Cassazione
Sezione III civile
Sentenza 5 luglio 2004 n. 12279
Svolgimento del processo
Il Banco di Sicilia, avendo garantito con fideiussione i pagamenti
dovuti dalla Eurorail alla B.N. Leasing (poi B.N. Commercio
e Finanza) in forza di contratto di locazione finanziaria,
pagò a quest'ultima la somma di L. 10 miliardi quando
fu dedotto l'inadempimento della Eurorail. Il Banco convenne,
allora, in giudizio la B.N. Commercio e Finanza (concedente)
per ottenere la condanna di questa a restituirle la predetta
somma, sostenendo che l'Eurorail (utilizzatrice) non era obbligata
a pagare i canoni della locazione in ragione della mancata
consegna della mercè (250 carri ferroviari); in subordine,
domandò la riduzione dell'importo della fideiussione
in proporzione della mercè effettivamente consegnata
(80 su 250 carri); agì, comunque, per ottenere la condanna
della convenuta a risarcirgli il danno cagionatogli per violazione
dell'obbligo di buona fede, in relazione alla richiesta di
pagamento effettuata nella consapevolezza della mancata consegna
della mercè.
La sentenza di rigetto di tutte le domande, resa dal Tribunale
di Napoli, è stata confermata dalla Corte d'appello
della stessa città, la quale ha ritenuto infondata
la tesi del Banco di Sicilia che nell'art. 5 del contratto
di finanziamento fosse configurabile una clausola che, in
mancanza di consegna della mercè, avrebbe esonerato
la B.N. Leasing dal relativo pagamento e, di conseguenza,
lo stesso Banco dall'erogazione della somma oggetto di fideiussione.
Ha aggiunto che in quella clausola non è ravvisabile
alcuna condizione, che la B.N. Leasing pagò sulla base
di prove dell'avvenuta consegna della mercè e che non
sussiste responsabilità della società finanziaria
per comportamento contrario a buona fede, avendo essa provveduto
al pagamento dietro presentazione delle bolle di accompagnamento
e delle dichiarazioni dell'utilizzatrice di avere ricevuto
la mercè.
Il Banco di Sicilia propone ora ricorso per la cassazione
della sentenza della Corte d'appello di Napoli, svolgendo
sette motivi.
Risponde con controricorso La B.N. Commercio e Finanza s.p.a.
Motivi della decisione
1.1. - Nell'esaminare il primo motivo d'appello del Banco
di Sicilia, la sentenza impugnata esordisce affermando: che
l'operazione di leasing (come quella di specie) si attua attraverso
la conclusione dei contratti di locazione finanziaria (tra
concedente ed utilizzatore) e di compravendita (tra concedente
e fornitore di beni); che tra i due contratti esiste un nesso
integrante un vero e proprio collegamento negoziale, la cui
caratteristica principale è costituita dal fatto che
la scelta e l'indicazione dei beni avvengono ad opera dell'utilizzatore,
il quale ne assume di conseguenza tutti i rischi, benchè
i beni siano acquistati o fatti costruire dal concedente;
che, se l'utilizzatore, oltre al bene, sceglie anche il fornitore
e sia stabilito che questi consegni direttamente all'utilizzatore,
la locazione si svolge come un rapporto trilaterale, con la
previsione (quale elemento naturale del negozio) dell'esonero
del concedente da ogni responsabilità non solo in ordine
alle condizioni del bene acquistato per l'utilizzatore ma
anche dall'obbligo di consegna del bene, poichè il
concedente non assume l'obbligo della consegna, nè
rimane tenuto alla garanzia per l'evizione; una clausola di
esonero eventualmente prevista in talsenso avrebbe mera funzione
esplicativa di quanto è già insito nella struttura
del rapporto trilaterale sopra descritto.
A queste considerazioni la sentenza aggiunge che, se, poi,
nel contratto di leasing sia previsto che il pagamento del
bene debba avvenire in connessione con la sua consegna da
parte del fornitore, siffatta clausola opera nel senso di
escludere o limitare l'obbligo dell'utilizzatore di pagare
il concedente ove manchi, per fatto imputabile al fornitore,
la consegna della cosa, in quanto il pagamento effettuato
dal concedente in assenza di prova della consegna comporta
un mutamento delle condizioni cui, secondo contratto, si raccorda
l'obbligazione dell'utilizzatore.
