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Il matrimonio all’estero del cittadino
italiano. Il matrimonio islamico
avv. Giuseppe Briganti
(avv.briganti@iusreporter.it – www.iusreporter.it)
Sempre più rilevanza assumono oggi le questioni legate
alla celebrazione all’estero del matrimonio da parte
del cittadino italiano, sia nel caso di matrimonio con uno
straniero sia nel caso di nubendi entrambi italiani. Per
i più vari motivi infatti anche cittadini residenti
in Italia scelgono con una certa frequenza di sposarsi in
un altro Stato.
L’art. 16 del DPR 396/2000 (nuovo ordinamento dello
stato civile)i prevede che il matrimonio all’estero,
quando gli sposi sono entrambi cittadini italiani o uno
di essi è cittadino italiano e l’altro è
cittadino straniero, può essere celebrato innanzi
all’autorità diplomatica o consolare competente,
oppure innanzi all’autorità locale secondo
le leggi del luogo; in quest’ultimo caso una copia
dell’atto è rimessa a cura degli interessati
all’autorità diplomatica o consolare.
La celebrazione del matrimonio all’estero da parte
del cittadino italiano residente in Italia può avvenire
pertanto dinanzi all’autorità consolare italianaii
o dinanzi all’autorità locale. In questa sede
ci si soffermerà su tale ultima modalitàiii.
Secondo l’art. 27 L. 218/1995iv di riforma del sistema
italiano di diritto internazionale privato, la capacità
matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio
sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al
momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che
uno dei nubendi abbia acquistato per effetto di un giudicato
italiano o riconosciuto in Italia.
La legge che stabilisce un impedimento al matrimonio determina
anche le conseguenze della violazione di esso, i termini
per farlo valere, gli eventuali effetti di un certo periodo
di vita in comunev.
Occorre in proposito ricordare altresì l’art.
115, comma 1, del codice civile, il quale prevede, con riguardo
al matrimonio del cittadino all’estero, che detto
cittadino italiano sia comunque soggetto alle norme italiane
sulle “condizioni necessarie per contrarre matrimonio”
stabilite dagli artt. 84 e segg. cod. civ.
Le condizioni richiamate, com’è noto, riguardano
l’età (art. 84), la sanità mentale (art.
85), l’inesistenza di precedente vincolo matrimoniale
(art. 86). Sono previsti inoltre impedimenti dirimenti:
inesistenza di determinati vincoli di parentela, affinità,
adozione tra i nubendi (art. 87); l’ipotesi del “delitto”
(art. 88).
La mancanza di uno dei requisiti o l’esistenza di
uno degli impedimenti suddetti rendono il matrimonio eventualmente
contratto invalido con riferimento all’ordinamento
giuridico italiano.
La legge italiana prevede altresì degli impedimenti
al matrimonio (impedimenti impedienti) che non comportano
una invalidità di esso ma una sua semplice irregolarità,
la cui unica conseguenza è l’applicazione di
una sanzione pecuniaria nei confronti degli sposi, peraltro
di importo minimo (artt. 134 e 140 cod. civ.).
Tali impedimenti sono costituiti dal lutto vedovile (art.
89) e dall’omissione delle pubblicazioni, di cui si
tratterà nel prosieguo.
Secondo l’art. 28 L. 218/1995, il matrimonio contratto
all’estero è valido, quanto alla forma, se
è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione
o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento
della celebrazione o dallo Stato di comune residenza in
tale momento.
Come si vede, la norma pone tre criteri tra loro concorrenti
per stabilire la validità dal punto di vista formale
del matrimonio: basta che uno di essi sia soddisfatto per
aversi un matrimonio valido per l’ordinamento giuridico
italiano.
D’altra parte, deve essere preso in considerazione
anche l’art. 16 L. 218/1995, il quale prevede che
la legge straniera non è applicata se i suoi effetti
sono contrari all’ordine pubblico, con le conseguenze
di cui al secondo comma della medesima disposizionevi.
Occorre ricordare in proposito che la Suprema Corte ha avuto
modo di esprimersi sulla compatibilità con l’ordine
pubblico del matrimonio islamico con una pronuncia che,
ancorché riferita alla disciplina anteriore alla
L. 218/1995, conserva tutt’oggi la propria rilevanza.
Con detta decisionevii, la Corte di Cassazione ha affermato
che l’insostenibilità della tesi secondo cui
ad un matrimonio contratto da cittadino italiano all’estero
– sia pure nel rispetto delle forme ivi stabilite
ed in presenza delle persone – non potrebbe riconoscersi
alcun effetto giuridico, ove la lex loci preveda caratteristiche
contrastanti con i principi fondamentali del nostro ordinamento,
discende dal principio del cd. favor matrimonii, alla cui
stregua l’atto non perde validità se non sia
stato impugnato per una delle ragioni indicate negli artt.
117 e ss. cod. civ. – nelle quali non può essere
ricompresa quella del matrimonio contratto secondo un rito
che preveda la poligamia e/o lo scioglimento del vincolo
ad nutum – e non sia intervenuta una pronuncia di
nullità o di annullamentoviii.
