TAR CAMPANIA, Sezione II, Sentenza n. 8707 del 27/06/2005
composto dai Magistrati:
Presidente dott. Antonio Onorato
Primo Referendario dott. Umberto Maiello
Primo Referendario dott. Paolo Severini, est.
all’udienza del 9 giugno 2005 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 12671/2004 R. G., proposto dalla M. s. a.
s., in persona degli amministratori p. t. sigg.ri M. C. e
M. L., rappresentata e difesa dall’Avv. F. C.;
contro
Il Comune di Casalnuovo, in persona del Sindaco pro tempore,
non costituito in giudizio;
per l’annullamento
1) del provvedimento prot. n. 33292 del 17.08.2004, col quale
il Comune di Casalnuovo ha diffidato, tra gli altri, la M.
s. a. s. dall’eseguire le opere di ristrutturazione
edilizia previste dalla D. I. A. presentata in data 28.07.04
prot. n. 31253;
2) dell’atto presupposto rappresentato dalla relazione
dell’Ufficio tecnico urbanistico del 6.08.04 prot. 3°
Sett. n. 3106;
3) della delibera di Consiglio n. 5 dell’1.04.04, se
e in quanto presupposto del prefato provvedimento di diffida;
4) d’ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
nonche’ per la condanna
del Comune di Casalnuovo al risarcimento dei danni;
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive, prodotte dalla societa’
ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 9 giugno 2005, il relatore,
Primo Ref. Paolo Severini, e per le parti i procuratori come
da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con atto, notificato, in data 30 ottobre 2004 e depositato
il successivo 24 novembre, la societa’ ricorrente, premesso
d’aver concluso, in data 9.05.02, un contratto preliminare
per l’acquisto di un capannone industriale, sito in
Casalnuovo di Napoli, con l’E.I. s. r. l., al fine d’ampliare
la propria struttura aziendale; che il contratto prevedeva
che l’acquisto sarebbe avvenuto in favore della Credemleasing
s. p. a., che avrebbe poi concesso il cespite in locazione
finanziaria alla M. s. a. s.; che, a carico di quest’ultima,
sarebbe restato l’obbligo di provvedere alla realizzazione
dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, necessari
per il conseguimento del certificato d’agibilita’;
che, per l’esecuzione di tali lavori, era stata presentata
denuncia d’inizio attivita’, in data 24.02.03,
assentita dal Comune, che non aveva adottato alcun provvedimento
in merito; che, successivamente, era stata comunicata; dallo
stesso Comune, l’adozione della delibera n. 5 di Consiglio
Comunale, che prevedeva misure volte a conservare la destinazione
industriale delle aree dov’era ubicato il complesso,
gia’ di proprieta’ della E. I. s. r. l.; era seguito
uno scambio di corrispondenza tra la societa’ ricorrente
ed il Comune, in relazione alle problematiche emergenti da
tale delibera; tanto premesso, la societa’ ricorrente
rappresentava che tuttavia, nella fase di esecuzione dei lavori
di ristrutturazione, era sorta la necessita’ di eseguire
ulteriori interventi “finalizzati al miglioramento della
fruibilita’ e della comodita’ d’impiego
del capannone”, anch’essi, secondo la societa’
ricorrente, realizzabili in regime di denuncia d’inizio
attivita’; era stata, quindi, presentata una nuova denunzia,
in data 28.07.04, ma col provvedimento impugnato, notificato
il 1° settembre 2004, il dirigente del servizio urbanistica,
recependo le indicazioni fornite dall’Ufficio tecnico
con la relazione del 6.08.04, aveva diffidato la societa’
ricorrente dall’eseguire i lavori in questione, perche’
in contrasto con le norme di attuazione del vigente P. R.
G:; avverso detto provvedimento erano articolate censure di
violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.
P. R. 380/01 e della l. r. 19/01; eccesso di potere per carenza
dei presupposti; violazione del giusto procedimento; di violazione
delle N. T. A. del P. R. G. del Comune di Casalnuovo; di eccesso
di potere per travisamento, contraddittorieta’, insussistenza
dei presupposti, manifesta irragionevolezza, di violazione
dell’art. 3 l. 241/90; di eccesso di potere per difetto
di motivazione e d’istruttoria, di violazione degli
artt. 3, 5, 7 e 8 della l. 241/90; ed era formulata domanda
di risarcimento dei danni, causati alla societa’ ricorrente
dall’impossibilita’ di realizzare gli interventi
di ristrutturazione in oggetto.
