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Anche se una lettera isolata è potenzialmente
sprovvista di carattere distintivo, un marchio figurativo,
che presenti come elemento dominante la lettera «a»
minuscola di colore bianco su fondo nero e stampata in un
carattere semplice, si impone subito all’attenzione
ed è mantenuto nella memoria e deve perciò
essere tutelato rispetto ad un marchio simile.
Lo ha stabilito il Tribunale di Primo Grado delle Comunità
Europee, con la sentenza del 13 luglio 2004
Tribunale di Primo Grado delle Comunità Europee
Seconda Sezione
Sentenza 13 luglio 2004
Marchio comunitario – Procedimento di opposizione
– Domanda di marchio comunitario figurativo contenente
la lettera “a” – Marchio comunitario figurativo
anteriore contenente la lettera “a” –
Rischio di confusione
Nella causa T-115/02
AVEX Inc., con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata dall'avv.
J. Hofmann,
ricorrente,
contro
Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi,
disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. D. Schennen
e G. Schneider, in qualità di agenti,
convenuto,
avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione
della prima commissione di ricorso dell'UAMI 11 febbraio
2002 (procedimento R 634/2001-1), riguardante l'opposizione
proposta dal titolare del marchio comunitario figurativo
contenente la lettera «a» contro la registrazione
di un marchio comunitario figurativo contenente la lettera
«a»,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Seconda Sezione),
composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e
N.J. Forwood, giudici,
cancelliere : sig. I. Natsinas, amministratore
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale
il 12 aprile 2002,
visto il controricorso dell'UAMI depositato nella cancelleria
del Tribunale il 17 settembre 2002,
visto il controricorso dell'interveniente depositato nella
cancelleria del Tribunale il 29 agosto 2002,
in seguito alla trattazione orale del10 marzo 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 Il 5 giugno 1998 la ricorrente ha presentato una domanda
di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione
nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI),
a norma del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993,
n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1),
come modificato.
2 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione
è il marchio figurativo di seguito riprodotto:
Omissis
3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione
del marchio rientrano nelle classi 9, 16, 25, 35 e 41 dell’accordo
di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della
registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e
corrispondono, per la classe 25, alla descrizione seguente:
«Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; articoli
di abbigliamento esterno non in stile giapponese, cappotti,
maglioni e simili, biancheria da notte, biancheria intima,
costumi da bagno, camicie e simili, calzini e calze, guanti,
cravatte, bandane, sciarpe, cappelli e berretti, scarpe
e stivali, cinture, giacche, t-shirt».
4 Il 4 ottobre 1999 tale domanda è stata pubblicata
nel Bollettino dei marchi comunitari n. 78/1999.
5 Il 22 dicembre l’interveniente ha proposto un’opposizione
ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94 contro
il marchio richiesto, fondandosi, segnatamente, sul marchio
comunitario figurativo n. 270 264, richiesto il 1° aprile
1996 e registrato il 28 febbraio 2000, riguardante, in particolare,
«abiti da uomo, panciotti, giacche, giacche a vento,
pantaloni, cappotti, jeans, capi in jeans, camicie, felpe,
magliette, abbigliamento per lo sport, cuffie, abiti da
lavoro, abbigliamento per il tempo libero» rientranti
nella classe 25, marchio qui di seguito riprodotto:
6 Con decisione 2 maggio 2001 la divisione di opposizione
dell’UAMI ha dichiarato che i segni in conflitto erano
simili e che i prodotti interessati erano identici o simili.
Di conseguenza tale divisione ha respinto la domanda di
registrazione del marchio richiesto.
7 Il 2 luglio 2002 la ricorrente ha proposto dinanzi all’UAMI
un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione,
ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94.
8 Con decisione 11 febbraio 2002 (procedimento R 634/2001-1;
in prosieguo: la «decisione impugnata»), la
prima commissione di ricorso dell’UAMI ha parzialmente
annullato la decisione della divisione di opposizione nei
limiti in cui respinge la domanda di marchio relativa ai
prodotti e servizi delle classi 9, 16, 35 e 41. Essa ha
invece respinto il ricorso per quanto riguarda i prodotti
della classe 25, giudicando che i segni in conflitto fossero
simili e che i prodotti interessati fossero identici o simili,
compresi le «scarpe e [gli] stivali» indicati
dalla domanda di marchio e gli «articoli di abbigliamento»
indicati dal marchio anteriore.
