativa di un precetto già pienamente
efficace nell'ordinamento interno, ancorché sospettato
di illegittimità costituzionale, potrebbe essere
interpretata come precisa scelta di estendere l'efficacia
della norma a tutte le ipotesi già contemplate nel
vecchio e mai modificato art. 45, comma 18, del decreto
legislativo n. 80 del 1998».
Una diversa interpretazione dell'efficacia nel tempo delle
norme sopravvenute sarebbe, dunque, secondo l'Ente, contraria
al legittimo affidamento delle parti nello svolgimento del
giudizio secondo le regole vigenti all'epoca del compimento
degli atti processuali, alla stregua delle argomentazioni
svolte dal giudice delle leggi nella sentenza n. 525 del
2000.
2.8.– L'ordinanza di rimessione del 1° marzo 2002
del Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza (r.o.
n. 216 del 2002), è intervenuta nel corso di un processo
civile di primo grado, avente ad oggetto la condanna del
Comune di Salsomaggiore Terme ad adempiere all'obbligo,
assunto con convenzione ex art. 35 della legge 22 ottobre
1971, n. 865, di realizzare una strada di accesso ad un
condominio sito nel territorio comunale. In punto di fatto,
il giudice a quo riferisce che un privato avente causa dall'Impresa
Edile Ferrari Renato – concessionaria del diritto
di superficie su un lotto di terreno sito nel Comune di
Salsomaggiore Terme – aveva evocato in giudizio, con
atto di citazione notificato l'11 agosto 1999, il predetto
Comune al fine di sentirlo condannare: 1) ex art. 1453 cod.
civ., all'adempimento dell'obbligo di realizzare una strada
d'accesso alla via pubblica del fabbricato ad uso civile
abitazione, frattanto realizzato sul terreno, per il quale
l'ente territoriale aveva concesso diritto di superficie
ad aedificandum alla Impresa Edile Ferrari Renato, con convenzione
stipulata, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del
1971, per atto pubblico del 3 marzo 1982; 2) al risarcimento
dei danni derivati e derivandi all'attore a causa dell'inadempimento
o a causa dell'eventuale, accertata impossibilità
definitiva di adempiere agli obblighi sanciti nella richiamata
convenzione.
Ha anche precisato il rimettente che l'ente convenuto, costituitosi
in giudizio, aveva pregiudizialmente eccepito il difetto
di giurisdizione del giudice ordinario e, subordinatamente,
il difetto di legittimazione attiva e l'infondatezza nel
merito della pretesa.
2.9.– L'ordinanza di rimessione del 27 febbraio 2002
del Tribunale di Melfi (r.o. n. 219 del 2002) è stata
pronunciata nel corso di un processo civile avviato con
atto di citazione, notificato il 28 dicembre 1998, per la
condanna del Comune di Rionero in Vulture al risarcimento
del danno conseguente all'avvenuta occupazione illegittima
e successiva accessione invertita di un terreno.
2.10.– L'ordinanza di rimessione del 22 aprile 2002
della Corte d'appello di Genova (r.o. n. 310 del 2002) è
stata emessa in sede di decisione di un processo civile
di appello intrapreso dal Comune di Genova nei confronti
delle cooperative edilizie a responsabilità limitata
Shelley, Iris III e Solar che lo avevano citato in giudizio
in primo grado per farsi risarcire il danno loro asseritamente
cagionato dall'inerzia dell'amministrazione nell'approvazione
del progetto di piano particolareggiato del Rio Penego,
da esse presentato nel luglio 1995 e poi diventato giuridicamente
impossibile a seguito di variazione ed approvazione del
piano regolatore generale, con conseguente vanificazione
delle potenzialità edificatorie dei suoli.