Fatte queste premesse di ordine generale, la sentenza affronta
la problematica posta dal Banco di Sicilia, concernente l'individuabilità
nell'art. 5 del contratto di leasing in questione di una clausola
che, appunto, subordinasse il pagamento delle rate alla consegna
della mercé e che, dunque, in mancanza di consegna,
esonerasse la concedente dal pagamento stesso e, di conseguenza,
lo stesso Banco dall'erogazione della somma oggetto di fideiussione.
Siffatto esonero secondo la sentenza non esiste per due diverse
ragioni: perché il citato art. 5 non condiziona il
pagamento da parte del concedente alla consegna della mercè;
perché il concedente pagò in presenza di prove
tali da far escludere sia che la mercé non esistesse,
sia che non fosse stata già in parte consegnata.
In estrema sintesi, ritiene il giudice che, in assenza di
apposita convenzione, la consegna del bene non condiziona
il pagamento del concedente in favore del fornitore. Nella
specie, non esisteva una siffatta convenzione. Il concedente
pagò, comunque, dopo aver ricevuto dall'utilizzatore
idonea prova circa l'avvenuta consegna.
1.2. - La seconda parte della motivazione della sentenza impugnata
tratta della missiva del 9 marzo 1992, con la quale l'Eurorial
autorizzò la B.N. Leasing a pagare al fornitore una
somma pari al 40% della fornitura, sollevandola "da qualunque
responsabilità circa qualità, immatricolazione
e tempi di consegna dei macchinari". Sul punto il Banco
sosteneva (e tuttora sostiene) che la missiva comportasse
l'assunzione da parte sua di obblighi diversi da quelli derivanti
dal contratto di leasing, i quali restavano, perciò,
fuori dalla garanzia prestata.
La sentenza, nel trattare la questione, la qualifica come
vera e propria domanda nuova, introdotta tardivamente dal
Banco e relativamente alla quale non v'è stata accettazione
del contraddittorio dalla controparte. Nonostante la dichiarata
inammissibilità, la sentenza esamina ugualmente la
tesi dell'istituto di credito e la dichiara infondata sulla
base delle seguenti considerazioni: la lettera in oggetto
è precedente a quella con la quale il Banco assunse
l'impegno fideiussorio, sicchè esso, con l'ordinaria
diligenza, avrebbe dovuto informarsi sull'estensione effettiva
della garanzia che andava ad assumersi; comunque, tale missiva
non ha modificato l'obbligazione garantita, poichè
questa esisteva già al momento della sottoscrizione
del contratto di leasing ed era operativa indipendentemente
dal momento della consegna (non essendo - come già
affermato in precedenza - la consegna una condizione, bensì
un mero termine rilevante soltanto ai fini dell'esigibilità
del credito del concedente). In sintesi, il giudice ritiene
che l'obbligo fideiussorio del Banco esisteva a prescindere
dalla missiva in questione, perchè esso discende dalla
natura stessa del rapporto di leasing, perchè il concedente
ha legittimamente adempiuto alla sua obbligatone, perchè,
infine, manca qualsiasi collegamento funzionale tra l'obbligazione
fideiussoria e l'effettiva consegna del bene (sul punto la
sentenza cita un precedente giurisprudenziale di merito secondo
cui l'oggetto che l'utilizzatore chiede al concedente di acquistare
può anche non esistere o che, almeno, la sua reale
esistenza non deve interessare il concedente).
2.- Nel censurare i sopra esposti punti della sentenza il
Banco di Sicilia argomenta che: il contratto di leasing garantito
condizionava il sorgere dell'obbligazione dell'utilizzatore
all'avvenuta consegna dei beni oggetto del contratto; la consegna
non è mai avvenuta (successivamente s'è addirittura
accertato che i beni non sono mai stati costruiti); l'obbligazione
dell'utilizzatore garantito non è mai sorta e, dunque,
non è venuta mai ad esistere neppure quella del garante.
Per dimostrare ciò, sviluppa i primi cinque motivi.
