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VIGILANZA IN MATERIA DI RAPPORTI DI LAVORO
IL NUOVO POTERE DI DIFFIDA
Problematiche applicative
Iunio Valerio Romano
(Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro –
Servizio Ispezione del Lavoro
A distanza di quasi due mesi dall’entrata in vigore
del D.Lgs.124/2004 che, in attuazione della delega prevista
dall’art. 8 della L.30/2004 (cd. Riforma Biagi), ha
riformato i servizi di vigilanza in materia di lavoro, gli
operatori del settore hanno dovuto affrontare alcune problematiche
applicative alquanto spinose, la cui corretta soluzione
è fondamentale per il successo della riforma stessa.
In particolare, notevoli perplessità suscita l’art.13
del decreto legislativo citato, che ha ripristinato il vecchio
potere di diffida, già previsto dall’art.9
del D.P.R. 520/1955, mai formalmente abrogato ma di fatto
da tempo inoperante.i
Com’è ormai ampiamente noto, il suddetto articolo
13 stabilisce che l’organo accertatore, il quale rilevi
inadempimenti dai cui derivino sanzioni amministrative,
ha l’obbligo di diffidare il datore di lavoro a regolarizzare
le inosservanze “comunque sanabili”, fissando
il relativo termine. In caso di ottemperanza alla diffida,
il datore di lavoro potrà essere ammesso al pagamento
delle sanzioni nella misura pari al minimo edittale ovvero
nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita
in misura fissa, con conseguente estinzione del procedimento
sanzionatorio in caso di avvenuto pagamento. La diffida,
peraltro, interrompe i termini di cui all’art. 14
della legge n. 689/1981, “fino alla scadenza del termine
per la regolarizzazione”. In caso di accertata inottemperanza,
l’attività ispettiva riprenderà il suo
corso.ii
E’ apparso subito chiaro che il Legislatore ha inteso
introdurre in tema di illeciti amministrativi una procedura
che ricalcasse in buona parte quella prevista dagli artt.20
e ss. del D.Lgs.758/94 in materia di illeciti penali contravvenzionali
(cd. prescrizione obbligatoria), procedura, peraltro, estesa
dall’art.15 del D.Lgs.124/2004 a tutte le ipotesi
di reato in cui sia prevista la pena alternativa dell’arresto
o dell’ammenda ovvero la contravvenzione sia punita
con la sola ammenda.iii
Se questa è stata l’intenzione del Legislatore,
dettata dall’esigenza di contenere al massimo il contenzioso
e premiare la collaborazione della parte datoriale, il procedimento
in esame dovrebbe articolarsi nel seguente modo:
accertamento della violazione sanabile;
diffida a sanare l’irregolarità riscontrata
fissando il relative termine;
accertamento dell’ottemperanza a quanto impartito;
ammissione al pagamento della sanzione;
pagamento della suddetta sanzione ed estinzione del procedimento
sanzionatorio ovvero mancato pagamento e ripresa del procedimento
sanzionatorio.
Orbene, se appare pacifico che la diffida a sanare la violazione
e l’ammissione al pagamento della sanzione non debbano
avvenire contestualmente, giacchè l’accertamento
dell’ottemperanza a quanto impartito dall’organo
ispettivo costituisce il presupposto per attivare la fase
procedurale successiva, secondo un primo orientamento, l’ammissione
al pagamento della sanzione pari al minimo edittale o al
quarto del massimo dell’importo stabilito in misura
fissa, dovrebbe avvenire attraverso apposito verbale da
notificare brevi manu o a mezzo lettera raccomandata. In
tal caso, l’organo accertatore dovrebbe indicare un
termine entro cui deve avvenire il pagamento della sanzione.