Il rimettente riferisce che il giudice di primo grado aveva
espressamente affermato la propria giurisdizione, ritenendo
che l'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, ratione temporis
applicabile nella sua formulazione originaria al caso dedotto
in giudizio, facesse riferimento, per delineare la giurisdizione
amministrativa esclusiva in materia di edilizia e urbanistica,
ai soli comportamenti della pubblica amministrazione normativamente
rilevanti sotto il profilo della idoneità a dar luogo
ad un atto tacito (silenzio assenso o rifiuto), con esclusione
quindi di ogni altro comportamento non tipizzato, come quello,
consistito in un'omissione valutabile ai sensi dell'art.
2043 cod. civ., realizzatosi nella fattispecie.
Non condividendo tale ricostruzione, priva, a suo dire,
di qualsivoglia «aggancio interpretativo», il
giudice a quo considera la questione rilevante per le ricadute
che essa avrebbe sulla regolamentazione del riparto di giurisdizione,
con riguardo alla causa da decidere.
2.11.– L'ordinanza di rimessione del 1° marzo
2002 del Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza
(r.o. n. 312 del 2002), è stata pronunciata nel corso
di un giudizio civile promosso da Pincolini & C. s.r.l.
nei confronti del Comune di Fidenza e di Renato Ferrari,
con atto di citazione notificato, rispettivamente, il 27
e il 30 giugno 2000, al fine di ottenere la condanna del
primo al pagamento del corrispettivo dovuto per opere di
urbanizzazione eseguite, su diretta richiesta dell'ente
medesimo (e sulla base di un contratto di appalto stipulato
con Renato Ferrari, originariamente obbligato alla loro
esecuzione), in eccedenza rispetto a quelle previste nel
piano particolareggiato di iniziativa privata, costituente
strumento urbanistico di dettaglio dell'uso del territorio.
2.12.– L'ordinanza di rimessione del 23 luglio 2001
del Tribunale di Bassano del Grappa (r.o. n. 341 del 2002)
è stata emessa in sede di decisione di un processo
civile di primo grado, intrapreso da Bassa Giuseppe, Polon
Luigino, Buratto Giovanni, Golfetto Guido e Comparin Giorgio
nei confronti del Comune di Gallio e della società
La Malga Due s.a.s., con atto di citazione notificato il
15 e 16 settembre 1999.
In punto di fatto, il rimettente riferisce che gli attori,
proprietari di appartamenti compresi in complessi edilizi
condominiali, ubicati in un'area del Comune di Gallio oggetto
di piano di lottizzazione e di relativa convenzione di lottizzazione
intercorsa tra l'ente territoriale e la s.p.a. La Malga,
avevano convenuto in giudizio, a seguito del fallimento
di quest'ultima e della cessione con decreto del giudice
delegato delle quote dei terreni comuni, compresi nell'area
lottizzata, alla s.a.s. La Malga Due, sia il Comune che
la cessionaria per sentir dichiarare la nullità –
e comunque l'inefficacia nei loro confronti – della
nuova convenzione stipulata dalla società La Malga
Due con il Comune (comprendente sostanziali modificazioni
dell'originario assetto dell'area previsto dallo strumento
urbanistico esecutivo) e per sentire inoltre accertare l'insussistenza
di qualsivoglia diritto della società La Malga Due
a realizzare sull'area comune nuove costruzioni, con la
condanna della stessa alla riduzione in pristino dei luoghi.
Il giudice a quo riferisce che il Comune di Gallio si era
difeso eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva
ed invocando una declaratoria di inammissibilità
della domanda siccome proposta nei confronti della pubblica
amministrazione per estinguere un rapporto instaurato dalla
stessa nell'esercizio dei suoi poteri autoritativi in materia
urbanistica, mentre la s.a.s. La Malga Due aveva eccepito
pregiudizialmente la carenza di giurisdizione in capo al
giudice adito, stante il disposto dell'art. 34 del d.lgs.
n. 80 del 1998.