2.1. - Il primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione
artt. 1938 ss. e 1353 ss. c.c. - vizi della motivazione) mira
a quel punto della sentenza in cui, più in dettaglio,
si afferma che l'obbligazione di pagamento a carico dell'utilizzatore
non era soggetto alla condizione della consegna della mercè,
bensì ad alcuni termini espressi nell'art. 5 del contratto
di leasing (clausola che stabilisce il corrispettivo complessivo
della locazione, la sua suddivisione in 96 canoni, dei quali
il primo, di maggior importo, anticipato e gli altri 95 con
periodicità mensile in via posticipata, il primo dei
quali scadente il primo giorno del primo mese successivo a
quello in cui è avvenuta la consegna dei macchinari;
i residui, il primo giorno di ogni mese successivo). In particolare,
la sentenza, per dimostrare che il pagamento dei canoni non
era condizionato alla consegna dei beni, valorizza il fatto
che il primo (quello di maggiore importo) doveva essere pagato
anticipatamente e pone inoltre in evidenza che nell'art. 7
dello stesso contratto è scritto che il versamento
doveva essere fatto alla data della scadenza prefissata e
che non poteva essere ritardato o sospeso per qualsiasi ragione;
afferma, poi, l'irrilevanza del fatto che i beni in questione
non fossero stati neppure costruiti, avendo la concedente
pagato in favore del fornitore dopo che l'utilizzatore le
aveva trasmesso la documentazione (le bolle di consegna sottoscritte
dall'utilizzatore stesso) idonea a dimostrare l'avvenuta consegna
di almeno parte della mercè (80 carri sui 250 pattuiti).
Aggiunge, infine, a sostegno della propria tesi che le menzionate
bolle di consegna erano state precedute dalla lettera del
9 marzo 1992 (contestuale al contratto di leasing), nella
quale l'utilizzatore aveva autorizzato il concedente a pagare
al fornitore una somma pari al 40% della fornitura, sollevandolo
"da qualunque responsabilità circa qualità,
immatricolazione e tempi di consegna dei macchinari".
Il Banco di Sicilia censura queste affermazioni, ritenendo,
in primo luogo, che sia errato configurare come termine (che
presuppone la certezza dell'evento futuro) la consegna, la
quale, per sua natura, costituisce un evento futuro ed incerto.
In secondo luogo che la sentenza sia affetta in proposito
da vizi della motivazione, per non avere spiegato cosa abbia
convinto il giudice a ritenere che alle parti fosse apparso
certo ciò che per sua natura è incerto e per
avere utilizzato (a sostegno della tesi che si trattasse di
termine) l'inconcludente circostanza che le parti avessero
pattuito il versamento di un congruo anticipo, senza tener
conto che le stesse avevano condizionato il pagamento degli
altri 95 canoni alla consegna dei beni. Aggiunge il Banco,
sotto altro profilo, che la "apparenza" di consegna,
prodotta attraverso la creazione di false bolle e false dichiarazioni
(predisposte dall'utilizzatore e dal fornitore), non è
in grado di sostituire il mancato verificarsi della condizione
(ossia della consegna), in quanto nel nostro ordinamento non
esiste una finzione di avveramento delle condizioni apparenti.
Poi il ricorrente fornisce una serie di elementi di fatto
tendenti a dimostrare che il concedente pagò ben prima
che l'apparenza venisse creata e gestì l'operazione
con negligenza, omettendo di controllare direttamente l'esistenza
dei carri e di promuovere tempestivamente l'azione di risoluzione
nei confronti dell'utilizzatore.
2.2. - Nel secondo motivo (violazione artt. 1353 ss. c.c.
- vizi della motivazione) il Banco sostiene che, anche ad
ammettere che la consegna fungesse da termine e non da condizione,
la sentenza non spiega quali siano le conseguenze del fatto
che, comunque, quell'evento non s'è verificato. L'unica
risposta possibile - a detta della ricorrente - è che
si tratterebbe di un'obbligazione non scaduta e, dunque, inesistente.
2.3. - Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione artt.
1362ss. c.c., in relazione agli artt. 1353 ss. e 1938 s.s.
c.c. - vizi della motivazione) censura l'interpretazione delle
clausole contrattuali fornita dalla sentenza impugnata e ne
propone una diversa lettura (in particolare degli artt. 4,
5 e 11) che, coordinata con il comportamento tenuto dal concedente
(il quale, prima di effettuare il pagamento, fece in modo
che l'utilizzatore rimuovesse la condizione costituita dalla
consegna dei carri, consapevole del fatto che il contratto
di leasing non le garantiva, in mancanza di quella, alcuna
possibilità di ottenere il pagamento dei canoni), dimostrerebbe
che l'obbligo dell'utilizzatore non era destinato a sorgere
se non in conseguenza della consegna dei carri (sul punto
è citata sia la già menzionata lettera del 9
marzo 1992 - contestuale alla stipula del contratto - sia
quella dell'11 marzo 1992, nella quale l'utilizzatore chiese
al concedente la fatturazione dei canoni decorrenti dal 1
dicembre 1992 "indipendentemente dal completamento della
fornitura ed in deroga a quanto indicato nell'art. 5 del contratto").
