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AREA GRECANICA
L' area Grecanica si estende su una superficie di
circa 460 kmq dal basso Jonio reggino fino all'Aspromonte, comprendendo
porzioni di territorio rivierasco, pedemontano e montano. Essa
comprende il territorio dei seguenti undici comuni: Bagaladi,
Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Melito Porto Salvo,
Palizzi, Roccaforte del Greco, Roghudi, San Lorenzo e Staiti.
La popolazione residente nella zona era nel Censimento del 1991
pari a 36.890 abitanti con una densità quindi di 80 abitanti
per kmq.
Culla secolare della minoranza linguistica ellenofona, l'Aspromonte
Jonico Meridionale custodisce immutate le tracce della sua antica
natura di crocevia sul Mediterraneo.
Per secoli quest'area ha assunto il ruolo di vera e propria isola
culturale per una serie di motivi fra cui la precarietà
storica dei collegamenti ed un entroterra particolarmente impervio.
Per quanto urbanizzata ed antropizzata per le continue migrazioni
della popolazione dei borghi dell'entroterra verso le marine,
la fascia costiera conserva spiagge larghe ed accoglienti. Quasi
una specie di mondo opposto è invece l'interno, in gran
parte collocato dentro i confini del Parco Nazionale dell'Aspromonte:
un pacifico e silenzioso cosmo naturale fatto di solenni fiumare,
selvagge montagne che degradano verso il mare con sentieri e prati
primaverili di unica bellezza.
Bova, Condofuri, Gallicianò, Roccaforte del Greco, Roghudi
sono i centri con le più evidenti tracce della cultura
magno-greca. Il greco di Calabria, parlato in questi luoghi, è
oggetto di studi e ricerche, ma anche motivo di scambi culturali
e di iniziative a tutela delle minoranze linguistiche storiche.
Bova, capitale dei greci di Calabria è dominata dai ruderi
del Castello normanno. Sorge a quasi 1000 m. sul livello del mare
ed è raggiungibile dalla provinciale che parte da Bova
Marina. La Cattedrale custodisce una statua in marmo della Madonna
col Bambino, del 1584, attribuita a Rinaldo Bonanno.
L’antico borgo di Brancaleone Superiore (feudo di nobili
famiglie calabresi, come i Ruffo e gli Scalea), arroccato in cima
ad una rupe, mostra i ruderi del castello ed i resti della chiesa
dedicata alla Madonna dell’Annunziata. Lungo la provinciale
per Staiti si incontrano, in contrada Batia, i resti dell’abbazia
bizantino-normanna (XI sec.) di Santa Maria di Tridetti, per quasi
un millennio centro di culto religioso e meta di pellegrinaggi
popolari.
I confini attuali.
L'isola ellenofona della Calabria si estende oggi
lungo la vallata dell'Amendolea, del torrente Siderone e del San
Pasquale in provincia di Reggio Calabria. Dominati dal versante
sud dell'Aspromonte e solcati da contrafforti e burroni, i paesi
grecanici sono posti a quasi 15 chilometri dalla costa, generalmente
tutti su monti una volta inaccessibili. Né possiamo ammettere
che oggi sia cambiato molto. Infatti, all'interno dei ristretti
confini della Calabria continuano a vivere, ancor più emarginati,
questi ultimi testimoni di una civiltà che era stata grande
e che non intendeva assolutamente rinunciare alla propria identità
dopo aver pagato un così duro prezzo per la propria esistenza.
Bova, Roghudi, Chorìo di Roghudi, Gallicianò, Roccaforte,
e in più i nuovi insediamenti migratori di Condofuri, Bova
Marina, San Giorgio Extra, Modena, Arangea e Sbarre a Reggio Calabria,
Melito Porto Salvo – dove è tornata a rivivere la
nuova Roghudi, segnano i confini attuali della grecità
odierna, ridotta a un estremo limite di resistenza culturale.
Sono limiti che i Greci di Calabria si ostinano a considerare
appartenenti a quel clima odoroso della grecità antica
di cui, fino a qualche secolo fa, ne respirava l'aria la maggior
parte dei paesi dell'attuale provincia reggina. Ma sono limiti
sempre più sparenti, in zone in cui la lingua grecanica
sta ormai recitando l'ultimo atto della sua esistenza. Il dissesto
idro-geologico e la marginalità territoriale, la forte
emigrazione, l'incomprensione umana che non ha reso completamente
realizzabile l’opera delle amministrazioni ed una natura
ostile hanno giocato un ruolo fondamentale nel genocidio bianco
degli ultimi Greci di Calabria.
