SENTENZA N. 233
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
(Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternità e paternità,
a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.
53), promosso con ordinanza dell’8 luglio 2004 dalla
Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente
tra M. C. e l’INPS, iscritta al n. 872 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2005 il Giudice
relatore Fernanda Contri.
Ritenuto in fatto
1. – La Corte d’appello di Torino, sezione lavoro,
con ordinanza emessa l’8 luglio 2004, ha sollevato,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma
5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e paternità, a norma dell’articolo
15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui prevede
che le sorelle o i fratelli del soggetto handicappato possono
fruire del congedo solo in caso di scomparsa dei genitori
e non anche nell’ipotesi in cui questi ultimi non siano
scomparsi ma siano impossibilitati a provvedere all’assistenza
del figlio handicappato, perché totalmente inabili
ed in possesso dei requisiti ex art. 1 della legge 11 febbraio
1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi
civili totalmente inabili).
Il giudice rimettente premette in fatto di essere investito
dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Vercelli,
con la quale è stata rigettata la domanda proposta
dalla ricorrente per ottenere il riconoscimento del diritto
ad usufruire, in maniera continuativa o frazionata e per il
periodo massimo di due anni, del congedo straordinario retribuito,
previsto dall’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre
2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2001), dall’art. 4-bis della legge 8 marzo 2000, n.
53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e
della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione
e per il coordinamento dei tempi delle città) e dall’art.
42, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 151 del 2001; che il congedo
era stato richiesto dalla ricorrente al fine di prestare assistenza
al fratello convivente, portatore di handicap grave, essendo
orfano di padre e non potendo provvedervi la madre, la quale
necessitava a sua volta di assistenza; che il Tribunale aveva
respinto la domanda, ritenendo di non poter accedere alla
interpretazione estensiva della disposizione, prospettata
dalla difesa della ricorrente, secondo la quale il requisito
della “scomparsa” può ritenersi integrato
anche ove il genitore in vita sia oggettivamente impossibilitato
a prestare assistenza al figlio handicappato. Il giudice a
quo precisa poi che nelle more del giudizio la madre della
ricorrente è stata riconosciuta invalida totale, con
necessità di assistenza continua, per l’impossibilità
di compiere da sola atti quotidiani della vita.
Ciò premesso, la Corte d’appello osserva che
l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nel
subordinare alla “scomparsa” dei genitori il diritto
dei fratelli o delle sorelle del soggetto handicappato grave
a godere del congedo previsto dalla stessa disposizione, postula
la morte o quantomeno l’assenza dei genitori, cui non
è equiparabile l’ipotesi del genitore totalmente
inabile ed incapace di provvedere all’assistenza del
figlio handicappato.
A giudizio del rimettente, la disposizione in esame si porrebbe
in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, perché
irragionevolmente regola in modo difforme situazioni fra loro
analoghe, quali sono quella del genitore deceduto o assente
e quella del genitore totalmente inabile, pur essendo comune
ad entrambe le ipotesi l’impossibilità del genitore
di provvedere all’assistenza del figlio handicappato.
Considerato in diritto
1. – La Corte d’appello di Torino dubita della
legittimità costituzionale dell’art. 42, comma
5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e paternità, a norma dell’articolo
15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui prevede
che le sorelle o i fratelli del soggetto handicappato possono
fruire del congedo solo in caso di scomparsa dei genitori
e non anche nell’ipotesi in cui questi ultimi non siano
scomparsi ma siano impossibilitati a provvedere all’assistenza
del figlio handicappato, perché totalmente inabili
ed in possesso dei requisiti ex art. 1 della legge 11 febbraio
1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi
civili totalmente inabili).
Ad avviso della Corte rimettente, il trattamento operato
dalla norma censurata, che riconosce ai fratelli e alle sorelle
del disabile il diritto al congedo straordinario solo nell’ipotesi
di morte dei genitori e non equipara ad essa l’ipotesi
del genitore totalmente inabile ed incapace di provvedere
all’assistenza del figlio handicappato, sarebbe irragionevole
e lesivo del principio di eguaglianza.
2. – La questione è fondata.
