CASSAZIONE CIVILE Sezione II, Sentenza n. 8066 del 18/04/2005
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORONA Rafaele - Presidente
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere
Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere
Dott. BUCCIANTE Ettore - rel. Consigliere
Dott. MALPICA Emilio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 31 maggio 1991 M. C., M. A. e M. G.
P. citarono davanti al Tribunale di Cagliari il condominio
del complesso residenziale "M. N.", sito in localita’
(XX), esponendo che erano comparse lesioni nella muratura
perimetrale e nelle fondazioni di una loro unita’ immobiliare,
facente parte di uno dei blocchi di villette a schiera del
comprensorio; chiesero che fosse dichiarata invalida la deliberazione
assembleare del 4 maggio 1991, con la quale era stata negata
ogni responsabilita’ del condominio convenuto, e che
questo fosse condannato all'esecuzione delle necessaria opere
di riparazione, o in subordine al pagamento del corrispondente
importo, nonche’ al risarcimento dei danni.
Il condominio "M.N." si difese contestando che
le strutture lesionate appartenessero, come presupponevano
dagli attori, a tutti i singoli proprietari delle unita’
immobiliari del complesso.
All'esito dell'istruzione della causa, consistita nell'espletamento
di una consulenza tecnica di ufficio, con sentenza del 24
gennaio 2000 il Tribunale dichiaro’ invalida la deliberazione
assembleare in questione e condanno’ il convenuto all'esecuzione
di alcuni lavori provvisionali al rimborso della somma di
lire 13.909.077 spesa dagli attori per l'eliminazione dei
guasti, al risarcimento dei danni nella misura di lire 7.112.568
al pagamento delle spese di giudizio.
Impugnata dal condominio "M.N.", la decisione e’
stata riformata dalla Corte di appello di Cagliari, che con
sentenza del 30 luglio 2001 ha respinto tutte le domanda proposte
dagli attori e li ha condannati a rimborsare all'altra parte
meta’ delle spese dei due gradi di giudizio, compensandole
per il residuo.
MC, M. A. e M. G. P. hanno proposto ricorso per Cassazione,
in base a tre motivi. Il condominio "M.N." si e’
costituito con controricorso, formulando a sua volta due motivi
di impugnazione in via incidentale, dei quali il primo condizionato,
che sono stati contrastati dai ricorrenti principali con un
proprio controricorso. Il condominio "M.N." ha presentato
una memoria.
Motivi della decisione
In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni
vanno riunite in un solo processo, in applicazione dell'art.
335 cod. proc. civ. Con il primo e con il secondo dei motivi
addotti a sostengo del ricorso principale - tra loro strettamente
connessi e da prendere pertanto in esame contestualmente -
vengono denunciate "violazione degli artt. 61 e 62 d.
a.c.c; violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.; vizio di omessa
o insufficiente e contraddittoria motivazione" e "violazione
dei canoni ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e 1363 c.c.;
insufficienza della motivazione", per avere la Corte
di appello negato la legittimazione passiva del condominio
"M.N.", sulla scorta di una erronea e ingiustificata
interpretazione del suo regolamento.
La censura deve essere accolta, per quanto di ragione.
Il giudice di secondo grado ha innanzi tutto precisato che
"il concetto giuridico di condominio in senso proprio
ha ad oggetto solo la comproprieta’ delle parti comuni
degli edifici indicate nell'articolo 1117 del Codice civile",
sicche’ "il condominio esiste solamente negli edifici
che si estendono in senso verticale, generalmente in piu’
piani, ove le parti comuni indicate dalla legge hanno per
loro stessa natura una funzionalita’ che trascende i
limiti della proprieta’ individuale", anche se
"in tempi recenti, e’ invalso l'uso di qualificare
come condominio delle entita’ diverse dall'istituto
tipico delineato dalla legge, le quali sono pero’ in
realta’ delle semplici comunioni convenzionali, costituite
per la gestione di servizi comuni ad un certo numero di edifici...ciascuno
dei quali costituente un vero condominio autonomo"; ha
poi osservato che "il complesso residenziale denominato
M.N. consta di un complesso di edifici...distinti in vari
blocchi" e "ciascun blocco, a sua volta, consta
di numerosi edifici", con la conseguenza che "si
deve ritenere che, nel complesso residenziale in esame, siano
presenti una serie di figure soggettive ben distinte per natura
e funzione, cioe’: - un super condominio costituito
convenzionalmente tra tutti i proprietari delle unita’
immobiliari, abitative e non site sull'area nel suo complesso...;
- tanti super condomini costituiti convenzionalmente tra tutti
i proprietari delle unita’ abitative site nei vari blocchi...;
- tanti condomini quanti sono gli edifici; risulta evidente
come solo questi siano dei condomini in senso proprio, costituiti
per legge per la gestione delle parti comuni dei singoli edifici,
ai sensi del disposto dell'art. 1117 del Codice civile";
ha altresi’ ritenuto che "il regolamento, come
appare evidente dalla sua lettura, e’ un insieme indistinto
di norme convenzionali che disciplinano sia i rapporti all'interno
del super condominio dell'intero complesso immobiliare, sia
quelli all'interno dei super condomini dei singoli blocchi,
sia quelli dei singoli condomini propriamente detti"
e "si deve giungere alla conclusione che la volonta’
dei sottoscrittori dell'atto coincida perfettamente con la
previsione normativa", in quanto tiene "ben distinte
le proprieta’ comuni solo ai proprietari dei singoli
edifici dalle proprieta’ comuni a tutti".
