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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE PENALI
SENTENZA (ud. 28-06-2005) 20-07-2005, n. 26798
Svolgimento del processo
Con pronuncia 10-12-04 il Tribunale di Palermo rigettava l'appello
proposto da V. Antonina contro il provvedimento 9-11-04 del
Gip, reiettivo della di lei istanza diretta ad ottenere declaratoria
di nullità dell'ordinanza con la quale le era stata
applicata la misura della custodia cautelare in carcere, per
omesso deposito prima dell'interrogatorio di garanzia, dell'ordinanza
stessa, della richiesta del pubblico ministero e degli atti
con essa presentati, omissione eccepita al momento dell'interrogatorio.
Rilevava il Tribunale che il deposito suddetto, ai sensi dell'art.293
c. 3 c.p.p., non deve necessariamente precedere l'interrogatorio,
essendo sufficiente che, nello svolgimento di quest'ultimo,
l'indagato ed il difensore siano posti in condizione, secondo
il dettato dell'art. 65 c.p.p., di conoscere gli elementi
in base ai quali impostare la risposta difensiva.
Avverso tale provvedimento l'indagata ha ora proposto ricorso
per cassazione deducendo violazione degli artt. 293 c. 3,
294 c.p.p., 111 Cost. ed in particolare censurando l'interpretazione
data dal Tribunale alle citate disposizioni processuali, stante
la sostanziale diversità tra gli obblighi derivanti
dall'art. 65 c.p.p. e quelli dicui all'art. 293 c. 3 c.p.p;
con memoria aggiunta ha poi richiamato, a sostegno della necessità
al previo deposito dell'ordinanza coercitiva e dei relativi
atti, l'evoluzione garantistica subita dal codice di procedura
penale e la sentenza n. 192 del 1997 della Corte Costituzionale.
Il ricorso era assegnato alla prima sezione penale ed il collegio,
considerata l'esistenza nella giurisprudenza di legittimità
di contrasto sulla questione prospettata, lo rimettevi alle
Sezioni Unite.
Motivi della decisione
Il quesito portato all'esame delle Sezioni Unite è
dunque il seguente: se il deposito di cui all'art. 293 c.
3 c.p.p., dell'ordinanza applicativa della custodia cautelare,
della richiesta del pubblico ministero e degli atti su cui
essa si basa, debba precedere a pena di nullità l'interrogatorio
previsto dall'art. 294 c.p.p..
Per un corretto inquadramento ed un agevole approfondimento
della questione è opportuno riportare, per la parte
che qui interessa, il contenuto delle norme di riferimento
nella loro attuale formulazione, quale risultante a seguito
di interventi legislativi e della Corte Costituzionale.
L'art. 293 c. 3 c.p.p. dispone che le ordinanze applicative
di misure cautelari "dopo la loro notificazione o esecuzione
sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse
insieme alla richiesta del pubblico ministero ed agli atti
presentati con la stessa" e che "avviso del deposito
è notificato al difensore".
Originariamente il deposito era limitato al provvedimento
impositivo e l'ampliamento dell'obbligo è stato operato
dall'art. 10 della legge 8-8-95 n. 332; inoltre la Corte Costituzionale,
con la sentenza n. 192 del 1997, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionaledell'art. 293 c. 3 c.p.p. nella parte in cui
non prevede la facoltà per il difensore di estrarre
copia di quanto oggetto del deposito.
L' art. 294 c.p.p. al comma 1 sancisce che "sino alla
dichiarazione di apertura del dibattimento il giudice che
ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare,
se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida
dell'arresto o del fermo di indiziato del delitto, procede
all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare
in carcere immediatamente e comunque non oltre 5 giorni dall'inizio
dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa
sia assolutamente impedita"; al comma 2 si legge che
"mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono
le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari
previste dagliartt. 273, 274, 275" e che "quando
ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'art. 299
alla revoca o alla sostituzione della misura disposta";
il comma 4 prescrive che "l'interrogatorio è condotto
dal giudice con le modalità indicate negli artt. 64
e 65" e che "al pubblico ministero ed al difensore,
che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso
del compimento dell'atto".
La necessità dell'interrogatorio sino al momento dell'apertura
del dibattimento è stata introdotta dall'art. 2 c.
