La sentenza del Consiglio di Stato risulta di particolare interesse,
in quanto contribuisce a fare chiarezza nel settore delle
cooperative edilizie per quanto attiene ai piani per l’edilizia
economica e popolare.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 8833 del 1994, proposto dal Comune
di Tagliacozzo, in persona del Sindaco in carica, rappresentato
e difeso dall’avv. Giancarlo Di Mattia, elettivamente
domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Via Largo
di Torre Agentina, n. 11.
C O N T R O
L. Concetta, L. Francesca, V. Uliana, V. Maria, V. Francesco,
N. Vesperina, rappresentati e difesi dall’avv. Armando
Casella, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv.
Piero Paolo Lettieri, in Roma, Via Pasubio, n. 2.
E NEI CONFRONTI DI
Cooperativa edilizia V., in persona del Presidente in carica,
non costituita in giudizio.
Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente in carica,
non costituito in giudizio.
PER L'ANNULLAMENTO
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per
l’Abruzzo, l’Aquila 30 maggio 1994, n. 451.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese.
Visto il Dispositivo di sentenza n. 131/04.
Visti gli atti tutti della causa.
Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2004 relatore il Consigliere
Costantino Salvatore.
Nessuno comparso per le parti.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
A. Le signore Concetta e Francesca L. e Nuccitelli V., con
ricorso al TAR Abruzzo – l’Aquila (n. 121/1993)
impugnavano i seguenti provvedimenti del comune di Tagliacozzo:
1). decreto del Sindaco 8 gennaio 1993, di occupazione d’urgenza
di terreni di loro proprietà, con notifica del piano
particellare di esproprio e delle deliberazioni del consiglio
comunale n. 33 del 28 gennaio 1980, 128 del 29 ottobre 1990,
n. 77 del 20 ottobre 1992, n. 135 del 27 dicembre 1990, n.
32 del 12 giugno 1991 e n. 38 del 18 maggio 1992; 2) la deliberazione
n. 33 del 28 gennaio 1980, di approvazione del PEEP, relativamente
ai terreni situati nel comprensorio n. 9 Villa S. Sebastiano
Nuova; 3). la deliberazione n. 128 del 29 ottobre 1990, di
assegnazione in diritto di superficie alla Cooperativa edilizia
“V.” di lotti di terreno in zona PEEP di Villa
S. Sebastiano; 4). la deliberazione n. 135 del 27 dicembre
1990, recante approvazione del progetto di realizzazione delle
infrastrutture primarie e di riassetto del comprensorio n.
9; 5). la deliberazione n. 32 del 12 giugno 1991, recante
chiarimenti alla deliberazione n. 128/1990; 6). la deliberazione
n. 38 del 18 maggio 1992, recante integrazione della delibera
di assegnazione di lotti di terreno alla predetta Cooperativa,
con modifiche allo schema di convenzione e rideterminazione
del costo complessivo dell’area assegnata alla Cooperativa
medesima.
Le ricorrenti:
- con il primo motivo, rivolto contro la delibera n. 33 del
28 gennaio 1980, deducevano l’illegittimità dell’atto
di adozione del PEEP per avervi inserito i terreni di loro
proprietà, nonostante fossero soggetti a vincolo paesistico;
per carenza di motivazione in ordine al fabbisogno abitativo
da soddisfare; per omessa notifica dei relativi atti e per
mancanza del parere del Genio civile.
- con il secondo motivo, lamentavano imparzialità
e contraddittorietà di comportamento, atteso che il
comune, mentre aveva frapposto ostacoli all’assegnazione
dei lotti in questione alla Cooperativa “Colle Termine”,
avrebbe provveduto con insolita tempestività all’assegnazione
in favore della Cooperativa “V.”, omettendo di
accertare il possesso dei requisiti di legge in capo ai soci
e di interpellare i proprietari espropriati al fine dell’eventuale
esercizio del diritto di prelazione.
- con il terzo motivo, si dolevano che il riassestamento
del comprensorio n. 9 fosse stato predisposto sulla base di
un progetto unitario a firma del geometra della Cooperativa.
- con il quarto motivo veniva censurato il provvedimento
di occupazione d’urgenza per mancata indicazione dei
termini di inizio e fine dei lavori e delle espropriazioni.