In data 15.12.04 perveniva documentazione da parte del Comune
di Casalnuovo.
In data 27.01.05 perveniva documentazione integrativa da
parte della societa’ ricorrente.
Altri documenti erano depositati in data 19.05.05 e in data
23.05.05.
Con successiva memoria, depositata il 30 maggio 2005, la
societa’ ricorrente insisteva nella richiesta
d’annullamento dell’atto impugnato.; e precisava
la richiesta di risarcimento del danno formulata nell’atto
introduttivo del giudizio.
Al riguardo, affermava che tali danni andavano individuati:
a) quanto al danno emergente, nei canoni di prelocazione che
la stessa societa’ era stata costretta a corrispondere
alla Credemleasing S. p. a., “senza per converso poter
usufruire del capannone in questione”, pari a €
24.365,72, come da documentazione depositata; ; b) quanto
al danno emergente, nel pagamento dell’I. C. I. –
versata dalla Credemleasing, e da questa fatturata alla societa’
ricorrente – per € 2.394,23; c) quanto al danno
emergente, nel danno da ritardo nell’esecuzione degli
interventi edilizi oggetto della denegata d. i. a (incremento
dei costi dei materiali), di cui si chiedeva una liquidazione
equitativa; d) quanto al danno emergente, dal danno derivante
dalla mancata eliminazione delle diseconomie aziendali interne
e nella conseguente mancata riduzione dei costi, danno di
cui pure si chiedeva una liquidazione equitativa; e) quanto
al lucro cessante, nella mancata evoluzione dell’attivita’
imprenditoriale, con acquisizione di maggiori segmenti di
mercato e conseguente incremento della clientela, danno da
liquidarsi secondo la tecnica della “perdita di chances”.
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2005, la causa e’
stata trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
Il ricorso e’ fondato e va pertanto accolto, nei sensi
di seguito precisati.
Assume carattere decisivo il motivo di ricorso che impinge
nella perentorieta’ del termine, concesso all’Amministrazione
comunale per l’inibitoria dell’intervento edilizio,
oggetto di denuncia d’inizio d’attivita’.
Osserva il Collegio che l’art. 4 del d. l. 5 ottobre
1993, n. 389, convertito dalla l. 4 dicembre 1993, n. 493,
modificato dall’art. 5, d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425,
sostituito dall’art. 2, comma 60, l. 23 dicembre 1996,
n. 662, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art.
10, d. l. 31 dicembre 1996, n. 669 (il T.U. 6 giugno 2001,
n. 380 sull’edilizia ha abrogato la norma, e trasfuso
nel suo testo le relative disposizioni) al co. 7° subordinava
alla denunzia d’inizio d’attivita’ gli interventi
ivi indicati tra i quali le “opere di manutenzione straordinaria”;
nel successivo comma 8° indicava le condizioni sussistendo
le quali e’ data la facolta’ di presentare denuncia
di inizio di attivita’ per gli interventi di cui al
precedente comma; ed all’11° comma fissava il termine
di 20 giorni entro cui all’Amministrazione era dato
esercitare il potere inibitorio (l’art. 23 del d.P.R.
n. 380 del 2001 ha, ora, fissato il termine di 30 giorni).
Al riguardo, s’osserva che, ai sensi dei commi 1 e
6 dell’art. 23 del d.P.R. 380/01: “Il proprietario
dell’immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia
di inizio attivita’, almeno trenta giorni prima dell’effettivo
inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia,
accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista
abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri
la conformita’ delle opere da realizzare agli strumenti
urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati
ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonche’ il rispetto
delle norme di sicurezza e di quelle igienico - sanitarie”;
“Il dirigente o il responsabile del competente ufficio
comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata
l’assenza di una o piu’ delle condizioni stabilite,
notifica all’interessato l’ordine motivato di
non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa
attestazione del professionista abilitato, informa l’autorita’
giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza.
E’ comunque salva la facolta’ di ripresentare
la denuncia di inizio attivita’, con le modifiche o
le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa
urbanistica ed edilizia”.
Secondo un indirizzo giurisprudenziale prevalente, la denunzia
di inizio di attivita’ costituisce una dichiarazione
del privato cui la legge, in presenza di specifiche condizioni,
ricollega effetti tipici corrispondenti a quelli del permesso
di costruire, ma non ha il carattere del provvedimento amministrativo,
in quanto non promana da una pubblica amministrazione che
ne e’ la destinataria, non costituisce esercizio di
una potesta’ pubblicistica, ne’ da’ origine
ad un provvedimento amministrativo in forma tacita (silenzio-assenso),
non sussistendo il potere-dovere dell’Amministrazione
di provvedere sull’istanza del privato. (…)
E’ anche costantemente affermata la natura perentoria
del termine di trenta giorni (gia’ venti) ex art. 23
d.P.R. 380/2001.