In punto di rilevanza, il Tribunale rimettente osserva che
gli attori fanno valere pretese «le quali, inevitabilmente,
interferiscono nelle scelte di pianificazione edilizia compiute
dall'ente territoriale nell'esercizio dei suoi poteri in
materia», posto che esplicitamente il Comune di Gallio
ha rivelato di considerare tuttora vigente lo strumento
urbanistico esecutivo, al punto da qualificare la seconda
convenzione come integrazione di quella originaria e «così,
manifestamente, mostrando di avvalersi del potere previsto
dall'art. 28, comma quinto, della legge n. 1150 del 1942
(come sostituito dall'art. 8 della legge n. 765 del 1967)».
2.13.– L'ordinanza di rimessione del 4 giugno 2002
del Tribunale di Forlì, sezione distaccata di Cesena
(r.o. n. 381 del 2002), è stata pronunciata nel corso
di un procedimento cautelare, proposto con ricorso depositato
il giorno 8 marzo 2002.
In punto di rilevanza osserva il giudice a quo che la controversia
ha ad oggetto atti e comportamenti della pubblica amministrazione
in materia urbanistica, «trattandosi di demolire un
capannone abusivo, in forza di pregressi provvedimenti amministrativi,
ritenuti definitivi». Di modo che essa non può
essere decisa indipendentemente dalla risoluzione della
sollevata questione di costituzionalità.
2.14.– L'ordinanza di rimessione del l° agosto
2002 del Tribunale di Lanusei (r.o. n. 520 del 2002) è
stata pronunciata nel corso di un processo civile di primo
grado, intrapreso da Mario e Attilio Lai nonché da
Maria Antonietta, Sebastiano, Giovanni e Pietro Alberto
Maccioni nei confronti del Comune di Tortolì, con
atto di citazione notificato il 20 dicembre 1999, al fine
di ottenere il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva
di un terreno, di proprietà degli attori, irreversibilmente
trasformato e destinato dal convenuto ad opera pubblica.
2.14.1.– In questo giudizio è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l'inammissibilità
della questione proposta per insufficiente motivazione sulla
rilevanza, non avendo il rimettente adeguatamente motivato
in ordine alla irretroattività dell'art. 7 della
legge n. 205 del 2000.
Considerato in diritto
1.– I giudizi, ponendo questioni sostanzialmente identiche
relativamente alle stesse norme, devono essere riuniti.
2.– Le questioni poste dalle ordinanze n. 89 del 2002,
n. 97 del 2002, e n. 381 del 2002 sono inammissibili: la
prima perché, avendo la Corte rimettente precisato
che la controversia sottopostale spetterebbe comunque alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ex art.
11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241 ovvero ex
art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10), è palese
l'irrilevanza della questione nel giudizio a quo; la seconda
per l'evidente, e perciò stesso assorbente, improponibilità
della domanda in relazione alla quale si porrebbe la questione
di giurisdizione; la terza perché il giudizio a quo
è stato proposto (8 marzo 2002) nella vigenza dell'art.
34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art.
7, lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205.
3.– Le ordinanze di rimessione pongono, relativamente
all'art. 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80
del 1998, questioni sostanzialmente identiche a quelle che
questa Corte ha già esaminato con riguardo all'art.
33 del medesimo decreto legislativo: entrambe le norme,
infatti, rinvengono la loro fonte nella delega conferita
dall'art. 11, comma 4, lettera g), della legge 15 marzo
1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni
e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa),
affinché il Governo, contestualmente alla devoluzione
al giudice ordinario delle controversie sulla gran parte
dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni,
prevedesse «la estensione della giurisdizione del
giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto
diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle
relative al risarcimento del danno, in materia edilizia,
urbanistica e di servizi pubblici».
3.1.– L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità
delle questioni in quanto – come questa Corte aveva
suggerito di considerare con le ordinanze n. 123 e n. 340
del 2002 – anche le controversie proposte anteriormente
al 10 agosto 2000 – data di entrata in vigore della
legge n. 205 del 2000 – dovevano ritenersi governate
dall'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito
dall'art. 7, lettera b), della legge n. 205 del 2000, dal
momento che la conservazione dell'art. 45, comma 18, del
d.lgs. n. 80 del 1998 – in forza del quale erano devolute
al giudice amministrativo le controversie di cui agli artt.