Conclusioni delle parti
9 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata nella parte in
cui respinge il suo ricorso relativo ai prodotti della classe
25;
– annullare la decisione impugnata nella parte in
cui pone a suo carico le spese sostenute dall’interveniente
nei procedimenti di opposizione e di ricorso;
– condannare l’UAMI alle spese.
10 L’UAMI chiede che il Tribunale voglia
– respingere il ricorso in quanto infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
11 A titolo preliminare, occorre ricordare che, secondo
una giurisprudenza consolidata, in forza dell’art.
44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile
in materia di proprietà intellettuale in conformità
dell’art. 130, n. 1, e dell’art. 132, n. 1,
di tale regolamento, se il testo del ricorso può
essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii
a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio
globale ad altri scritti non può ovviare alla mancanza
di elementi essenziali nell’argomentazione giuridica
che, in forza delle disposizioni summenzionate devono essere
contenuti nell’istanza stessa (sentenza del Tribunale
20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da
T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94
e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione,
Racc. pag. II-931, punto 39). Tale giurisprudenza può
essere trasposta al controricorso della controparte in un
procedimento di opposizione dinanzi alla commissione di
ricorso, interveniente dinanzi al Tribunale, in forza dell’art.
46 del regolamento di procedura, applicabile in materia
di proprietà intellettuale in conformità dell’art.
135, n. 1, secondo comma, di tale regolamento. Pertanto,
il ricorso e il controricorso, nei limiti in cui rinviano
alle memorie depositate rispettivamente dalla ricorrente
e dall’interveniente dinanzi all’UAMI, sono
irricevibili in quanto il rinvio complessivo che contengono
non si ricollega ai motivi e agli argomenti sviluppati rispettivamente
nel ricorso e nel controricorso.
Sul motivo vertente sull’assenza di rischio di confusione
Argomenti delle parti
12 Secondo la ricorrente, la Commissione di ricorso ha
erroneamente concluso che, malgrado le differenze esistenti
tra i prodotti interessati e tra i segni in conflitto, esisteva
un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio
richiesto.
13 Per quanto riguarda i prodotti in esame, la ricorrente
indica che gli articoli di abbigliamento e le calzature
o gli stivali non sono prodotti simili. Infatti, tali prodotti
non sono fabbricati negli stessi stabilimenti, non sono
destinati alla stessa utilizzazione – la moda dimostra
che il loro scopo non è solo quello di riparare dagli
elementi naturali – non sono fabbricati a partire
da una stessa materia prima e non sono venduti negli stessi
luoghi, salvo che, in misura non rilevante, nei supermercati.
14 Per quanto riguarda i segni in conflitto la ricorrente
sottolinea il fatto che, in linea di principio, le lettere
dell’alfabeto non hanno carattere distintivo proprio
in mancanza di aggiunte grafiche [decisione della seconda
commissione di ricorso 28 maggio 1999 (procedimento R 91/1998-2)].
È quindi la loro rappresentazione grafica che attribuisce
loro il carattere distintivo. Poiché i marchi debolmente
distintivi godono di una tutela ridotta, le differenze tra
i segni che li costituiscono acquistano maggiore importanza.
La ricorrente fa valere in proposito le differenze nette
e sostanziali tra i segni in conflitto riguardanti la forma
dello sfondo nero, la posizione della lettera su tale fondo,
l’opposizione tra i caratteri in grassetto e chiari
della lettera secondo i marchi e la calligrafia di tale
lettera. Per quanto riguarda i marchi figurativi composti
da una lettera, conta solo la comparazione visuale dei segni,
giacché la comparazione fonetica non è rilevante.
15 L’UAMI e l’interveniente si oppongono a tutti
gli argomenti della ricorrente. Inoltre l’UAMI ritiene
che, dal momento che la ricorrente ha limitato la sua contestazione
della somiglianza dei prodotti alla sola comparazione dei
«capi d’abbigliamento» e di «calzature
e stivali», il rischio di confusione tra i segni in
conflitto debba essere esaminato soltanto entro questi limiti.
Giudizio del Tribunale
16 Come risulta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 40/94, su opposizione del titolare di un
marchio anteriore, un marchio è escluso dalla registrazione
se, a causa dell’identità o della somiglianza
di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità
o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi
sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione
per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore
è tutelato.
17 Secondo una giurisprudenza costante, il rischio di confusione
in merito all’origine commerciale dei prodotti o dei
servizi deve essere valutato complessivamente, secondo la
percezione che il pubblico destinatario ha dei segni e dei
prodotti o servizi in questione, prendendo in considerazione
tutti i fattori pertinenti del caso di specie e, in particolare,
una certa interdipendenza tra la somiglianza dei marchi
e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza
del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-162/01, Laboratorios
RTB/UAMI - Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS),
Racc. pag. II-0000, punti 29-33 e giurisprudenza cit.].
