Versione
stampabile
LEGITTIMAZIONE PASSIVA IN TEMA DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE
CONDOMINIALI, RISPETTO ALL'AZIONE GIUDIZIALE PER IL RECUPERO
DELLA QUOTA DI COMPETENZA.
Cassazione Civile Sezione Seconda - Sent. n. 5122 19/04/00
Presidente V. Volpe - Relatore R. De Julio
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il condominio dell'edificio sito in Salerno, corso Garibaldi
215 chiese ed ottenne dal presidente del tribunale di Salerno
decreto ingiuntivo di condanna del condomino V. C. al pagamento
di 2.860.020 lire, acconto di quanto da lui dovuto per il
rifacimento della facciata del fabbricato.
V. . propose opposizione, e sostenne che F. S., suo dante
causa, al tempo proprietario unico dell'edificio, nel vendergli
i locali a piano terra, che hanno accesso soltanto dalla
strada, lo aveva esonerato dal pagamento degli oneri e delle
spese condominiali ordinarie e straordinarie, avendo egli
a sua volta rinunziato ad ogni diritto sulle parti comuni
dell'edificio.
Con l'atto di opposizione V. C. impugnò anche la
deliberazione condominiale di riparto delle spese in questione,
adottata il 4 luglio 1984, sostenendo che tale riparto era
stato effettuato sulla base di una tabella millesimale da
lui né approvata né conosciuta.
Il condominio si costituì e chiese il rigetto dell'opposizione
e dell'impugnazione di tale sua deliberazione.
Gi eredi di F. S., nel frattempo deceduto, furono chiamati
in causa da V. C., che chiese ad essi garanzia per l'ipotesi
di soccombenza.
Il tribunale di Salerno, con sentenza del 16 giugno 1990,
rigettò l'opposizione, dichiarò inammissibile
l'impugnazione della deliberazione assembleare, e rigettò
la domanda di garanzia proposta da V. C. contro gli eredi
di F. S.
Tale sentenza fu appellata dagli eredi di V. C., anch'egli
nel frattempo deceduto, che eccepirono preliminarmente la
carenza di legittimazione del loro dante causa, il quale
non era più condomino già un anno e mezzo
prima della deliberazione assembleare di riparto della spesa
da lui impugnata, avendo trasferito la proprietà
dell'immobile acquistato da F. S. alla società a
responsabilità limitata (omissis); censurarono inoltre,
per i motivi nel dettaglio esposti, la decisione impugnata.
I1 condominio di costituì e chiese il rigetto del
gravame.
Gli eredi di F. S. rimasero contumaci.
La corte d'appello di Salerno, con la sentenza indicata
in epigrafe, ha confermato integralmente quella impugnata.
In particolare ha rigettato l'eccezione di carenza di legittimazione
passiva proposta dagli appellanti, osservando che V. C.
non aveva comunicato al condominio il conferimento, da parte
sua, dell'immobile alla società (omissis), e conseguentemente
che, nei rapporti con il condominio, egli era rimasto condomino,
e quindi obbligato al pagamento degli oneri condominiali;
anche perché V. C., impugnando la deliberazione assembleare,
aveva tenuto un comportamento tale da indurre l'amministratore
condominiale a ritenere, in assoluta buona fede, che egli
era per l'appunto condomino, anche se tale convinzione non
era suffragata da quanto scritto nei pubblici registri immobiliari.
La corte territoriale ha infine disatteso le altre censure
proposte dagli appellanti, con le quali avevano ribadito
che il loro dante causa non era tenuto al pagamento degli
oneri condominiali per effetto della clausola contrattuale
alla quale innanzi si è fatto cenno.
Gli eredi di V. C. hanno chiesto la cassazione di tale
sentenza per cinque motivi.
Il condominio ha resistito con controricorso.