Circa la natura del termine, concesso all’Amministrazione
comunale per l’esercizio del potere inibitorio, a seguito
della ricezione della denuncia d’inizio attivita’
da parte del privato, si vedano le seguenti massime: T.A.R.
Piemonte, n. 70 del 16 gennaio 2002: “Il termine di
venti giorni stabilito dall’art. 2 comma 60 l. 23 dicembre
1996 n. 662 (che ha sostituito l’art. 4 d. l. 5 ottobre
1993 n. 398 convertito dalla l. 4 dicembre 1993 n. 493), ai
fini dell’adozione del provvedimento comunale di inibitoria
a seguito della ricezione della denuncia di inizio attivita’
per l’esecuzione di lavori edilizi, ha carattere perentorio”;
T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 18 del 30 gennaio 2001: “Il
termine di venti giorni, entro il quale il Sindaco, a seguito
di denuncia di inizio attivita’ relativamente a lavori
interni, puo’ notificare agli interessati l’ordine
motivato di non effettuare le previste trasformazioni, ha
natura perentoria, essendo finalizzato a dare certezza ai
rapporti giuridici tra privati e Pubblica amministrazione,
a tutelare gli interessi di entrambi nonche’, contemporaneamente,
l’interesse pubblico”; e, ancora, T.A.R. Emilia
Romagna, Parma, 8 giugno 2001, n. 325; T.A.R. Lombardia, Brescia,
1° giugno 2001, n. 397; T.A.R. Basilicata, 21 ottobre
2000, n. 647.
La perentorieta’ e’ da riconnettersi con il venir
meno del potere, di cui al co. 6 dell’art. 23 del d.P.R.
380/01, del Comune di contestare al denunziante la carenza
dei presupposti e dei requisiti di legge.
Con il decorso di un termine breve, si definiscono e vengono
a giuridica esistenza anche gli effetti dell’atto-denunzia,
titolo abilitante di natura privata.
La valenza di tale atto non puo’ trasformare in lecita
e/o legittima un’attivita’ edilizia oggettivamente
abusiva, qualora il denunziante abbia erroneamente ricondotto
l’intervento ad una delle fattispecie in cui opera il
meccanismo della d. i. a., od erroneamente abbia certificato,
tramite il proprio progettista, l’inesistenza delle
condizioni impeditive stabilite dalla legge.
Conclusosi, pertanto, il procedimento d’iniziativa
privata, permane in capo all’Amministrazione il piu’
generale potere di vigilanza e di repressione di cui all’art.
4 e segg. della l. 28 febbraio 1985, n. 47, il cui esercizio
non e’ soggetto a termini di prescrizione (salvo a dover
motivare, in ipotesi di un lungo tempo trascorso dall’ultimazione
dei lavori, sulla permanenza dell’interesse pubblico
specifico ed attuale perseguito e ritenuto prevalente rispetto
all'affidamento ingenerato nel privato dal comportamento omissivo
dell’Amministrazione).
In definitiva, il potere inibitorio previsto dal comma 6
dell’art. 23 del d.P.R. 380/01, puo’ essere esercitato
entro il termine perentorio di trenta giorni, trascorso il
quale possono soltanto essere emanati provvedimenti d’autotutela
e sanzionatori; invero, alla scadenza del citato termine di
trenta giorni matura l’autorizzazione implicita ad eseguire
i lavori progettati ed indicati nella D. I. A., fermo restando
il potere dell’Amministrazione comunale di provvedere
anche successivamente alla scadenza del termine stesso, ma
non piu’ con provvedimento inibitorio (ordine o diffida
a non eseguire i lavori) bensi’ con provvedimento sanzionatorio
(se i lavori sono gia’ stati eseguiti, in tutto o in
parte) di tipo ripristinatorio o pecuniario, secondo i casi,
in base alla normativa che disciplina la repressione degli
abusi edilizi (e’’ discusso, in tal caso, se l’Amministrazione
debba far precedere tale provvedimento sanzionatorio dall’emanazione,
in autotutela, di un atto di secondo grado - revoca od annullamento
dell’autorizzazione tacita od implicita formatasi –
anche se la soluzione negativa pare quella preferibile).
