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Proprietà condominiale e proprietà individuale:
la distinzione sottesa dalla presunzione di condominialità
ex art.1117 cc., anche alla luce del recente disegno di
legge in materia di condominio.
dott. Maria Militello
Introduzione metodologica
Scopo della presente riflessione è una lettura dell’art.1117
cc., analizzando l’orientamento della giurisprudenza,
che evidenzi la linea direttrice sulla quale si modula la
distinzione tra beni condominiali e beni di proprietà
individuale.
Si tratta di una problematica che inerisce alla natura
stessa del condominio, atteso che nel condominio i beni
in comunione coesistono con la proprietà individuale
di un piano o porzione di esso. Emerge, in particolare,
un rapporto di strumentalità dei beni condominali
rispetto alla proprietà individuale; ed è
in questa logica che va letta la presunzione di condominialità
ex art.1117 cc.
L’art.1117cc. e il “titolo” contrario
L’art.1117 cc. enuclea, in modo non esaustivo, i
beni che si presumono condominiali: si tratta di una presunzione
iuris tantum, e come tale ammette la prova contraria. Ciascun
condomino può fornire la prova contraria esibendo
il titolo, dal quale risulti, in modo inequivocabile, la
proprietà individuale. Titolo contrario, idoneo a
superare la presunzione ex art.1117 cc., non è l’atto
particolare di vendita, ma è il titolo originario
di costituzione del condominio, o un successivo regolamento
approvato dall’unanimità dei condomini. La
presunzione di condominialità può essere superata,
altresì, nella misura in cui ciascun condomino fornisca
la prova dell’usucapione del bene condominiale. Per
provare il compimento dell’usucapione, il condomino,
oltre al decorso del tempo, deve provare l’uso esclusivo
del bene ed il cd. animus possidendi, concretantesi nell’esercizio,
sul bene condominiale, di un diritto corrispondente al diritto
di proprietà.
Ipotesi in cui non opera la presunzione ex art.1117 cc.
Come evidenziato, la prova del titolo contrario deve essere
fornita rispetto a quei beni che sono in rapporto di strumentalità
rispetto ai singoli piani o porzioni di piano. Per converso,
nelle ipotesi in cui si tratta di beni che, per le loro
caratteristiche, sono destinate, materialmente e funzionalmente,
al servizio di una sola unità abitativa, non opera
la presunzione di condominialità ex art.1117 cc.
L’art.1117cc. n.1, nell’enucleare i beni che
si presumono condominiali, recita “… e in genere
tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso
comune”; si evince che, nelle ipotesi in cui non sussista
tale rapporto di accessorietà, ma vi è una
destinazione particolare, il bene è “naturalmente”
di proprietà individuale e, pertanto, non occorre,
a livello probatorio, provare il titolo contrario, perché
non opera la presunzione ex art.1117cc. . Sul tema sono
opportunamente intervenute le Sezioni Unite (Cass., Sez.
Un., 07-07-93 n.7449), non per dirimere un contrasto giurisprudenziale,
ma in funzione correttiva dell’orientamento espresso
dalle sezioni semplici. E così nella motivazione
della sentenza si legge “… una cosa non può
proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva per
le sue caratteristiche strutturali soltanto all’uso
e al godimento di una parte dell’immobile oggetto
di un autonomo diritto di proprietà”. E ancora
“ … la destinazione particolare esclude già
all’origine che il bene rientri nella categoria delle
cose comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la norma
dell’art.1117cc. Come esempio chiarificatore può
considerarsi l’ipotesi di una scala che serve per
accedere a un solo appartamento dell’edificio condominiale.
Non può dubitarsi che essa sia di proprietà
esclusiva del titolare di questa unità abitativa,
ma non perché la sua destinazione particolare superi
la presunzione legale di comunione, bensì in quanto
in tale caso la scala per le sue caratteristiche strutturali
non rientra proprio nell’ambito delle cose comuni
di cui all’art.1117cc.” (Cass., Sez.Un., 07-07-93
n.7449 in Arch. loc. 1993, pag.710). E la naturale destinazione
del bene costituisce il parametro in base al quale distinguere
la proprietà esclusiva dalle parti comuni, nelle
ipotesi in cui tale destinazione non sia chiaramente desumibile
dai titoli (F: Petrolati, V. Vitalone, Il condominio, problemi
e soluzioni giurisprudenziali)
Il disegno di legge in materia di condominio
Il disegno di legge di riforma del condominio (ddl. n.
1708 ed altri), all’esame della Commissione Giustizia
del Senato (in Immobili & Proprietà n.5/04 pag.
251, Riforma del condominio: ultime novità), inserendosi
nel tessuto codicistico, modifica gli artt. 1117 cc. e ss.
ed introduce nuove norme, ampliando anche gli adempimenti
a carico dell’amministratore. Nella presente riflessione
interessa la proposta di modifica dell’art.1117 cc.,
che desta perplessità per i riflessi giudiziari che
può determinare. In base alla proposta di modifica,
sono condominiali i beni enucleati nell’art. 1117
cc., se il contrario non risulta dal titolo, ed il titolo
deve precisarne, a pena di nullità, la diversa destinazione
d’uso. Conseguentemente, non potrà considerarsi
idoneo, a superare la presunzione di condominialità,
il titolo dal quale risulti implicitamente, sebbene in modo
inequivocabile, la proprietà individuale, perché
il titolo deve indicarne la diversa destinazione d’uso.
