TAR PUGLIA
LECCE
SEZIONE III
Sentenza 1 luglio 2005 n. 3565
(Pres. Speranza, Est. Viola)
per l'annullamento
-della concessione edilizia n. 35/2001 dell’8.5.2001
rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico del
Comune di Matino; nonché di ogni atto presupposto,
connesso o comunque collegato ed in particolare, della concessione
edilizia n. 188/2000;
e per il risarcimento
dei danni derivanti dall’esecuzione degli atti impugnati.
(omissis)
FATTO
La ricorrente è proprietaria di una civile abitazione
sita in Matino alla via Don Minzoni n. 3, già di proprietà
GESCAL e IACP.
In data 12.6.2003, la stessa constatava che i Sigg. Elvira,
Donata Maria, Salvatore Lucio, Raffaella, Giorgio, Annunziata
e Patrizia Lucia Giaffreda, comproprietari di una civile abitazione
confinante con quella di sua proprietà, avevano intrapreso
dei lavori di costruzione/ristrutturazione dell’immobile
di loro proprietà, sulla base della concessione edilizia
8.5.2001 n. 35/2001.
Ottenuta copia degli elaborati progettuali e di tutta la
documentazione posta a base del rilascio della concessione,
la ricorrente impugnava la concessione edilizia 8.5.2001 n.
35/2001; a base del ricorso poneva censure di: 1) incompetenza,
violazione e falsa applicazione degli artt. 107, 3° comma
lett. f e 109 del d.lgs. 267/2000; 2) violazione dell’art.
15 del d.p.r. 380/2001, eccesso di potere, superficialità,
contraddittorietà dell’azione amministrativa,
abuso di potere; 3) violazione del d.p.r. 380/2001, violazione
e falsa applicazione dei principi in materia di rilascio della
concessione edilizia, violazione dell’art. 29 della
l.r. 56/1980, eccesso di potere, falsa ed erronea presupposizione
di fatto e di diritto, carenza di istruttoria; 4) violazione
della l. 241/1990 e del giusto procedimento.
In data 5.3.2004, la ricorrente depositava motivi aggiunti,
regolarmente notificati e tesi a contestare il permesso di
costruire in variante 9.12.2003 n. 94, rilasciato ai controinteressati;
a base dei motivi aggiunti poneva censure di: 1) illegittimità
derivata; 2) incompetenza, violazione e falsa applicazione
degli artt. 107, 3° comma lett. f e 109 del d.lgs. 267/2000.
Si costituivano l'Amministrazione resistente e la controinteressata
Elvira Giaffreda, controdeducendo sul merito del ricorso.
Alla camera di Consiglio dell’8.4.2004, la Sezione
ordinava, con l’ordinanza n. 429/2004, l’integrazione
del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti titolari
della concessione edilizia ed ordinava incombenti istruttori
a carico dell’Amministrazione resistente; l’integrazione
del contraddittorio era regolarmente effettuata da parte ricorrente
e l’Amministrazione resistente depositava la documentazione
richiesta con l’ordinanza istruttoria.
Con ordinanza 16.12.2004-18.2.2005 n. 178/2005, la Sezione
disponeva ulteriori incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione
resistente.
Dopo il deposito della documentazione richiesta con l’ordinanza
n. 178/2005, il ricorso passava quindi in decisione all'udienza
del 26 maggio 2005.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
Per quello che riguarda, il primo motivo di ricorso è
sufficiente rilevare come l’Amministrazione resistente
abbia depositato in giudizio il provvedimento con il quale
il Sindaco ha attribuito all’Arch. Gianluigi R. la Responsabilità
del Settore Servizi alla Città e le "funzioni
dirigenziali disciplinate dall’art. 107, comma 3°
del T.U. n. 267/2000, per l’espletamento dell’incarico
assegnato" (provv. 28.6.2002 del Sindaco del Comune di
Matino).
Nel caso di specie, è quindi pienamente rispettata
la previsione dell’art. 109, 2° comma del d.lgs.
18.8.2000 n. 267 che prevede, nei comuni privi di personale
di qualifica dirigenziale, la possibilità per il Sindaco
di attribuire, con provvedimento motivato, le funzioni di
cui all'articolo 107, commi 2 e 3 ai responsabili degli uffici
o dei servizi, "indipendentemente dalla loro qualifica
funzionale".
Per mera completezza, la Sezione deve poi rilevare come il
t.u. in materia di enti locali e le leggi in materia di azione
amministrativa non rechino traccia dell’obbligo di fare
"menzione del provvedimento di delega del Sindaco"
nei provvedimenti amministrativi prospettato da parte ricorrente;
l’attribuzione delle funzioni dirigenziali è
pertanto un requisito che deve essere presente e che assume
rilevanza sul piano sostanziale, senza che a nulla possa rilevare
la menzione (o la non menzione) dell’esistenza della
"delega" sui provvedimenti adottati dal responsabile
del servizio.
Il secondo motivo di ricorso ruota poi intorno alla presunta
decadenza dalla concessione per effetto del mancato inizio
dei lavori nel termine (7.5.2002) previsto nella concessione
edilizia.
A prescindere dall’evidente difficoltà a prospettare
in termini di illegittimità dell’atto concessorio
una problematica che può evidentemente sorgere solo
successivamente al rilascio del titolo abilitativo (e che,
quindi, deve confluire nell’istituto della decadenza
della concessione edilizia), la Sezione deve rilevare come
la censura non meriti accoglimento in punto di fatto.
Contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, il
sopralluogo effettuato in data 16.6.2003 dall’Amministrazione
comunale ha infatti chiaramente evidenziato una situazione
di fatto caratterizzata dall’<<impianto del cantiere>>
e dall’avvenuta esecuzione delle <<demolizioni
necessarie alla successiva realizzazione dei lavori autorizzati
di ampliamento, ristrutturazione e sopraelevazione del piano
terra>>.
Nel caso di specie, la situazione di fatto rilevata in sede
di sopralluogo evidenzia quindi pienamente la sussistenza
di quel <<<serio intento costruttivo che giustifichi
il permanere del titolo, come sarebbe nel caso di un processo
costruttivo di modificazione edilizia iniziato ed irreversibile>>
che, secondo la giurisprudenza della Sezione (T.A.R. Puglia
Lecce, sez. III, 20 settembre 2004, n. 6536), impedisce il
verificarsi della decadenza dalla concessione edilizia.
È quindi proprio il carattere di irreversibilità
delle attività di trasformazione edilizia (ed in particolare,
delle demolizioni della struttura preesistente) compiute dai
controinteressati ad evidenziare la presenza di quel <<serio
intento costruttivo>> che esclude la possibile operatività
dell’istituto della decadenza della concessione edilizia.
Per quello che riguarda il terzo motivo di ricorso, la Sezione
deve innanzitutto rilevare come, contrariamente a quanto rilevato
da parte ricorrente, l’intervento edilizio in questione
ricada interamente su area da ritenersi di proprietà
esclusiva dei controinteressati; in particolare, il semplice
esame dell’atto di compravendita 17.6.1980 intervenuto
tra l’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Lecce
e il Sig. Giovanni Giaffreda, dante causa dei controinteressati,
evidenzia chiaramente come l’intervento oggi contestato
ricada in <<una porzione di suolo distinta in rosso
nella planimetria allegata…trasferita in piena ed assoluta
proprietà all’acquirente>> (si veda, al
proposito, anche la nota di trascrizione nella Conservatoria
dei registri immobiliari dd. 17.7.1980 che evidenzia sempre
in rosso la porzione di suolo trasferita al Giaffreda in proprietà
esclusiva).
Siamo quindi in presenza di intervento effettuato sulla proprietà
esclusiva dei controinteressati e che non può quindi
essere contestato sotto questo aspetto da parte ricorrente.
Tutte le allegazioni di parte ricorrente sono poi smentite
dalla documentazione depositata in giudizio; quanto rilevato
vale:
per la presunta mancanza dell’atto di asservimento dell’area
ai sensi dell’art. 29, 2° comma l.r. 31.5.1980 n.
56 (si veda, al proposito, l’atto unilaterale d’obbligo
24.4.2001, acquisito in giudizio);
per la presunta mancanza dell’assenso dell’Istituto
Autonomo per la Case Popolari (si veda, al proposito, la documentazione
depositata in giudizio in esecuzione dell’ordinanza
istruttoria n. 178/2005 della Sezione).
Il terzo motivo di ricorso è quindi infondato e deve
pertanto essere rigettato.
Il quarto motivo di ricorso riguarda poi la presunta ''lentezza''
dell’Amministrazione nel procedere alla repressione
dei presunti abusi compiuti dai controinteressati e denunciati
da parte ricorrente; quanto sopra rilevato in ordine all’infondatezza
meritale delle censure sollevate da parte ricorrente permette
di procedere al respingimento anche del quarto motivo, proposto
in una logica di mera consequenzialità rispetto alle
prime tre censure di ricorso.
Per quello che riguarda i motivi aggiunti, la prima censura
di illegittimità derivata si limita a riproporre le
censure già sollevate con il ricorso e deve pertanto
essere rigettata per le stesse ragioni.
Per quello che riguarda, poi, la censura di incompetenza
sollevata con il secondo motivo aggiunto, è sufficiente
richiamare quanto già rilevato, con riferimento al
primo motivo di ricorso; in particolare, la Sezione deve riportare
l’attenzione sul provvedimento 28.6.2002 del Sindaco
del Comune di Matino che ha attribuito all’Arch. Gianluigi
R. le ''funzioni dirigenziali disciplinate dall’art.
107, comma 3° del T.U. n. 267/2000''.
In definitiva, il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese di giudizio devono essere poste a carico della ricorrente
e liquidate, in mancanza di nota spese, in complessivi €
1.000,00 da ripartirsi in parti uguali tra l’Amministrazione
resistente e la controinteressata Elvira G.
Nulla sulle spese nei confronti dei controinteressati non
costituiti in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, III Sezione
di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa
lo rigetta, come da motivazione.
Condanna la ricorrente alla corresponsione in favore dell’Amministrazione
resistente della somma di € 500,00 (cinquecento/00) a
titolo di spese di giudizio e della somma di € 500,00
(cinquecento/00) in favore della controinteressata Elvira
G.
Nulla sulle spese nei confronti dei controinteressati non
costituiti in giudizio.
Così deciso in Lecce, in camera di consiglio il 26
maggio 2005.
Dott. Evasio Speranza – Presidente
Dott. Luigi Viola - Estensore.
Depositata il 1 luglio 2005.
La redazione di megghy.com |