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Trib. Pordenone, 11 gennaio 2002
Svolgimento del processo
Con il sopraddetto atto di citazione il Grassato evocava
avanti il Tribunale la USL n.11 Pordenonese ora ASL n.6
Friuli Occidentale, per sentir condannare detta entita’
al risarcimento per i danni morali e biologici patiti a
seguito delle trasfusioni di sangue.Queste erano occorse
senza e contro il consenso di esso attore, nel corso di
un ricovero presso9 l’Ospedale di Pordenone, a seguito
di un grave incidente stradale.Sia in base ad un preciso
documento del Grassato che a seguito dell’intervento
della di lui moglie, dei figli e degli amici, era evidente
che all’attore,Testimone di Geova, non doveva esser
trasfuso sangue. E di un tanto i sanitari dell’Ospedale
davano assicurazioni. Tuttavia, esso Grassato subiva trasfusioni
ed intervento, di poi-dopo essser stato dimesso e dopo un
certo punto-risultava colpito da epatite, tanto che doveva
mutare lavoro: da cuoco ad altra attivita’, con danno
evidente.L’ Azienda sanitaria locale si costituiva
ritualmente e contestava, assumendo la necessita’
indefettibile della terapia trasfusionale e connesso PER
salvare la vita del Grassato. E comunque dissenso dalla
trasfusione del sangue non vi era stata da parte del Grassato
, in via esplicita.. Intervento vi era stato per altro,
su autorizzazione della procura della Repubblica. Sull’aver
il Grassato contratto l’epatite, cio’ non poteva
essere dovuto alla trasfusione,visto che controlli ai donatorii
di sangue erano stati effettuati in maniera compiuta e nulla
di negativo si era riscontrato per tale verso. comparse
ritualmente le parti davanti al giudice istruttore ,cio’
accadeva. Veniva disposta CTU ad hoc :vi erano osservazioni
e CTP. Viera assunzione testimoniale . Vi era documentazione
agli atti. Dopo un tanto ed in peregrinando, la causa all’udienza
del 20.6.2001 era del giudice monocratico predetto , su
precise dichiarazioni delle parti, trattenuta a sentenza,
concedendosi ad esse parti itermini di legge per le conclusionali
e le memorie di replica, la causa passava in decisione.
Motivi Della Decisione
La presente causa pone la prima sua tematica sul precetto,
insito a vari livelli, della indisponibilita’ della
vita umana.Nel nostro ordinamento non si sta eludendo questo
precetto a tutt’oggi lo stesso e’ ineludibile
dal nostro sistema, almeno che non si vagheggi in predicozzi
e risentimenti stremati dalla prurigine di sentirsi diversi
a tutti i costi in spregio di una societa’ statuale
a cui apparteniamo comunque.Certe tendenze a normativa sono
in atto in parecchi stati del mondo- e persino in paesi
della Comunita’ Europea a cui aderiamo come comunita’
per altro e solo-e pure in certe lancinanti dichiarazioni
di consensi dell’O.N.U. e della O.M.S. ( organizzazione
Mondiale della Sanita’). Ma queste sono per l’Italia
– lo Stato Italiano – mere attualita’:
non riguardano il nostro diritto scritto, quello che ci
riguarda. Dal diritto alla salute fisica e psichica che
riguarda la camalita’ vivente della persona umana
fino – adrem ipsam pertinens – alla normativa
sulla pieta’ dei defunti, vi e’ i, rispetto
di questa carnalita’ vivente e pensante persino dopo
la morte ovvero dopo la scomparsa della camalita’
vivente. In sostanza la corporalita’ come vita ed
espressione della vita di una persona non
E’ di per se disponibile. Tuttavia sono, per altro,
da tenersi presente aspetti non eludibili.
a) La lettura della Carta, appresa non come << idola
fori>> ma luogo di regole sovraordinate di una comunita’
statale, offre una relazionalita’ umana che vive e
si sviluppa nella liberta’ personale, pregna delle
sue identita’: da quella della religione a quelle
della famiglia sessuata, della capacita’ di creare
ed ideare, di circolare, di essere madri e padri e di poi
delle varie forme della aututela e della tutela delle alterita’.