Pertanto, per sottrarre un bene, che naturalmente presenta
un rapporto di accessorietà rispetto alle singole
unità abitative, alla destinazione condominiale,
occorrerà una previsione puntuale della diversa destinazione,
quasi a giustificarne la sottrazione alla naturale destinazione.
Sembra di capire che alla sanzione della nullità
dovrà conseguire la natura condominiale del bene,
atteggiandosi la sanzione come nullità relativa,
che inficia la sola clausola di destinazione del bene. Resterà
da vedere quando la indicazione della diversa destinazione
del bene ridondi in una mera clausola di stile, ed incorra,
pertanto, nella sanzione della nullità, aumentando,
così, il non esiguo contenzioso in materia condominiale.
______________________
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 1708
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori BUCCIERO, GRECO, IOANNUCCI,
IERVOLINO, SERVELLO, BOBBIO Luigi, GIRFATTI, DANZI, TREMATERRA,
TATÒ, SUDANO, BRIGNONE, SEMERARO, MARANO, MEDURI,
BALBONI, SALERNO, MUGNAI, PELLICINI, DE CORATO, PONTONE
e COLLINO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 SETTEMBRE 2002
Modifica agli articoli 1117, 1120, 1124, 1129, 1130, 1137
e 1138 del codice civile, agli articoli 63, 64, 66, 67,
70 e 71 delle disposizioni di attuazione del codice civile
nonchè all’articolo 7 del codice di procedura
civile circa la disciplina del condominio negli edifici
Onorevoli Senatori. – L’esigenza di una riforma
della disciplina del condominio è da decenni invocata
da più parti.
Le motivazioni di tale esigenza sono dettate dall’inadeguatezza
di un sistema normativo ancorato al 1942, ove il fenomeno
condominiale era legato a diverse esigenze ed a modesti
agglomerati urbani. La crescita esponenziale delle tipologie
di abitazioni ha ingenerato innumerevoli casi che hanno
trovato una disciplina più dalle consolidate pronunce
giurisprudenziali che dal dettato normativo.
Si è inoltre constatato che la figura dell’amministratore
condominiale, sempre più qualificata, si è
notevolmente trasformata fino a consacrarsi in una tipologia
professionale organizzata anche in forma societaria. L’attuale
codice civile, giustamente ancorato alla figura del mandatario,
lascia alcuni spazi aperti che, a seguito di casi sempre
nuovi, danno adito a molti dubbi interpretativi che non
giovano alla certezza del diritto. La valorizzazione normativa
di tale funzione, nel riconoscere – nei limiti del
possibile – la professionalità dei migliori
amministratori, restringerà lo spazio alle improvvisazioni.
Tali esigenze si dovranno coniugare con la salvaguardia
degli interessi dei condomini che risentono in prima persona
dell’inadeguatezza e genericità normativa,
con conseguente aumento della litigiosità.
La presente proposta appare satisfattiva degli interessi
di tutte le parti, andando ad incidere sui meccanismi giudiziari,
oggi ancora troppo lenti ed insoddisfacenti.
Per motivi di opportunità, si è operata un’integrazione
del dettato normativo laddove il vuoto creava incertezze
e diversità di pensieri, mantenendo integre le parti
che hanno condotto, sia in dottrina che in giurisprudenza,
a consolidate interpretazioni.
Certezza, controllo e mezzi giudiziari più rapidi
sono, in sintesi gli obiettivi del presente disegno di legge.
In ordine alle parti comuni (articolo 1117 del codice civile),
è apparso da un lato indispensabile ed opportuno
ricomprendere nell’alveo delle «fondazioni»
quelle parti che, per struttura morfologica, destinazione
ed utilità ne sono necessariamente racchiuse ancorchè
non previste dalla codificazione del 1942; dall’altro
si è ritenuto opportuno aggiornare l’antica
immagine del condominio verticale, comprendendovi anche
la ormai consolidata realtà del condominio cosiddetto
orizzontale.
In ordine all’articolo 1120 del codice civile si è
ritenuto di chiarire l’assetto originario del disposto
normativo specificando che l’innovazione, nel consistere
in un alterazione e/o mutamento di destinazione del bene
comune, si differenzia dalla modifica, lasciando ferma la
possibilità per i condomini di adottare delibere
con quorum ridotti in forza di leggi speciali. Si auspica
in tal modo di rendere omogeneo e quindi premiare l’intervento
dell’Autorità giudiziaria, che aveva, di fatto,
ristretto in tal senso l’interpretazione dell’idea
di innovazione consentita o meno.
Una questione molto dibattuta riguarda la compartecipazione
alle spese relative alle scale da parte dei proprietari
degli immobili situati al piano terreno, ovvero dei locali
che abbiano un accesso alla propria unità separato
rispetto a quello condominiale. Quanto ai primi è
pacifico che essi debbano partecipare alla spesa con riferimento
all’articolo 1124 del codice civile sia pur con i
noti criteri relativi alla particolare posizione dell’appartamento
interessato. Per quanto concerne invece gli immobili sempre
situati al piano terra ma con ingresso indipendente e autonomo,
si registrano pareri discordi. Sul punto si è condivisa
la soluzione prospettata dalla Suprema corte con sentenza
n. 761 del 1979 che ha ritenuto i ridetti proprietari tenuti
«a concorrere alle spese di manutenzione dell’androne
delle scale in rapporto e proporzione all’utilità
che anch’essi possono, in ipotesi, trarre quali condomini
e ciò sia avuto riguardo all’uso, ancorchè
ridotto, che possono fare dell’androne e delle scale
per accedere – come è loro diritto –
nei locali di portineria e al tetto o lastrico solare, sia
avuto riguardo all’obbligo ed alle connesse responsabilità
che anch’essi hanno quali condomini, di prevenire
e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa
derivare all’incolumità degli utenti dall’inefficiente
manutenzione dei suddetti beni comuni». Appare pleonastico
sottolineare che tale scelta di campo risolverà anche
le problematiche relative alla casistica circa l’esercizio
del diritto di voto o meno di tali proprietari nelle ipotesi
di approvazione di lavori riguardanti la manutenzione e
la ricostruzione delle scale.