Ne deriva che, in virtù della validità interinale
del matrimonio contratto da cittadino italiano all’estero
pur secondo una legge che consenta la poligamia e/o il ripudio,
ma nel rispetto delle forme ivi stabilite e ricorrendo i
requisiti sostanziali di stato e capacità delle persone,
non si può disconoscerne l’idoneità
a produrre effetti nel nostro ordinamento, sino a quando
non se ne deduca la nullità e non intervenga una
pronuncia sul puntoix.
Non mancano d’altra parte taluni i quali sostengono
che il matrimonio islamico, prevedendo istituti quali la
poligamia ed il ripudio, non possa produrre alcun effetto
nel nostro ordinamento giuridico per contrarietà
all’ordine pubblico e al buon costume, trattandosi
di un matrimonio privo del requisito dell’assunzione
dell’obbligo reciproco di fedeltà, requisito
da ritenersi essenziale per la configurabilità giuridica
del matrimonio nel nostro ordinamentox.
Secondo l’opinione prevalente, come sopra illustrato,
non è tuttavia possibile trarre dai suddetti caratteri
del matrimonio islamico la conseguenza automatica della
sua inefficacia nel nostro ordinamento, sempreché
il matrimonio sia stato contratto nel rispetto delle forme
stabilite dalla legge del luogo di celebrazione e sempreché
sussistano i requisiti di stato e capacità dei contraenti.
Il matrimonio contratto all’estero dal cittadino italiano
residente in Italia nelle forme previste dalla legge del
luogo di celebrazione deve essere preceduto dalle pubblicazioni
e deve essere seguito dalla trascrizione dell’atto
nei registri dello stato civile italiano.
Con riguardo alle pubblicazioni, a tale conclusione si deve
pervenire nonostante l’abrogazione dell’art.
115, comma 2, cod. civ.xi.
Tuttavia, la mancanza di siffatti adempimenti (pubblicazione
e trascrizione), come già in parte accennato, non
pregiudica la validità del matrimonio. La trascrizione
in particolare non ha natura costitutiva, ma semplicemente
dichiarativa e di pubblicità.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte infatti, in
linea di principio, i matrimoni celebrati all’estero
tra italiani e stranieri hanno immediata validità
nel nostro ordinamento qualora risultino celebrati secondo
le forme previste dalla legge stranieraxii; la loro trascrizione
in Italia assume valore meramente certificativo.
Peraltro, nell’ipotesi in cui manchino i requisiti
sostanziali relativi allo stato ed alla capacità
delle persone previsti dalla legge italiana, l’atto
di matrimonio non perde la sua validità fino a quando
non sia impugnato per una delle ragioni previste dall’art.
117 cod. civ. e non sia intervenuta una pronuncia di nullità
o di annullamentoxiii.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare altresì,
in senso conforme, che le norme di diritto internazionale
privato attribuiscono ai matrimoni celebrati all’estero
tra cittadini italiani o tra italiani e stranieri immediata
validità e rilevanza nel nostro ordinamento, sempre
che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla
legge straniera (e, quindi, spieghino effetti civili nell’ordinamento
dello Stato straniero) e sempre che sussistano i requisiti
sostanziali relativi allo stato e alla capacità delle
persone previsti dalla legge italiana; tale principio –
prosegue la Suprema Corte – non è condizionato
dall’osservanza delle norme italiane relative alla
trascrizione, atteso che questa non ha natura costitutiva,
ma meramente certificativa, e scopo di pubblicità
di un atto già di per sé valido sulla base
del principio locus regit actumxiv.
Né le pubblicazioni né la trascrizione sono
dunque richieste per la validità del matrimonio contratto
all’estero da cittadini italiani secondo la legge
straniera; matrimonio che è immediatamente valido
e rilevante per l’ordinamento giuridico italiano.
Con riguardo alle pubblicazioni, occorre peraltro precisare
quanto segue.
La pubblicazione può diventare indispensabile al
fine di contrarre matrimonio all’estero allorché
il Paese prescelto richieda preliminarmente un’attestazione
della mancanza di impedimenti al matrimonio o richieda il
rilascio del certificato di capacità matrimoniale
di cui alla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980xv:
tali documenti possono essere infatti rilasciati solo dopo
che sia stato dato corso alle pubblicazioni e non ne siano
conseguite opposizionixvi.
Con riguardo invece alla trascrizione in Italia dell’atto
di matrimonio celebrato all’estero, sarà cura
degli interessati trasmettere copia dell’atto alle
competenti autorità diplomatiche o consolari italiane
o direttamente all’ufficiale di stato civile italiano
richiedendone la trascrizionexvii.
Deve precisarsi che la trascrizione diventa necessaria per
l’efficacia del matrimonio – si ritiene –
solo nel caso di matrimonio cattolico contratto all’estero
da cittadino italiano in uno Stato che ad esso non ricolleghi
effetti civili, al fine di realizzare la fattispecie del
matrimonio canonico-concordatarioxviii.
Per quanto concerne infine la prova del matrimonio contratto
all’estero da un cittadino italiano, essa è
costituita dall’atto di celebrazione estratto dai
registri dello stato civile dello Stato stranieroxix.