Roghudi (Righùdi), Ghorìo di Roghudi (Chorìo
tu Richudìu)
A 627 metri sul livello del mare, messo quasi di
guardia nel mezzo del torrente Amendolea, circondato da monti
impenetrabili, continua a resistere all'ingiuria dei tempi il
vecchio abitato di Roghudi. Non v'è traccia di terreni
pianeggianti nel suo territorio, ma un susseguirsi di monti e
di dirupi. Adagiato sul crinale di una collina che precipita verso
il fondovalle, smarrito nella notte dei tempi, Roghudi e il suo
Chorìo hanno conosciuto la sola possibilità economica
che i luoghi permettevano, quella stessa che avevano trovato i
loro antenati al tempo dei primi insediamenti: la pastorizia.
E così è stato fino al giorno in cui la natura e
l'uomo non hanno deciso di trascinare a valle quest'altra oasi
linguistica. Era il 1971. Il paese oggi è raggiungibile
attraverso una poco agevole strada provinciale che da Melito Porto
Salvo sale fino a Roccaforte per poi scendere a Roghudi e risalire
ancora verso il suo Chorìo. E’ raggiungibile pure
da Bova con una lunga teoria di curve che dai Campi di Bova scende
verso il paese. Salendo verso i campi di Bova sono visibili a
quattro chilometri di distanza da Chorìo di Roghudi due
formazioni geologiche naturali che sembrano voler stare a guardia
dell’intera vallata di questo vecchio paese grecanico: Ta
vrastarùcia (le caldaie del latte) e I Ròcca tu
Dràgu (la Rocca del Drago). Oggi la nuova Roghudi vive
nei pressi di Melito P.S. ma i suoi abitanti sono sparsi da tempo
a Bova Marina, Melito P.S., Reggio. La sua data di nascita sembra
legarsi a quella di Amendolea, o poco dopo, di cui fu pagus (casale)
ed ha condiviso la storia e le vicissitudini di questa terra e
degli altri paesi ellenofoni che gravitano nella vallata dell'Amendolea.
Il paese conserva ancora in parte la parlata originaria, soprattutto
negli anziani che hanno però rinunciato da tempo a praticarla
nell’uso quotidiano, per cui essa è destinata fatalmente
a scomparire in considerazione pure della profonda diaspora che
ha colpito i due paesi. Il suo territorio confina con quello più
esteso di Condofuri; i suoi abitanti, compreso la frazione di
Ghorìo, hanno superato le 2200 unità avendo subito
un forte incremento demografico dopo il trasferimento, con notevole
freno all’emigrazione per via delle nuove condizioni più
favorevoli all’occupazione e allo sviluppo socio-economico.
Altamente positivo è stato inoltre l’inserimento
dei roghudesi nelle comunità dove si sono trasferiti. In
alcuni comuni (Arengea di Reggio Calabria, Bova Marina, Melito
P.S.), per opera loro, sono sorti infatti interi quartieri abitati
appunto dalla comunità ellenofona roghudese.
Condofuri, Gallicianò, Amendolea
Prima del 1806 il paese di Condofuri era un pagus
di Amendolea. Oggi esso comprende le frazioni di Gallicianò,
di Condofuri Marina, di San Carlo e di Amendolea. La tradizione
vuole che il paese discendesse dagli abitanti di Gallicianò
attraverso successive immigrazioni, ma non sembra che la gente
dei due paesi abbia i caratteri della stessa razza. Resta però
da segnalare che nella relazione ad limina del vescovo Mons. Morabito
(12.11.1754) si legge che la chiesa di Condofuri non aveva un
parroco perchè, essendo una "non antica colonia"
di Gallicianò il villaggio era sottomesso appunto al parroco
di quel paese. Comunque sia la storia di questi luoghi si assomiglia
tutta e così pure il destino che li domina. In terre votate
alla pastorizia e all'agricoltura, gli abitanti di Condofuri,
Gallicianò e Amendolea vivevano sollecitati dalla fame
e dai bisogni più naturali. L'inaccessibilità dei
luoghi, la mancanza di strade, le scarse risorse e l'indigenza
economica arrivarono a spingere il sindaco di Amendolea - da cui
dipendevano i due villaggi di Gallicianò e Condofuri -
a deliberare nel 1801 che le foreste di querce della SS. Annunziata
dell'Amendolea non dovevano essere vendute poichè le ghiande
servivano per il "pane comune" degli amministrati! Gallicianò
fu probabilmente fondato dalla gente di Amendolea, trasferitesi
in luoghi più inaccessibili in tempi incerti. I gallicianesi
sono un popolo tipico di pastori, amanti del canto, del ballo
e della loro lingua: la lingua greca. Il paese, tormentato da
una natura prepotente e dalla secolare prepotenza di governanti
che non si sono neppure ricordati di costruirvi una strada, ha
vissuto a lungo isolato e senza storia in questa plaga dell'Amendolea.