Nei termini assoluti in cui e’ stata formulata, non
e’ condivisibile la premessa da cui la Corte di appello
ha preso le mosse. La varieta’ delle tipologie costruttive
e’ tale, da non consentire di affermare aprioristicamente,
come si fa nella sentenza impugnata, la configurabilita’
come condominio in senso proprio "solamente negli edifici
che si estendono in senso verticale": anche corpi di
fabbrica adiacenti orizzontalmente (come in particolare proprio
le case "a schiera") possono ben essere dotati di
strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come quelli
che sono elencati nell'art. 1117 cod. civ., peraltro esemplificativamente
e con la riserva "se il contrario non risulta dal titolo".
Ma anche in mancanza di un cosi’ stretto nesso strutturale,
materiale e funzionale, l'ipotesi della "condominialita’"
non puo’ essere senz' altro esclusa, neppure per un
insieme di edifici "indipendenti". Lo si ricava,
come esattamente hanno osservato i ricorrenti principali,
dagli art. 61 e 62 disp. att. cod. civ., che consentono lo
scioglimento del condominio nel caso in cui "un gruppo
di edifici...si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche
di edifici autonomi", pur quando "restano in comune
con gli originare partecipanti alcune delle cose indicate
dell'articolo 1117 del codice": dal che si desume che
e’ permessa la costituzione ab origine di un condominio
di fabbricati a se’ stanti, aventi in comune Solo alcuni
elementi, o locali, o servizi, o impianti "condominiali"
(cfr. Cass. 28 ottobre 1995 n. 11276).
Per i complessi immobiliari che comprendono piu’ edifici,
anche se "autonomi", e’ dunque rimesso all'autonomia
privata se dare luogo alla formazione di un unico condominio,
oppure di distinti condomini per ogni edificio, cui si affianca
in tal caso un "supercondominio":
figura questa di creazione giurisprudenziale, alla quale
sono applicabili le norme relative al condominio, appunto
perche’ si verte nella materia delle "parti comuni"
indicate dagli art. 1117 cod. civ. e 62 disp. att. cod. civ.,
caratterizzate dal rapporto di accessorieta’ necessaria
che le lega alle singole proprieta’ individuali, delle
quali rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso, come per
esempio le portinerie, le reti viarie interne, gli impianti
dei servizi idraulici o energetici dei complessi residenziali,
mentre restano soggette alla disciplina della comunione ordinaria
le altre eventuali strutture, che invece sono dotate di una
propria autonoma utilita’, come per esempio le attrezzature
sportive, gli spazi di intrattenimento, i locali di centri
commerciali inclusi nel comprensorio (cfr. Cass. 3 ottobre
2003 n. 14791).
Impropriamente, pertanto, la Corte di appello ha orientato
la propria interpretazione del regolamento della "M.N.",
avente natura contrattuale, secondo l'indirizzo che ha reputato
essere imposto dalla "natura inderogabile delle norme
giuridiche relative alla proprieta’ comune dei beni
costituenti oggetto dei condomini propriamente detti",
i quali a suo avviso non sono configurabili se non con riguardo
a singole e unitarie costruzioni, autonomamente munite, nell'ambito
della loro proiezione verticale, di tutte le necessarie "parti
comuni".
Fuorviato da questa erronea impostazione, il giudice di secondo
grado e’ effettivamente incorso nelle violazioni di
regole ermeneutiche e nei vizi di motivazione lamentati dai
ricorrenti principali. Ha infatti trascurato di prendere in
considerazione le varie clausole regolamentari Indicate dai
ricorrenti principali - i quali le hanno trascritte, in ottemperanza
al principio di "autosufficienza", nell'atto introduttivo
del giudizio di legittimita’ - che avrebbero potuto
in ipotesi condurre a una conclusione diversa: l'art. 1, con
il quale viene "costituito un Condominio tra tutti i
proprietari degli immobili ubicati in localita’ Terra
Mala del Comune di Quartu S. Elena...costituenti un complesso
residenziale omogeneo denominato M.N."; l'art. 4, secondo
cui "tutti i condomini devono contribuire alle spese
per la conservazione ed il funzionamento delle cose comuni";
l'art. 13, che istituisce unitari "organi di rappresentanza
del condominio"; le tabelle millesimali, compilate allo
"scopo di stabilire le quote di valore delle singole
proprieta’ al fine di poter ripartire, in proporzione
alle stesse, le spese per la conservazione e per il godimento
delle parti comuni degli edifici (blocchi) e delle infrastrutture
di uso comune", tabelle che sono "ripartite quindi
in quote millesimali distinte " per ogni singolo blocco
ed in quote millesimali riguardanti l'intero complesso".