1 lett. a del d.l. 22- 2-99 n. 29 convertito dall'art. 1 della
legge 21-4-99 n. 109, al fine di coprire il vuoto normativo
creato dal duplice intervento, additivo e demolitorio, sugli
artt. 294 e 302 c.p.p. di cui alle sentenze n. 77 del 1997
e n. 32 del 1999 della Corte Costituzionale (con le quali
fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.
294 c. 1c.p.p. con riguardo alla omessa previsione dell'interrogatorio
della persona in stato di custodia cautelare rispettivamente
sino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento
e sino all'apertura del dibattimento nonchè dell'art.
302 c.p.p., onde adattare questa disposizione alla nuova configurazione
normativa dell'art. 294 c.p.p.). Infine l'assistenza del difensore
è divenuta obbligatoria per effetto dell'art. 12 della
legge 1-3-01 n. 63.
Sul quesito enunciato in premessa si sono formati due fondamentali
indirizzi giurisprudenziali, in netto contrasto tra di loro.
I numerosi precedenti che sono pervenuti ad una soluzione
negativa hanno evidenziato: che l'art. 293 c. 3 c.p.p. non
impone che il deposito del provvedimento custodiale con i
relativi atti debba precedere l'interrogatorio e neppure avvenire
con immediatezza; che l'incombente non riguarda l'interrogatorio
dell'indagato, ma è finalizzato a consentire di affrontare
compiutamente l'eventuale richiesta di riesame con la conseguenza
che il ritardato deposito potrà solo incidere sulla
decorrenza dei termini per proporre la medesima; che nessuna
nullità è prevista per effetto di omesso previo
deposito, essendo comunque la difesa assicurata dal tempestivo
avviso di cui al comma 4 del dell'art. 294 c. 4 c.p.p. e dalle
modalità dell'interrogatorio che deve svolgersi secondo
quanto indicato dall'art. 65 c.p.p. (Cass. 29-9-94 n. 03550
RV 199865; Cass. 1^ sez. pen. 25-5-94 n. 01886 RV. 198033;
Cass. 1^ sez. pen. 25-7-96 n. 03899 RV. 205348; Cass. 2^ sez.
pen. 6-10-97 n. 01140 RV. 208750;
Cass. 4^ sez. pen. 27-4-01 n. 01795 RV. 219455; Cass. 4^ sez.
pen. 24- 2-00 n. 00491 RV. 215958; Cass. 6^ sez. pen. 16-7-04
n. 31509 RV. 229318; Cass. 6^ sez. pen. 15-7-04 n. 31058 RV.
229470; in termini conformi, pur affermandosi che sarebbe
comunque auspicabile che il deposito avvenisse prima dell'interrogatorio:
Cass. 14-9-94 n. 03583 RV. 199304; Cass. 601140 RV. 208750).
Il contrario, minoritario, orientamento ha invece rilevato
che il mancato deposito in un momento anteriore all'interrogatorio
di garanzia compromette la possibilità di una consapevole
ed effettiva attuazione del diritto di difesa da parte dell'indagato
di guisa che tale omissione, indipendentemente da una espressa
disposizione legislativa, realizza una nullità di ordine
generale ai sensi dell'art. 178 lett.c. c.p.p., la quale deve
essere eccepita ex art. 182 c. 2 e 3 c.p.p. immediatamente
dopo il suo verificarsi, momento che coincide con l'inizio
dell'interrogatorio stesso; si è altresìsottolineato
come una diversa soluzione sarebbe sospetta di incostituzionalità
in relazione al combinato disposto degli artt. 13 e 24 c.
2 della Cost. e si porrebbe in contrasto con la normativa
internazionale in tema di diritti civili., nonchè con
l'insegnamento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza
192/1977 (Cass. 1^ sez. pen. 27-9-02 n. 32347 RV. 222194;
Cass. 5^ sez. pen. 12-2-03 n. 06760 RV. 224665).
In altre due pronunce è poi stata prospettata una tesi
per così dire intermedia, subordinandosi la sussistenza
di nullità alla dimostrazione che l'omesso deposito
abbia cagionato un pregiudizio concreto e reale per la difesa
(Cass. 5^ sez. pen 18-3-99 n. 00570 RV. 212875; Cass. 5^ sez.
pen. 24-2-00 n. 00617 RV. 215969).