Qualcuno ha pensato bene di vedere nei gallicianesi gli eredi
di quelle popolazioni immigrate in queste luoghi a viva forza
sotto le direttive di un tabellario dal nome Callicum o Gallicum,
da cui poi si sarebbe originato il nome del paese. Comunque sia
questo millenario paese, vecchio e fragile, ancora oggi oasi della
grecità calabra, ha continuato a resistere attaccato alla
montagna e alla propria identità culturale ed etnica. Ormai
in verità non rimangono che pochi abitanti che hanno comunque
sentito bene il bisogno di fondare una Associazione ellenofona
che grandi meriti ha nella sua attività a difesa della
lingua: I Cumelca. Ragioni pratiche e di vivibilità hanno
spinto la sua popolazione ancora una volta ad emigrare verso Reggio
e Condofuri. Il paese è raggiungibile partendo da Condofuri
Marina verso Condofuri Superiore per poi inoltrarsi in una strada
poco agevole che scorre per 7 chilometri fino a Gallicianò.
Attualmente conta circa 400 abitanti. La popolazione dell'intero
paese (Condofuri San Carlo, Amendolea e Gallicianò) si
aggira intorno alle 6000 unità.
Roccaforte del Greco, Ghorìo di Roccaforte
Posto su un monte alto 935 metri, Roccaforte del
Greco fu detto anticamente Vunì (monte). Successivamente
il suo nome fu mutato in La Rocca al tempo in cui era casale di
Amendolea, per poi assumere definitivamente il nome attuale. La
sua storia si confonde con quella del suo paese di origine, ma
non abbiamo tracce della sua esistenza ancora nel XV secolo. Insieme
a Roghudi e Gallicianò compare citato nelle opere del Barrio,
del Fiore e del Marafioti all'inizio del secolo XVI. Come per
Gallicianò e Roghudi, si suppone che la sua popolazione
sia derivata dalle file di quella gente greca che fu deportata
in massa in questi luoghi per ingrossare le scarse risorse demografiche
di questi paesi. Si sa che tutta questa plaga dell'Amendolea era
certamente fortificata, sia perché era una via obbligata
di transito tra Locri e Reggio, sia perché serviva da difesa
a Bova, estremo limite ovest di Locri. La popolazione di Roccaforte
del Greco, fino a qualche decennio fa interamente di lingua greca,
oggi parla raramente la lingua ellenica, anzi si può dire
che a Roccaforte il linguaggio greco è ormai quasi spento
del tutto. Non migliori, sia dal punto di vista linguistico che
economico, sono le condizioni nel piccolo centro di Ghorìo
di Roccaforte, posto lungo la strada che degrada verso Roghudi.
Nelle vicinanze di Chorio di Roccaforte c’è ancora
da ammirare la chiesetta bizantina della famiglia Tripepi eretta
intorno alla seconda metà del 1700. Gli abitanti di Roccaforte
e del suo Ghorìo oggi raggiungono le 2000 unità.
I due paesi sono collegati alla strada costiera attraverso una
provinciale che da Melito P.S. sale per 30 chilometri a Roccaforte.
