Consiglio di stato, Sez. IV, decisione 14/09/2005, n. 4744
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da T. Mara, rappresentata
e difesa dagli avvocati Luigi Manzi e Sergio Dal Prà,
presso lo studio del primo elettivamente domiciliata in Roma
Via F. Confalonieri n. 5;
contro
M. Marcello e D. Sonia, rappresentati e difesi dagli avvocati
Ivone Cacciavillani e Nicolò Paoletti, presso lo studio
dell’ultimo elettivamente domiciliata in Roma Via Barnaba
Tortolini n. 34;
e nei confronti
del comune di Selvazzano Dentro, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per
il Veneto – II Sez. 19.1. 2004 n. 142;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 17 maggio 2005 il Consigliere
Antonino Anastasi; uditi gli avvocati Dal Prà, Manzi
e Cacciavillani Chiara per delega dell’avv. Cacciavillani
Ivone;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
L’originaria proprietaria dell’immobile in controversia,
dopo averlo frazionato in due distinte unità, le ha
alienate nel 1976 in favore rispettivamente dell’odierna
appellante e del dante causa degli odierni appellati.
Nel prosieguo la sig.ra T. ha ottenuto dal comune di Selvazzano
il permesso di costruire n. 90/2003 per ristrutturare e sopraelevare
l’unità di sua pertinenza.
Il titolo edilizio è stato impugnato avanti al TAR
Veneto dai signori M. e D. i quali ne hanno chiesto l’annullamento
deducendo tra l’altro la violazione dell’art.
11 c. 1 del TU n. 380 del 2001.
A giudizio dei ricorrenti il permesso risultava infatti rilasciato
su istanza di soggetto non legittimato, soprattutto in quanto
la porzione di tetto e sottotetto interessata dalla sopraelevazione
non è di proprietà esclusiva della sig.ra T..
Con la sentenza in epigrafe indicata, resa in forma semplificata,
il Tribunale ha accolto il ricorso, rilevando che il provvedimento
impugnato sottrae alla sin qui comune disponibilità
dei comproprietari il sottotetto e autorizza interventi incidenti
sul muro portante comune che separa le due unità abitative
nonchè sull’unitario sistema di scarico delle
acque piovane.
La sentenza è impugnata col ricorso in esame dalla
sig.ra T. che ne chiede l’integrale riforma deducendo
da un lato che il sistema di scarico delle acque meteoriche
di ciascuna delle unità abitative è autonomo
ed indipendente; dall’altro e soprattutto che nel caso
in esame non ricorre l’ipotesi del condominio orizzontale
in quanto il sottotetto costituisce pro quota pertinenza esclusiva
dell’abitazione sottostante.
Ne consegue, secondo la deducente, che nella fattispecie
legittimamente il comune ha dato applicazione al disposto
dell’art. 885 cod. civ. il quale consente la sopraelevazione
del muro comune divisorio senza il consenso del comproprietario.
Si sono costituiti gli appellati instando per il rigetto
del gravame.
Entrambe le parti hanno presentato memorie e documentazione.
Con istanza versata in vista dell’Udienza l’appellante
ha reiterato la richiesta, già avanzata in ricorso,
di specifica consulenza volta a chiarire la situazione dell’immobile.
All’Udienza del 17 maggio 2005 il ricorso è
stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello non è fondato e va pertanto respinto.
Come risulta dalla narrativa, la sentenza gravata ha rilevato
l’insussistenza in capo all’odierna appellante
della proprietà esclusiva della porzione di immobile
sulla quale la assentita sopraelevazione incide.
A giudizio del Tribunale l’immobile in controversia
è infatti di proprietà esclusiva solo per quanto
concerne le unità abitative e gli spazi scoperti di
pertinenza, mentre il sottotetto, il muro portante divisorio
e l’impianto di scarico delle acque piovane costituiscono
parti comuni di un complesso condominiale di tipo c.d orizzontale.
Con l’unico ed articolato motivo d’appello la
sig.ra T. contesta tale statuizione deducendo che il sistema
di scarico delle acque meteoriche di ciascuna delle unità
abitative è autonomo ed indipendente e soprattutto
che nel caso in esame il sottotetto – ancorchè
non materialmente frazionato - costituisce pertinenza esclusiva
dell’abitazione sottostante.
Al riguardo, si premette che sebbene l’appellante non
contesti espressamente quanto statuito dal Tribunale in ordine
alla comunione del muro portante divisorio, ciò non
comporta l’inammissibilità del mezzo (e dell’appello)
in quanto il permesso di costruire è stato rilasciato
dal comune in applicazione dell’art. 885 cod. civ. il
quale appunto consente al comproprietario di innalzare il
muro comune anche senza il consenso dell’altro avente
titolo.
