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La riforma delle pensioni e i tempi del Capitale Umano
Prof. Sergio Sabetta
(Consulente di direzione)
E’ in corso da molti mesi un dibattito acceso, che
in alcune occasioni ha portato anche allo scontro sociale,
sul tema della riforma pensionistica. Non è qui il
caso di soffermarsi sugli aspetti finanziari già
ampiamente sviluppati e illustrati nel corso del dibattito
sui vari mezzi di comunicazione, né si contesta l’ineluttabilità
di una riforma necessaria alle esauste casse dello Stato
e più volte sollecitata anche in ambito internazionale.
Qui si vuole solo portare a delle rapide riflessioni sulle
implicazioni che una tale riforma potrebbe avere sulla produttività
del capitale umano.
Attualmente la riforma Dini con la legge n. 355/95 prevede
la possibilità della maturazione del diritto alla
pensione anticipata a partire da 57 anni a fronte di una
penalizzazione sull’ammontare del trattamento, oltre
alla creazione, per ora allo stato iniziale, degli ulteriori
due pilastri dati dai fondi pensione e dalla previdenza
individuale. S’introduce inoltre un meccanismo graduale
di passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo
con prestazioni d’importo più modesto.
Secondo la proposta Maroni* dal 2008 l’età
pensionabile sarà portata a 60 anni più 35
di contributi, mentre dal 2010 l’età salirà
a 61 e dopo una verifica fissata per il 2013 la soglia passerà
a 62 anni. Vengono inoltre introdotti incentri per chi opterà
per la permanenza in servizio, anche nella forma di un lavoro
part-time.
A fronte di proposte di ammorbidimento dello scalino del
2008, con un innalzamento graduale dell’età
del pensionamento, mantenendo comunque la possibilità
di andare in pensione di anzianità, anche se con
alcune penalizzazioni, vi sono altre proposte inserite nel
D.D.L. di conversione del D.L. n. 136/2004 “ Disposizioni
per la funzionalità della pubblica amministrazione”
di prevedere per i dipendenti della P.A., ad esclusione
degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia
nonché al personale delle forze armate, delle forze
di polizia e del corpo dei vigili del fuoco, di chiedere
il trattenimento in sevizio fino al compimento del 70°
anno di età salvo parere favorevole dell’ Amministrazione,
per non parlare dei casi in cui si è inteso estendere
l’età lavorativa fino al limite dei 75 anni
(riforma Castelli).
Da quanto fin qui detto emerge la necessità di considerare
la permanenza lavorativa non solo da un punto strettamente
finanziario ma anche da quello produttivo.
E’ evidente che il capitale umano, come qualsiasi
altro fattore produttivo, ha una curva di rendimento più
o meno estesa e non del tutto prevedibile, essendo l’uomo
di natura biologica e non meccanica con i pro e i contro
che ciò comporta.
Se si osserva la Curva di Laffer, ideata ai fini fiscali
ma adattabile al capitale umano, si può notare che
vi è un aumento della capacità lavorativa
e quindi della redditività fino a un certo numero
di anni a cui segue un decremento che potrà essere
più o meno rapido. Laffer ha disegnato una parabola
perfetta che è stata contestata relativamente alla
traiettoria, ma la discussione sulla forma non mette in
dubbio l’esistenza di tale curva con un inizio che
per il nostro caso è dato dall’entrata nel
ciclo produttivo e la fine che può farsi coincidere
teoricamente con la morte del lavoratore. (Piergiorgio Odifreddi,
Due belle curve “Il matematico impertinente”,
in Le Scienze – luglio 2004)
Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sul secondo arco
della curva cercando le possibili cause che possano ritardare
o aumentare la velocità della stessa, oltre la normale
decadenza psico-fisica che varia da ogni essere umano ma
incide profondamente sulle capacità produttive e
di cui sembra non tenersi soverchio conto nel dibattito
in corso.
Se noi tendiamo semplicemente a bloccare le pensioni per
fini finanziari senza considerare la scala dei valori di
Maslow, possiamo innescare pericolose reazioni di dispersione
del capitale umano, che può portare a comportamenti
lesivi sulla struttura organizzativa percepita quale prigione
e blocco alla crescita della propria personalità.