In merito all’articolo 1129 del codice civile, riaffermando
il concetto secondo il quale il mandato all’amministratore
deve rivestire i caratteri dell’intuitus personae,
si è operata la necessaria e coerente scelta tesa
a favorire – nell’ipotesi di amministrazione
condominiale in forma societaria – solo quelle in
cui vi è la prevalenza dell’elemento personale.
Al contrario il sorgere di società di capitali comporterebbe,
nell’ipotesi di patologia del rapporto, l’eventualità
per i condomini di non poter percorrere efficacemente le
strade tese all’acclaramento di responsabilità,
i cui risultati sarebbero probabilmente vanificati dal beneficio
della responsabilità limitata di cui godono le ridette
società. Ovviamente la forma di società di
persone prescelta certo non impedirà a quest’ultima
di garantire, all’interno della medesima, una maggiore
organizzazione di mezzi e di investimenti ferma restando
la personale responsabilità dei soci.
Nella nuova formulazione del terzo comma del medesimo articolo
1129 si è ribadito un concetto desumibile dalle norme
sul mandato ma che, nella prassi, crea diverse interpretazioni
posto che alcuni amministratori, dopo la revoca dell’incarico
con contestuale nomina del nuovo amministratore, chiedono
ed ottengono compensi maturati nel periodo occorrente al
passaggio di consegne. Per quest’equivoco di base
si è potuto constatare, nella prassi quotidiana,
come alcuni amministratori ritardino scientemente il passaggio
di consegne al fine di maturare illegittimamente compensi
non dovuti.
Nel nuovo quarto comma invece, prendendo atto della difficoltà
di ottenere il rendiconto dall’amministratore revocato
prima della scadenza (in specie ove costui non vanti eventuali
crediti derivanti da anticipazioni personali), attese le
difficoltà logistiche che un’improvvisa revoca
possa comportare per l’organizzazione dello stesso,
si è previsto un tempo congruo per consentire all’amministratore
di predisporre il rendiconto prima della scadenza naturale
e con facoltà del condominio di prevedere un compenso.
Ovviamente restano invariati gli obblighi di consegna immediata
di tutti i documenti utili atti a consentire la gestione
condominiale anche in costanza di fenomeni di urgenza o
comunque straordinari. Si è consapevoli che in via
teorica l’obbligo del rendiconto (anche nel caso di
revoca prima del mandato) sarebbe incluso tra i doveri dell’amministratore;
pertanto, e sempre in via astratta, anche nell’ipotesi
di revoca di cui sopra, lo stesso sarebbe tenuto a presentare
il rendiconto. Ma nella realtà le cose stanno diversamente:
infatti, numerosissime sono le situazioni nelle quali il
nuovo amministratore provvede a rimediare alla mancata presentazione
del rendiconto da parte del vecchio amministratore. Tale
conseguenza è quasi sempre accompagnata o da richieste
di ulteriori compensi da parte del nuovo amministratore
o da un lavoro poco approfondito di controllo di vecchi
carteggi e di «contabilità» redatte con
criteri misteriosi. Il buon senso fa comprendere che unico
obiettivo del nuovo amministratore è di chiudere
alla meglio i conti del passato per rendere esigibili i
conguagli. Al contempo sono rare le ipotesi nelle quali
questo lavoro è eseguito con certosina precisione,
a maggior ragione ove si pensi alla gratuità di tale
incarico. La facoltà dell’assemblea, prevista
al quarto comma, potrà sicuramente invogliare l’amministratore
revocato prima della scadenza a rendersi più attivo,
rispettando gli obblighi previsti dalla legge, e di contro
cristallizzare sul medesimo eventuali responsabilità
di natura contabile relativa alla sua gestione. L’assemblea,
ovviamente, potrà approvare o non approvare questo
rendiconto, ma con la previsione di cui al quarto comma
aumenteranno le possibilità di presentazione da parte
dell’amministratore revocato prima della scadenza
con la naturale conseguenza di colorare tali documenti di
una maggiore valenza probatoria per il rilievo di ulteriori
responsabilità.
Nel nuovo sesto comma si sono volute tipizzare alcune ipotesi
di «gravi irregolarità» atteso che la
genericità della norma ha fatto proliferare diversificate
interpretazioni a riguardo.
Le ipotesi sub lettere a), b) e c) sono quelle che hanno
costituito, in linea di massima, un univoco indirizzo giurisprudenziale
a riguardo, ma che assurgendo a tipizzazione normativa diminuiranno
lo sforzo ermeneutico della magistratura investita.
Si vuole evidenziare in particolare il punto sub lettera
c), che, nella ratio della presente modifica, porterà
implicitamente a variare delle consuetudini errate, fonti
di non pochi problemi sia in campo civile che in campo penale.
