CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
(Presidente: V. Carbone – Relatore: M. Cicala)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avv. (omissis) iscritto all’Albo dell’Ordine
degli Avvocati di Roma, dal 16 novembre 1989, in data 13 settembre
2001 ha instaurato un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’Azienda
Municipale Ambiente - AMA SpA, in qualità di responsabile
dell’Ufficio Legale, ed ha richiesto al COA di Roma
di essere iscritto all’elenco speciale dello stesso
ordine ex art. 3, la IV comma lett. b) R.D.L. 1578/1933.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma con
deliberazioni del 7 novembre 2002, e del 19 novembre 2002,
notificate rispettivamente il 21 novembre 2002 e il 16 gennaio
2003 respingeva la richiesta di trasferimento dell’iscrizione
dell’avv. (omissis) dall’Albo degli Avvocati del
libero foro all’elenco speciale degli Avvocati con esercizio
limitato alle cause ed agli affari inerenti all’ufficio
cui sono addetti e disponeva conseguentemente la sua cancellazione
dall’Albo ordinario per incompatibilità.
Ciò sull’assunto che “l’AMA è
attualmente, una società per azioni, a seguito di trasformazione
dell’originaria azienda e non viene dedotta, ai fini
della richiesta dell’avv. (omissis), una oggettiva natura
pubblicistica della stessa”. Il Consiglio di Roma soggiungeva
altresì che “diritto quesito” di cui all’art.
3 della legge 218/90 è utilizzabile nell’ipotesi
in cui gli enti trasformatisi in società per azioni
mantengano un proprio ufficio legale già esistente,
avvalendosi di legali che già ne facevano parte, non
invece nell’ipotesi in cui sia instaurato -come nel
caso di specie - un nuovo rapporto di lavoro.
Avverso la deliberazione del COA, l’avv. (omissis)
proponeva ricorso, svolgendo le seguenti censure:
1) in primo luogo la violazione dell’ari 3 della R.D.L.
1578/33 ove si esclude l’assimilazione dell’AMA
a qualsiasi istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza
dello Stato, delle Province e dei Comuni.
2) In secondo luogo la disparità di trattamento rispetto
ai quattro avvocati già in servizio presso l’Ufficio
Legale dell’AMA..
Il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 61/04 del
l° aprile 2004 accoglieva il ricorso dell’avv.to
R..
Osservava il CNF che il rigetto dell’istanza presentata
dall’avv. (omissis) muoveva da due ordini di considerazioni:
- dalla mancata dimostrazione della oggettiva natura pubblicistica
della AMA S.p.A;
- della avvenuta instaurazione del rapporto di lavoro a seguito
della compiuta trasformazione dell’AMA in SpA (e cioè
in una fase successiva alla sua configurazione quale Azienda
Speciale del Comune di Roma).
Respingeva per altro, entrambe le argomentazioni, sottolineando
che una complessa evoluzione della nozione di “soggetto
pubblico” ha caratterizzato, negli ultimi decenni la
produzione legislativa nazionale e comunitaria, nella disciplina
dell’esercizio della funzione amministrativa. A partire,
quanto meno dalla L. 142/90 (la legge sulle autonomie locali)
l’ordinamento nazionale sarebbe contrassegnato dall’apertura
dei modelli pubblicistici di gestione della cosa pubblica
alle istanze ed ai moduli privatistici.
L’esercizio dei servizi pubblici, in forma societaria,
alla stregua della formulazione dell’art. 22 L. 142/90
(a tutt’oggi trasfuso nell’art. 35 del T.U. sugli
Enti locali) è infatti sufficiente dimostrazione della
utilizzazione pubblicistica dei modelli societari. Utilizzazione
sottolineata nel caso di specie dalla “integrale detenzione
pubblica delle quote societarie dell’AMA (la società
è integralmente detenuta da soggetti pubblici)”,
da cui deriverebbe “l’oggettiva natura pubblicistica”
dell’ente.
Secondo il CNF, poi, ove il COA avesse ritenuto insufficiente
la documentazione e le argomentazioni addotte dal ricorrente,
a provare la natura pubblica dell’AMA, avrebbe dovuto
disporre una integrazione documentale, non invece arrestarsi
dinnanzi ad una presunta carenza istruttoria.
Per quanto attiene alle argomentazioni relative alla “novita”
del rapporto di lavoro instaurato con l’avv. (omissis)
il CNF sosteneva che “l’interpretazione dell’art.
3 della L. 218/90, invocata dal COA, non può trovare
alcuna applicazione nel caso di specie”. Dovendosi,
ritenere legittima l’iscrizione nell’elenco speciale
per tutti i dipendenti degli enti pubblici assegnati in via
esclusiva all’Ufficio Legale dell’ente stesso
(in tal senso C.N.F. Sent. 285/99, 29 marzo 2000 n. 19, 208/99,
225/99, 201/99) purché presso l’ente sia stato
istituito un ufficio legale staccato ed autonomo, con specifica
trattazione degli affari legali dell’ente e che il richiedente
sia adibito al suddetto ufficio, occupandosi in via esclusiva
delle cause e degli affari legali dell’ente. Ed a nulla
varrebbe in contrario, invocare la previsione di cui all’art.
3 suindicato, in quanto la norma si riferisce ai rapporti
di lavoro dei dipendenti di enti creditizi trasformati in
società per azioni. Fattispecie non assimilabile a
quella in oggetto.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ricorre
per cassazione deducendo un unico articolato motivo; resiste
l’avv. (omissis) con controricorso eccependo in via
preliminare la carenza di legittimazione del COA di Roma a
proporre ricorso.
Il Consiglio dell’Ordine di Roma ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione preliminare sollevata dalla difesa dell’avv.(omissis)
deve essere respinta.