Se a queste previsioni si fosse dedicata attenzione, se ne
sarebbe potuto eventualmente desumere (come peraltro anche
da quelle dell'art. 3, unicamente esaminate nella sentenza
impugnata, che elencano distintamente le "parti costitutive
dei singoli edifici" e le "parti e servizi comuni
ai diversi corpi di fabbrica") che in realta’ era
stato costituito un solo generale condominio, facendo semmai
salva l'appartenenza delle "parti costitutive" dei
singoli "blocchi" ai soli proprietari delle unita’
immobiliari comprese in ognuno: appartenenza "separata"
(come e’ pure la correlativa responsabilita’ per
le spese inerenti) la cui possibilita’ va senz'altro
ammessa, alla luce del principio sancito dal 3^ comma dell'art.
1123 cod. civ., da cui discende la configurabilita’
del "condominio parziale" (cfr. Cass. 12 febbraio
2001 n. 1959) : il che attiene pero’ non alla qualificabilita’
della "M.N." come condominio "in senso proprio",
ma alla diversa e ulteriore questione, relativa alla distribuzione
della spesa in contestazione tra tutti i singoli proprietari
oppure tra alcuni soltanto di loro.
E' in queste piu’ ampie prospettive che si sarebbe
dovuta vagliare - e dovra’ esserlo nel giudizio di rinvio
- l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, che era
stata sollevata dalla parte appellante.
Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti principali,
dolendosi di "violazione degli artt. 1104, 2043 e 2051
c.c.;
violazione dell'art. 1131 c.c.; violazione dell'art. 112
c.p.c. motivazione insufficiente e contradditto-ria",
lamentano che la Corte di appello ha escluso ogni responsabilita’
di quello che ha qualificato come "supercondominio",
pur essendo risultato che le lesioni in questione erano state
causate (anche) da difetto di manutenzione di beni sicuramente
formanti oggetto di tale presunta "comunione ordinaria".
Anche questa censura va accolta.
La Corte di appello ha dato atto che "sulla base delle
relazioni tecniche si puo’ ritenere che le lesioni alle
fondazioni ed ai muri maestri siano state determinate da tre
elementi: esecuzione delle fondazioni non a regola d'arte,
infiltrazioni di acqua dovute al cattivo funzionamento dell'impianto
di canalizzazione delle acque meteoriche ed infiltrazione
di acque attraverso le fessure dei marciapiedi circostanti
l'edificio", ma ha poi mancato di vagliare, sotto il
profilo del secondo e del terzo di tali "elementi",
le domande di ripristino e di risarcimento proposte dagli
originari attori, assiomaticamente affermando che la responsabilita’
"riguarda comunque sempre il condominio" formato
dalla sola villetta n. 2 inclusa nella schiera costituente
uno dei "blocchi" del complesso immobiliare (ed
ha altresi’ errato, come lo stesso resistente riconosce,
nel considerare parte convenuta in primo grado e appellante
in secondo la "comunione" del suddetto "blocco",
anziche’ il condominio - o "supercondominio",
nella sua visione - "M.N.").
Con il primo motivo del ricorso incidentale, formulato "per
l'ipotesi che codesta Corte accolga il ricorso principale",
si sostiene che in realta’ i danni lamentati dagli attori
non possono essere stati causati da infiltrazioni provenienti
da spazi esterni al "blocco" comprendente la loro
villetta e che "una nuova istruttoria con una nuova perizia
e l'espletamento delle prove per interrogatorio formale e
per testi, richiesta dal Condominio M.N., potra’ portare
ad una giusta decisione nei riguardi dello stesso condominio".
Il motivo e’ inammissibile, poiche’ concerne
richieste istruttorie che dovranno essere esaminate nel giudizio
di rinvio e sulle quali non si deve ne’ si puo’
adottare in questa sede alcuna decisione.
Resta assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale,
con cui si nega che la compensazione parziale delle spese
di giudizio, disposta dalla Corte di appello, sia stata giustificata
con argomenti "convincenti".
Pertanto, riuniti i ricorsi, accolto per quanto di ragione
il principale, dichiarato inammissibile il primo motivo dell'incidentale
e assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con
rinvio ad altro giudice - che si designa in una diversa sezione
della Corte di appello di Cagliari - cui viene anche rimessa
la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione.
P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione
il principale; dichiara inammissibile il primo motivo dell'incidentale
e assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata; rinvia
la causa ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari,
cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di
legittimita’.
Cosi’ deciso in Roma, il 16 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2005.
La redazione di megghy.com |