E qui sorgono le prime perplessità, giacché,
a differenza di quanto non accada in tema di prescrizione
obbligatoria, dove è lo stesso Legislatore che indica
espressamente il termine per il pagamento della sanzione
(gg.30)iv, l’art.13 del D.Lgs. 124/2004 non solo non
indica nessun termine ma non dà nemmeno facoltà
all’organo accertatore di determinarlo (come, al contrario,
avviene per la diffida ad adempiere). La questione non è
di poco conto, atteso che, in concreto, per medesime violazioni
e, quindi, per le medesime sanzioni, potrebbero verificarsi
disparirà di trattamento in dispregio ai principi
costituzionali di uguaglianza e diritto alla difesa.
Come se non bastasse, con espressione alquanto equivoca
ed infelice, il Legislatore dice testualmente: “Il
pagamento delle sanzioni amministrative estingue il procedimento
sanzionatorio”. Se la natura della sanzione è
e rimane amministrativa, l’applicazione della stessa
non può che avvenire nel rispetto della procedura
di cui alla legge 689/1981 (gli stessi fautori dell’orientamento
dianzi riportato ritengono che la notifica debba avvenire
a mezzo “cartolina verde”, ovvero quella adoperata
per la notificazione degli atti giudiziari). Da ciò
discende che, al fine di evitare vizi di procedura, preso
atto di quella che è stata presumibilmente una dimenticanza
del Legislatore, sarebbe forse più opportuno applicare
la sanzione de qua a mezzo processo verbale ex art.14 L.689/1981,
indicando come termine di pagamento quello previsto dall’art.
16 della medesima legge, ovvero gg.60 dalla notifica. In
caso di mancato pagamento, l’organo accertatore farà
regolarmente rapporto ex art.17 L.689/1981. L’organo
deputato all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione,
nel calcolo della sanzione definitiva, terrà ovviamente
conto delle circostanze del caso specifico.
Argomentando in maniera differente, per il pagamento della
sanzione in questione l’organo accertatore dovrebbe
dare un termine ragionevolmente non superiore a gg.15, che
può essere oggetto di facile contestazione in sede
di opposizione in quanto non previsto dalla legge. Vi è
di più, l’art.13 del D.lgs. 124/2004 dice espressamente
che la diffida interrompe i termini di cui all’art.
14 della legge n. 689/1981 fino alla scadenza del termine
indicato dall’organo accertatore per la regolarizzazione
richiesta. Ciò significa che una volta accertata
la regolarizzazione ed ammesso il trasgressore al pagamento
della sanzione nel rispetto dei benefici di legge, il termine
di decadenza di 90 giorni entro cui gli accertamenti devono
concludersi riprenderà a decorrere. Laddove l’organo
ispettivo dovesse dare un termine più lungo per il
pagamento della sanzione, diciamo gg.60, ricalcando così
quanto disposto dall’art.16 della L.689/1981, il trasgressore
potrebbe proditoriamente non pagare tentando di inficiare
il prosieguo della procedura, in quanto l’organo accertatore,
tenuto a questo punto ad attivare il procedimento di cui
all’art.14 della legge citata, avrebbe tempi obiettivamente
ristretti per la notifica degli illeciti amministrativi.
Appare evidente che il Legislatore, ricalcando la procedura
della prescrizione obbligatoria, non ha tenuto conto che
in materia di illecito penale, decorso il termine indicato
dalla legge per il pagamento della sanzione in sede amministrativa
(gg.30), l’organo accertatore trasmette gli atti alla
Procura della Repubblica la quale dovrà procedere
nell’ordinario termine di prescrizione del reato,
chiaramente più lungo del breve termine di decadenza
previsto in tema di accertamento e notificazione dell’illecito
amministrativo.
Per completezza espositiva, è bene soffermarsi ancora
una volta sull’inciso “il pagamento delle sanzioni
amministrative estingue il procedimento sanzionatorio”.