La lettura relazionata dei codici e delle varie norme offre,
senza i rigori o meglio le angustie e le pastoie di una
“lettura burocratese” o di “diritto sostanziale”,
una considerazione piu’ attenta dei comportamenti
umani.
b) Alla luce di un tanto come ut supra apprezzato, si puo’
porre un altro aspetto ovvero la con saputa sentenza della
Corte Costituzionale di vetera memoria, la 184/1986, che
in una sua parte cosi’ adduce (della cui evocazione
a pensamento il qui giudicante non ha primizia, sed ubi
maior minor cessat): <<la vigente Costituzione, garantendo
principalmente valori personali, svela che l’art.
2043 c.c. va posto soprattutto in correlazione agli articoli
della Carta fondamentale (che tutelano i predetti valori)
e che, pertanto, va letto in modo idealmente idoneo a compensare
il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito.
L’art. 2043 c.c., correlato all’art.32 Cost.,
va necessariamente inteso fino a comprendere il risarcimento
non solo dei danni in senso stretto patrimoniali, ma di
tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le
attivita’ realizzatrici della persona umana>>.
A cui e’ prospettica conferma una sentenza di Cassazione
emessa nell’ultima parte del precorso millennio: il
di 18.11.1997 al n°° 11432. A seguito di una tanta
riflessione giuridica, l’art. 2043 c.c., relativo
ad <<alterum non laedere>>, in una con l’art.
2 della Carta, si apposta a tutela dei diritti della personalita’:
la regula codicistica ripresa per tal verso e tal modalita’
si leva a momento significativo di protezione totale della
complessiva entita’ (ontica – fisica) della
persona, compreso il momento essenziale della <<religio>>
rettamente intesa come l’adare ad rem recepire i momenti
essenziali per il vivere.
Per il Grassato e’ il ricevere sangue la attualita’
negativa per la sua vera vita cosi’ interpretato Atti,
15, pericopi 28 – 29 (e anche se, francamente, tale
tesi appare piuttosto disorientare la tipicita’ cristiano
– giudea nel discorso della lettera apostolica ivi
richiamata, riferendosi piuttosto alle <<leggi del
kasher>>, per cui il sangue viene eliminato e allontanato
dalla persona con il metodo
Noto come <<shechitah>>, ma che tuttavia richiamano
la buona condotta di vita come <<mitzvah>> ovvero
l’unita’ pratica della <<Torah>>,
e nel caso de quo appunto una buona condotta di vita del
Grassato che viene inficiata).