Bova (Vùa)
La storia ha oggi dimenticato Bova e forse Bova
ha dimenticato la sua storia. Il paese continua a resistere legato
alla sua rocca con gli ultimi "frammenti" di una popolazione
ormai agli sgoccioli. Quasi tutti gli abitanti si sono riversati
sulla marina in una forzata emigrazione di ritorno. Il paese è
raggiungibile dalla provinciale che parte da Bova Marina e si
snoda per 14 chilometri fino a Bova. Resistono ancora antiche
vestigia del suo passato: le tante chiese, parte delle sue mura
e del suo castello, "l’orma della regina", il
palazzo Nesci, il cadente vescovato. Tra tutti i paesi ellenofoni
è certamente il meglio conservato, il più accessibile
e il più aperto alle manifestazioni culturali legate alle
radici culturali. Presenti sul territorio una delle più
meritevoli associazioni ellenofone "Apodiafàzi",
fondata e diretto, fino a poco tempo fa, dal poeta contadino Bruno
Casile, e "I Chòra" di cui fanno parte un volentoroso
gruppo di giovani legati alla cultura grecanica. Oggi le varie
amministrazioni comunali hanno creato un ottimo museo dell’arte
contadina e pastorale e un museo di Paleontologia, e stanno cercando
in tutti i modi di far rinascere il paese che fu la Chòra
(la capitale) per antonomasia dei Greci di Calabria. Piccolo,
pulito, civettuolo a volte, Bova non smentisce la sua origine,
né nell’aspetto, né nei suoi abitanti. Sulla
cronotassi dei suoi vescovi si sono avvicendati vari autori ma
ancora permangono dubbi sulla data esatta in cui la chiesa vescovile
di Bova sia sorta. Il Gams inizia la serie regolare dei vescovi
bovesi con Blasius, morto nel 1341 ed eletto nel 1313. Ma non
vi sono dubbi ormai che già nel 1094 fosse stato presente
in paese Luca, umile "vescovo di Bova", come egli stesso
si era definito nel suo testamento spirituale. Qualcuno ha voluto
inverare la presenza dei vescovi a Bova a partire dal I sec. d.C,
con Suera, e, successivamente con altri vescovi presenti nel 434
e nel 498. Comunque sia, pur rispettando tutte le opinioni, diamo
per scontato il periodo riferibile a San Luca.
Bova Marina (Jalò tu Vùa)
Posta sulla statale tra Capo Chrisafi (san Giovanni
D’Avalos) e l’Amendolea, Bova Marina confonde la sua
storia con quella di Bova dalla cui municipalità è
stata fondata. Si è costituita in entità autonoma
nel 1908. Prima ancora essa era rifugio di pescatori e di alcuni
coloni bovesi che si erano trasferiti per comodità in marina.
Francesco Nucera in Rovine di Calabria, erroneamente, dice che
in questi luoghi non si ha motivo di credere che vi potessero
essere degli insediamenti. Oggi sappiamo con certezza che nella
sua frazione, San Pasquale, vi erano molti insediamenti, sovrappostisi
nel corso dei secoli: 1. Scyllaca; 2. un insediamento ebraico,
non altrimenti conosciuto a livello di nome ma conosciuto a livello
archeologico; 3. Delia; 4. Panaghìa. E’ di qualche
decennio ormai il ritrovamento del mosaico di una sinagoga ebraica
del IV sec. d.Cr. Il paese negli ultimi trent’anni è
cresciuto in maniera notevole anche per la presenza di alcune
popolazioni interne qui emigrate. Bova Marina è al centro
di ogni attività culturale, sia grecanica che in generale,
e negli ultimi anni si è posta all’attenzione per
la presenza in loco delle Associazioni culturali presenti nel
territorio, soprattutto l’Ismìa Grecànika
"Jalò tu Vùa", fondata nel 1970, l’UTE-TL
e la Coop. artigianale grecanica "To Argalìo"
(il telaio). Presenti pure alcuni gruppi di canto, ballo e di
ricerca tradizionale greco-calabra: Eurito, Delia, Megàli
Ellàda. Il Seminario vescovile, sorto nel 1835 per opera
di Mons. Rozzolino, è ormai abbandonato e sugli stessi
luoghi nascerà il centro AISM. E’ stata invece restaurata
la Chiesa madre dell’Immacolata, iniziata da Mons. Dalmazio
D’Andrea e condotta a termine nel 1879 da Fra’ Longobardi.
Nel 1962 è stata posta su Capo Chrisafi, dove ancora resiste
la cappella dei Marzano e i resti di una torre di guardia, una
statua bronzea dedicata alla Madonna del Mare. Qui, in tempi non
molto lontani, la gente di Bova era solita scendere in pellegrinaggio
per le feste pagane che vi venivano tenute.
Cucina e prodotti dell' area
Una cucina di pastori e contadini. La cucina tradizionale
dell'Aspromonte greco è spartana, di montagna, ma non per
questo priva di sapore e di gustose sorprese. Sino agli anni '60
prevalevano alcuni elementi base oggi non sempre reperibili. Per
il pane, ad esempio, accanto alla farina di grano era in uso quella
di segale, di ghianda o di castagna e varie altre farine minori.
Per le paste, il grano talvolta si mescolava all'orzo, alla segale,
al granoturco. Fra le carni, un elemento cardine era senz'altro
la capra (e la pecora), nonché il maiale.