Appare inoltre evidente, in base all’interpretazione
letterale, che entro il termine di trenta giorni il provvedimento
inibitorio di cui sopra debba essere non soltanto emanato,
ma anche notificato al privato (ove entro il termine indicato
al comma 1 sia riscontrata l’assenza di una o piu’
delle condizioni stabilite, notifica all’interessato
l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento);
depone chiaramente in tal senso, del resto, anche la indubbia
natura recettizia dell’ordine di non eseguire i lavori
da parte del Comune.
Orbene, rileva la Sezione che, nella specie, l’impugnata
diffida, espressione del citato potere inibitorio, e’
stata notificata fuori termine (precisamente dopo 34 giorni
dalla ricezione della denunzia d’inizio attivita’);il
ricorso va pertanto accolto, restando assorbita ogni altra
censura, e con salvezza degli eventuali ulteriori provvedimenti
dell’Amministrazione.
Quanto, poi, alla richiesta di risarcimento del danno, avanzata
dalla societa’ ricorrente, la stessa non puo’
essere accolta.
S’osserva infatti che l’annullamento, in sede
giurisdizionale, dell’ordine di non eseguire i lavori,
notificato dal Comune di Casalnuovo alla societa’ ricorrente,
essendo fondato su un motivo squisitamente formale –
mancato rispetto, da parte del Comune medesimo, del termine
perentorio di gg. trenta, fissato dall’art. 23 co. 6
del d.P.R. 380/2001 – non equivale ad affermare la piena
legittimita’ dell’intervento di ristrutturazione,
di cui alla d. i. a. presentata il 28.07.04, restando impregiudicato,
in capo al Comune, l’esercizio del generale potere repressivo
degli abusi in materia urbanistico – edilizio.
In conformita’ a tale osservazione, va negato ingresso
all’azione risarcitoria tendente ad ottenere il ristoro
del danno cd. “da ritardo” consistente sia nell’incremento
dei costi dei materiali, sia nella mancata eliminazione delle
diseconomie aziendali interne e nella conseguente mancata
riduzione dei costi d’impresa.
Lo stesso dicasi del danno (lucro cessante), che sarebbe
consistito,giusta la domanda, nella mancata evoluzione dell’attivita’
imprenditoriale (con acquisizione di maggiori segmenti di
mercato e conseguente incremento della clientela), danno da
liquidarsi secondo la tecnica della “perdita di chances“.
Oltre quanto sopra osservato, s’osserva inoltre, quanto
all’altra voce di danno emergente, costituita dal pagamento
dei canoni afferenti la locazione finanziaria stipulata tra
la societa’ ricorrente e la Credemleasing S. P. A.,
che la relativa domanda risarcitoria andrebbe comunque respinta,
poiche’ si tratta di un’obbligazione scaturente
da un contratto di leasing intercorso tra le parti, avente
come punto di riferimento oggettivo l’immobile, dedotto
in contratto: la sussistenza e l’entita’ di tale
obbligazione prescindono quindi, a parere del Collegio, dalla
dedotta impossibilita’, per la societa’ ricorrente,
d’usufruire del capannone in questione, a cagione del
fatto del terzo (vale a dire a causa del dedotto illegittimo
diniego di d. i. a., da parte del Comune di Casalnuovo).
Cio’ e’ tanto piu’ evidente, se si considera
che – conformemente al tipo negoziale intercorso tra
le parti (leasing) – la societa’ ricorrente s’e’
riservata (cfr. il punto 22 del contratto del 4.09.2002) il
diritto di opzione per l’acquisto dell’immobile,
opzione sottoposta alla condizione del puntuale adempimento,
da parte della stessa societa’, di tutte le obbligazioni
scaturenti dall’accordo intercorso con la Credemleasing.
Per cio’ che concerne, infine il presunto danno rappresentato
dal pagamento dell’I. C. I. relativa al capannone, lo
stesso e’ palesemente insussistente, trattandosi di
null’altro che dell’adempimento di un’obbligazione
tributaria propter rem.
Sussistono giusti motivi per compensare, tra le parti, le
spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania –
sede di Napoli – Sezione II, accoglie il ricorso in
epigrafe n. R. G. 12671/2004 e, per l’effetto, annulla
il provvedimento impugnato sub 1), nei sensi di cui in motivazione.
Respinge la domanda di risarcimento del danno, avanzata dalla
societa’ ricorrente..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorita’
Amministrativa.
Cosi’ deciso in Napoli, nella camera di consiglio del
9 giugno 2005.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Paolo Severini) (Antonio Onorato
La redazione di megghy.com |