ORDINANZA N. 6532/2005 DEL 27/05/2005
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo Carbone - Presidente aggiunto
Dott. Giovanni Olla - Presidente di sezione
Dott. Antonio Vella - Presidente di sezione
Dott. Enrico Papa - Consigliere
Dott. Antonino Elefante - Consigliere
Dott. Ernesto Lupo - Consigliere
Dott. Vincenzo Proto - Consigliere
Dott. Fabrizio Miani Canevari - Consigliere
Dott. Mario Rosario Morelli -Rel. Consigliere
Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
BORRI LOCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO
39, presso lo studio dell'avvocato BARONE GIANLUIGI, rappresentato
e difeso da se stesso, unitamente all'avvocato, CAMINITI ANTONIO,
giusta delega in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
REPUBBLICA ARGENTINA, in persona del Procuratore del Tesoro
della Nazione, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI
SPAGNA 15, presso lo studio legale SIRAGUSA-EMANUELE, rappresentata
e difesa dagli avvocati FAUSTO POCAR e MARIO SIRAGUSA, giusta
delega a margine del controricorso per il primo, e procura
speciale, in atti, per il secondo;
-controricorrente-
per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione
al giudizio pendente n. 3407/03 del Giudice di pace di FIRENZE;
uditi gli avvocati Luca BORRI, Fausto POCAR, Mario SIRAGUSA,
C.F. EMANUELE;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
il 21/04/05 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale
Dott. Umberto APICE il quale ha chiesto il rigetto del ricorso
e per l'effetto dichiarare il difetto di giurisdizione del
giudice italiano, con le conseguenze di legge. Tali conclusioni
sono state confermate in udienza dal Sostituto Procuratore
Generale Raffaele PALMIERI.
ORDINANZA
RITENUTO I N FATTO
1. L'avvocato Luca Borri - che, nel giugno 2001, per il (dichiarato)
complessivo importo di euro 183.000,00, aveva acquistato da
B.N.L. e Monte Paschi Siena, che gia’ li detenevano
nel loro portafoglio, titoli obbligazionari (denominati global
bonds) con scadenza aprile 2008 e tasso di intesse annuo dell'
8,125% [come emessi, nel 1998, dalla Repubblica Argentina
nello Stato di New York, quotati in Lussemburgo e poi rivenduti
sul "mercato secondario"] - chiedeva ed otteneva,
nel successivo luglio 2002, decreti ingiuntivi, con i quali
il Giudice di Pace di Firenze intimava al Governo Argentino
di pagare al ricorrente, per ciascun decreto, la somma di
euro 500,00 (quale frazione del suo maggior credito di euro
183.000,00). E cio’ in applicazione del principio (sub
art. 1186 c.c.) della "decadenza dal beneficio del termine",
applicabile quando il debitore versi in conclamato stato di
insolvenza; come nel caso, appunto, della Argentina che -
in conseguenza della grave crisi economica che aveva colpito
quel paese dall'inizio del 2002 - si era vista costretta a
dichiarare, con legge n. 25 del 2002, la "emergenza pubblica
in materia sociale, economica e finanziaria".
2. La parte ingiunta si opponeva ai provvedimenti monitori.
Stigmatizzava, in premessa, le iniziative giudiziarie del
Borri volte a "soddisfare i propri pretesi diritti in
modo unilaterale ed a scapito della paritetica posizione di
altre centinaia di migliaia di partecipanti al medesimo prestito
obbligazionario. I quali nella quasi totalita’, avevano
"prescelto, invece, la via dell'azione collettiva sotto
il profilo dell'intervento politico e diplomatico", in
vista di "una soluzione globale che soddisfi in modo
paritario le ragioni di tutti gli obbligazionisti nella misura
che risultera’ possibile".