Le Sezioni Unite ritengono di aderire al secondo indirizzo
in base alle seguenti argomentazioni.
Dal punto di vista concettuale e sistematico, sotto il profilo
della collocazione delle norme, il deposito di cui all'art.
293 c. 3 c.p.p. costituisce uno degli "adempimenti esecutivi"
della misura e l'interrogatorio, contemplato dall'articolo
successivo, presuppone che questi adempimenti siano stati
espletati: ne deriva che la mancanza formale previsione circa
la necessità che il suddetto incombente preceda l'interrogatorio
si palesa priva di rilevanza e non può valere a sostegno
del contrario orientamento.
Tanto premesso, occorre accertare quali siano le conseguenze
ricollegabili all'inosservanza del previo, tempestivo deposito
ed in particolare se esse incidono sull'esercizio del diritto
di difesa.
Siffatto diritto si atteggia diversamente a secondo della
fase e del grado del procedimento ed in considerazione della
finalità dell'atto al quale si riferisce nonchè
delle esigenze connesse al momento in cui è destinato
ad operare: è pertanto alla luce di questi dati che
va individuato il suo contenuto indefettibile ogniqualvolta
la legge non indichi espressamente, in relazione al compimento
di una determinata attività, le specifiche facoltà
attribuite alla difesa.
La verifica che qui interessa viene quindi ad investire la
funzione degli atti (deposito ed interrogatorio) sul collegamento
dei quali si discute.
La finalità del deposito è quella di consentire
al difensore, ai fini di adeguato svolgimento della propria
attività tutelata ex art. 178 lett. c. c.p.p., la conoscenza
diretta dell'ordinanza applicativa, della richiesta del P.M.
e degli atti su cui essa si fonda: la modifica apportata all'art.
293 c. 3 c.p.p dall'art. 10 L. 8-8-95 n. 332 - nell'ampliare
l'oggetto del deposito e soprattutto imponendo la discovery
integrale della documentazione presentata dalpubblico ministero
- ha indubbiamente determinato un incremento delle potenzialità
difensive, assicurando un maggior grado di consapevolezza
in vista dei successivi interventi e determinazioni.
L'interrogatorio, dal canto suo, è il primo atto con
il quale si istaura il contraddittorio sulla "quaestio
libertatis" e costituisce per l'indagato un'occasione
fondamentale per far valere, sia personalmente, sia tramite
la difesa tecnica, le proprie ragioni davanti all'autorità
giudiziaria, dovendosi riconoscere che l'attività difensiva
prima dell'emissione del provvedimento cautelare può
addirittura mancare quando l'interessato non abbia avuto notizia
delle indagini a suo carico.
Queste Sezioni Unite (chiamate a decidere circa l'efficacia
immediata della nomina del difensore effettuata dall'imputato
o indagato detenuto con atto ricevuto dal direttore dello
stabilimento di custodia nonchè circa la necessità
di avvisare il difensore cosìnominato prima dell'interrogatorio
di garanzia e nel risolvere positivamente tali quesiti) hanno
già avuto modo di affermare che "l'interrogatorio
dell'indagato in genere e quello di garanzia ex art. 294 c.p.p
in particolare, rappresenta momento cruciale dell'impegno
difensivo teso a fare emergere la verità almeno dal
punto di vista dell'accusato" (Cass. S.U. 20-9-97 n.
00002 RV. 208268 e 208269); in una successiva pronuncia, pur
escludendo che l'omessa trasmissione al Tribunale del riesame
dell'interrogatorio possa determinare automaticamente la perdita
di efficacia della misura cautelare ex art. 309 c. 5 c.p.p.,
esse hanno ribadito l'importanza "fondamentale dell'interrogatorio,
quale mezzo di controllo e garanzia", volto alla verifica
della sussistenza dei presupposti della misura cautelare (Cass.
S.U. 26-9-00 n. 00025 RV. 217443); in termini analoghi si
è espressa la Corte Costituzionale con lesopramenzionate
sentenze n. 77 del 1997 e n. 32 del 1999.