Gli altri intimati non si sono costituiti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del loro ricorso A., P. e A. C. denunziano
violazione degli art. 1123 cod. civ. e 63 disp. att. cod.
civ.; sostengono che la corte d'appello di Salerno ha errato
nel rigettare l'eccezione preliminare di merito con cui
essi avevano negato che il loro dante causa era legittimato
passivo, ossia nell'affermare che quest'ultimo era debitore
della somma richiesta dal condominio con il ricorso per
decreto ingiuntivo, anche se aveva trasferito ad altri la
proprietà dell'immobile.
La censura è fondata.
La corte d'appello ha dichiaratamente reso la decisione
censurata aderendo a quell'orientamento giurisprudenziale
secondo il quale il principio dell'apparenza del diritto
può essere invocato anche in tema di condominio di
edifici ai fini dell'individuazione del soggetto tenuto
al pagamento delle quote condominiali, se il suo costante
comportamento abbia indotto l'amministratore a ritenere
in buona fede che egli fosse il proprietario di un appartamento,
appartenente invece ad altro soggetto (vedi le sentenze
di questa Corte, e di questa sezione, 14 febbraio 1981 n.
907, 16 novembre 1984 n. 5818, e, in tempi meno remoti,
1 settembre 1990 n. 9079).
Di recente è però prevalso l'orientamento
contrario.
È stato infatti affermato che in tema di ripartizione
delle spese condominiali é passivamente legittimato,
rispetto all'azione giudiziale per il recupero della quota
di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare
e non anche chi possa apparire tale, difettando nei rapporti
fra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni
per l'operatività del principio dell'apparenza del
diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela
di terzi di buona fede (vedi le sentenze di questa Corte,
e di questa sezione, 27 giugno 1994 n. 6187 e 8 luglio 1998
n. 6653).
Si è rilevato in particolare che il principio dell'apparenza
del diritto è collegato alla esigenza di tutelare
l'affidamento incolpevole, la buona fede del terzo, che,
senza sua colpa abbia per l'appunto fatto affidamento su
una determinata situazione, esistente però solo in
apparenza, ed alla quale, quindi, al di fuori dell'applicazione
del principio in argomento, non potrebbe collegarsi nessun
effetto giuridico, con grave suo pregiudizio; e che tale
esigenza non è configurabile nel rapporto che si
instaura tra il condominio ed il singolo condomino relativamente
al pagamento, da parte di quest'ultimo, della sua quota
di spese condominiali, in primo luogo perché in tale
rapporto il condominio non è terzo, ma una parte
del rapporto, ed in secondo luogo perché non è
necessario, per consentire al condominio la soddisfazione
del suo credito, collegare effetti giuridici ad una situazione
apparente (ossia creare, sulla base di una tale apparenza,
un rapporto giuridico, senza di che il condominio, incolpevole
ed in buona fede, non vedrebbe sorgere il rapporto giuridico
nella cui esistenza e validità aveva senza sua colpa
confidato), dal momento che il rapporto giuridico tra il
condominio e l'effettivo singolo condomino, proprietario
esclusivo della unità immobiliare, esiste in ogni
caso nella realtà, come risulta dagli art. 1123 cod.
civ. e 63 delle disposizioni per l'attuazione di detto codice,
ed emergendo da una situazione obiettiva, quale è
quella della proprietà delle varie unità immobiliari,
non può essere influenzato dal comportamento di alcuno,
segnatamente di colui che si sia comportato come condomino,
senza esserlo, e che semmai potrà rilevare ad altri
effetti e determinare altre responsabilità di quest'ultimo.
Il collegio ritiene di dover aderire a questo secondo e
più recente orientamento, ritenendo convincenti le
argomentazioni su cui è basato, che non risultano
contrastate, in dottrina e in giurisprudenza.
I restanti motivi di ricorso, relativi a statuizioni con
cui sono state risolte questioni di merito, restano assorbiti.
Il giudice del rinvio, che riesaminerà la causa
applicando il principio di diritto innanzi affermato, deciderà
anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione
al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese,
alla Corte d'appello di Napoli.
La redazione di megghy.com
|