- con la sesta censura, si contestava la legittimità
della procedura seguita ai sensi della legge regionale 9 gennaio
1979, n. 2, e della legge statale 3 gennaio 1978, n. 1, atteso
che tale procedura sarebbe utilizzabile solo per le opere
pubbliche e non per quelle relative all’attuazione del
PEEP, che pubbliche non sono.
- B. Con un secondo ricorso (n. 448/1993), L. Concetta, L.
Francesca, V. Uliana, V. Maria, V. Francesco impugnavano il
provvedimenti del sindaco 3 aprile 1993, adottati perché
il primo provvedimento di occupazione non era stato eseguito
nel termine trimestrale, nonché tutte le deliberazioni
già impugnate con il primo gravame. Le censure sono
identiche a quelle dedotte prima e con l’aggiunta che
il Comune, non avendo mai adottato il PPA previsto dagli artt.
11 della legge 18 aprile 1962, n. 167, e 38 della legge 22
ottobre 1971, n. 865, non avrebbe potuto procedere all’assegnazione
delle aree del PEEP, e che lo schema di convenzione sarebbe
del tutto inesistente per carenza di elementi concreti.
In entrambi i ricorsi si costituivano solo il comune di Tagliacozzo
e la Cooperativa “Villa Po 90”.
Il TAR, riuniti i due gravami, ha dichiarato improcedibile
il primo (n. 121/1993) per sopravvenuto difetto d’interesse
perché il decreto di occupazione era superato dal successivo.
In ordine al secondo (n. 448/1993): ha dichiarato inammissibile
la prima censura rivolta contro la deliberazione di adozione
del PEEP; ha respinto le censure, relative alla mancata previa
adozione del PPA, all’eccesso di potere per contraddittorietà
rispetto al comportamento tenuto nei riguardi della Cooperativa
“Colle Termine”, e alla sussistenza del vincolo
paesistico; ha accolto le censure dedotte per mancato accertamento
dei requisiti di legge in capo ai soci, per mancata previa
comunicazione ai proprietari al fine di consentire l’esercizio
del loro diritto di prelazione, e alla mancata indicazione
dei termini di inizio e fine dei lavori e delle espropriazioni;
ha dichiarato assorbite le rimanenti censure.
La sentenza è stata appellata dal comune.
Gli originari ricorrenti si sono costituiti in questo grado
del giudizio, replicando alle argomentazioni del comune e
riproponendo le censure dichiarate assorbite dal primo giudice.
L’appello è stato trattenuto in decisione alla
pubblica udienza del 17 febbraio 2004.
D I R I T T O
1. Il primo motivo accolto dal TAR è quello dedotto
nei riguardi della deliberazione n. 128 del 29 ottobre 1990,
di assegnazione dell’area alla Cooperativa, e con il
quale si lamentava l’omessa preventiva verifica del
possesso da parte dei soci dei requisiti per l’assegnazione
degli alloggi.
A tale mancata verifica non potrebbe supplire la dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà resa dal Presidente
della Cooperativa per conto di tutti i soci, vuoi perché
la dichiarazione, in ragione delle responsabilità di
carattere personale ad essa connesse, andava resa dai singoli
interessati, vuoi perché, in ogni caso, il Comune non
potrebbe sottrarsi al preciso obbligo di garantire, mediante
rigorosi accertamenti, che tutti i soci siano effettivamente
in possesso dei requisiti richiesti per godere delle agevolazioni
in materia di edilizia residenziale pubblica.
Ad avviso del primo giudice, a tale accertamento il comune
sarebbe tenuto sia nel caso di assegnazione in diritto di
proprietà sia nel caso di assegnazione in regime di
superficie, essendo in entrambi i casi necessario accertare
che nei soci sussista lo stato di bisogno abitativo che il
legislatore ha inteso fronteggiare.
In tale contesto, non sarebbe decisivo opporre che ai sensi
dell’art. 35, comma 1, della legge 22 ottobre 1971,
n. 865, tale condizione espressamente prevede solo per l’ipotesi
dell’assegnazione dell’area in proprietà,
essendo facile osservare in contrario che tale norma ha voluto
solo esplicitare una condizione, che deve però implicitamente
riferirsi anche all’ipotesi di cessione delle aree con
diritto di superficie.