18 Nel caso di specie il marchio anteriore è un marchio
comunitario. Del resto i prodotti interessati sono prodotti
di consumo corrente. Pertanto, ai fini della valutazione
del rischio di confusione, il pubblico destinatario è
costituito dai consumatori finali nella Comunità
europea.
19 In primo luogo, per quanto riguarda la comparazione tra
i segni in conflitto, la valutazione globale del rischio
di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza
visiva, auditiva o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione
complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione,
in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti
[v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T-292/01,
Phillips-Van Heusen/UAMI - Pash Textilvertrieb und Einzelhandel
(BASS), Racc. pag. II-0000, punto 47, e giurisprudenza cit.).
20 Per quanto riguarda la somiglianza visiva dei segni in
conflitto, la commissione di ricorso ha giustamente valutato
che, anche se una lettera isolata è potenzialmente
sprovvista di carattere distintivo, i marchi in esame presentano
entrambi come elementi dominanti la lettera «a»
minuscola, di colore bianco su fondo nero e stampata in
un carattere semplice (punto 38 della decisione impugnata).
Infatti tale elemento dominante si impone subito all’attenzione
ed è mantenuto nella memoria. Al contrario, le differenze
grafiche tra i marchi in esame – e cioè la
forma del fondo (ovale per il marchio richiesto e quadrata
per il marchio anteriore), la collocazione della lettera
su tale fondo (al centro di quest’ultimo per il marchio
richiesto e nell’angolo inferiore destro per il marchio
anteriore), lo spessore del tratto utilizzato per rappresentare
tale lettera (il marchio richiesto mostra un tratto leggermente
più largo di quello del marchio anteriore) e i dettagli
di calligrafia di ciascuna delle lettere secondo i marchi
– sono di secondaria importanza e non costituiscono
elementi che resteranno nella memoria del pubblico destinatario
come effettive discriminanti. Di conseguenza i segni in
conflitto sono dal punto di vista visuale molto simili.
21 Tale conclusione non è rimessa in discussione
dall’argomento vertente sull’eventuale discordanza
tra la decisione impugnata e la decisione della seconda
commissione di ricorso 28 maggio 1999 (procedimento R 91/1998-2),
relativa alla registrazione del marchio anteriore. Se tale
commissione vi ha effettivamente rilevato che la presentazione
grafica della lettera «a» aveva un’importanza
particolare nell’analisi del carattere distintivo
di tale marchio, è sufficiente constatare che, nella
fattispecie, la presentazione grafica del marchio richiesto
è molto vicina a quella adottata per il marchio anteriore.
22 Per quanto riguarda la comparazione fonetica e concettuale
dei segni in conflitto, le parti sono d’accordo nel
ritenere che essa sia scarsamente rilevante nel caso di
specie. Comunque, considerati alla luce di tali aspetti,
i segni sono evidentemente identici.
23 Quindi, le impressioni complessive prodotte da ciascuno
dei segni in conflitto sono assai simili.
24 Inoltre, per quanto riguarda la comparazione dei prodotti,
occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante,
per valutare la somiglianza tra i prodotti in questione
si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano
il rapporto tra questi ultimi. Tali fattori includono, in
particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro
impiego nonché la loro concorrenzialità o
complementarietà [v. sentenza del Tribunale 4 novembre
2003, causa T-85/02, Pedro Díaz/UAMI – Granjas
Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II-0000, punto 32,
e giurisprudenza cit.].
25 In via preliminare occorre rilevare che la ricorrente,
nel corso dell’udienza, non ha seriamente rimesso
in discussione il fatto che i diversi tipi di capi di abbigliamento
indicati da ciascuno dei marchi in esame sono, a dir poco,
simili. In ogni caso tale constatazione è corretta.
26 Per quanto riguarda in particolare il rapporto esistente
tra i «capi di abbigliamento» a cui si riferisce
il marchio anteriore e le «calzature e stivali»
a cui si riferisce il marchio richiesto, la commissione
di ricorso ha ritenuto che tali prodotti fossero simili,
poiché essi hanno la stessa finalità, sono
spesso venduti negli stessi luoghi e numerosi produttori
e ideatori si dedicano a entrambi i tipi di prodotti (punto
32 della decisione impugnata). Il carattere generale di
tale valutazione può essere messo in dubbio alla
luce della mancanza di sostituibilità di tali prodotti
e dall’assenza di prove a sostegno di tale valutazione.
