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Vigilanza nei rapporti di lavoro:il nuovo potere di diffida e problematiche applicative
( Articolo di Iunio Valerio Romano 30.07.2004 )
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VIGILANZA IN MATERIA DI RAPPORTI DI LAVORO
IL NUOVO POTERE DI DIFFIDA
Problematiche applicative

Iunio Valerio Romano
(Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro – Servizio Ispezione del Lavoro


A distanza di quasi due mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs.124/2004 che, in attuazione della delega prevista dall’art. 8 della L.30/2004 (cd. Riforma Biagi), ha riformato i servizi di vigilanza in materia di lavoro, gli operatori del settore hanno dovuto affrontare alcune problematiche applicative alquanto spinose, la cui corretta soluzione è fondamentale per il successo della riforma stessa.

In particolare, notevoli perplessità suscita l’art.13 del decreto legislativo citato, che ha ripristinato il vecchio potere di diffida, già previsto dall’art.9 del D.P.R. 520/1955, mai formalmente abrogato ma di fatto da tempo inoperante.i

Com’è ormai ampiamente noto, il suddetto articolo 13 stabilisce che l’organo accertatore, il quale rilevi inadempimenti dai cui derivino sanzioni amministrative, ha l’obbligo di diffidare il datore di lavoro a regolarizzare le inosservanze “comunque sanabili”, fissando il relativo termine. In caso di ottemperanza alla diffida, il datore di lavoro potrà essere ammesso al pagamento delle sanzioni nella misura pari al minimo edittale ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, con conseguente estinzione del procedimento sanzionatorio in caso di avvenuto pagamento. La diffida, peraltro, interrompe i termini di cui all’art. 14 della legge n. 689/1981, “fino alla scadenza del termine per la regolarizzazione”. In caso di accertata inottemperanza, l’attività ispettiva riprenderà il suo corso.ii

E’ apparso subito chiaro che il Legislatore ha inteso introdurre in tema di illeciti amministrativi una procedura che ricalcasse in buona parte quella prevista dagli artt.20 e ss. del D.Lgs.758/94 in materia di illeciti penali contravvenzionali (cd. prescrizione obbligatoria), procedura, peraltro, estesa dall’art.15 del D.Lgs.124/2004 a tutte le ipotesi di reato in cui sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero la contravvenzione sia punita con la sola ammenda.iii

Se questa è stata l’intenzione del Legislatore, dettata dall’esigenza di contenere al massimo il contenzioso e premiare la collaborazione della parte datoriale, il procedimento in esame dovrebbe articolarsi nel seguente modo:

accertamento della violazione sanabile;

diffida a sanare l’irregolarità riscontrata fissando il relative termine;

accertamento dell’ottemperanza a quanto impartito;

ammissione al pagamento della sanzione;

pagamento della suddetta sanzione ed estinzione del procedimento sanzionatorio ovvero mancato pagamento e ripresa del procedimento sanzionatorio.

Orbene, se appare pacifico che la diffida a sanare la violazione e l’ammissione al pagamento della sanzione non debbano avvenire contestualmente, giacchè l’accertamento dell’ottemperanza a quanto impartito dall’organo ispettivo costituisce il presupposto per attivare la fase procedurale successiva, secondo un primo orientamento, l’ammissione al pagamento della sanzione pari al minimo edittale o al quarto del massimo dell’importo stabilito in misura fissa, dovrebbe avvenire attraverso apposito verbale da notificare brevi manu o a mezzo lettera raccomandata. In tal caso, l’organo accertatore dovrebbe indicare un termine entro cui deve avvenire il pagamento della sanzione. E qui sorgono le prime perplessità, giacché, a differenza di quanto non accada in tema di prescrizione obbligatoria, dove è lo stesso Legislatore che indica espressamente il termine per il pagamento della sanzione (gg.30)iv, l’art.13 del D.Lgs. 124/2004 non solo non indica nessun termine ma non dà nemmeno facoltà all’organo accertatore di determinarlo (come, al contrario, avviene per la diffida ad adempiere). La questione non è di poco conto, atteso che, in concreto, per medesime violazioni e, quindi, per le medesime sanzioni, potrebbero verificarsi disparirà di trattamento in dispregio ai principi costituzionali di uguaglianza e diritto alla difesa.

Come se non bastasse, con espressione alquanto equivoca ed infelice, il Legislatore dice testualmente: “Il pagamento delle sanzioni amministrative estingue il procedimento sanzionatorio”. Se la natura della sanzione è e rimane amministrativa, l’applicazione della stessa non può che avvenire nel rispetto della procedura di cui alla legge 689/1981 (gli stessi fautori dell’orientamento dianzi riportato ritengono che la notifica debba avvenire a mezzo “cartolina verde”, ovvero quella adoperata per la notificazione degli atti giudiziari). Da ciò discende che, al fine di evitare vizi di procedura, preso atto di quella che è stata presumibilmente una dimenticanza del Legislatore, sarebbe forse più opportuno applicare la sanzione de qua a mezzo processo verbale ex art.14 L.689/1981, indicando come termine di pagamento quello previsto dall’art. 16 della medesima legge, ovvero gg.60 dalla notifica. In caso di mancato pagamento, l’organo accertatore farà regolarmente rapporto ex art.17 L.689/1981. L’organo deputato all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, nel calcolo della sanzione definitiva, terrà ovviamente conto delle circostanze del caso specifico.