- Articolava, quindi, numerosi motivi di opposizione, in
rito e nel merito: pregiudizialmente ai quali eccepiva, per
altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano. E
cio’ sotto il triplice profilo:
a) della propria "immunita’" da tale giurisdizione,
per il principio "par In parem non habet iurisdictionem",
venendo nella specie propriamente in considerazione i provvedimenti
statuali - 1. n. 25/02 cit., d.M. n. 73/02: 1. n. 25/03 -
con i quali, per ragioni di interesse pubblico, era stato
disposto il differimento di pagamenti delle obbligazioni pubbliche;
b) dell'esistenza di una clausola (art. 22) del regolamento
del prestito obbligazionario in questione, attributiva della
giurisdizione ai giudici dello Stato di New York o della Repubblica
Argentina per qualsiasi controversia inerente a quei titoli
("L'Argentina si sottopporra’ irrevocabilmente
alla giurisdizione di qualsiasi delle suddette Corti, con
riferimento a qualsiasi delle suddette azioni legali e rinuncera’
irrevocabilmente a proporre qualsiasi eccezione relativa al
difetto di competenza di dette Corti ...");
c) della inesistenza anche di alcun criterio di collegamento,
dell'odierna controversia, alla giurisdizione del giudice
italiano, exlege di d.i.p. n. 218 del 1995 [1].
3. Nel giudizio cosi’ instaurato, il Borri ha proposto,
quindi, regolamento preventivo per far dichiarare la giurisdizione,
invece, del giudice italiano. E cio’ in ragione:
a) della natura privatistica, e non iure imperi, della attivita’
svolta dalla Argentina attraverso la collocazione sul mercato
di titoli del debito pubblico e della "irrilevanza del
d.M. 73/02 e della 1. n. 25/03 citt. ai fini del riconoscimento
dell'autorita’ giudiziaria italiana";
b) della "irrilevanza dell'art. 22 del cd. Accordo quadro";
c) della esistenza della giurisdizione nazionale in virtu’
del combinato disposto dell'art. 3, co. 2, 1. 218/1995 e 5,
co. 2 n. 1, 1. n. 804/1971, di ratifica della Convenzione
di Bruxelles del 27 settembre 1968 (per cui, in materia contrattuale,
il convenuto puo’ essere citato in uno degli Stati contraenti
in relazione al luogo ove 1'obbligazione dedotta in giudizio
e’ stata o deve essere eseguita).
- L'intimata ha replicato con controricorso.
- Il P.G. presso questa Corte, nelle sue conclusioni scritte,
ha chiesto respingersi il ricorso con declaratoria del difetto
di giurisdizione del giudice italiano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel presente giudizio - che, in relazione alla nota vicenda
dei bonds argentini, non vede coinvolto alcun soggetto (istituto
intermediario/autorita’ di vigilanza) di nazionalita’
italiana, ma solo ed esclusivamente la Repubblica Argentina
- il quesito pregiudiziale sulla giurisdizione si pone, quindi,
in relazione, in primo luogo, al profilo (potenzialmente di
ogni altro assorbente) della sussistenza, o meno, della immunita’
giurisdizionale di quello Stato in relazione al rapporto dedotto
in causa.
2. La questione va risolta in applicazione del principio
di diritto consuetudinario internazionale, recepito dall'ordinamento
italiano in virtu’ di richiamo dell'art. 10 Costituzione:
principio, cd. della "immunita’ ristretta o relativa".
In virtu’ del quale l'esenzione degli Stati stranieri
dalla giurisdizione civile e’ limitata agli atti iure
imperii (a quegli atti, cioe’, attraverso i quali si
esplica l'esercizio delle funzioni pubbliche statali) e non
si estende, invece, agli atti iure gestionis o iure privatorum
(ossia agli atti aventi carattere privatistico, che lo Stato
straniero ponga in essere, indipendentemente dal suo potere
sovrano, alla stregua di un privato cittadino (cfr., ex plurimis,
Sez. un. nn. 2329/1989; 919/1999; 531/2000; 17087/2003).
- Il che equivale a dire che, al fine dell'esenzione dalla
giurisdizione del giudice nazionale, e’ richiesto che
l'esame e l'indagine sulla fondatezza della domanda, a questi
proposta, comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che
possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti
dello Stato estero (o di un ente pubblico attraverso il quale
detto Stato operi per perseguire anche in via indiretta le
sue finalita’ istituzionali), che siano espressione
dei suoi poteri sovrani.
