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Trib.
Milano, 21 ottobre 1999 [Giud. Chindemi]
Evidenziavano
gli attori che già con provvedimento del Sindaco
di Vignate in data 10 novembre 1995, a seguito di accertamenti
svolti dal Comune di Vignate e dalla USSL 58 di Gorgonzola,
era stato ordinato al sig. Menni « [...] di eseguire
lavorazioni rumorose nei seguenti orari: dalle ore 8,30
alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,30 [...] e di astenersi
dall'eseguire qualsiasi operazione di verniciatura o di
qualsiasi altra attività che comporti produzione
di vapori, gas o altra esalazione insalubre».
Esponevano gli istanti che il sig. Menni si era reso inadempiente
alle predette prescrizioni e, a seguito di ricorso ex art.
700 c.p.c., il giudice designato, con provvedimento in data
11 luglio 1996, aveva ordinato al sig. Menni la cessazione
delle immissioni rumorose provocate dal battimento di lamiere,
dall'utilizzo delle attività sopra menzionate, lo
spostamento del tornio dal locale ove si trova [...] nonché
l'utilizzo delle mole smeriglio flessibili in un erigendo
capannone chiuso verso il confine dei ricorrenti, secondo
le indicazioni prospettate dal Ctu … ».
Chiedevano, previa declaratoria della intollerabilità
e di pericolosità per la salute di tali immissioni,
la cessazione dell'attività svolta dal Menni, in
subordine il suo svolgimento nel rispetto dei limiti posti
dal sindaco di Vignate con l'ordinanza 10 novembre 1995
e con le modalità ed i limiti posti dal G.D. con
l'ordinanza in data 11 luglio 1996, oltre al risarcimento
dei danni.
Si costituiva il sig. Menni Luigi assumendo di avere ottemperato
alle prescrizioni del sindaco di Vignate, e del giudice
delegato nel procedimento ex art. 700 c.p.c., negando di
svolgere attività rumorose o nocive alla salute,
contestando in fatto e diritti le argomentazioni degli attori,
chiedendo il rigetto della domanda.
Alla prima udienza di trattazione compariva personalmente
il solo sig. Menni.
Alla successiva udienza per i Provvedimenti di cui all'art.
184 c.p.c. veniva ammessa Ctu ed, all'udienza fissata per
il giuramento il procuratore degli attori, senza opposizione
da parte del procuratore del convenuto, dichiarava di rinunciare
alla Ctu intendendo avvalersi di quella già espletata
nel giudizio cautelare.
Respinta la richiesta di prove orali, la causa, rinviata
per la precisazione delle conclusioni, passava in decisione
per le definitive statuizioni di merito sulle conclusioni
delle parti trascritte in epigrafe.
Diritto
Le risultanze della Ctu disposta dal G.D. nel procedimento
ex art. 700 c.p.c., accettata dalle parti anche nel presente
giudizio, consentono di ritenere accertato che alcune lavorazioni,
svolte all'aperto, dall'officina del Menni, corrispondenti
al battimento di lamiere, utilizzo di mole smeriglio flessibili
e simili, provocano rumorosità eccedente i limiti
del D.P.C.M. e della normale tollerabilità (3 db
oltre il rumore di fondo) presso le abitazioni di Menni
Flaminio e Palladini Carmen.
L'utilizzo del tornio provoca, inoltre, immissioni rumorose
presso l'abitazione della sig. Paladini Carmen, in misura,
eccedente i limiti differenziali del D.P.C.M. ed i limiti
della normale tollerabilità.
Risulta documentalmente dal rapporto della Polizia Municipale
di Vignate in data 19 marzo 1997 che il sig. Menni Luigi,
anche in epoca successiva al provvedimento d'urgenza, ha
continuato ad usare la mola smerigliatrice, continuando
a provocare rumori eccedenti la normale tollerabilità
nei confronti dei soggetti sopra indicati, tanto che con
decreto in data 30 marzo 1998 del GIP presso la Pretura
di Milano veniva autorizzato sequestro preventivo del tornio
e delle mole smeriglio.