L'allevamento e la trasformazione del maiale nel
mondo tradizionale avevano un'importanza centrale che si mantiene
tutt'ora molto forte nella diffusa consuetudine dell'allevamento
domestico. Assente il prosciutto, la salumeria locale contemplava,
e contempla, tutti i possibili derivati: salsicce e sopressate,
capicolli, carne in salamoia, sanguinaccio. Ancora oggi, il sacrificio
dell'utile animale si accompagna con una festa familiare, la frittolata.
Formaggio principe della tradizione locale è
il pecorino, in genere di latte misto ovino e caprino. Naturalmente
non mancano le eccellenti ricotte dell'area, da cercare in particolare
nel periodo che va da dopo l'Epifania sino a Pasqua.
Tra i piatti tipici della cucina arcaica grecanica
si possono segnalare: la lestopitta e la pitta 'rrustuta, le cordelle,
i maccaruni, i ricchi'e previti, i tagghiulini, la curcudìa,
le ngute.
Il bergamotto. L'Area Grecanica si caratterizza
anche per un microclima particolarmente dolce che consente la
coltura del bergamotto.
Lungo i letti delle fiumare e nella fascia collinare si susseguono,
tra le altre coltivazioni, i campi profumati di questo agrume,
soprannominato l'oro verde, dal quale viene estratta l'essenza
che costituisce la base naturale della più raffinata produzione
profumiera mondiale.
Visitare l'Area Grecanica. L'Aspromonte grecanico
è una di quelle aree europee che non hanno conosciuto lo
sviluppo economico ed industriale e che anzi hanno patito spopolamento
ed emigrazione. La mancata disponibilità di alloggi o di
piccole strutture alberghiere è uno dei principali problemi
che vanificano il decollo turistico delle aree interne. D'altra
parte l'area ha già in corso da alcuni anni esperienze
importanti nell'ambito eco-turistico: dall'esperienza pionieristica
di Pasquale Valle e del WWF Italia, sino a quella di Naturaliter.
L'Area Grecanica può vantare una positiva esperienza di
ospitalità diffusa ispirata al modello anglosassone del
bed & breakfast.
Il GAL Area Grecanica, tramite un'importante azione
di valorizzazione e ripristino di piccole case rurali accompagnata
da un percorso di formazione per gli operatori, supporta la nascita
di Pucambù (da qualche parte, in greco di Calabria), un'Agenzia
per lo Sviluppo del Turismo Rurale.
Con la nascita di questa agenzia il GAL intende qualificare l'offerta
turistica dell'area. Pucambù ha funzione di interlocutore
centrale con il mercato turistico e intende essere un ulteriore
momento di formazione e di confronto per tutti gli operatori.
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Percorso storico-religioso
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Usi costumi e tradizioni
Le feste religioseLa
cucina
Proverbi e modi di dire
Per saperne di
piu', vedi anche:
Naturaliter
Naturaliter è una Piccola Società Cooperativa
a r.l. dell'Area Grecanica (Parco Nazionale dell'Aspromonte),
che opera per la ricerca e la diffusione del turismo responsabile,
promovendo col WWF Italia progetti mirati allo sviluppo eco-compatibile.
I suoi soci fondatori provengono da varie esperienze professionali
quali: animazione e formazione in campo ambientale, ecoturismo.
Le competenze dei propri soci riguardano: la creazione di reti
di servizi turistici in aree protette, capaci di coinvolgere la
comunità locale attraverso percorsi di partecipazione e
cooperazione; l'educazione ambientale. Nello specifico: l'organizzazione
e gestione di trekking.
Palizzi
OGGETTO: Approvazione schema d’intesa per la promozione
dello sviluppo economico e sociale dell’Area Grecanica con
riguardo al P.I.T. ed iniziativa POR Calabria 2000 – 2006-
Riparto spese per la gestione associata.
Guide.supereva.it/folklore
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per
un microclima particolarmente dolce che consente la coltura del
bergamotto.
Paleariza
Musica trekking e ospitalità rurale dal mondo nella Calabria
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Il festival ha una valenza politica sempre più forte nell’Area
Grecanica....
Andrea Casile - Sindaco di Bova
Per i Comuni dell’Area Grecanica
Cum.el.ca.
La Cum.el.ca. è la più vecchia associazione dei
paesi della GRECANICA partecipe ed attiva all'interno del sudetto
movimento; fra un viaggio ed un'altro con la "madrepatria
Grecia" l'Associazione mette su un gruppo folkloristico.
Conservatorio
Grecanico
Danza, Musica, Tradizione e Ambiente nella Calabria Greca
Sede permanente: Cataforìo (RC)
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