Non è chiaro, infatti, cosa si intenda per procedimento
sanzionatorio, atteso che se la sanzione comminata, sebbene
nelle forma più favorevole possibile, conserva la
natura di sanzione amministrativa, l’espressione adoperata
dal Legislatore appare alquanto equivoca e, come tale, suscettibile
delle più svariate interpretazioni. Estinzione del
procedimento sanzionatorio può essere inteso nel
senso che vengono meno gli obblighi di comunicazione di
legge nei confronti di altri organi amministrativi o enti
deputati all’applicazione di ulteriori sanzioni amministrative,
quali ad esempio l’Agenzia delle Entrate, salvo il
caso di recuperi contributivi e/o fiscali. Un’altra
soluzione potrebbe essere quella d’intendere l’inciso
posto dal Legislatore come obbligo di non considerare ai
fini della cd. recidiva infraquinquennale la verifica interessata
dalla procedura de qua.
Tale considerazione dà, peraltro, lo spunto per
un’ulteriore riflessione. E’ verosimile, infatti,
che nel corso della medesima verifica ispettiva l’organo
procedente accertati violazioni sanabili e come tali soggette
al potere di diffida con conseguente interruzione dei termini
di cui all’art.14 della legge 689/1981 e violazioni
non emendabili, per le quali occorrerà effettuare
uno stralcio e procedere senza indugio. Ma cosa accade se
all’atto dell’accesso il funzionario incaricato
accerti immediatamente una violazione sanabile (pensiamo
alla mancata esibizione dei libri obbligatori, che è
cosa diversa dalla mancata conservazione sul posto di lavoro,
violazione quest’ultima evidentemente non sanabile)
e debba completare gli accertamenti in un secondo momento?
Diffidare con riferimento alle violazioni accertate e riservarsi
l’ulteriore potere di diffida con riguardo ad eventuali
successive violazione sanabili accertate all’esito
della verifica, significherebbe dare vita ad un intreccio
di termini e relative interruzioni certamente discutibile.
Riservarsi l’esercizio del potere di diffida all’esito
finale della verifica, può, d’altro canto,
comportare una violazione dell’obbligo di contestazione
immediata. Il buon senso, tuttavia, sembrerebbe, far propendere
per la seconda soluzione, indicando, se del caso, un termine
unico per l’ottemperanza a quanto disposto, a prescindere
dall’omogeneità o meno delle violazioni accertate.
Alla luce di quanto sopra esposto, più che un intervento
chiarificatore del Superiore Ministero, che evidentemente
non può che vincolare la sola Amministrazione, sarebbe
auspicabile un intervento correttivo del Legislatore, al
fine di evitare un aumento del contenzioso, ovvero proprio
ciò che s’intende evitare con la novella legislativa.
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Il presente contributo, ai sensi della circolare 18.03.2004
M.L.P.S., ha natura personale e non impegnativo per la pubblica
amministrazione.
i Per un’attenta disamina delle problematiche attinenti
il potere di diffida, già oggetto d’interesse
da parte della stessa giurisprudenza costituzionale, cfr.
“La razionalizzazione delle funzioni ispettive”,
di L. Caiazza – Guida al Lavoro n°10/2003, pp.81
e ss. .
ii Sul concetto di inosservanze “comunque sanabili”,
cfr. “Riforma dei servizi di vigilanza in materia
di lavoro. Diffida ex art.13 D.Lgs. 124/2004 e inosservanze
comunque sanabili. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, con la circolare n°24 del 24.06.2004, indica,
quale elemento di distinzione, l’interesse sostanziale
protetto dalla norma”, di I.V. Romano, in evidenza
su ALTALEX.com n°722 del 05.07.2004.
iii Cfr., altresì, la circolare n°24/2004 del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
iv Art.21 D.Lgs.758/1994 - 1. Entro e non oltre sessanta
giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione,
l'organo di vigilanza verifica se la violazione è
stata eliminata secondo le modalità e nel termine
indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo
di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede
amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma
pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la
contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento
alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della
predetta somma (1).
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo
di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero
e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza
del termine fissato nella prescrizione.
La redazione di megghy.com
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