Se toccassi Ellade,
le tue rive
non verrei piu' con quell'antico sogno
di recarti una traccia
della mia genitura,
un coccio d'anfora,
una moneta col volto di Era Lacinia
di questa mia terra
ove approdarono i padri
e vi piantarono il remo.
Fiorivano allora nella mia adolescenza
come rose splendenti di Pièria
i versi d 'Omero
odorosi di venti marini
e i partenii di Saffo e Alcmane.
Ora verrei come un pellegrino
a raccogliere le voci
dei coetanei montanari della mia terra
tra le gole nevose
dei tuoi monti ove il vento
è ancora grido
di fraterni morti.
Mesto è il dolce sorriso
delle Càriti nella luce
di quei giorni lontani.
Pure ho serbato negli anni
in una parte gelosa dell'anima
l'innocenza delle tue favole
e l'incanto dell'antro di Calipso,
il verde antro che ventilava la salsedine
al dolce suono della spola lucente.
Ma che diremo piu' noi, che diremo
ai giorni venturi
di meraviglia e di gioia
di miti sereni?
Io sono un cuore stanco
con una pena d'esule
da una patria d'origine
ove le aurore avevano labbra
di vergini rose.
Da:Trilogia Neoellenica
1) Traduzione dell'autore |