Risulta, inoltre, dal provvedimento del GIP presso la Pretura
Circondariale di Milano in data 27 aprile 1998 di relazione
della richiesta di revoca del sequestro preventivo del tornio
e degli altri beni strumentali che si trovavano nell'officina
del Menni, che lo stesso «non ha ottemperato per nulla
alla ordinanza del giudice civile in data 11 luglio 1996,
con cui gli si faceva ordine, per poter proseguire l'attività,
di spostare il tornio dal locale dove si trovava, e cioè
dal locale Officina sottostante l'abitazione del Menni stesso,
in un erigendo capannone che non è stato edificato
e così pure gli veniva consentito l'utilizzo della
mole smerigliatrice soltanto all'interno dello stesso capannone».
Appare, pertanto, accertata la violazione del sig. Menni
all'ordinanza cautelare del giudice civile che imponeva
all'interessato di usare le mole smerigliatrici in un erigendo
capannone.
La stessa Ctu ha, inoltre, evidenziato che «l'attività
di base dell'officina consistente in riparazioni di motori,
idropulitura, montaggio e smontaggi ruote, movimentazione
di veicoli e materiali, uso della maggior parte degli utensili
all'interno dell'officina, anche con portone della stessa
aperto»,, non provoca immissioni eccedenti i limiti
assoluti differenziali del D.P.C.M. e, anch’esse provocano
il superamento (peraltro contenuto) dei 3 db. sul rumore
di fondo, non sono da considerarsi intollerabili ad eccezione
delle lavorazioni sopra indicate nei confronti dei convenuti
Menni Flaminio e Palladini Carmen (ved. Risultanze Ctu pag.
10).
Solamente nei confronti di Menni Flaminio e Palladini Carmen
le immissioni rumorose provenienti dall'officina di Nenni
Luigi hanno carattere di intollerabilità.
Essendo stata accertata la intollerabilità delle
immissioni solamente nei confronti di Menni Flaminio e Palladini
Carmen solamente tali convenuti hanno diritto al risarcimento
dei danni da parte di Menni Luigi, dovendo essere rigettata
la domanda risarcitoria nei confronti degli altri convenuti
in mancanza del presupposto del danno risarcibile, non essendo
state qualificate intollerabili le immissioni nei loro confronti
e, mancando il presupposto risarcitorio del danne ingiusto
(art. 2043 c.c.).
Il danno subito da Menni Flaminio e Palladini Carmen non
va qualificato come danno biologico in quanto non comporta
un’alterazione dello stato di salute o l’insorgere
di una malattia, ma causa un’alterazione del benessere
psicofisico, dei normali ritmi di vita che si riflettono
sulla tranquillità personale del soggetto danneggiato,
alterando le normali attività quotidiane e provocando
uno stato di malessere psichico diffuso che, pur non sfociando
in una vera e propria malattia, provoca, tuttavia ansia,
irritazione, difficoltà a far fronte alle normali
occupazioni, depressione, ecc.
Trattandosi, invero di “danno esistenziale”,
consistente nell’alterazione delle normali attività
dell’individuo, quali il riposo, il relax, l’attività
lavorativa domiciliare e non, che si traducono nella lesione
della “serenità personale”, cui ciascun
oggetto ha diritto sia nell’ambito lavorativo, sia,
a maggior ragione, nell’ambito familiare.
A causa della lesione della sfera psichica del soggetto
si alterano, in misura più o meno rilevante, i rapporti
familiari sociali, culturali, affettivi e nei casi più
gravi può anche insorgere una vera e propria malattia
psichica; solamente in tal caso, il danno va qualificato
come biologico in senso stretto. Perché possa ravvisarsi
il “danno esistenziale”, occorre che sussistano
le seguenti condizioni:
1) ingiustizia del danno secondo gli usuali parametri dell’art.
2043 c.c.
2) nesso di casualità tra comportamento lesivo e
danno che deve tradursi in un giudizio di proporzionalità
o adeguatezza tra il fatto illecito e le conseguenze dannose;
3) consecutività temporale tra comportamento lesivo
e danno.
Titolare del diritto è chiunque sia pregiudicato,
nell’esplicazione delle normali attività domestiche
o lavorative dal comportamento illecito altrui.