Di talchè, invocando la legittimità del permesso
ed instando per l’applicabilità della richiamata
disposizione civilistica al caso in esame, l’appellante
deduce argomenti oggettivamente incompatibili con la statuizione
di primo grado, così adeguatamente assolvendo all’onere
di specificità dei motivi.
Il mezzo è dunque ammissibile – fermo restando
che l’applicabilità dell’art. 885 cod.
civ. nell’ipotesi della sopraelevazione di una costruzione
unita ad un’altra con la quale abbia in comune il muro
divisorio non viene qui in rilievo – ma nel merito non
è fondato.
Per quanto riguarda il sistema di raccolta delle acque meteoriche
deve intanto ritenersi pacifico che lo stesso ha struttura
unitaria e indivisa, ancorchè le acque raccolte dai
canali di gronda rispettivamente posti sulle falde est ed
ovest ed aventi punto sommitale sul confine scarichino in
condizioni di normalità l’uno nella proprietà
esclusiva T. e l’altro nella proprietà M.-D..
A ciò deve aggiungersi che in epoca posteriore alla
originaria costruzione, l’impianto è stato corredato
– vista la sua insufficienza in caso di precipitazioni
particolarmente copiose - di pluviali centrali proprio finalizzati
a consentire un corretto deflusso delle acque a vantaggio
di entrambe le porzioni della bifamiliare.
Ma, anche a voler prescindere dal precedente rilievo, ad
avviso del Collegio tutta la documentazione disponibile in
atti induce a confermare – senza necessità di
ulteriori acquisizioni istruttorie – quanto statuito
dal Tribunale in ordine alla natura evidentemente comune del
sottotetto.
Al riguardo si ricorda che, il sottotetto di un edificio
può considerarsi pertinenza dell’appartamento
sottostante solo quando assolva alla esclusiva funzione di
isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo,
dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione
di una camera d’aria e non anche quando abbia dimensioni
e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione
come vano autonomo.
In tale ultima ipotesi, secondo il costante insegnamento
della Suprema Corte, l’appartenenza del bene va determinata
in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non
essendo il sottotetto compreso nel novero delle parti comuni
dell’edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie
all’uso comune, la presunzione di comunione ex art.
1117, n. 1, c.c. è applicabile ove il vano, per le
sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente
destinato, sia pure in via potenziale, all’uso comune
oppure all’esercizio di un servizio di interesse comune.
(ex multis Cass., sez. II, 20.6.2002, n.8968).
Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame,
in cui i titoli di acquisto delle parti in causa dalla precedente
proprietà nulla indicano al riguardo, si deve escludere
a giudizio del Collegio che il locale in questione costituisca
pro quota pertinenza degli appartamenti sottostanti, svolgendo
cioè una funzione meramente isolante o protettiva.
La difficoltà di ingresso nell’ambiente non
impedisce infatti allo stesso, in quanto adeguatamente praticabile
all’interno, di essere adibito – di fatto e potenzialmente
- all’uso comune, quale deposito e ripostiglio o alloggiamento
degli impianti o servizi di interesse appunto comune.
In tal senso, dirimente è il rilievo che il locale
(diversamente da come a parere del Collegio rappresentato
nell’elaborato relativo allo stato di fatto dell’immobile
allegato alla richiesta di concessione) è sempre stato
al suo interno oggettivamente indiviso ed accessibile in tutta
la sua estensione da entrambi gli appartamenti, ospitando
ad esempio l’ antenna televisiva pacificamente in comunione
ed a servizio di entrambe le due proprietà.
Si tratta dunque di un locale che per le sue caratteristiche
funzionali e strutturali risulta utilizzabile, non solo in
potenza ma anche in fatto, per servizi comuni di uso comune
e che deve presumersi pertanto rientrante nella comunione
ex art. 1117 comma secondo cod. civ..
Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello
va dunque respinto, con conferma della sentenza impugnata
e dell’annullamento del permesso di costruire rilasciato
all’odierna appellante in violazione dell’art.
11 c. 1 T.U. n. 380 del 2001.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono forfettariamente
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta,
respinge l’appello.
Condanna l’appellante al pagamento in favore degli
appellati delle spese di questo grado del giudizio che liquida
in Euro 3000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2005 dal Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera
di Consiglio con l'intervento dei Signori:
Lucio VENTURINI Presidente
Costantino SALVATORE Consigliere
Dedi RULLI Consigliere
Antonino ANASTASI Consigliere, est.
Vito POLI Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi Lucio Venturini
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
14/09/2005
(art. 55, L. 27.4.1982, 186)
per Il Dirigente
dott. Antonio Serrao
La redazione di megghy.com |