In altre parole si innescano comportamenti aggressivi, passivi
o cinici non soddisfacentemente controllabili con condotte
repressive, specie in presenza di lavoro non ripetitivo
ed intellettuale, viene a mancare l’elemento della
cooperazione con un gioco a “somma zero” in
cui il guadagno di alcuni giocatori è esattamente
a danna di altri. (Costa G., Mori P.A. – Introduzione
alla teoria dei giochi – Mulino 1994)
Il valore del capitale umano può quindi diminuire
o per decadenza fisica o per motivi psicologici, in entrambi
i casi si ha distruzione di ricchezza diretta attraverso
i costi strutturali ed indiretta con l’inefficienza
della struttura. Interessante al riguardo è l’esperimento
di Schroder da cui è emerso chiaramente che un alto
indice di impegno e coinvolgimento dei dipendenti comporta
un raggiungimento di performance superiori al resto del
campione (Vergnano F., Quando il capitale umano crea valore,
Il Sole 24 Ore – 12/7/2004 – pag. 22), al contrario
nell’ultimo rapporto Eurydice emergono chiaramente
le problematiche derivanti da una scarsa motivazione professionale
e dalla conseguente volontà di allontanarsi dall’ambiente
lavorativo con le relative strategie messe in atto ( Tripodi
A., Prof. europei in crisi d’identità, Il Sole
24 Ore – 3/7/2004 – pag. 22).
Dovremmo, quindi, nell’allungare la vita lavorativa
evitare di puntare esclusivamente ad aspetti finanziari
anche se urgenti a scapito della qualità del capitale
umano, come di usare tali problematiche per trasformare
gli uffici in parcheggi umani.
*NdR - Definitivamente approvata il 29.07.2004 e sotto riportata
__________________________
Ddl Camera 2145-B - Norme in materia pensionistica e deleghe
al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il
sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione
stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza
obbligatoria
Definitivamente approvato il 29.07.2004
Articolo 1.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
uno o più decreti legislativi contenenti norme intese
a:
a) liberalizzare l’età pensionabile;
b) eliminare progressivamente il divieto di cumulo tra
pensioni e redditi da lavoro;
c) sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche
complementari;
d) rivedere il principio della totalizzazione dei periodi
assicurativi estendendone l’operatività anche
alle ipotesi in cui si raggiungano i requisiti minimi per
il diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono
accreditati i contributi.
2. Il Governo, nell’esercizio della delega di cui
al comma 1, fatte salve le competenze delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano,
previste dai relativi statuti, dalle norme di attuazione
e dal titolo V della parte II della Costituzione, si atterrà
ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) individuare le forme di tutela atte a garantire la correttezza
dei dati contributivi e previdenziali concernenti il personale
dipendente dalle pubbliche amministrazioni;
b) liberalizzare l’età pensionabile, prevedendo
il preventivo accordo del datore di lavoro per il proseguimento
dell’attività lavorativa qualora il lavoratore
abbia conseguito i requisiti per la pensione di vecchiaia,
con l’applicazione degli incentivi di cui ai commi
da 12 a 17 e fatte salve le disposizioni di legge vigenti
in materia di pensionamento di vecchiaia per le lavoratrici,
e facendo comunque salva la facoltà per il lavoratore,
il cui trattamento pensionistico sia liquidato esclusivamente
secondo il sistema contributivo, di proseguire in modo automatico
la propria attività lavorativa fino all’età
di sessantacinque anni;
c) ampliare progressivamente la possibilità di totale
cumulabilità tra pensione di anzianità e redditi
da lavoro dipendente e autonomo, in funzione dell’anzianità
contributiva e dell’età;
d) adottare misure volte a consentire la progressiva anticipazione
della facoltà di richiedere la liquidazione del supplemento
di pensione fino a due anni dalla data di decorrenza della
pensione o del precedente supplemento;
e) adottare misure finalizzate ad incrementare l’entità
dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari,
collettive e individuali, con contestuale incentivazione
di nuova occupazione con carattere di stabilità,
prevedendo a tale fine:
1) il conferimento, salva diversa esplicita volontà
espressa dal lavoratore, del trattamento di fine rapporto
maturando alle forme pensionistiche complementari di cui
al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, garantendo
che il lavoratore stesso abbia una adeguata informazione
sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato,
i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare
per i quali è ammessa l’adesione, nonché
sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche
a cui conferire il trattamento di fine rapporto, previa
omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza
e tutela, e anche in deroga alle disposizioni legislative
che già prevedono l’accantonamento del trattamento
di fine rapporto e altri accantonamenti previdenziali presso
gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n.