33 e 34 proposte a partire dal 1° luglio 1998 –
sancirebbe una deroga al principio di cui all'art. 5 cod.
proc. civ.; sicché ex tunc la disciplina della giurisdizione
si fonderebbe non più su una legge (solo) in senso
materiale ma anche su una legge in senso formale.
L'eccezione non può essere accolta, in quanto i giudici
rimettenti hanno ampiamente, e non implausibilmente, esposto
le ragioni per le quali ritengono di non condividere l'opzione
interpretativa la cui valutazione era stata suggerita da
questa Corte; e ciò è sufficiente (cfr. sentenza
n. 470 del 2002) perché le questioni poste dai rimettenti
debbano essere esaminate nel merito.
3.2.– In relazione al principio fissato nell'art.
11, comma 4, lettera g), della legge delega n. 59 del 1997,
questa Corte ha osservato nella sentenza n. 292 del 2000
– e non può qui che ribadire – come dai
lavori parlamentari emerga chiaramente che «in primo
luogo il legislatore delegante intendeva rendere piena ed
effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo
– nell'esercizio della giurisdizione, sia di legittimità
che esclusiva, di cui era già titolare in materia
di edilizia, urbanistica e servizi pubblici – non
solo la fase del controllo di legittimità dell'azione
amministrativa, ma anche (ove configurabile) quella della
riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno,
evitando per esso la necessità di instaurare un successivo
e separato giudizio innanzi al giudice ordinario. In secondo
luogo la delega intendeva perseguire tale risultato senza
ampliare nelle suddette tre materie l'ambito delle esistenti
giurisdizioni esclusive. Per due volte infatti fu formulata
la proposta di delegare il Governo a trasferire le tre materie
in questione alla giurisdizione amministrativa esclusiva,
ed entrambe le volte essa non ebbe seguito, onde fu approvato
definitivamente un testo che di giurisdizione esclusiva
non parla».
Ne discende, così come si è statuito in ordine
all'art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, che anche riguardo
alla materia edilizia ed urbanistica il legislatore delegante
ha affidato al Governo non già il compito di ampliare
l'ambito della giurisdizione esclusiva, bensì quello
di estendere «la giurisdizione amministrativa esistente,
tanto di legittimità che esclusiva»; sicché
soltanto «i diritti patrimoniali consequenziali, in
essi compreso il risarcimento del danno, erano l'oggetto
(normativamente individuato) di tale estensione» (sentenza
n. 292 del 2000).
Di qui l'illegittimità costituzionale dell'art. 34,
commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998 nella
parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, ha devoluto
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
tutta la materia dell'edilizia e dell'urbanistica, e non
si è limitato ad estendere la giurisdizione amministrativa
– nei limiti in cui essa, in base alla disciplina
vigente, già conosceva di quella materia, sia a titolo
di legittimità che in via esclusiva – alle
controversie concernenti i diritti patrimoniali consequenziali,
ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno.
3.3.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell'art. 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 80 del 1998 comporta
la necessità di interpretare l'art. 35 – censurato
in alcune ordinanze in connessione con l'art. 34 –
nel senso che il potere di riconoscere i diritti patrimoniali
consequenziali, ivi incluso il risarcimento del danno, è
limitato alle sole ipotesi in cui il giudice amministrativo
era già munito di giurisdizione, tanto di legittimità
quanto esclusiva.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
34, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e
di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di
giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione dell'art. 11, comma
4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte in cui
istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi
ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice
amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti
patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative
al risarcimento del danno;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 34, commi 1 e 2, e 35, comma 1,
del medesimo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, sollevate,
in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione,
dalla Corte di cassazione a sezioni unite civili, dal Tribunale
di Bologna e dal Tribunale di Forlì con le ordinanze
n. 89, n. 97 e n. 381 del 2002.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2004.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
La redazione di megghy.com
|