E’ invero pacifico nella giurisprudenza di questa Corte
il principio secondo cui gli ordini professionali sono legittimati
a contraddire ai ricorsi proposti dagli interessati contro
i provvedimenti che i rispettivi consigli adottano nella materia
della tenuta dell’albo e delta disciplina; tale legittimazione,
nella materia della disciplina degli avvocati, si può
esprimere nello svolgere difese davanti al consiglio nazionale
forense e nel proporre ricorso per cassazione contro le sue
decisioni; a tal fine l’ordine degli avvocati può
farsi rappresentare anche da avvocato che abbia preso parte
alla deliberazione impugnata, la quale non pone il professionista
in una situazione di incompatibilità e quindi di impedimento
all’esercizio della difesa per la parte da lui rappresentata
(Cass., sez. un., 11 giugno 2001, n. 7872).
Il ricorso deve però essere rigettato.
Con esso il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di
Roma deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di
diritto in relazione all’art. 3 del R.D.L. 1578/1933.
Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360
nn. 3 e 5 c.p.c.).
Giova ricordare che il citato art. 3 dopo aver stabilito
che “L ‘esercizio delle professioni di avvocato
e di procuratore è incompatibile” ... “con
qualunque impiego od ufficio retribuito”... “anche
alle dipendenze di qualsiasi Amministrazione o istituzione
pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle
Province e dei Comuni”, stabilisce però che in
queste ultime ipotesi, possono essere iscritti nell’elenco
speciale annesso all’albo “gli avvocati degli
uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in
qualsiasi modo presso” tali enti, “per quanto
concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso
il quale prestano la loro opera”.
Presupposto indispensabile per la iscrizione all’elenco
speciale è dunque che l’avvocato operi alle dipendenze
di “qualsiasi Amministrazione o istituzione pubblica”,
occorre poi che presso tale istituzione sia costituito un
“ufficio legale”.
La valutazione circa la natura pubblicistica della istituzione
comporta senza dubbio il concorso di considerazioni di carattere
giuridico e di considerazioni di fatto.
Nel suo ricorso il Consiglio dell’Ordine di Roma deduce,
in diritto, che una società per azioni non potrebbe
mai assumere la veste di “istituzione pubblica”.
E questa impostazione trova indubbia rispondenza nella visione
“tradizionale” secondo cui le società per
azioni (anche quando le loro azioni sono possedute da enti
pubblici) costituiscono istituzioni private che operano secondo
le modalità e con gli strumenti degli enti privati.
Questa impostazione è stata travolta attraverso le
così dette “privatizzazioni”; con la “privatizzazione”
è infatti accaduto che alcuni servizi pubblici - pur
ritenuti “essenziali”- siano stati affidati a
società per azioni le cui quote sono di pertinenza
prevalente, se non esclusiva, di enti pubblici.
La giurisprudenza ha così dovuto prender atto della
esistenza di società per azioni che costituiscono “istituzione
pubblica”; e quindi ha affermato che la gestione di
queste società è sottoposta alla giurisdizione
della Corte dei Conti. E puntualmente il Consiglio Nazionale
Forense richiama l’art. 22 della legge 142/1990 (ora
art. 115 e segg. D. Lgs. 267/2000.
E’ appena il caso di ricordare la pronuncia di queste
Sezioni Unite 26 febbraio 2004, n. 3899, relativa alla SO.GE.MI.
(Società per l’impianto e l’esercizio dei
mercati annonari all’ingrosso di Milano) - società
per azioni con capitale detenuto in misura assolutamente maggioritaria
dal Comune di Milano, ma in parte anche dalla SO.FI.MA s.p.a.,
dall’Unione del Commercio del Turismo e dei Servizi,
dalla Sezione di credito agrario della CARIPLO, cui il Comune
di Milano ha affidato la gestione del servizio relativo agli
impianti e all’esercizio dei mercati annonari all’ingrosso
di Milano. La Corte ha affermato che questa situazione integra
una relazione funzionale incentrata sull’inserimento
del soggetto privato controllato nell’organizzazione
funzionale dell’ente pubblico e ne implica, conseguentemente,
l’assoggettamento alla giurisdizione della corte dei
conti in materia di responsabilità patrimoniale per
danno erariale, non rilevando, in contrario, nè la
natura privatistica dell’ente stesso, nè la natura
privatistica dello strumento contrattuale con il quale si
sia costituito, ed attuato il rapporto in questione. Ancor
più significativa appare la ordinanza (sempre delle
Sezioni Unite) 2 luglio 2004, n. 12192. circa i controlli
contabili gravati sulla la S.T.A. - Società Trasporti
automobilistici s.p.a. - Agenzia per la mobilità del
Comune di Roma (d’ora in poi: STA) e la C.R.P. - Compagnia
Romana Parcheggi s.r.l.
Dunque la qualificazioni di un ente come società di
capitali non è di per sé sufficiente ad escludere
la natura di istituzione pubblica dell’ente stesso.
Ma si deve procedere ad una valutazione concreta in fatto,
caso per caso.
Valutazione che il Consiglio Nazionale Forense ha -sia pur
sinteticamente- compiuto sottolineando come l’AMA costituisca
una “longa manus” degli enti territoriali, per
la gestione di un servizio pubblico del resto finanziato con
entrate di natura pubblicistica quali la Tassa (ora tariffa)
per la raccolta dei rifiuti.
Stante la novità della questione, appare opportuno
procedere a compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensa fra le parti le spese
del presente grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni
Unite civili della Corte il 25 novembre 2004.
Depositata in cancelleria il 3 maggio 2005.
La redazione di megghy.com |