2.1. – La ratio legis della disposizione normativa
in esame consiste nel favorire l’assistenza al soggetto
con handicap grave mediante la previsione del diritto ad un
congedo straordinario – rimunerato in misura corrispondente
all’ultima retribuzione e coperto da contribuzione figurativa
– che, all’evidente fine di assicurare continuità
nelle cure e nell’assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli
alla salute psico-fisica del soggetto diversamente abile,
è riconosciuto non solo in capo alla lavoratrice madre
o in alternativa al lavoratore padre ma anche, dopo la loro
scomparsa, a favore di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi.
La norma censurata, utilizzando in modo evidentemente improprio
e atecnico il termine “scomparsa”, non prende
in considerazione il caso in cui uno dei genitori, pur essendo
in vita, si trovi tuttavia nella oggettiva impossibilità
di prestare assistenza al figlio, in quanto a sua volta totalmente
inabile: occorre perciò verificare se tale omissione
risulti sorretta da una idonea e ragionevole giustificazione.
2.2. – Questa Corte, nel sottolineare l’esigenza
costituzionale di tutela dei soggetti deboli, ha posto in
luce, fin dalla sentenza n. 215 del 1987, in tema di diritto
alla frequenza scolastica dei portatori di handicap, che i
fattori di recupero e di superamento della emarginazione di
questi ultimi sono rappresentati non solo dalle pratiche di
cura e di riabilitazione ma anche dal pieno ed effettivo inserimento
dei medesimi anzitutto nella famiglia e, quindi, nel mondo
scolastico ed in quello del lavoro, precisando che l’esigenza
di socializzazione può essere attuata solo rendendo
doverose le misure di integrazione e di sostegno a loro favore.
L’applicazione di tali principi ha così consentito
il riconoscimento in capo ai portatori di handicap di diritti
e di provvidenze economiche, la cui mancata previsione normativa
si è reputata non conforme a Costituzione, risolvendosi
in un inammissibile impedimento all’effettività
dell’assistenza e dell’integrazione (sentenze
n. 467 e n. 329 del 2002, n. 167 del 1999).
L’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza
e nella socializzazione del soggetto disabile è stato
posto in rilievo nella sentenza n. 350 del 2003 – in
tema di concessione del beneficio della detenzione domiciliare
alla madre condannata e, nei casi previsti, al padre condannato,
conviventi con un figlio portatore di handicap totalmente
invalidante – nella quale si è affermato che
la salute psico-fisica del soggetto affetto da handicap invalidante
può essere notevolmente pregiudicata dalla mancanza
di cure da parte della madre e che «in questa prospettiva,
la possibilità di concedere la detenzione domiciliare
al genitore condannato, convivente con un figlio totalmente
handicappato, appare funzionale all’impegno della Repubblica,
sancito nel secondo comma dell’art. 3 della Costituzione,
di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono
il pieno sviluppo della personalità».
2.3. – La tutela della salute psico-fisica del disabile,
costituente la finalità perseguita dalla legge 5 febbraio
1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate), che la norma
in esame concorre ad attuare, postula anche l’adozione
di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie,
il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza
dei soggetti portatori di handicap. Tra tali interventi si
inscrive il diritto al congedo straordinario in questione,
il quale tuttavia rimane privo di concreta attuazione proprio
in situazioni che necessitano di un più incisivo e
adeguato sostegno, come quella, prospettata dal giudice rimettente,
nella quale la presenza del genitore totalmente invalido e
privo di autonomia - che nella specie ha altresì diritto
ad assistenza - esclude che possano beneficiare dell’agevolazione
in esame il fratello o la sorella conviventi del soggetto
diversamente abile, benché questi si diano cura di
entrambi.
Ai fini della tutela prevista nella norma, la scomparsa del
genitore deve essere considerata alla stregua dell’accertata
impossibilità dello stesso ad occuparsi del soggetto
handicappato. E’ dunque incostituzionale l’art.
42, comma 5, del decreto legislativo in esame, che irragionevolmente
limita il congedo in capo ai fratelli e alle sorelle del soggetto
handicappato al caso di scomparsa dei genitori così
non estendendo la tutela al caso di genitori impossibilitati
a provvedere al figlio handicappato, trattandosi di una situazione
che esige la medesima protezione di quella esplicitata nella
norma.
per questi motivi
la corte costituzionale
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.
42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
(Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternità e paternità,
a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.
53), nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei
fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap
in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato,
nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati
a provvedere all’assistenza del figlio handicappato
perché totalmente inabili.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2005.
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