D'altra parte, non a caso la necessità di un pronto
contatto della persona sottoposta alla custodia cautelare
con il giudice è sancita dall'art. 5 paragrafo 3 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4-11-50
e resa esecutiva nello Stato con la legge 4-8-55 n. 488) nonchè
dall'art. 9 n. 3 del Patto Internazionale sui diritti civili
e politici (adottato a New York il 16-12-66, reso esecutivo
nello Stato con la legge 25-10-77 n. 881).
Nel nostro sistema processuale l'iniziativa cautelare appartiene
al pubblico ministero ed il giudice emette il provvedimento
senza sentire preventivamente le parti, e quindi la valutazione
della posizione e delle ragioni del soggetto che quel provvedimento
deve subire è posticipata al momento dell'interrogatorio:
in questa sede il giudice procede alla rivalutazione degli
elementi addottidall'accusa confrontandoli con quelli emersi
nel corso del medesimo e, ove dovesse risultare l'attenuazione
o la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze
cautelari già ritenute ovvero dell'adeguatezza della
misura applicata, egli è obbligato a prendere i provvedimenti
del caso, che possono spaziare dall'immediata scarcerazione
all'attenuazione del regime di cautela; al contempo è
evidente che l'indagato o l'imputato ha interesse ad ottenere
tali risultati, senza necessità di intraprendere ulteriori
procedure (il riesame, la revoca o l'appello).
Rispetto al delineato quadro risulta ingiustificatamente restrittivo
e pertanto inaccettabile, l'assunto secondo cui il deposito
sarebbe previsto esclusivamente in relazione all'eventuale
richiesta di riesame: al contrario deve riconoscersi che la
conoscenza anticipata degli atti, in base ai quali il pubblico
ministero ha propostol'istanza ed il giudice ha adottato il
provvedimento cautelare, permette alla difesa di affrontare
con adeguata preparazione l'interrogatorio.
Nè la circostanza che questo debba avvenire, ai sensi
dell'art. 294 c. 4 c.p., secondo lo schema fissato dall'art.
65 c.p.p. - con la contestazione in forma chiara e precisa
del fatto che viene attribuito all'indagato, con la comunicazione
degli elementi di prova esistenti contro di lui, con invito
ad esporre quanto egli ritiene utile per sua difesa - può
costituire equipollente della previa facoltà di accesso
agli atti da parte del difensore: invero la segnalazione degli
elementi a carico fornita in sede di interrogatorio non esaurisce
l'insieme delle informazioni ricavabili dal deposito ex art.
293 c. 3 c.p.p. che, come si è visto, concerne tutta
la documentazione presentata dal pubblico ministero unitamentealla
richiesta di applicazione della misura.
La disposizione di cui sopra riguarda le modalità alle
quali il giudice è tenuto ad attenersi nel procedere
all'interrogatorio, fermo restando che la difesa possa e debba
avere una percezione degli atti anticipata, completa e diretta,
ossia non solo mediata attraverso la comunicazione del giudice,
che fra l'altro è il soggetto che ha emesso il provvedimento,
valutando le emergenze probatorie in senso negativo per l'indagato.
La più recente modifica dell'art. 294 c. 4 c.p.p. (apportata
dalla legge 1-3-01 n. 63) che ha reso necessaria la presenza
del difensore al compimento dell'interrogatorio, oltre a sottolineare
la significatività di quest'atto, assume rilievo nell'ottica
di un contraddittorio informato; poichè solo il difensore
può consultare gli atti depositati è chiaro
come l'assistenza obbligatoria venga acompensare la mancata
conoscenza da parte dell'indagato detenuto dei dati posti
dal pubblico ministero a fondamento della richiesta cautelare:
nel caso in cui il difensore non fosse in grado di informare
preliminarmente il proprio assistito (così ad esempio
nell'ipotesi in cui sia stato adottato il provvedimento di
differimento del colloquio ex art. 104 c. 3 c.p.p.) egli potrebbe
nondimeno formulare richieste, osservazioni e riserve suggerite
proprio dall'esame a lui consentito degli elementi presentati
dall'accusa.