Argomentando in maniera differente, per il pagamento della sanzione in questione l’organo accertatore dovrebbe dare un termine ragionevolmente non superiore a gg.15, che può essere oggetto di facile contestazione in sede di opposizione in quanto non previsto dalla legge. Vi è di più, l’art.13 del D.lgs. 124/2004 dice espressamente che la diffida interrompe i termini di cui all’art. 14 della legge n. 689/1981 fino alla scadenza del termine indicato dall’organo accertatore per la regolarizzazione richiesta. Ciò significa che una volta accertata la regolarizzazione ed ammesso il trasgressore al pagamento della sanzione nel rispetto dei benefici di legge, il termine di decadenza di 90 giorni entro cui gli accertamenti devono concludersi riprenderà a decorrere. Laddove l’organo ispettivo dovesse dare un termine più lungo per il pagamento della sanzione, diciamo gg.60, ricalcando così quanto disposto dall’art.16 della L.689/1981, il trasgressore potrebbe proditoriamente non pagare tentando di inficiare il prosieguo della procedura, in quanto l’organo accertatore, tenuto a questo punto ad attivare il procedimento di cui all’art.14 della legge citata, avrebbe tempi obiettivamente ristretti per la notifica degli illeciti amministrativi.

Appare evidente che il Legislatore, ricalcando la procedura della prescrizione obbligatoria, non ha tenuto conto che in materia di illecito penale, decorso il termine indicato dalla legge per il pagamento della sanzione in sede amministrativa (gg.30), l’organo accertatore trasmette gli atti alla Procura della Repubblica la quale dovrà procedere nell’ordinario termine di prescrizione del reato, chiaramente più lungo del breve termine di decadenza previsto in tema di accertamento e notificazione dell’illecito amministrativo.

Per completezza espositiva, è bene soffermarsi ancora una volta sull’inciso “il pagamento delle sanzioni amministrative estingue il procedimento sanzionatorio”. Non è chiaro, infatti, cosa si intenda per procedimento sanzionatorio, atteso che se la sanzione comminata, sebbene nelle forma più favorevole possibile, conserva la natura di sanzione amministrativa, l’espressione adoperata dal Legislatore appare alquanto equivoca e, come tale, suscettibile delle più svariate interpretazioni. Estinzione del procedimento sanzionatorio può essere inteso nel senso che vengono meno gli obblighi di comunicazione di legge nei confronti di altri organi amministrativi o enti deputati all’applicazione di ulteriori sanzioni amministrative, quali ad esempio l’Agenzia delle Entrate, salvo il caso di recuperi contributivi e/o fiscali. Un’altra soluzione potrebbe essere quella d’intendere l’inciso posto dal Legislatore come obbligo di non considerare ai fini della cd. recidiva infraquinquennale la verifica interessata dalla procedura de qua.

Tale considerazione dà, peraltro, lo spunto per un’ulteriore riflessione. E’ verosimile, infatti, che nel corso della medesima verifica ispettiva l’organo procedente accertati violazioni sanabili e come tali soggette al potere di diffida con conseguente interruzione dei termini di cui all’art.14 della legge 689/1981 e violazioni non emendabili, per le quali occorrerà effettuare uno stralcio e procedere senza indugio. Ma cosa accade se all’atto dell’accesso il funzionario incaricato accerti immediatamente una violazione sanabile (pensiamo alla mancata esibizione dei libri obbligatori, che è cosa diversa dalla mancata conservazione sul posto di lavoro, violazione quest’ultima evidentemente non sanabile) e debba completare gli accertamenti in un secondo momento? Diffidare con riferimento alle violazioni accertate e riservarsi l’ulteriore potere di diffida con riguardo ad eventuali successive violazione sanabili accertate all’esito della verifica, significherebbe dare vita ad un intreccio di termini e relative interruzioni certamente discutibile. Riservarsi l’esercizio del potere di diffida all’esito finale della verifica, può, d’altro canto, comportare una violazione dell’obbligo di contestazione immediata. Il buon senso, tuttavia, sembrerebbe, far propendere per la seconda soluzione, indicando, se del caso, un termine unico per l’ottemperanza a quanto disposto, a prescindere dall’omogeneità o meno delle violazioni accertate.

Alla luce di quanto sopra esposto, più che un intervento chiarificatore del Superiore Ministero, che evidentemente non può che vincolare la sola Amministrazione, sarebbe auspicabile un intervento correttivo del Legislatore, al fine di evitare un aumento del contenzioso, ovvero proprio ciò che s’intende evitare con la novella legislativa.

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Il presente contributo, ai sensi della circolare 18.03.2004 M.L.P.S., ha natura personale e non impegnativo per la pubblica amministrazione.

i Per un’attenta disamina delle problematiche attinenti il potere di diffida, già oggetto d’interesse da parte della stessa giurisprudenza costituzionale, cfr. “La razionalizzazione delle funzioni ispettive”, di L. Caiazza – Guida al Lavoro n°10/2003, pp.81 e ss. .

ii Sul concetto di inosservanze “comunque sanabili”, cfr. “Riforma dei servizi di vigilanza in materia di lavoro. Diffida ex art.13 D.Lgs. 124/2004 e inosservanze comunque sanabili. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n°24 del 24.06.2004, indica, quale elemento di distinzione, l’interesse sostanziale protetto dalla norma”, di I.V. Romano, in evidenza su ALTALEX.com n°722 del 05.07.2004.

iii Cfr., altresì, la circolare n°24/2004 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

iv Art.21 D.Lgs.758/1994 - 1. Entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (1).

3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione.

La redazione di megghy.com

 

 
   
 
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