Tralasciando la ben più grave ipotesi di una coincidenza
del conto corrente personale con quello del condominio,
evidentemente indicativa di piena responsabilità,
giova sottolineare che molti amministratori, sia per un’apparente
semplicità di gestione, sia perchè indotti
a tanto dagli stessi condomini, usano conti correnti unificati
ove confluiscono le quote di vari condomìni amministrati
dagli stessi. Tale pratico ma irregolare metodo è
severamente censurato nel dettato del nuovo sesto comma
dell’articolo 1129 del codice civile, posto che la
confusione di patrimoni di diverse amministrazioni condominiali
potrebbe ingenerare la paralisi gestionale contemporanea
di tutti i condomìni. A tal proposito si ipotizzi
un eventuale pignoramento presso terzi sulle somme depositate
nell’unico conto corrente, effettuato da un fornitore
di un qualsiasi condominio, che avrebbe l’effetto
di paralizzare la disponibilità di tutte le altre
somme ivi depositate ed appartenenti ad altri condomìni,
con gli immaginabili disagi nonché i danni che ne
conseguirebbero.
Nel settimo comma è ridata luce al registro per la
nomina e per la revoca tenuto dall’amministratore
di condominio, fino ad oggi rimasto virtuale. Tale registro,
di proprietà del condominio amministrato, assurge
ad una scrittura obbligatoria che ha la funzione di descrivere
cronologicamente la successione nel tempo dei vari amministratori,
la cui importanza pratica potrà essere utilmente
esperita nei rapporti con i terzi al fine di palesare i
poteri di rappresentanza.
Nel medesimo comma si è imposto l’onere della
comunicazione (rectius – variazione), della nomina
e della revoca dell’amministratore da parte di quest’ultimo
alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura
competente. Tale comunicazione sarà annotata quale
variazione di dato collegato alla posizione del singolo
amministratore iscritto al registro degli amministratori
condominiali (RAC).
In ordine all’articolo 1130 del codice civile si è
ritenuto opportuno riaffermare due princìpi a volte
disattesi:
il primo riguarda il criterio da assumere per definire
in quali e quante categorie classificare le spese sostenute.
Questo non è un criterio contabile, bensì
un criterio giuridico-tecnico, posto che, ove nulla disponga
la legge, soccorre il regolamento o una delibera assembleare
specifica, con la quale è consentito approvare specifici
criteri di ripartizione in ordine a spese particolari non
previste e, comunque, non preregolamentate. A tal proposito
si è imposto il cosiddetto registro di contabilità
(la cui funzione è già in essere presso la
maggioranza degli amministratori), ove saranno aggiornate
cronologicamente le singole quote di spese riscosse dai
condomini, nonchè ciascuna spesa sostenuta. Il registro,
pertanto, conterrà una sola colonna, così
detta delle entrate, dove annotare le quote di spese riscosse,
e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea
(ad esempio: assicurazione incendio e responsabilità
civile; compenso amministratore e consulenti esterni; spese
amministrative varie; manutenzione ordinaria; manutenzione
straordinaria; compensi personale dipendente; contributi
previdenziali ed assistenziali personale dipendente; accantonamento
per trattamento fine rapporto; materiali di pulizia; illuminazione
e lampade; forza motrice ascensore; consumi idrici; spese
individuali; fornitura di combustibili per caldaia termosifoni;
elettricità per forza motrice bruciatore caldaia;
manutenzione impianto di riscaldamento, eccetera);
il secondo principio è quello della chiarezza del
rendiconto di gestione. Per fare ciò non occorrerà
impostare rendiconti sofisticati in quanto la contabilità
condominiale non è rivolta alla rilevazione di fatti
aziendali complessi quali i costi e i ricavi. Un rendiconto
condominiale che usasse terminologie sofisticate, pur se
contabilmente corrette, ovvero termini per addetti ai lavori
di contabilità, non rispetterebbe la funzione di
chiarezza con riguardo ai destinatari delle rendicontazioni.
Tuttavia, è noto che alla fine di ogni gestione condominiale
si riscontra l’esistenza di qualche condomino moroso
nel versamento delle sue quote e, quindi, di qualche spesa
ancora da erogare da parte dell’amministratore; in
tale ipotesi, il rendiconto della gestione potrebbe assumere
la forma semplicissima di una situazione di cassa e precisamente:
più avanzo liquidità esercizio precedente
in cassa; più conto corrente bancario e postale;
più introiti per quote condominiali; più interessi
maturati su conto corrente; meno pagamenti diversi.
Nella pratica è evidente la necessità che
la chiusura del conto annuale evidenzi anche l’esistenza
di crediti per quote condominiali non ancora incassate e
di debiti per forniture di beni e servizi da saldare. Tale
necessità trova la sua ragione nel necessario collegamento
nel tempo dei rendiconti annuali.
Alla situazione di cassa, pertanto, andrà affiancata
una situazione patrimoniale che evidenzi, alla chiusura
del conto, le disponibilità liquide, i crediti ed
i debiti.
In ordine alla norma regolante le impugnazioni delle delibere
condominiali (articolo 1137 del codice civile), si è
innanzitutto ritenuta necessaria l’eliminazione della
parola «ricorso» posto che le intenzioni del
legislatore (da sempre disattese) davano per scontato un
sistema processuale più celere.