La illustrata impostazione trova decisivo sostegno nella sentenza
della Corte Costituzionale del 24-6-97 n. 192 con la quale
è stata dichiarata illegittimità costituzionale,
per contrasto con l'art. 24 cost., dell'art. 293 c. 3 c.p.p
nella parte in cui non prevede che la facoltà del difensore
di estrarre copia dell'ordinanza impositivadella custodia
cautelare (ovvero misura diversa), della richiesta del P.M.
ed agli atti presentati con la stessa, depositati nella cancelleria
del giudice.
All'uopo il giudice delle leggi ha osservato che al contenuto
minimo del diritto di difesa, "ravvisabile nella conoscenza
degli atti depositati mediante la loro visione", deve
automaticamente accompagnarsi, salvo che la legge disponga
diversamente la facoltà di estrarne copia al fine di
agevolare le ovvie esigenze del difensore di disporre materialmente
degli atti per preparare la difesa e utilizzarli nella redazione
di richieste, memorie, motivi di impugnazione. Ciò
posto, è stato rilevato (richiamando la sentenza n.
219 del 1994 della stessa Corte) che "dopo l'esecuzione
della misura cautelare, non sussistono ragioni di riservatezza
tali da giustificare limitazioni al diritto di difesa"
per cui deve essere assicurata al difensore "la più
ampia e agevole conoscenza deglielementi su cui è fondata
la richiesta del pubblico ministero, al fine di rendere attuabile
una adeguata e informata assistenza all'interrogatorio della
persona sottoposta alla misura cautelare ex art. 294 c.p.p.
nonchè di valutare con piena cognizione di causa quali
siano gli strumenti più idonei per tutelare la libertà
del proprio assistito, dalla richiesta di riesame ovvero di
revoca o sostituzione della misura alla proposizione dell'appello".
Dalla riportata decisione si ricava inequivocabilmente che
la Corte Costituzionale ha dato per scontato che il deposito
previsto dall'art. 293 c. 3 c.p.p. debba precedere l'interrogatorio,
affermando espressamente che già in vista di tale incombente
il difensore ha diritto non solo ad esaminare quanto depositato,
ma anche ad estrarne copia; l'essenzialità del deposito
e delleconnesse facoltà, ai fini di un'adeguata difesa
in sede di interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p.,
è stata riconosciuta anche nell'ordinanza n. 16 del
1999 (dichiarativa della manifesta infondatezza di tale norma
nella parte in cui non prevede che il giudice che già
ha interrogato l'arrestato o il fermato nel corso dell'udienza
di convalida proceda a nuovo interrogatorio di garanzia, dopo
avere adottato la misura della custodia cautelare).
Non incide, del resto, l'enunciazione finale contenuta nella
sentenza n. 192 del 1997 e cioè che, stante i termini
rapidi e vincolanti previsti per l'interrogatorio e poi per
l'istanza di riesame e per la relativa decisione "nè
il difensore potrà pretendere, nè l'autorità
giudiziaria potrà concedere dilazioni di tali termini
ove risulti materialmente impossibile procedere alla copia
di tuttigli atti richiesti entro le relative cadenze previste
per l'interrogatorio e per l'udienza di riesame": l'attenuazione
della prescrizione fondamentale è, invero, limitata
al conseguimento delle copie degli atti in questione, dei
quali rimane comunque indefettibile il deposito che costituisce
di per sè strumento basilare di conoscenza.
Quest'ultimo, in realtà, non comporta per sua natura
dispendio alcuno di tempo mentre le esigenze di celerità
connesse al momento procedimentale assumono pregnanza esclusivamente
per ciò che attiene alla comunicazione relativa al
deposito stesso. Al proposito è indubbio che la notifica
dell'avviso prevista dall'ultima parte dell'art. 293 c. 3
c.p.p., qualora dovesse essere effettuata prima dell'interrogatorio,
non sempre si concilierebbe con la necessità che il
medesimo avvenga (pena l'inefficacia della misura) entro 5
giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia cautelare,
essendoaltresì consentito al pubblico ministero di
richiedere che esso abbia luogo entro 48 ore; anzi un simile
obbligo potrebbe porsi in contrasto con l'interesse dell'indagato
ad un sollecito svolgimento dell'interrogatorio. Inoltre,
una volta riconosciuto che il deposito dell'ordinanza cautelare
e dei relativi atti deve essere attuato subito dopo l'esecuzione
della misura, l'eventualità che la notifica non sia
stata ancora espletata quando il giudice procede all'interrogatorio
rimane priva di rilevanza rispetto all'attività difensiva:
infatti il difensore, che viene avvertito ai sensi dell'art.
