AGENZIA DELLE ENTRATE
RISOLUZIONE N. 39/E
Roma, 31 marzo 2005
Oggetto: Certificazione delle vendite a domicilio, realizzate
attraverso incaricati alla vendita, a consumatori privati
residenti in altro Stato membro della UE – articolo
41 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331
Istanza d’interpello -articolo 11, legge 27 luglio
2000, n. 212.
Con istanza d’interpello presentata in data …,
ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000,
n. 212, la XY S.p.A. ha esposto il seguente quesito volto
a conoscere l’esatta applicazione dell’articolo
41 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331.
QUESITO
La società XY Spa esercita, prevalentemente sul mercato
nazionale, attività di vendita a domicilio, mediante
incaricati alle vendite, di articoli casalinghi ed elettrodomestici.
Con riferimento alle cessioni di beni effettuate in Italia,
la società si avvale del disposto di cui all’articolo
2, comma 1, lettera d), del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696,
che prevede l’esonero dall’obbligo di certificazione
mediante ricevuta o scontrino fiscale per "le cessioni
di beni risultanti dal documento di cui all’art. 21,
comma 4, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (documento di
trasporto o altro documento idoneo a identificare i soggetti
tra i quali è effettuata l’operazione e avente
le caratteristiche determinate con D.P.R. 14 agosto 1996,
n. 472), se integrato nell’ammontare dei corrispettivi".
In particolare, all’inizio del ciclo di vendita viene
compilato un documento di trasporto "di carico"
della merce caricata sul mezzo di trasporto con il quale l’incaricato
si reca al domicilio dei privati. Le singole vendite sono
documentate mediante la redazione dei "contratti di vendita",
nei quali viene indicato per ciascun bene la natura, qualità
e quantità, nonché il prezzo complessivo al
lordo dell’IVA.
Al termine del ciclo di vendita, i corrispettivi relativi
alle vendite effettuate, determinate in base alla differenza
tra i beni "caricati" sul documento di trasporto
e quelli "scaricati" con il contratto di vendita,
sono annotati sul registro dei corrispettivi, con scorporo
dell’IVA a debito e conseguente liquidazione dell’imposta.
La società ha recentemente avviato un’attività
di vendita destinata a consumatori privati residenti in altri
Paesi dell’Unione europea ed, in particolare, in Germania,
ove ha già nominato un proprio rappresentante fiscale.
Ciò premesso, l’istante chiede quale sia la
corretta modalità per documentare le vendite effettuate
mediante propri incaricati a consumatori finali residenti
in Germania, auspicando una procedura il più semplice
possibile in considerazione dell’elevatissimo numero
di cessioni ivi realizzate.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'interpellante ritiene applicabile alle cessioni in argomento
le disposizioni recate dall’articolo 41, comma 1, lettera
b) del decreto legge n. 331 del 1993, concernenti le vendite
c.d. "a distanza". Stante l’elevato volume
di ricavi realizzato (superiore alla soglia di 154 milioni
di lire, ovvero al minor ammontare fissato dall’altro
Stato membro), la società istante ha considerato le
operazione come non imponibili in Italia, essendo assoggettabili
ad imposta nello Stato membro di destinazione dei beni.
In conformità alle disposizioni concernenti le cessioni
intracomunitarie (articolo 46, comma 3, del d.l. n. 331),
l’istante provvede a certificare ogni singola cessione
con fattura non imponibile, e ad inviarla al proprio rappresentante
fiscale per l’assolvimento degli ulteriori adempimenti
nel Paese di destinazione. Per agevolare il proprio rappresentante
fiscale, tuttavia, la fattura emessa in Italia reca già
l’indicazione dell’IVA tedesca.