Nel corso degli anni si è pacificamente ritenuto
che la citazione possa costituire l’equipollente del
ricorso e che, di fatto, sia anche il mezzo più idoneo
a rispettare i termini di decadenza. Tuttavia una sentenza
isolata della Suprema corte e dottrina minoritaria hanno
da un lato esaltato un revirment dell’adozione del
mezzo giudiziale del ricorso, a pena di nullità (cfr.
Cassazione, sentenza n. 6205 del 1997) e dall’altro
si è ipotizzata una decadenza solo per gli atti di
citazione, sia pur notificati nei termini, ma iscritti a
ruolo oltre i trenta giorni dalla conoscenza della delibera
impugnata.
In tale panorama, una norma chiara, che evidenzi la possibilità
di impugnare le delibere con atto di citazione notificato
nei termini di decadenza, si è ritenuta tutt’altro
che superflua.
Ancora più incisivamente, al fine di determinare
un’efficace tutela cautelare, si è prevista,
oltre alla già esistente fase in causam, una fase
cautelare ante causam che avrà il pregio di risolvere
la querelle sulla inapplicabilità del nuovo processo
cautelare al cautelare tipico previsto dall’articolo
1137 del codice civile. Inoltre questa fase preventiva e
d’urgenza potrà costituire un più veloce
mezzo per ottenere rapidamente la sospensione della esecutività
della delibera impugnata, solo in caso di un pregiudizio
irreparabile.
All’articolo 1138 si prevede l’introduzione
dell’obbligo della sottoscrizione del regolamento
da parte di ogni votante alla assemblea.
L’analisi della prassi ha suggerito la modifica dell’articolo
63 delle disposizioni di attuazione del codice civile nella
parte in cui si riducono a tre i mesi superati i quali l’amministratore
potrà sospendere, al condomino moroso, l’utilizzazione
dei servizi comuni, rivolgendosi al magistrato solo nella
ipotesi di omessa previsione nei regolamenti.
La riduzione temporale e la possibilità, anche in
assenza di previsione regolamentare, di sospendere i servizi
comuni – ove ciò sia possibile – permetterà
agli amministratori di tutelare più efficacemente
i condomini adempienti.
Nell’articolo 64 delle disposizioni di attuazione,
ove si regolamenta il tipo di procedura e di provvedimento
per la revoca giudiziale dell’amministratore, stanti
discutibili prassi di alcuni tribunali, non è apparso
superfluo statuire il contraddittorio delle parti nell’audizione
in camera di consiglio.
Nell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione
si sono introdotte tre modifiche che decongestioneranno
il contenzioso mirando alla certezza nel tempo delle delibere
assembleari.
In primo luogo, dopo aver degradato l’incompleta o
mancata convocazione del condomino a vizio annullabile e
quindi soggetto alla decadenza del termine d’impugnativa
della delibera nei trenta giorni dalla conoscenza della
medesima, si è riservata tale possibilità
solo ai condomini direttamente pretermessi e non a tutti.
Lo scopo di tale rilevante inversione, che tiene conto della
più recente giurisprudenza (cfr. Cassazione, sentenza
n. 31 del 2000; tribunale di Milano, 27 settembre 2001,
n. 10343) e della sciagurata prassi che vede il solito condomino
litigioso paralizzare la volontà assembleare eccependo,
magari dopo anni, la non rituale convocazione, è
quello di premiare i partecipanti ed al tempo stesso evitare
costosi giudizi.
Del resto il buon senso dovrebbe indurci a ritenere che
un vizio di incompleta convocazione non può diventare
una spada di Damocle sulle decisioni del condominio e nel
contempo, un credito sine die del condomino, pronto ad usarlo
alla prima occasione e per altri scopi.
Il diritto alla informazione non sarà certamente
lesionato da un meccanismo che dà certezze sul futuro,
ma che prevede, per i reali interessati a reclamare, un
termine decadenziale di trenta giorni.
In secondo luogo si è meglio regolamentata la possibilità,
nell’interesse del condominio, di tenere la seconda
convocazione in più date, fermo restando che l’assemblea
sia stata validamente costituita, ci si perdoni il gioco
di parole, alla prima riunione tenutasi in seconda convocazione.
Intuibili i vantaggi: gli amministratori potranno convocare
più riunioni con un unico avviso e con molta probabilità
riusciranno a discutere tutti i punti all’ordine del
giorno.
In terzo luogo si è ritenuto di dover statuire anche
per il condominio il principio di limitare l’uso delle
deleghe e, nell’ipotesi di amministratore interno,
limitare il diritto di voto su determinati argomenti, quale
l’approvazione dei rendiconti, ed in ogni altra ipotesi
ove sia manifestamente palese il conflitto di interessi.
Nella medesima direzione si è ritenuto di dover modificare
il regime sanzionatorio dettato dall’articolo 70 delle
disposizioni di attuazione, in ordine alle infrazioni al
regolamento di condominio. In prima battuta si è
attualizzata la somma prevista nella norma portandola da
lire 100 a euro 50. Successivamente si è prevista
una procedura che, nel medesimo tempo, contemperi molteplici
esigenze. L’infrazione pur essendo elevata dall’amministratore
dovrà essere ratificata dall’assemblea che,
con la maggioranza di cui all’articolo 1136 del codice
civile, potrà determinare la quantificazione fino
al massimo previsto indicato nel primo comma. Tale meccanismo
elimina e/o comunque riduce eventuali eccessi di zelo e/o
abusi di potere da parte dell’amministratore ma nel
contempo offre a quest’ultimo un valido mezzo per
colpire in modo rapido e satisfattivo il condomino inadempiente.