293 c. 1 c.p.p. dell'esecuzione della misura a carico del
proprio assistito, ben sa che gli atti suddetti devono trovarsi
nella cancelleria del giudice ove potrà consultarli
ed estrarne copie, essendo egli d'altro canto legittimato,
nel caso di omesso deposito, a denunciare la situazione in
sede di interrogatorio. L'incombente informativo - e sul punto
va condivisa l'impostazione che invece èstata disattesa
con riguardo al deposito - è dunque da ritenersi funzionale
solo al riesame ed alla determinazione della iniziale decorrenza
del termine per proporre l'impugnazione.
In conclusione, l'interpretazione alla quale si è pervenuti
degli artt. 293, 294 c.p.p. si palesa imprescindibile, essendo
l'unica idonea a garantire, nella considerazione di tutte
le caratteristiche del contesto nel quale si collocano gli
atti disciplinati da tali norme, l'esercizio del diritto di
difesa di cui all'art. 24 Cost. in una delle sue componenti
essenziali, rappresentata dalla necessità di ampia
e congrua conoscenza, necessità riconosciuta dal giudicedelle
leggi ed attualmente ribadita dall'art. 111 Cost..
Con specifico riferimento alla fattispecie processuale portata
all'esame di queste Sezioni Unite, deve affermarsi il seguente
principio di diritto: l'omesso deposito dell'ordinanza applicativa
di una misura cautelare, della richiesta del pubblico ministero
e degli atti allegati, compromette ingiustificatamente il
debito esplicarsi del diritto di difesa e pertanto determina
la nullità dell'interrogatorio dell'indagato (o dell'imputato)
ai sensi degli artt. 178 1. c, 180, 182 c.p.p., nullità
a regime intermedio che deve essere eccepita al compimento
dell'atto, ossia dell'interrogatorio.
Nè v'è spazio per la tesi che vorrebbe subordinare
la nullità alla dimostrazione di un concreto e reale
pregiudizio. Basti osservare che il diritto di difesa va riconosciuto
e tutelato incondizionatamente, prescindendo da ogni valutazione
in ordine alla certezza o anche allamera probabilità
di esiti positivi; a ciò aggiungasi che il difensore
quando formula l'eccezione non sarebbe in grado, proprio perchè
non ha avuto modo esaminare gli atti, di indicare e dedurre
la effettiva rilevanza della limitazione subita.
Venendo alle ulteriori conseguenze della suddetta invalidità,
va ricordato che secondo costante giurisprudenza la mancanza,
la tardività ed altresì la nullità dell'interrogatorio
di garanzia non inficiano a ritroso la legittimità
dell'ordinanza applicativa, ma comportano la perdita di efficacia
della disposta misura, ai sensi dell'art. 302 c.p.p. (Cass.
SU. 5-7-95 n. 00025 RV. 202015; Cass. S.U. 26-3-97 n. 00002
RV. 208269; e successivamente: Cass. 4^ sez. 16- 1-01 n. 06015
RV. 219036; Cass. 1^ sez. 26-6-01 n. 28977 RV. 219550).
Nel presente caso, poichè l'interrogatorio della persona
sottoposta alla custodia cautelare in carcere avvenne senza
che si fosse proceduto al deposito in questione, si è
verificata una nullità del genere sopra menzionato,
la quale è stata tempestivamente eccepita dal difensore
al momento dell'interrogatorio: s'impone pertanto l'annullamento
senza rinvio dell'ordinanza impugnata e la declaratoria di
inefficacia di quella impositiva della misura, con ordine
di immediata liberazione dell'indagata se non detenuta per
altra causa.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dichiara
l'inefficacia di quella impositiva della custodia cautelare;
ordina la liberazione dell'indagata se non detenuta per altra
causa e manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui
all'art. 626 c.p.p..
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2005.
La redazione di megghy.com |