Al fine di semplificare i predetti adempimenti fiscali che,
a causa dell’eccessivo numero di fatture da emettere,
determinano un notevole aggravio amministrativo, la società
propone di adottare la seguente procedura:
• istituzione di apposita numerazione dei contratti
per i singoli Stati membri;
• all’inizio di ciascun ciclo di vendita, presa
in "carico" su un apposito documento, numerato e
conservato agli atti della società, dei beni che sono
caricati sul furgone dell’incaricato alle vendite per
essere ceduti nell’altro Paese di destinazione;
• all'atto di ogni cessione nello Stato comunitario,
compilazione del contratto di vendita, in duplice copia, con
indicazione del corrispettivo comprensivo dell’IVA tedesca,
contratto che costituisce, altresì, il documento di
scarico della merce, numerato e conservato agli atti della
società;
• al termine del ciclo di vendita (ossia al rientro
in Italia) consegna da parte dell'incaricato alle vendite
del documento di carico iniziale unitamente a tutti i contratti
di vendita conclusi;
• invio mensile al proprio rappresentante fiscale nell’altro
Stato membro di un elenco dei contratti ivi conclusi, con
indicazione dei dati identificativi di ogni singola operazione
e del debito d’imposta verso il fisco locale e, se richiesto
dallo Stato membro, invio di una copia dei contratti di vendita;
• annotazione nel registro dei corrispettivi in Italia
dei numeri dei contratti relativi alle vendite effettuate
nello Stato comunitario.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L'interpellante ha considerato le cessioni in argomento come
"vendite a distanza" e, pertanto, ha ritenuto applicabili
le disposizioni contenute nell'articolo 41, comma 1, lettera
b), del d.l. n. 331 del 1993.
Si osserva, tuttavia, che la disciplina delle c.d. "vendite
a distanza", contenuta nell'articolo 28-ter, par. B,
della VI direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE e recepita
dal menzionato articolo 41, prevede che l'imposta sia assolta
nello Stato membro di destinazione dei beni in presenza di
determinati requisiti.
In particolare, in base alla disciplina comunitaria cui occorre
necessariamente fare riferimento, le cosiddette "vendite
a distanza" sono caratterizzate non solo dalla circostanza
che l'acquisto è perfezionato da un soggetto privato,
ma soprattutto dal fatto che il trasporto della merce venduta
è effettuato direttamente a cura del fornitore o per
suo conto; ne consegue che la cessione è da intendersi
non imponibile anche se avviene nello stesso punto di vendita
del soggetto fornitore, qualora il trasporto a destino sia
effettuato dal fornitore o per suo conto.
Ciò chiarito per quanto riguarda il trattamento delle
"vendite a distanza", dai dati emergenti dall'istanza
si evince che, nel caso di specie, la merce è trasportata
direttamente nel paese comunitario dagli incaricati alla vendita
e, successivamente, venduta "in loco" dagli incaricati
stessi, mediante la sottoscrizione del contratto da parte
dell'acquirente.
Ne consegue che solo all'atto della stipula del contratto
effettuata nello Stato membro ha luogo l'alienazione del bene.
E' possibile affermare, quindi, che la fattispecie prospettata
non rientra nelle "vendite a distanza" e che i beni
sono introdotti nello Stato membro in regime di "tentata
vendita".
Si tratta propriamente di un'operazione intracomunitaria
posta in essere da una ditta italiana per il tramite di un
proprio incaricato alla vendita, che agisce per conto della
ditta stessa in qualità di dipendente o, comunque,
di rappresentante munito di apposito mandato con rappresentanza
a vendere, tenuto alla stipula del contratto ed alla consegna
della merce.
Al riguardo si osserva che, ai sensi dell'articolo 28-bis,
punto 3, della VI Direttiva CEE "è considerata
<acquisto intracomunitario di un bene> l'acquisizione
del potere di disporre come proprietario di un bene mobile
materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall'acquirente
o per loro conto, a destinazione dell'acquirente in uno Stato
membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o
del trasporto del bene". Il successivo articolo 28-quinquies
precisa, inoltre, che "il fatto generatore dell'imposta
si verifica al momento dell'effettuazione dell'acquisto intracomunitario
di beni. L'acquisto intracomunitario di beni è considerato
effettuato al momento in cui è considerata effettuata
la cessione all'interno del paese di beni analoghi".
L'articolo 28-quater, par. A, della direttiva dispone, infine,
che "...Gli Stati membri esentano...
d) le cessioni di beni ai sensi dell'articolo 28-bis, paragrafo
5, lettera b)...".