La casistica giudiziale in ordine alle infrazioni al regolamento
è numerosissima; tuttavia i tempi, i costi ed i risultati
ottenuti non sono sempre pregni d’effetti risolutivi.
Al contrario gli odierni meccanismi processuali frustrano,
il più delle volte, l’iniziativa dei condomini
costretti a subire le angherie del condomino prepotente.
In tale ipotesi gli innumerevoli richiami verbali e/o formali
dell’amministratore, o le dichiarazioni di disappunto
dei condomini in assemblea, non sempre sortiscono gli effetti
sperati nei confronti del condomino inadempiente.
Inoltre, anche nell’ipotesi d’azione giudiziaria
non sempre le sentenze emesse dopo lungo tempo sono rispettate,
dando luogo ad incidenti d’esecuzione o a possibili
azioni in sede penale (ex articolo 650 del codice penale)
i cui tempi e la cui efficacia sono sotto gli occhi di tutti.
Le ridette problematiche, pertanto, potranno rapidamente
essere risolte rivitalizzando in modo idoneo i meccanismi
del regime sanzionatorio. Ovviamente il condomino sanzionato
potrà proporre impugnazione della delibera assembleare,
al solo fine di innescare la legittimità del suo
comportamento. Con tale norma si esclude pertanto la possibilità
di censurare la misura della sanzione, che sarà applicabile
anche al nucleo familiare del proprietario, del conduttore
e del detentore dell’immobile. Nell’ultimo comma
si è opportunamente richiamato l’articolo 63
delle disposizioni d’attuazione al fine di consentire
l’agevole riscossione della sanzione irrogata.
Di assoluto rilievo appare la creazione di un registro degli
amministratori condominiali (RAC) presso la camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, prevista dall’articolo
71 delle disposizioni d’attuazione. L’iscrizione
obbligatoria da parte di tutti gli amministratori, anche
di quelli che esercitano occasionalmente tale mandato, prevede
dei requisiti minimi e non è soggetta ad esami. Il
facile accesso all’iscrizione, tuttavia, viene ad
essere pesantemente sanzionato in caso d’inottemperanza.
Gli amministratori dovranno comunicare alla camera di commercio
le variazioni dei dati relativi alle nomine e revoche degli
incarichi svolti, con l’indicazione dei complessi
condominiali amministrati. La pubblicità del RAC
assolve numerose aspettative: in primis quella dei cittadini,
che potranno effettuare un rapido controllo sull’operatività
dell’amministratore; in secondo luogo gli stessi amministratori
potranno qualificarsi puntando le loro scelte gestionali
su determinate zone, attuando il famoso principio del cosiddetto
amministratore di quartiere. Tale meccanismo potrebbe gradualmente
selezionare il mercato fin troppo selvaggio e congestionato.
In ultimo, la pubblicità della notizia sugli incarichi
svolti, nel poter dare immediati effetti anche di natura
fiscale, qualificherà sempre più le imprese
maggiormente organizzate.
Al fine di decongestionare, nonchè rendere efficace
l’azione degli amministratori in ordine alla tenuta
d’informazioni necessarie allo svolgimento del proprio
mandato, si è attuata la modifica dell’articolo
7, terzo comma, numero 2), del codice di procedura civile
nella parte in cui attribuisce al giudice di pace la competenza,
qualunque sia il valore, delle procedure relative all’accertamento
della titolarità degli immobili per la corretta formazione
del registro d’anagrafe condominiale previsto dall’articolo
1130 del codice civile.
Appaiono pertanto visibilmente tracciati quei percorsi che,
nell’ammodernare l’intero sistema normativo
del condominio, forniscono veloci strumenti attuativi per
la miglior gestione della cosa comune. Questa riforma sarà
un valido strumento per gli amministratori, i quali potranno
dimostrare sul campo la propria professionalità selezionando
l’attuale mercato a tutto vantaggio dei condomini.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. All’articolo 1117 del codice civile sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, numero 1):
1) dopo la parola «fondazioni» sono inserite
le seguenti: «ivi comprese le intercapedini ed i terrapieni»;
2) dopo la parola «scale,» sono inserite le
seguenti: «il sottoscala, i pianerottoli,»;
3) dopo la parola «cortili,» sono inserite le
seguenti: «i giardini,»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni di cui al presente articolo sono
applicabili anche nella ipotesi di un complesso di edifici
limitrofi, con riferimento alle parti che siano destinate,
per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali,
all’uso del godimento comune e previa verifica della
necessaria contitolarità del diritto di proprietà
sulle parti comuni».
Art. 2.
1. All’articolo 1120, primo comma, del codice civile
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alle parole «I condomini» sono anteposte
le seguenti: «Salvo che la legge non disponga diversamente,»;
b) dopo la parola «innovazioni» sono inserite
le seguenti: «che, nel determinare una alterazione
dell’entità sostanziale o un mutamento della
destinazione originaria del bene, siano».
Art. 3.
1. All’articolo 1124, primo comma, del codice civile,
dopo la parola «servono» sono inserite le seguenti:
«e dei locali che costituiscono corpo di fabbrica
autonomo rispetto all’edificio principale».
Art. 4.