- Con l'ulteriore limite (di recente, per altro, evidenziato,
in ragione del valore di principio fondamentale dell'ordinamento
internazionale assunto dall'obbligo di rispetto dei diritti
inviolabili della persona umana) per cui si conviene che anche
l'esercizio della sovranita’ non resti coperto dalla
immunita’ quando si risolva in comportamenti dello Stato
estero lesivi, appunto, di quei valori universali di rispetto
della dignita’ umana che trascendono gli interessi delle
singole comunita’ statuali (cfr., sul punto, Sez. un.
n. 5044/2004, in fattispecie di domanda risarcitoria di danni
connessi a crimini di guerra imputabili allo Stato estero
convenuto in giudizio da cittadino italiano innanzi al giudice
nazionale) .
3. Nel caso in esame, il carattere "relativo" della
immunita’ dalla giurisdizione civile dello Stato straniero,
per il profilo della sua inestensibilita’ agli atti
"iure gestionis", viene, appunto, invocato dal ricorrente,
a fondamento della propria istanza di affermazione della giurisdizione
italiana nei confronti della Repubblica Argentina, in relazione
al giudizio a quo.
E cio’ sul rilievo che "l'attivita’ svolta
da quello Stato, attraverso la collocazione sul mercato borsistico
internazionale di titoli del Debito Pubblico che dovevano
essere onorati senza ritardo alle rispettive scadenze, costituisca
"attivita’ economica di mero diritto privato, equiparabile
a quella svolta da un qualunque altro soggetto debitore che
emetta obbligazioni a fronte di prestiti e finanziamenti ricevuti
dagli investitori, che non consente, come tale, allo Stato
straniero di sottrarsi alla potesta’ dello Stato ospitante,
non potendosi quella stessa attivita’ configurasi come
manifestazione di un potere sovrano, ostativo all'esercizio
di un sindacato giurisdizionale".
4. Questa prospettazione difensiva, pur muovendo da esatte
premesse, non puo’ essere, pero’, condivisa nella
sua conclusione.
- Cio’ perche’, mentre natura innegabilmente
privatistica hanno gli atti di emissione e di collocazione
sul mercato internazionale delle obbligazioni di che trattasi,
non analoga natura paritetica hanno i successivi provvedimenti
di moratoria, adottati dal Governo argentino, ai quali, del
resto, lo stesso ricorrente sostanzialmente pretende di ricollegare
la perdita del beneficio del termine ex art. 1186 c.c. ed
il conseguente inadempimento di quello Stato.
4.1. Il riferimento va, in particolare, a:
la legge n. 25.561 del 6 gennaio 2002 (in Boletin Official
del 7.1.2002 n. 19810) che ha dichiarato "l'emergenza
pubblica in materia sociale, economica, finanziaria e cambiaria,
in conformita’ a quanto disposto dall'art. 76 della
Costituzione nazionale, delegando il Governo a procedere al
riordinamento del sistema finanziario ...";
- la 1. n. 25.565 in pari data (Bol. Off. n. 29863/02) che
ha autorizzato il Ministro dell'Economia a compiere ogni atto
necessario al fine di "adeguare i
servizi del debito pubblico alle possibilita’ di pagamento
del Governo nazionale ...";
- la Risoluzione n. 73 del 25 aprile 2002 (Bol. Off, n. 29888/02)
che, al fine di "un ordinato processo di riprogrammazione
di alcune obbligazioni e di rimborso del debito del Governo
nazionale" ha disposto "il differimento, nella misura
necessaria al
funzionamento dello Stato nazionale, dei pagamenti dei servizi
del debito pubblico del Governo nazionale fino al 31 dicembre
2002 ovvero sino a che si completi il rifinanziamento dello
stesso, qualora cio’ accada prima di questa data";
- le leggi n. 25.725 e n. 25.820 del 2003 (ivi nn. 30065
e 30291/03) di proroga della delega al Governo, rispettivamente,
fino al 31 dicembre 2003 ed al 31dicembre 2004;
- la legge, infine, n. 25.827 del 2003 (Boll. Off. n. 30302/03)
con la quale il Parlamento ha ulteriormente disposto "il
differimento dei pagamenti dei servizi del debito pubblico
del Governo nazionale, contratto prima del 31 dicembre 2001
o in virtu’ di norme dettate prima di tale data, fino
a che il Governo nazionale dichiari la conclusione del processo
di ristrutturazione dello stesso".