Trattasi, in particolare, delle operazioni di "temporanea
utilizzazione di tale bene, per una durata non superiore a
24 mesi, nel territorio di un altro Stato membro all'interno
del quale l'importazione dello stesso bene di provenienza
da un paese terzo ai fini di una utilizzazione temporanea
fruirebbe del regime dell'ammissione temporanea in esenzione
totale dai dazi all'importazione" .
Ciò premesso, in merito alle operazioni in esame che
si realizzano nel territorio di un altro Stato membro, occorre
far riferimento alla normativa ivi vigente per valutare come
siano state recepite da detto Stato membro le disposizioni
comunitarie, ossia se esso consideri l'introduzione di prodotti
per "tentata vendita" tra le acquisizioni per finalità
rientranti nella sfera d'impresa (e, pertanto, assimilate
agli acquisti intracomunitari) ovvero se la parifichi alle
introduzione di beni che a livello doganale sono completamente
esonerati da dazi all'importazione (e, pertanto, non assimilate
agli acquisti intracomunitari) così come previsto dall'articolo
28-quater , par. A, lettera d) della VI Direttiva CEE.
Pertanto, è evidente come anche la procedura di certificazione
delle operazioni in esame varia in relazione al modo in cui
esse sono qualificate dallo Stato membro presso il quale i
beni vengono trasportati.
Nella eventualità che l'operazione debba considerarsi
"cessione intracomunitaria", la ditta venditrice
deve effettuare un trasferimento di beni "a sé
stessa" e, quindi, emettere fattura in Italia in regime
di non imponibilità per l'intero carico di beni inviato
nello Stato membro, con acquisizione intracomunitaria nel
medesimo Stato per il tramite del proprio rappresentante fiscale
(ex articolo 41 comma 2, lett. c), del d.l. n. 331 del 1993).
La successiva alienazione al consumatore finale rileva nel
territorio dello Stato membro quale operazione interna da
assoggettare all'imposta ivi applicata e, pertanto, per il
tramite del proprio rappresentante fiscale, la ditta dovrà
certificare la cessione dei beni con le modalità previste
dalla normativa interna.
Ovviamente, in caso di rientro in Italia della merce invenduta,
occorre assoggettare l'operazione alle disposizioni intracomunitarie
e, quindi, il rappresentante fiscale deve nuovamente fatturare
i beni invenduti alla ditta italiana.
Nell'ipotesi in cui l'operazione sia assimilata all'introduzione
di beni esonerati dai dazi doganali, invece, occorre accertarsi
se lo Stato membro di destinazione ammetta l'adozione di una
procedura analoga a quella prevista dalla scrivente con la
risoluzione del 10 marzo 2000, n. 30 (con la quale sono stati
forniti chiarimenti in merito all'introduzione in Italia da
altri Stati membri di beni per "tentata vendita"),
ossia permetta di sottrarre la merce alla disciplina intracomunitaria
delle cessioni (ex articolo 28-quater, par. A, lettera d)
della VI Direttiva) e di regolarizzarla solo al momento della
vendita.
E' utile ricordare che l'articolo 50, comma 5, del d.l. n.
331 del 1993, nel recepire le disposizioni contenute nell'articolo
22, punto 2, lettera b) della VI Direttiva CEE, dispone che
"i movimenti relativi a beni spediti in altro Stato della
Comunità economica europea o da questo provenienti
in base ad uno dei titoli non traslativi di cui all'articolo
38, comma 5, lettera a) (trattasi, in particolare di beni
da assoggettare ad operazioni di perfezionamento o di manipolazioni
usuali, da utilizzare temporaneamente per l'esecuzione di
prestazioni, o beni che beneficerebbero dell'ammissione temporanea
in esenzione dei dazi doganali), devono essere annotati in
apposito registro tenuto e conservato a norma dell'art. 39
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633".
Si è dell'avviso, pertanto, che in tale evenienza,
l'obbligo di annotazione su un apposito registro possa essere
assolto, così come prospettato dall'istante, mediante
la presa in "carico" dei beni, destinati ad essere
trasportati nell'altro Paese membro, su un apposito documento,
numerato e conservato agli atti della società a norma
del citato articolo 39.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza
d'interpello presentata alla Direzione Regionale del …,
viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma
1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
La redazione di megghy.com |