1. All’articolo 1129 del codice civile sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, dopo la parola «amministratore»
sono inserite le seguenti: «che non potrà rivestire
la forma di persona giuridica»;
b) i commi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti:
«All’amministratore revocato non spetta alcun
compenso per il periodo relativo alle operazioni conseguenti
alla successione dell’incarico, salva l’ipotesi
di revoca senza nuova nomina.
Nell’ipotesi di revoca prima della scadenza, è
dovuto all’amministratore un compenso determinato
dall’assemblea in funzione del tempo necessario, non
inferiore a venti giorni, per le operazioni di presentazione
del rendiconto e di successione dall’incarico, fermo
restando l’obbligo della consegna immediata della
cassa, del libro verbale e di ogni altro carteggio relativo
ad operazioni di riscossione delle quote nonchè a
quelle da svolgere con urgenza, al fine di evitare la paralisi
condominiale e il pregiudizio degli interessi dei singoli
condomini.
L’amministratore può altresì essere
revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso
di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo
comma dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso
il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti
di gravi irregolarità.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità dell’amministratore:
a) il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per
la nomina dello stesso;
b) la mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario;
c) la gestione che generi una confusione tra il patrimonio
del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore
ovvero patrimonialità inerenti a rapporti relativi
ad altri condomini gestiti dal medesimo.
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore
dall’ufficio devono essere annotate in apposito registro
tenuto dall’amministratore, che provvede a darne comunicazione
alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura
competente».
Art. 5.
1. All’articolo 1130 del codice civile sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, sono aggiunti in fine i seguenti numeri:
«4-bis) eseguire tutti gli adempimenti fiscali nonchè
quelli previsti dal decreto del Ministero delle finanze
del 12 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 284 del 4 dicembre 1998;
4-ter) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale
formato dai nominativi dei singoli proprietari e dai dati
catastali di ogni appartamento nonchè da annotazioni
circa eventuali limitazioni o ampliamenti inerenti l’esercizio
del diritto di proprietà. Tali comunicazioni devono
essere fornite in forma scritta dai singoli condomini all’amministratore
entro quindici giorni dalla variazione dei dati. L’amministratore,
in caso di inerzia, incompletezza o mancanza delle relative
comunicazioni da parte dei condomini, deve richiedere a
questi ultimi, con lettera raccomandata, tutte le informazioni
necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi
trenta giorni, in caso di omessa o non esaustiva risposta,
l’amministratore può citare in giudizio il
condomino inadempiente innanzi al giudice di pace competente
ai sensi dell’articolo 7 del codice di procedura civile
al fine di far accertare e disporre giudizialmente l’acquisizione
di ogni elemento idoneo alla verifica della titolarità
del bene. Il giudice di pace, qualora voglia avvalersi per
l’accesso presso gli uffici competenti della consulenza
di un tecnico, deve porre l’anticipazione delle spese
a carico esclusivo del condomino inadempiente;
4-quater) curare la tenuta del tegistro dei verbali delle
assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore
e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali
delle assemblee condominiali, al fine di garantire la tutela
degli assenti, devono essere annotati: le eventuali mancate
costituzioni delle assemblee, i contenuti delle discussioni
e delle delibere formate nelle assemblee, nonchè
le dichiarazioni espresse dai singoli condomini. Nel registro
di nomina e revoca dell’amministratore devono essere
annotate, in successione tra loro, le date della nomina
e della revoca di ogni amministratore succedutosi nel condominio,
nonchè la descrizione del decreto in caso di provvedimento
giudiziale. Nel registro di contabilità devono essere
annotati in ordine cronologico i singoli movimenti; esso
contiene una sola colonna per le entrate, dove annotare
le quote di spese riscosse e tante colonne di spesa, ciascuna
per ogni voce omogenea di spesa. Tale registro può
tenersi anche in via informatica»;
b) al secondo comma, dopo la parola «gestione»
sono aggiunte le seguenti: «a mezzo di un rendiconto
analitico ed intelligibile, redatto secondo il principio
di cassa con la indicazione anche cronologica delle voci
di entrata e d’uscita con riferimento alle singole
partite».
Art. 6.
1. All’articolo 1137 del codice civile sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al
regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può
adire l’autorità giudiziaria con atto di citazione;
l’impugnazione non sospende l’esecuzione della
deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità
stessa.»;
b) al terzo comma:
1) le parole: «Il ricorso deve essere proposto»
sono sostituite dalle seguenti: «L’atto di citazione
deve essere notificato»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al
predetto termine di impugnativa si applica la sospensione
feriale di cui all’articolo 1 della legge 7 dicembre
1969, n. 742»;
c) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Nei casi di palese contrarietà alla legge
o al regolamento di condominio ovvero qualora vi siano valide
ragioni per temere che l’imminente esecuzione della
volontà assembleare comporti un pregiudizio irreparabile
del diritto vantato, l’impugnativa con richiesta di
sospensione della esecutività della delibera può
essere proposta con ricorso depositato nella cancelleria
del giudice competente a conoscere del merito ai sensi degli
articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.
La proposizione del ricorso cautelare ante causam sospende
il termine di decadenza dell’impugnativa, che riprende
il suo decorso dopo dieci giorni dalla notifica del provvedimento
di rigetto del ricorso cautelare.
Negli altri casi la richiesta di sospensione della esecutività
della delibera può essere chiesta unitamente all’impugnativa
proposta con atto di citazione o in corso di causa».
Art. 7.