La tutela costituzionale del diritto al “danno esistenziale”
va individuata nell’art. 2 della Costituzione che
tutela i “diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singole che nelle formazioni sociali ove si svolge
la sua personalità”.
Qualunque alterazione della “privacy”, anche
domestica, oltre che ogni ostacolo alla libertà individuale,
sia nell’ambito familiare, ricreativo, sia nell’ambito
lavorativo, costituiscono violazioni di diritti personali,
tutelati dall’ordinamento.
Il danno esistenziale può trarre origine da diverse
causali purché idonee, in concreto, a provocare le
alterazioni psichiche e comportamentali sopra evidenziate.
Oltre al danno esistenziale da “inquinamento acustico”,
ravvisabile nella fattispecie ove vengano superati i limiti
di tollerabilità fissati dalla legge, ulteriori esempi
possono essere ravvisati, ad esempio, nel caso di “danno
esistenziale da disastro” (es.: crollo di un edificio
per fuga di gas, inondazione per crollo di diga, caduta
di aereo), o nel caso di “danno esistenziale da divorzio”,
con addebito della colpa ad uno dei coniugi, nel caso di
alterazioni della personalità del soggetto in rapporto
di diretta connessione causale con l’allontanamento
di uno dei coniugi, conseguente al divorzio con colpa.
Quanto alla natura giuridica del danno esistenziale, trattasi
di danno non reddittuale, trattandosi di evento lesivo che
ha ripercussione sui rapporti familiari sociali, culturali
dei soggetti lesi e solo raramente ha ripercussioni di natura
strettamente economica. Tuttavia, così come per il
danno biologico, ne va affermata la natura patrimoniale,
essendo suscettibile di valutazione patrimoniale anche in
base a parametri e tabelle che la giurisprudenza potrebbe
elaborare sulla base della casistica. Inoltre, ove ne venisse
individuata la natura non patrimoniale, andrebbero evidenziate
le difficoltà di risarcimento nel caso di fatti illeciti
non costituenti, anche astrattamente, reato, in quanto,
nel nostro ordinamento, la risarcibilità del danno
non patrimoniale soggiace ancora ai limiti di cui all’art.
2059 c.c.
La natura patrimoniale del danno ne consente, invero, il
risarcimento una volta individuato il fatto illecito che
può anche non costituire reato, ma, come sovente
avviene nei casi di danno esistenziale, solamente violazione
amministrativa, anche in considerazione dell’orientamento
del legislatore favorevole alla depenalizzazione di fatti
che prima erano sanzionati penalmente.
Il criterio risarcitorio, provata l’esistenza del
danno, non può che essere equitativo e, ai fini della
determinazione del “quantum”, si deve tenere
conto della personalità del soggetto leso, delle
attività svolte, delle alterazioni familiari, sociali,
lavorative provocate dal fatto illecito e delle loro ripercussioni
in tali ambiti.
Nella fattispecie va considerato che le immissioni acustiche
intollerabili sono state
provocate da macchinari particolarmente rumorosi (tornio
e mola smeriglio), collocati nelle adiacenze di civili abitazioni.
Valutata anche la presumibile durata delle immissioni qualificate
come intollerabili e l'incidenza delle stesse sull'equilibrio
psico-fisico dei soggetti danneggiati, appare equo riconoscere
a favore di Menni Flaminio e Palladini Carmen, a titolo
di risarcimento del danno, la somma di L. 15.000.000 ciascuno,
già rivalutata e comprensiva di interessi legali.
Non può essere riconosciuto il danno morale in mancanza
di prova che il superamento dei limiti della normale tollerabilità
costituisca, anche astrattamente, reato.
Nessuna altra prova di danno è stata fornita in relazione
alla diminuzione di valore delle abitazioni dei soggetti
danneggiati dalle immissioni che non può essere ricavata
per presunzione.
Menni Luigi deve essere condannato a pagare a Menni Flaminio
e Palladini Carmen la somma di L. 15.000.000 ciascuno, oltre
al rimborso delle spese processuali, comprensive delle spese
del procedimento cautelare.
Sussistono giusti motivi per dichiarare compensate tra le
altre parti le spese processuali.
La redazione di megghy.com |