Cassazione
Sezione IV penale
Sentenza 20 ottobre 2004, n. 47940
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 30.10.2002 il Tribunale di Bergamo -
sezione distaccata di Treviglio - ha dichiarato L. Francesco
colpevole della contravvenzione di cui all'art. 186, 2 comma,
C.d.S. (guida in stato di ebbrezza), commesso il 19.6.2000,
e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla
pena di euro 1.000,00 di ammenda, oltre le spese.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto appello il Procuratore
Generale presso la Corte di Appello di Brescia e L. Francesco,
a mezzo del proprio difensore.
Il P.G. ha chiesto l'annullamento della sentenza limitatamente
alla mancata applicazione della sanzione amministrativa della
sospensione della patente di guida, ex art. 186, 2 comma,
C.d.S..
Il L., con un primo motivo, ha chiesto l'assoluzione ex art.
530, 2 comma, c.p.p., non essendo stato eseguito l'alcoltest,
come precisato anche nella sentenza impugnata, ed essendosi
ricavato il giudizio di colpevolezza da valutazioni dei verbalizzanti,
quali "l'equilibrio instabile", "l'eloquio
sofferto", "una perdita secca della memoria e della
dimensione nello spazio e nel tempo", che ben potevano
essere conseguenza di un incidente stradale appena verificatosi
e che aveva coinvolto l'imputato, piuttosto che di uno stato
di ebbrezza.
Con un secondo motivo il L. ha dedotto l'eccessività
della pena inflitta.
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 2.2.2004,
ha ritenuto l'inappellabilità della sentenza di primo
grado, dichiarato la propria incompetenza a provvedere e trasmesso
gli atti a questa Corte, ai sensi dell'art. 568, 5 comma,
c.p.p..
Motivi della decisione
Per ragioni di priorità logica, va dapprima esaminato
il ricorso dell'imputato, attinente alla sussistenza o meno
della sua penale responsabilità.
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente
ritenuto che "lo stato di ebbrezza del conducente di
un autoveicolo può essere provato e accertato con qualsiasi
mezzo, e non necessariamente attraverso la strumentazione
e la procedura indicate nell'art. 379 del regolamento di attuazione
ed esecuzione del codice della strada.
Invero, per il principio del libero convincimento, per l'assenza
di prove legali e per la necessità che la prova non
dipenda dalla discrezionalità dell'interessato, il
giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica
derivante dall'influenza dell'alcool da qualsiasi elemento
sintomatico dell'ebbrezza, così come può disattendere
l'esito fornito dall'etilometro, sempre che del suo convincimento
fornisca motivazione logica ed esauriente" (Cass. sezioni
unite 27.9.1995 n. 1299; conforme Cass. 27.1.2000 n. 2644).
Nella specie, il giudice di merito ha ritenuto, con motivazione
logica e adeguata, che i sintomi rilevati dalla Polizia Stradale
siano quelli propri di uno stato di ebbrezza alcolica, e non
di un trauma conseguente a incidente stradale, per cui, in
presenza di motivazione corretta, nessun altro sindacato spetta
al giudice di legittimità, non avendo rilievo la diversa
valutazione difensiva delle risultanze probatorie (Cass. sezioni
unite 24.9.2003 n. 18).
Sul punto, infatti, con l'atto di appello, poi qualificato
ex art.568, 5 comma, c.p.p., ricorso per cassazione, il L.
si è limitato a dedurre valutazioni di merito, che
avrebbero dovuto indurre il giudice ad una declaratoria di
assoluzione quanto meno a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p.,
omettendo peraltro di precisare che i verbalizzanti, oltre
a rilevare "l'equilibrio instabile", "l'eloquio
sofferto", "una perdita secca della memoria e della
dimensione nello spazio e nel tempo", hanno anche notato
l'"alito vinoso", circostanze tutte logicamente
idonee a ritenere la stato di ebbrezza dell'imputato, non
essendo conciliabili - almeno se valutate complessivamente
- con le sole conseguenze dell'incidente stradale.
Anche il secondo motivo di ricorso è palesemente infondato,
avendo il giudice di merito valutato i parametri previsti
dall'art. 133c.p., come riportato in motivazione, e comminato
la sola pena pecuniaria, in una misura media. Ne consegue
che la congruità della valutazione di merito non è
censurabile in sede di legittimità, in quanto sorretta
da motivazione adeguata, che ha ritenuto - come sostenuto
anche dal ricorrente - la non particolare gravita del fatto,
conciliando la concessione delle attenuanti generiche con
l'applicazione della sola pena pecuniaria, valutati i criteri
di cui all'art. 133 c.p..
Il ricorso dell'imputato va, quindi, dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, a norma dell'art.
616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma,
che si ritiene equo liquidare in euro 1.000,00, in favore
della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa
in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
Il ricorso del P.G. è, invece, fondato e va accolto.
L'art. 186, 2 comma, C.d.S. dispone che il giudice, con la
sentenza di condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza,
deve anche applicare la sanzione amministrativa della sospensione
della patente di guida. Le sezioni unite della Corte di Cassazione
con le sentenze 21.6.2000 n. 20 e 21.7.1998 n. 8488, hanno
affermato che anche con la sentenza emessa ai sensi dell'art.
444 c.p.p., debbono sempre essere applicate le sanzioni amministrative
accessorie che ne conseguono di diritto, in osservanza di
quanto previsto dall'art. 186, 2 comma, C.d.S., il quale dispone
che il giudice, unitamente alla pena prevista per il reato
di guida in stato di ebbrezza, è tenuto a disporre
la sospensione della patente di guida.
Ne consegue che, a maggior ragione, la misura amministrativa
va applicata nel caso di specie, trattandosi di sentenza di
condanna.
Non osta la eventuale sospensione già disposta dal
Prefetto, non essendo i due periodi di sospensione cumulabili,
ma spettando poi all'autorità amministrativa di detrarre,
in fase esecutiva, il periodo di sospensione presofferto.
Di conseguenza, la sentenza impugnata va annullata con rinvio,
limitatamente alla mancata applicazione della sanzione amministrativa.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla
mancata applicazione della sanzione amministrativa accessoria
della sospensione della patente di guida e rinvia sul punto
al Tribunale di Bergamo.
Dichiara inammissibile il ricorso dell'imputato, e lo condanna
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2004.
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