4.2. Tali provvedimenti - incidenti sul momento funzionale,
del rapporto obbligatorio tra le parti, con un effetto che
sarebbe assurdo ritenere limitato ai soli interessi (come
deduce parte ricorrente) e che invece, in relazione alla finalita’
perseguita, deve considerarsi esteso anche alla sorte capitale
- manifestano, evidentemente, la potesta’ sovrana dello
Stato.
E cio’ sia per la loro natura di leggi di bilancio[quali
la nostra Costituzione sottrae anche a referendum abrogativo],
sia, soprattutto, per le gia’ sottolineate finalita’,
eminentemente pubbliche, perseguite, di governo della finanza
in funzione della tutela di bisogni primari di sopravvivenza
economica della popolazione in un contesto storico di grave
emergenza nazionale.
4.3. Ne’ rileva in contrario il fatto che dette leggi
incidano su diritti patrimoniali di cittadini stranieri, poiche’
cio’ non vale certamente a configurare quella deroga
eccezionale alla immunita’ che, come sopra detto, e’
prospettabile solo in presenza di atti di esercizio della
sovranita’ che si presentino lesivi di "valori
universali della dignita’ umana". Valori, con i
quali le leggi della Repubblica Argentina, su riferite, non
si pongono evidentemente in conflitto, ma che tendono, anzi,
a salvaguardare.
4.4. Su questa linea, con affermazione incidentale che leggesi
nella sentenza n. 329 del 1992, la Corte costituzionale ha
gia’, del resto, mostrato a sua volta di ritenere che
rientrino nella sfera dei poteri sovrani e di governo dello
Stato i provvedimenti di moratoria del debito estero ed il
piano, successivamente predisposto, di ripianamento delle
obbligazioni contratte.
5. La preminenza assoluta degli interessi della collettivita’
organizzata a Stato, che con i provvedimenti indicati si e’
esteso tutelare, esclude, pertanto, la valutabilita’
degli stessi sotto il profilo della eventuale violazione del
regime giuridico di atti negoziali posti in essere "
iure privatorum".
Il che, appunto, comporta il riconoscimento della immunita’
dalla giurisdizione della Repubblica Argentina, in relazione
alle pretese nei suoi confronti azionate dal Borri nel giudizio
a quo.
Confermandosi, cosi’, per tal profilo, il principio,
gia’ enunciato con la sentenza n. 331/1999 di questa
Corte, per cui l’immunita’ ricorre anche nel caso
di pretese a contenuto patrimoniale, sempre che il riconoscimento
delle stesse richieda apprezzamenti ed indagini sull’esercizio
dei poteri pubblicistici dello Stato o ente straniero.
Il quesito sulla giurisdizione va, quindi, risolto con declaratoria
del difetto di giurisdizione del giudice italiano nella presente
controversia (il che, evidentemente, non esclude che per le
sottostanti pretese esistano altre forme di tutela, anche
giurisdizionali, compatibili con la immunita’ dello
Stato qui resistente: v. art. 22 Accordo Quadro sopra cit.).
6. La natura della lite induce a compensare tra le parti
le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara il difetto di giurisdizione
del giudice italiano nella presente controversia e compensa
le spese dell’intero giudizio.
Roma, 21 aprile 2005
Il Presidente
Il Cancelliere C1 Giovanni Gianbattista
Depositata in Cancelleria il 27 maggio 2005.
La redazione di megghy.com |