_________________________
i DPR 3 novembre 2000, n. 396, Regolamento per la revisione
e la semplificazione dell’ordinamento dello stato
civile, ai sensi dell’art. 2, comma 12, della legge
15 maggio 1997, n. 127, GU 303 del 30 dicembre 2000, Suppl.
ord.
ii La celebrazione davanti all’autorità diplomatica
o consolare italiana all’estero è regolata
dagli artt. 10 ss. della legge consolare (DPR 5/01/1967
n. 200, Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari,
GU 98 del 19/04/1967, Suppl. ord.).
iii Sull’argomento, si veda T. Ballarino, Diritto
Internazionale Privato, Padova, Cedam; R. Calvigioni, Matrimonio
degli italiani all’estero: pubblicazione e trascrizione,
disponibile su www.anusca.it all’indirizzo www.anusca.it/RelazioniXXIIIConvegno/RENZO-CALVIGIONI.rtf;
P. Grassano, Del matrimonio celebrato da cittadino italiano
all’estero; sua validità interinale fino a
quando, nel caso di sua impugnativa, non intervenga pronuncia
di nullità o di annullabilità, disponibile
su www.sepel.it all’indirizzo www.sepel.it/sci/arti2003/pag-501.pdf.
iv Legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano
di diritto internazionale privato, GU Serie gen. 128 del
3 giugno 1995, Suppl. ord.
v Ballarino, op. cit.
vi L’art. 16, comma 2, L. 218/1995 stabilisce che,
qualora non sia possibile applicare la legge straniera richiamata
dalle norme di conflitto, “si applica la legge richiamata
mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti
per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica
la legge italiana”.
vii Cass. civ., sez. I, 2/03/1999, n. 1739, in Riv. dir.
internaz. priv. e proc., 1999, 613.
viii La Corte di Cassazione prende in esame anche l’opinione
secondo cui, nell’ipotesi di matrimonio islamico (e,
in ogni caso, contratto secondo una legge che ammetta la
poligamia od il ripudio unilaterale), l’atto non potrebbe
nemmeno essere qualificato come matrimonio nel senso voluto
dal nostro ordinamento poiché il vizio riguarderebbe
lo stesso consenso.
In proposito la S.C. rileva che il principio del “favor
matrimonii” e, quindi, della sua validità interinale
non soffre eccezioni in situazioni che pur configurano la
medesima incompatibilità ontologica con l’ordine
pubblico ed attengono, in diversa misura, alla validità
del consenso, quali il matrimonio contratto in violazione
degli artt. 84, 86, 87 e 88 cod. civ.: in ipotesi, cioè,
espressamente previste dall’art. 117 cod. civ. come
motivo di impugnazione del matrimonio, con la conseguente
necessità di una pronuncia di nullità o di
annullamento.
ix La Suprema Corte, con la citata sentenza, richiama anche
quell’autorevole indirizzo dottrinario secondo cui
occorre distinguere la regolamentazione del rapporto giuridico
controverso dalla rilevazione dei suoi presupposti, la regolamentazione
della questione principale da quella pregiudiziale o preliminare,
con la conseguenza che la disciplina di tali presupposti
o questioni, posta dall’ordinamento straniero, al
pari del diritto o “status” che si presenta
come acquisito rispetto alla situazione da accertare, costituiscono
essenzialmente elementi interpretativi (ove a ciò
occorra procedere) delle norme straniere richiamate dalle
disposizioni di diritto internazionale privato per la soluzione
del caso concreto e che, in quanto tali, non sono direttamente
immessi nell’ordinamento interno (la fattispecie verteva
sui diritti successori del coniuge).
x P. Grassano, Del rapporto del matrimonio islamico con
l’ordinamento italiano, disponibile su www.sepel.it
all’indirizzo www.sepel.it/articoligrassano.htm.
xi Cfr. R. Calvigioni, op. cit.
xii Cass. 1739/1999 cit.; Cass. civ., sez. I, 13/04/2001,
n. 5537, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2002, 149.
xiii Sul punto, v. anche P. Grassano, Del matrimonio celebrato
da cittadino italiano all’estero cit.
xiv Cass. civ., sez. I, 19/10/1998, n. 10351, in Riv. dir.
internaz. priv. e proc., 1999, 595.
xv Legge n. 950 del 19/11/1984, Ratifica ed esecuzione
della convenzione relativa al rilascio di un certificato
matrimoniale e della convenzione sulla legge applicabile
ai cognomi e ai nomi, adottate a monaco il 5 settembre 1980,
GU 18 del 22 gennaio 1985.
xvi R. Calvigioni, op. cit.
xvii Si vedano, rispettivamente, gli artt. 16 e 17; 12,
comma 11, DPR 396/2000.
xviii Alle condizioni poste dalla legge di esecuzione del
Concordato. Ballarino, op. cit.; P. Grassano, Del matrimonio
celebrato da cittadino italiano all’estero cit.
xix Cass. civ., sez. I, 28/04/1990 n. 3599, in Riv. dir.
internaz. priv. e proc., 1991, 750.
La redazione di megghy.com
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