1. All’articolo 1138, terzo comma, del codice civile
le parole: «e trascritto nel registro indicato dall’ultimo
comma dell’articolo 1129» sono sostituite dalle
seguenti: «e, controfirmato da ogni votante, deve
essere allegato al relativo verbale di approvazione facendone
parte integrante».
Art. 8.
1. Il terzo comma dell’articolo 63 delle disposizioni
di attuazione del codice civile è sostituito dal
seguente:
«In caso di mora nel pagamento dei contributi che
si sia protratta per un trimestre, l’amministratore
può sospendere al condomino moroso l’utilizzazione
dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato,
chiedendo alla autorità giudiziaria la necessaria
autorizzazione ove questa non sia già prevista dal
regolamento».
Art. 9.
1. All’articolo 64, primo comma, delle disposizioni
di attuazione del codice civile la parola «medesimo»
è sostituita dalle seguenti: «in contraddittorio
con il ricorrente».
Art. 10.
1. All’articolo 66 delle disposizioni di attuazione
del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti
parole: «in prima convocazione, specificando il luogo
e l’ora della riunione. La incompleta o mancata convocazione
dei condomini determina l’annullabilità della
delibera assembleare impugnabile, nei termini di decadenza
di cui all’articolo 1137 del codice, solo dai condomini,
assenti o dissenzienti, titolari del diretto interesse alla
completezza della convocazione in quanto da questa pretermessi»;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«L’assemblea chiamata in seconda convocazione
non può tenersi nel medesimo giorno solare della
prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più
riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento
dell’assemblea in termini brevi, convocando i condomini
con un unico avviso ove sono indicate le ulteriori date
di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente
costituitasi, senza la necessità di ulteriori convocazioni».
Art. 11.
1. All’articolo 67 delle disposizioni di attuazione
del codice civile, dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:
«Ogni partecipante all’assemblea può
essere munito di non più di due deleghe.
Nelle deliberazioni che riguardano la nomina o la revoca
dell’amministratore l’approvazione del rendiconto
preventivo e consuntivo non possono essere rilasciate deleghe
all’amministratore. Nell’ipotesi in cui l’amministratore
sia anche un condomino, a quest’ultimo non spetta
il diritto di voto sulle materie relative all’approvazione
dei suoi rendiconti e in ogni altra ipotesi ove sia manifestamente
palese il conflitto di interessi».
Art. 12.
1. All’articolo 70 delle disposizioni di attuazione
del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole «lire cento» sono
sostituite dalle seguenti: «euro cinquanta»;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«L’infrazione è elevata dall’amministratore
che ne chiede la ratifica all’assemblea condominiale
alla prima convocazione utile.
L’assemblea, previa relazione dell’amministratore,
verifica la fondatezza e la gravità della infrazione
elevata al condomino ed in caso di ratifica, adottata con
la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma,
del codice, determina la sanzione fino al massimo previsto
al primo comma.
Il condomino sanzionato può proporre impugnazione
alla delibera, nei modi e nei termini previsti all’articolo
1137 del codice, al fine di dimostrare la legittimità
del suo comportamento. La disposizione di cui al presente
comma si applica anche al nucleo familiare del proprietario,
del conduttore e del detentore dell’immobile.
Per la riscossione della sanzione irrogata, l’amministratore
può avvalersi delle procedure previste all’articolo
63 delle presenti disposizioni».
Art. 13.
1. L’articolo 71 delle disposizioni di attuazione
del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 71. – Presso ciascuna camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura è istituito
il registro degli amministratori condominiali (RAC) ove
sono iscritti coloro che intendono esercitare l’attività
di amministrazione dei condomìni anche a carattere
saltuario e provvisorio, sotto qualsiasi forma, ad eccezione
delle persone giuridiche.
L’iscrizione al RAC legittima all’esercizio
dell’attività.
Per ottenere l’iscrizione nel RAC gli amministratori
o i singoli soci delle società di persone esercenti
l’attività di amministrazione devono presentare
domanda alla camera di commercio, industria, artigianato
e agricoltura rispettivamente nella provincia di residenza
o in quella ove le società hanno la sede legale dimostrando
di essere in possesso dei seguenti requisiti fondamentali:
1) avere il godimento dei diritti civili;
2) avere conseguito il diploma di scuola media superiore;
3) essere iscritto ad una associazione di categoria.
Nel RAC debbono essere indicati: i dati anagrafici dell’amministratore;
la data d’iscrizione nel registro; le variazioni dei
dati relativi alle nomine e revoche degli incarichi, con
l’indicazione dei complessi condominiali amministrati.
Il RAC è pubblico ed è sottoposto a revisione
ogni quinquennio».
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta
del Ministro delle attività produttive, sono emanate
le disposizioni per l’esecuzione di quanto previsto
al comma 1 del presente articolo. Il regolamento può
contenere la previsione delle infrazioni e le relative sanzioni
amministrative da un minimo di 200 euro fino a un massimo
di 1.000 euro.
Art. 14.
1. All’articolo 7, terzo comma, numero 2), del codice
di procedura civile sono aggiunte, in fine, le seguenti
parole: «nonchè per le procedure relative all’accertamento
da parte dell’amministratore della titolarità
dell’immobile ai fini del corretto inserimento e mantenimento
nel registro di anagrafe condominiale di cui all’articolo
1130, primo comma, numero 4-ter), del codice civile».
La redazione di megghy.com
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