2.4. - Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione artt.
183 e ss. c.p.c.) censura il punto della sentenza nel quale
si afferma l'inammissibilità (in quanto tardiva e non
accettata in contraddittorio della controparte) della "domanda
nuova" del Banco, consistente nel far valere la propria
liberazione in conseguenza della modifica apportata, dal concedente
e dall'utilizzatore, all'obbligazione originariamente garantita
con fideiussione. Il ricorrente afferma che nella specie non
può essere identificata una domanda nuova, bensì
la replica al tentativo della controparte di valersi di un'eccezione
infondata, consistente nell'affermazione dell'inopponibilità
a sè di patti modificanti le caratteristiche ed i presupposti
di nascita dell'obbligazione garantita.
11.5. - Il quinto motivo (violazione artt. 1418 e 1346 c.c.-
- vizi della motivazione) attiene a quel punto della sentenza
dove è respinta la tesi di nullità del contratto
per mancanza dell'oggetto, sul presupposto che il bene costituisce
l'oggetto del contratto d'acquisto stipulato dal concedente
in favore dell'utilizzatore, non del contratto di finanziamento
che rileva in questa sede. Il ricorrente sostiene, invece,
che il bene costituisce l'oggetto di entrambi i contratti
e che, comunque, la nullità del contratto di compravendita
(per inesistenza dell'oggetto) travolgerebbe anche il contratto
di locazione finanziaria, ponendosi la vendita quale elemento
caratteristico, causale, coessenziale alla funzione finanziaria.
3 - I primi cinque motivi, che possono essere congiuntamente
esaminati, sono infondati e vanno respinti poichè il
dispositivo della sentenza è conforme a diritto, benchè
essa sia, in alcuni punti, erroneamente motivata in diritto
e, pertanto, meriti di essere corretta nella motivazione (
art. 384, secondo comma, c.p.c.).
3.1. - il provvedimento impugnato desume (come 3'è
visto nel precedente punto 1.1) dalla giurisprudenza di legittimità
i concetti espressi in relazione alla natura giuridica ed
agli effetti del rapporto trilaterale di leasing in cui l'utilizzatore
scelga il bene ed il relativo fornitore, e sia stabilito che
la consegna avvenga direttamente in favore dell'utilizzatore
stesso. In particolare, essa cita Cass. 21 giugno 1993, n.
6862, la quale stabilisce che, in tale vicenda, il fornitore
viene ad assumere la posizione del soggetto indicato dal creditore
(l'utilizzatore) al debitore (il concedente) per ricevere
la prestazione di quest'ultimo, che è costituita dalla
conclusione del contratto di compravendita del bene con il
fornitore attraverso l'impiego del capitale, così da
determinare nel fornitore l'obbligazione di consegnare il
bene all'utilizzatore (da ciò il precedente di legittimità
fa conseguire che non è nulla la clausola che ponga
a carico dell'utilizzatore il rischio della mancata consegna
da parte del fornitore - per preteso contrasto con l'art.
1229 cod. civ., in quanto escludente la responsabilità
del concedente per colpa grave - posto che detta clausola
non comporta un esonero di responsabilità, giacchè
in questo caso può considerarsi gravare sul concedente
solo l'obbligazione di determinare in capo al fornitore l'obbligo
di consegnare all'utilizzatore, assumendo il fornitore, nel
caso, il ruolo di ausiliario dell'utilizzatore e non del concedente).