Orbene cosa e’ concorso nel concreto per le trasfusioni,
avendo presente le perizie tutte in atti ed i testi: a)
potevano, i sanitari intervenire nei primi giorni e contenere
le emorragie nei limiti accettabili, e non vi hanno provveduto
e cosi’ operando no hanno rispettato almeno un po’
la identita’ del Grassato; b) non sono intervenuti
che dopo tre giorni ed hanno interpellato una entita’
esterna ovvero la Procura della Repubblica, sia pur del
tutto rispettabile e del tutto autorevole, dimostrandosi
una mancanza di responsabilita’ e di capacita’
di rispettare di per se la persona come tale;c) di poi hanno
praticato trasfusioni ultronee; c) cosi’ comportandosi
non hanno tenuto il doveroso rispetto della tutela ineliminabile
della persona di cui non si puo’(o non si dovrebbe,
come molti ineliminabile della persona di cui non si puo’
(o non si dovrebbe, come molti episodi recenti ci insegnano)
poter disporre, senza porre in essere almanco quel minimo
di rispetto della identita’ personale del Grassato,
la cui sensibilita’ religiosa – fatto esistente
ed esistenziale della identita’ della persona in parola
– era conosciuta sia con la sua dichiarazione scritta
(al presente ed al futuro ed in ogni occasione come dichiarazione
rinvenibile, a meno che non si applichi una sorta di antigiuridico
silenzio – assenso) sia per quanto detto dalla moglie
e dalla figliolanza e dagli amici; d) quindi, se da un lato
la indisponibilita’ della vita della persona non puo’
essere discussa nel nostro sistema, tuttavia l’Ospedale
di Pordenone poteva rispettare almeno in parte il Grassato
ma non ha praticato questo e deve assumersi la responsabilita’
di un intervento che offende ed incide sull’esistenza
di una persona e deve dare risarcitoria. Va precisato che
tanto non puo’ essere imputato ai sanitari ma alla
struttura, che non ha predisposta una tutela su una realta’
ben conosciuta da tempo nel nostro paese, per evidente difetto
di apposti comportamenti, di cui alle direttive interne
e delle autorita’ sovraordinate invero cosi’
prolisse in circolari, dianzi ad una realta’ religiosa
ormai diffusa nel nostro paese e sostanzialmente non estranea
alla nostra civilta’ giuridica. Di quanto occorso
e del qui considerato e’ emblematico e sintomatico
il passare dei giorni inattivamente prima di decidere ed
il ricorso ad autorita’ esterna per darsi competenza.
Come dire: <<lupus in fabula venit enim ad me>>,
ma il Grassato non e’ un <<lupus>> nemmanco
<<in fabula>>: era ed e’ espressione di
un fatto – persona prevedibile e che si poteva organizzare
come struttura.
La risarcitoria andra’ valutata nella misura prudenziale
ed emblematica – in mancanza per altro di sicuri parametri
– del minimo non imputabile a tributi diretti nell’anno,
mediamente calcolato nel tempo 1992 – 2002 pari a
lire circa 5.000.000 per dieci anni circa e quindi arrotondandosi
complessivamente nella somma di lire 50.000.000 (Euro 25.822,84)
fino alla data di dimissione della presente sentenza ovvero
il di’ 11 gennaio 2002 e di poi maggiorandosi la predetta
somma da tale data del tasso annuo legale con correzione
prudenziale in risarcitoria, tramite delatore Pil cautamente
calcolato a base anno 2000, data certa, e cosi’ pari
al 3,50% annuo fino al saldo.
La seconda tematica, di lite, e’ quella relativa alla
causazione della epatite B al Grassato, a seguito delle
trasfusioni. Di piu’ trasfusioni, non di una sola,
evidentemente A tal proposito non convincono la tesi della
convenuta sul momento rilevante che non via sia nesso eziologico
tra trasfusione e la presenza di epatite B del Grassato,
a cui si aggiunge la emocromatosi, a danno di questi. Si
veda il perche’. In sequenza.
a) La temporalita’ adeguata come connessione tra un
prius ed un post- trasfusione ed epatite B – adduce
alla imputazione di un tanto all’Ospedale di Pordenone
b) Le modalita’ di acquisizione della epatite B, che
e’ quella trasfusionale. C) La escusione di colpevolezza
in capo all’Ospedale e’ a carico dello stesso,
escusione che non e’ stata provata: c1) non e’
stato registrato il numero identificativo sulla cartella
per cui non e’ possibile escludere errori di corsia
ed inverso il SIT indica l’assegnato e non il trasfuso;
c2) la dichiarazione del SIT non e’ stata sottoposta
in modo adeguato a verifica ne’ dal CTU ne’
della CTA; c3) non e’ sufficiente l’autodichiarazione
degli addetti e collegati all’Ospedale; c4) il quantitativo
di ferro immesso nel Grassato e’ del tutto ultroneo
ed eccessivo e per tal causazione la emocromatsi non e’
di mera logica sconfessabile come negligenza dell’Ospedale;
c4) quest’ultima causazione e’ sintomatica in
modo inoppugnabile di una negligenza operativa complessiva
dell’Ospedale. Va ulteriormente precisato che un tanto
non puo’ essere imputato ai sanitari ma alla struttura,
che non ha predisposta una precisa tutela su una forma infettiva
che largamente e consaputamente colpisce molti trasfusi
e ben conosciuta da tempo nel nostro paese, per evidente
difetto di apposite prudenze al di la’ delle formali
dichiarazioni autocertificative (e anche nel caso de quo
vi appare lo schermo della Procura della Repubblica, che
non puo’ certamente coprire la negligenza dell’Ospedale
la quale ben appare invero da tutto il complessivo comportamento).