509, per titoli diversi dalla previdenza complementare di
cui al citato decreto legislativo n. 124 del 1993;
2) l’individuazione di modalità tacite di
conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi istituiti
o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche
o a partecipazione pubblica all’uopo istituite, oppure
in base ai contratti e accordi collettivi di cui alla lettera
a) del comma 1 dell’articolo 3 e al comma 2 dell’articolo
9 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive
modificazioni, nonché ai fondi istituiti in base
alle lettere c) e c-bis) dell’articolo 3, comma 1,
del medesimo decreto legislativo, nel caso in cui il lavoratore
non esprima la volontà di non aderire ad alcuna forma
pensionistica complementare e non abbia esercitato la facoltà
di scelta in favore di una delle forme medesime entro il
termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del
relativo decreto legislativo, emanato ai sensi del comma
1 e del presente comma, ovvero entro sei mesi dall’assunzione;
3) la possibilità che, qualora il lavoratore abbia
diritto ad un contributo del datore di lavoro da destinare
alla previdenza complementare, detto contributo affluisca
alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso
o alla quale egli intenda trasferirsi ovvero alla quale
il contributo debba essere conferito ai sensi del numero
2);
4) l’eliminazione degli ostacoli che si frappongono
alla libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno
del sistema della previdenza complementare, definendo regole
comuni, in ordine in particolare alla comparabilità
dei costi, alla trasparenza e portabilità, al fine
di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari;
la rimozione dei vincoli posti dall’articolo 9, comma
2, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive
modificazioni, al fine della equiparazione tra forme pensionistiche;
l’attuazione di quanto necessario al fine di favorire
le adesioni in forma collettiva ai fondi pensione aperti,
nonché il riconoscimento al lavoratore dipendente
che si trasferisca volontariamente da una forma pensionistica
all’altra del diritto al trasferimento del contributo
del datore di lavoro in precedenza goduto, oltre alle quote
del trattamento di fine rapporto;
5) che la contribuzione volontaria alle forme pensionistiche
possa proseguire anche oltre i cinque anni dal raggiungimento
del limite dell’età pensionabile;
6) il ricorso a persone particolarmente qualificate e indipendenti
per il conferimento dell’incarico di responsabile
dei fondi pensione nonché l’incentivazione
dell’attività di eventuali organismi di sorveglianza
previsti nell’ambito delle adesioni collettive ai
fondi pensione aperti, anche ai sensi dell’articolo
5, comma 3, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;
7) la costituzione, presso enti di previdenza obbligatoria,
di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale
le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti
devolute;
8) l’attribuzione ai fondi pensione della contitolarità
con i propri iscritti del diritto alla contribuzione, compreso
il trattamento di fine rapporto cui è tenuto il datore
di lavoro, e la legittimazione dei fondi stessi, rafforzando
le modalità di riscossione anche coattiva, a rappresentare
i propri iscritti nelle controversie aventi ad oggetto i
contributi omessi nonché l’eventuale danno
derivante dal mancato conseguimento dei relativi rendimenti;
9) la subordinazione del conferimento del trattamento di
fine rapporto, di cui ai numeri 1) e 2), all’assenza
di oneri per le imprese, attraverso l’individuazione
delle necessarie compensazioni in termini di facilità
di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie
imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e
di eliminazione del contributo relativo al finanziamento
del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto;
10) che i fondi pensione possano dotarsi di linee d’investimento
tali da garantire rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione
del trattamento di fine rapporto;
11) l’assoggettamento delle prestazioni di previdenza
complementare a vincoli in tema di cedibilità, sequestrabilità
e pignorabilità analoghi a quelli previsti per la
previdenza di base;
f) prevedere che i trattamenti pensionistici corrisposti
da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria debbano
essere erogati con calcolo definitivo dell’importo
al massimo entro un anno dall’inizio dell’erogazione;
g) prevedere l’elevazione fino ad un punto percentuale
del limite massimo di esclusione dall’imponibile contributivo
delle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali
o di secondo livello;
h) perfezionare l’unitarietà e l’omogeneità
del sistema di vigilanza sull’intero settore della
previdenza complementare, con riferimento a tutte le forme
pensionistiche collettive e individuali previste dall’ordinamento,
e semplificare le procedure amministrative tramite:
1) l’esercizio da parte del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali dell’attività di
alta vigilanza mediante l’adozione, di concerto con
il Ministero dell’economia e delle finanze, di direttive
generali in materia;
2) l’attribuzione alla Commissione di vigilanza sui
fondi pensione, ferme restando le competenze attualmente
ad essa attribuite, del compito di impartire disposizioni
volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali
fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali,
ivi comprese quelle di cui all’articolo 9-ter del
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e di disciplinare
e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico
di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente
con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio,
al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti
destinatari;
3) la semplificazione delle procedure di autorizzazione
all’esercizio, di riconoscimento della personalità
giuridica dei fondi pensione e di approvazione degli statuti
e dei regolamenti dei fondi e delle convenzioni per la gestione
delle risorse, prevedendo anche la possibilità di
utilizzare strumenti quale il silenzio assenso e di escludere
l’applicazione di procedure di approvazione preventiva
per modifiche conseguenti a sopravvenute disposizioni di
legge o regolamentari;
i) ridefinire la disciplina fiscale della previdenza complementare
introdotta dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n.