1.1. Le conclusioni del giudice di primo grado non possono
essere condivise.
Giova premettere che oggetto della deliberazione comunale
contestata non sono gli alloggi da assegnare ai soci, ma l’area
sulla quale la Cooperativa medesima intende costruire gli
alloggi che saranno poi assegnati ai soci medesimi.
Ai fini della corretta soluzione della questione sottesa
alla censura, non appare pertinente il richiamo alla disciplina
per l’assegnazione degli alloggi ERP di cui al D.P.R.
30 dicembre 1972, n. 1035, atteso che, da un lato, le disposizioni
contenute nel citato DPR n. 1035 del 1972, in materia di assegnazione
di alloggi di edilizia residenziale pubblica, non sono state
ritenute applicabili alle assegnazioni relative ad alloggi
di cooperative edilizie, per espressa previsione in tal senso
dell’art. 1, comma 3 del medesimo DPR n. 1035 (cfr.,
Cass. civile, Sezione prima 14 maggio 1997, n. 4257) e, dall’altro
lato, che il possesso dei requisiti al momento dell’assegnazione
è prevista dall’art. 35, comma 11 della legge
22 ottobre 1971, n. 865, solo con riferimento alla concessione
in regime di proprietà.
Ciò precisato sotto il profilo generale, si deve osservare
che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
resa dal Presidente della Cooperativa è sicuramente
rilevante in ordine alla sussistenza dei requisiti da parte
dei suoi soci. Nella fase dell’assegnazione dell’area,
infatti, il soggetto richiedente e, eventualmente, concessionario,
è solo la Cooperativa, con la conseguenza che è
solo il suo legale rappresentante che assume tutti gli obblighi
connessi alla concessione dell’area, e fermo restando
che il concreto accertamento del possesso dei requisiti da
parte dei singoli soci dovrà, comunque, essere operato
al momento dell’assegnazione degli alloggi. Ne è
conferma la circostanza che l’art. 35 prevede l’assegnazione
di aree in favore di imprese di costruzione.
E poiché tale previsione è esplicitamente contemplata
nella deliberazione impugnata, si deve concludere per l’infondatezza
della censura accolta dal giudice di primo grado.
2. A conclusioni negative deve pervenirsi anche in merito
alla seconda censura accolta dal TAR , di violazione dell’art.
35, comma 11, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per omessa
previa comunicazione della decisione di procedere all’assegnazione
delle aree, che ha impedito ai ricorrenti di esercitare il
loro diritto di preferenza nell’assegnazione dell’area.
Ad avviso del primo giudice, il principio espressamente previsto
dalla citata norma per il caso di assegnazione di aree PEEP
in regime di proprietà, non può non valere anche
per le assegnazioni in regime di superficie.
Da qui l’illegittimità della deliberazione n.
128 del 1990 per mancato interpello dei proprietari e, in
via derivata, anche del provvedimento di occupazione d’urgenza.
2.1. Il Collegio non ignora che, secondo talune decisioni
della Sezione, il principio enunciato dall’art. 35,
comma 1, è stato considerato operante anche nelle ipotesi
di assegnazione delle aree PEEP in regime di superficie.
Deve, però, rilevare che esiste un opposto orientamento,
secondo il quale l'art. 35, comma undicesimo, della legge
n. 865 del 1971, configura un diritto di prelazione (o di
preferenza) dei proprietari di aree incluse in un piano di
zona per l'edilizia economica e popolare ai soli fini dell'assegnazione
in proprietà (e non in superficie) dell'area e non
in relazione a un'area determinata.
Tale orientamento, enunciato in epoca remota (Sez. IV, 27
giugno 1978, n. 608; 1 aprile 1993, n. 381) e ribadito anche
di recente (Sez. IV, 25 marzo 2003, n. 1545), appare preferibile,
perché più aderente al dato testuale della norma
e alle sue finalità, atteso che, anche dove opera,
la preferenza agli originari proprietari non è comunque
riferibile a una data area, ma opera con riguardo al complesso
delle aree, da assegnare in proprietà, incluse nel
piano.