Il danno biologico causato al Grassato e’ ben grave
e dai dati in atti si puo’ quietamente appostarlo
nel 30% (una situazione permanente in via fisiologica e
psicologica, inerente e incidere alla e nella stessa corporalita’).
Per anni 42 del Grassato e con l’uso delle Tabelle
Trivenete anno 1999 – anche se pertinenti ad altre
causazioni ma comunque utilizzabili come parametri, - si
offre un nummario a risarcitoria di Lire 131.910.000 (4.397.000
x 30) e di Euro 68125,83 al 31.12.1999. Da tale data, sulla
predetta capital somma, con il calcolo prudenziale di cui
sopra, maturano frutti civili correnti del 4% annuo usque
ad 11.1.2002 e di poi del 3,50% annuo fino al saldo.
Va aggiunto infine che la USL de quo ora ASL, come costituitasi
e perdurante come tale in lite, rispondera’ di forma
e di sostanza attraverso il rispettivo Commissario addetto.
In caso contrario il suo comportamento processuale sarebbe
alquanto discutibile.
Il tribunale deve quindi pronunciare la condanna, a risarcitoria
morale-esistenziale e biologica, della U.S.L. n° 11
Pordenonese ora Azienda per i Servizi Sanitari n° 6
Friuli Occidentale a pagare, a mezzo del soggetto ad hoc
previsto, al signor Gassato Mirco, rispettivamente, la somma
di Euro 25.822,84 maggiorata del 3,50% annuo dal 11.1.2002
al saldo ed altresi’ la somma di Euro 68.125,83 maggiorata
del 4% annuo dal 31.12.1999 al 11.1.2002 e di poi del 3,50%
annuo fino al saldo.
Le spese di lite seguono la soccombenza.
La provvisoria esecuzione conseguente di diritto (art. 282
cpc).
Ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, condanna
la U.S.L. n° 11 Pordenonese ora Azienda per i Servizi
Sanitari n° 6 Friulu Occidentale a pagare, a mezzo del
soggetto ad hoc previsto, al signor Grassato Mirco a risarcitoria
morale-esistenziale e biologica, rispettivamente, la somma
di Euro 25.822,84 maggiorata del 3,50% annuo dal 11.1.2002
al saldo ed altresi’ la somma di Euro 68.125,83 maggiorata
del 4%annuo dal 31.12.1999 al 11.1.2002 e di poi del 3,50%
fino al saldo;
condanna al pagamento delle spese di lite nella somma complessiva
di Euro 16.127,40 (gia’ lire 31.227.000), ivi compresi
Euro 31.176,21 (gia’ lire 6.150.000) per competenze,
Euro 11.103,82 (gia’ lire 21.500.000) per onorari
di avvocato, Euro 1.428,00 (gia’ lire 2.765.000) per
spese forfetarie 10% su competenze ed onorari, Euro 119,82
(gia’ lire 232.00) per spese imponibili ed Euro 299,55
(gia’ lire 580.000) per spese non imponibili, piu’
IVA e Cnap come per legge; ed altresi’ Euro 1.145,50
(gia’ lire 2.218.000) piu’ IVA e CP se dovute
per spese CTU.
Clausola di esecutorieta’.
La redazione di megghy.com |