47, in modo da ampliare, anche con riferimento ai lavoratori
dipendenti e ai soggetti titolari delle piccole e medie
imprese, la deducibilità fiscale della contribuzione
alle forme pensionistiche complementari, collettive e individuali,
tramite la fissazione di limiti in valore assoluto ed in
valore percentuale del reddito imponibile e l’applicazione
di quello più favorevole all’interessato, anche
con la previsione di meccanismi di rivalutazione e di salvaguardia
dei livelli contributivi dei fondi preesistenti; superare
il condizionamento fiscale nell’esercizio della facoltà
di cui all’articolo 7, comma 6, lettera a), del decreto
legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni;
rivedere la tassazione dei rendimenti delle attività
delle forme pensionistiche rendendone più favorevole
il trattamento in ragione della finalità pensionistica;
individuare il soggetto tenuto ad applicare la ritenuta
sulle prestazioni pensionistiche corrisposte in forma di
rendita in quello che eroga le prestazioni;
l) prevedere che tutte le forme pensionistiche complementari
siano tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, in modo
sintetico, nelle comunicazioni inviate all’iscritto,
se ed in quale misura siano presi in considerazione aspetti
sociali, etici ed ambientali nella gestione delle risorse
finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti
così come nell’esercizio dei diritti legati
alla proprietà dei titoli in portafoglio;
m) realizzare misure specifiche volte all’emersione
del lavoro sommerso di pensionati in linea con quelle previste
dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383, in materia di emersione
dall’economia sommersa, relative ai redditi da lavoro
dipendente e ai redditi di impresa e di lavoro autonomo
ad essi connessi;
n) completare il processo di separazione tra assistenza
e previdenza, prevedendo che gli enti previdenziali predispongano,
all’interno del bilancio, poste contabili riferite
alle attività rispettivamente assistenziali e previdenziali
svolte dagli stessi enti, al fine di evidenziare gli eventuali
squilibri finanziari e di consentire la quantificazione
e la corretta imputazione degli interventi di riequilibrio
a carico della finanza pubblica;
o) ridefinire la disciplina in materia di totalizzazione
dei periodi assicurativi, al fine di ampliare progressivamente
le possibilità di sommare i periodi assicurativi
previste dalla legislazione vigente, con l’obiettivo
di consentire l’accesso alla totalizzazione sia al
lavoratore che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno
di età sia al lavoratore che abbia complessivamente
maturato almeno quaranta anni di anzianità contributiva,
indipendentemente dall’età anagrafica, e che
abbia versato presso ogni cassa, gestione o fondo previdenziale,
interessati dalla domanda di totalizzazione, almeno cinque
anni di contributi. Ogni ente presso cui sono stati versati
i contributi sarà tenuto pro quota al pagamento del
trattamento pensionistico, secondo le proprie regole di
calcolo. Tale facoltà è estesa anche ai superstiti
di assicurato, ancorché deceduto prima del compimento
dell’età pensionabile;
p) applicare i princìpi e i criteri direttivi di
cui al comma 1 e al presente comma e le disposizioni relative
agli incentivi al posticipo del pensionamento di cui ai
commi da 12 a 17, con le necessarie armonizzazioni, al rapporto
di lavoro con le amministrazioni di cui all’articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
e successive modificazioni, previo confronto con le organizzazioni
sindacali comparativamente più rappresentative dei
datori e dei prestatori di lavoro, le regioni, gli enti
locali e le autonomie funzionali, tenendo conto delle specificità
dei singoli settori e dell’interesse pubblico connesso
all’organizzazione del lavoro e all’esigenza
di efficienza dell’apparato amministrativo pubblico;
q) eliminare sperequazioni tra le varie gestioni pensionistiche,
ad esclusione di quelle degli enti di diritto privato di
cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10
febbraio 1996, n. 103, nel calcolo della pensione, al fine
di ottenere, a parità di anzianità contributiva
e di retribuzione pensionabile, uguali trattamenti pensionistici;
r) prevedere, in caso di trasformazione del rapporto di
lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale,
forme di contribuzione figurativa per i soggetti che presentano
situazioni di disabilità riconosciuta ai sensi dell’articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché
per i soggetti che assistono familiari conviventi che versano
nella predetta situazione di disabilità;
s) agevolare l’utilizzo di contratti a tempo parziale
da parte dei lavoratori che abbiano maturato i requisiti
per l’accesso al pensionamento di anzianità;
t) prevedere la possibilità, per gli iscritti alla
gestione di cui all’articolo 2, comma 26, della legge
8 agosto 1995, n. 335, di ottenere, fermo restando l’obbligo
contributivo nei confronti di tale gestione, l’autorizzazione
alla prosecuzione volontaria della contribuzione presso
altre forme di previdenza obbligatoria, al fine di conseguire
il requisito contributivo per il diritto a pensione a carico
delle predette forme;
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