3. La terza censura ritenuta fondata dal TAR, attiene alla
mancata indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento
delle espropriazioni e dei lavori, prescritti dall’art.
13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359.
Anche su questo punto, le conclusioni del primo giudice non
possono essere condivise.
Il pacifico orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato esclude che l’art. 13 della legge 25 giugno
1865, n. 2359, in materia di apposizione dei termini, iniziale
e finale, delle espropriazioni per pubblica utilità
e dei relativi lavori, sia applicabile per le espropriazioni
attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica
e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni
che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani
stessi (cfr., C.d.S., Ad. Plen., 20 dicembre 2002, n. 8; Sez.
IV, 5 luglio 2000, n. 3730; 19 gennaio 1999, n. 41; 17 aprile
1998, n. 645).
Ove poi la censura volesse riferirsi alla mancata indicazione
dei termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle
opere di urbanizzazione, prescritta dall’art. 35, comma
8, lett. D), della legge 22 ottobre 1971, n. 865, si deve
osservare che la doglianza è infondata in punto di
fatto, perché tali termini sono espressamente menzionati
all’art. 5 dello schema di convenzione.
4. La riconosciuta fondatezza dei motivi d’appello,
impone di esaminare le censure dichiarate assorbite dal TAR
ed espressamente riproposte dalle originarie ricorrenti con
la memoria del 10 gennaio 1995.
4.1. La prime di tali censure (motivo sub. n. 4 del ricorso
n. 448/1993) concerne il progetto di riassestamento del comprensorio
n. 9 della zona PEEP di Villa San Sebastiano. Con essa si
assume l’illegittimità del comportamento del
comune, il quale, avendo deciso di accettare il piano unitario
predisposto dal geom. incaricato dalla stessa Cooperativa,
avrebbe rinunciato alla tutela diretta dell’interesse
pubblico, al solo scopo di concludere velocemente tutta la
vicenda.
La deliberazione che viene in questione è quella del
Consiglio comunale n. 135 del 27 dicembre 1990, con la quale
è stato approvato il progetto di assestamento del piano
di zona, adeguando le evidenze progettuali e grafiche alla
realtà esistente e identificando esattamente le infrastrutture
primarie.
Posto che non viene contestata la bontà del progetto
di assestamento, non sembra al collegio che l’illegittimità
della relativa deliberazione possa essere predicata solo sul
presupposto che tale progetto sia stato predisposto dal tecnico
della Cooperativa, essendo evenienza del tutto normale la
circostanza che, in materia di opere pubbliche o di pubblica
utilità, la progettazione delle opere necessarie per
gli interventi sia predisposta a cura e spese del concessionario
dell’intervento medesimo.
4.2. La seconda censura qui riproposta (sub. n. 5 del ricorso
n. 448 del 1993) investe la convenzione allegata alla deliberazione
n. 38 del 18 maggio 1992, che, risolvendosi in un semplice
schema privo di contenuti concreti e di parametri di riferimento,
sarebbe da considerare inesistente.
Anche questa va disattesa, ove si consideri che la convenzione
ricalca esattamente lo schema dell’art. 35, comma 8,
della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e non si vede cosa avrebbe
dovuto contenere in aggiunta alla previsione normativa.
5. La riconosciuta infondatezza delle due censure riproposte
e la mancata impugnazione, sia pure con appello incidentale,
della sentenza nella parte in cui ha respinto diversi motivi
del ricorso originario, comportano l’accoglimento integrale
dell’appello dell’amministrazione e, in riforma
della sentenza appellata, la reiezione del ricorso di primo
grado.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle
spese del doppio grado.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV),
definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe
specificato, lo accoglie e, in riforma della sentenza appellata,
respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 17 febbraio 2004 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta
- riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti
Magistrati:
Stenio RICCIO Presidente
Giuseppe BARBAGALLO Consigliere
Costantino SALVATORE Consigliere, est.
Dedi R U L L I Consigliere
Vito P O L I Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Costantino Salvatore Stenio Riccio
IL SEGRETARIO
Maria Grazia Nusca
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
21 maggio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
La redazione di megghy.com
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