Tuttavia, i rapporti sufficientemente stretti esistenti
tra le finalità rispettive di tali prodotti, individuabili
in particolare nel fatto che appartengono alla stessa classe,
e la concreta eventualità che possano essere prodotti
dagli stessi operatori o venduti insieme permettono di concludere
che tali prodotti possono essere associati nella mente del
pubblico destinatario. A tale riguardo, le diverse decisioni
comunitarie e nazionali relative ai marchi si cui si avvale
la ricorrente non riducono la portata di tale conclusione
in quanto il quadro fattuale di tali decisioni, per quanto
riguarda i segni o i prodotti interessati, presenta notevoli
differenza rispetto al caso di specie. I prodotti interessati
devono essere considerati simili. ai sensi dell’art.
8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 anche se lo
sono solo in misura ridotta.
27 Di conseguenza, tenuto conto, da un lato, della forte
somiglianza tra i segni in conflitto e, dall’altro,
della somiglianza tra i prodotti in esame, anche se ridotta
nel caso delle calzature e dei capi di abbigliamento, la
commissione di ricorso ha giustamente potuto concludere
che esistesse un rischio di confusione per il pubblico destinatario.
Infatti, il pubblico destinatario può credere, in
particolare, che le calzature su cui è apposto il
marchio richiesto abbiano la stessa origine commerciale
dei capi d’abbigliamento su cui è apposto il
marchio anteriore. Pertanto il presente motivo deve essere
respinto.
Sul motivo vertente sulla necessità di una procedura
orale dinanzi alla commissione di ricorso
28 La ricorrente afferma di aver espressamente richiesto
lo svolgimento di una procedura orale dinanzi alla commissione
di ricorso ai sensi dell’art. 75, n. 1, del regolamento
n. 40/94. Tale audizione avrebbe potuto contribuire all’adozione
di una decisione giustificata dal punto di vista giuridico,
in quanto la ricorrente avrebbe potuto fornire informazioni
sulla giurisprudenza tedesca relativa alla questione della
somiglianza dei prodotti in esame. Secondo la ricorrente,
la commissione di ricorso, rifiutando di ricorrere a tale
procedura orale, ha ecceduto i limiti del suo potere discrezionale.
29 Il Tribunale ricorda che, ai sensi dell’art. 75,
n. 1, del regolamento n. 40/94, «[l’UAMI], quando
ne ravvisi l’opportunità, ricorre alla procedura
orale, di propria iniziativa o a richiesta di una delle
parti della procedura».
30 Il Tribunale constata che la commissione di ricorso dispone
di un margine di valutazione discrezionale per quanto riguarda
la questione se sia veramente necessaria una procedura orale
in sua presenza, qualora una parte ne faccia richiesta.
Nel caso di specie risulta dalla decisione impugnata che
la commissione di ricorso disponeva di tutti gli elementi
necessari per fondare il dispositivo della decisione impugnata.
A tale riguardo la ricorrente non ha dimostrato in che modo
precisazioni orali sulla giurisprudenza tedesca, ulteriori
rispetto a quelle esposte nella sua memoria dinanzi alla
commissione di ricorso, avrebbero impedito l’adozione
di tale dispositivo. In ogni caso, secondo una giurisprudenza
costante la legittimità delle decisioni delle commissioni
di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base
del regolamento n. 40/94, come interpretato dal giudice
comunitario, e non sulla base di una giurisprudenza nazionale,
anche se fondata su disposizioni analoghe a quelle di tale
regolamento (sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, cit., punto
53, e CASTILLO, cit., punto 37). Pertanto, la commissione
di ricorso non ha violato i limiti del suo potere discrezionale
non accogliendo la richiesta della ricorrente riguardante
lo svolgimento di una procedura orale.
Sul secondo capo delle conclusioni
31 Poiché la ricorrente non ha dedotto alcun motivo
specifico a sostegno della sua richiesta di annullamento
del punto 2 del dispositivo della decisione annullata relativo
alle spese dinanzi all’UAMI, le considerazioni che
precedono sono sufficienti a respingere tale capo delle
conclusioni.
32 Alla luce di quanto precede, il ricorso è respinto.
Sulle spese
33 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di
procedura, la parte soccombente è condannata alle
spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda,
la ricorrente rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La ricorrente è condannata alle spese.
Pirrung
Meij
Forwood
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio
2004.
Il cancelliere H. Jung
Il presidente J. Pirrung
La redazione di megghy.com
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