L'affermazione, poi, circa il fatto che il concedente non
assume neppure indirettamente l'obbligo della consegna, nè
garantisce che il bene sia immune da vizi e che presenti le
qualità promesse, nè rimane tenuto alla garanzia
per evizione, è tratta (benchè non sia citata)
da Cass. 30 giugno 1998, n. 6412, la quale perviene a questa
conclusione nella considerazione che l'operazione si svolge
nel senso che l'acquisto, ad opera del concedente, va effettuato
per conto dell'utilizzatore, con la previsione - quale elemento
naturale del negozio - dell'esonero del primo da ogni responsabilità
in ordine alle condizioni del bene acquistato per l'utilizzatore,
essendo quest'ultimo a prendere contatto e a stabilire le
condizioni di acquisto del concedente. Così verificandosi
la medesima scissione di posizioni, nei confronti del terzo
contraente, che si presenta nel caso di contratti conclusi
dal mandatario in nome proprio e nell'interesse del mandante.
Eppure, la sentenza impugnata, nel richiamare questi principi
e portare alle estreme conseguenze l'affermazione di esonero
di responsabilità del concedente rispetto alla mancata
consegna del bene (tanto da aderire alla tesi secondo cui
il bene che l'utilizzatore chiede al concedente di acquistare
può anche non esistere o, almeno, la sua reale esistenza
non deve interessare il concedente), non tiene conto dell'ulteriore
elaborazione giurisprudenziale che guarda agli effetti della
mancata consegna del bene, nei rapporti tra concedente ed
utilizzatore, alla luce della clausola generale della buona
fede.
In particolare, il provvedimento impugnato va corretto nella
motivazione (successivamente si vedranno le ragioni per le
quali il suo dispositivo risulta, invece, conforme a diritto)
perchè, pur enunciando l'esistenza del collegamento
negoziale tra locazione finanziaria e compravendita del bene,
di fatto trascura le implicazioni che da quel collegamento
derivano, finendo in tal modocol negarlo del tutto e dimenticare,
principalmente, che la consegna non soddisfa l'interesse del
solo utilizzatore, ma anche quello del concedente.
Infatti, questa Corte ha già avuto modo di stabilire
che la scissione tra soggetto destinato a ricevere (dal fornitore)
la prestazione di consegna e soggetto destinato ad adempiere
(nei confronti del fornitore) l'obbligazione di pagamento
del prezzo, non consente al concedente di pagare il prezzo
indipendentemente dall'avvenuta consegna, ma giustifica, sulla
base dell'art. 1375 cod. civ., che il concedente stesso possa
fare affidamento sull'autoresponsabilità dell'utilizzatore
nel ricevere la consegna dal fornitore, atteso che utilizzatore
e concedente hanno, nei confronti del fornitore, un interesse
comune (sicchè su entrambi grava un onere di collaborazione);
pertanto, se il contratto di compravendita prevede che il
fornitore consegni la cosa direttamente all'utilizzatore,
ed il contratto di leasing prevede, a sua volta, che l'utilizzatore
la riceva, il concedente che resta obbligato al pagamento
del prezzo, nell'adempiere, deve far in modo di salvaguardare
l'interesse dell'utilizzatore all'esatto adempimento, così
come questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti
del concedente, dell'onere di comportarsi, rispetto al momento
della consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti
sacrificato, per altro verso, l'interesse che anche il concedente
ha all'esatto adempimento da parte del fornitore, secondo
un modello comportamentale comune improntato alla reciproca
cooperazione onde conseguire l'esatto adempimento da parte
del fornitore (Cass. 6 giugno 2002, n. 8222).
E sulla scorta di questo stesso principio di reciproca cooperazione
risulta pure affermato (in una fattispecie analoga a quella
oggi trattata) che l'utilizzatore che accetta di sottoscrivere
senza riserve il verbale di consegna, pure a fronte di una
consegna incompleta da parte del fornitore (invece di rifiutare
la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale),
pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la
propria obbligazione verso il fornitore, ma poi non gli è
consentito di opporre al concedente stesso che la consegna
non è stata completa, nè di fondare su ciò
il diritto di sospendere il pagamento dei canoni (Cass. 2
novembre 1998, n. 10926).
3.2. - Altro ambito della motivazione meritevole di correzione
è quello che si è esposto nel precedente punto
1.2, nel quale è trattata l'eccezione del Banco di
essere insensibile rispetto a patti (derivanti dalle missive
sopra illustrate) intervenuti tra concedente ed utilizzatore
al di fuori del contratto di finanziamento garantito.
La questione - lo si è già detto - viene prima
dichiarata inammissibile in quanto "domanda nuova",
per poi essere ugualmente trattata e respinta sul presupposto
che, essendo una di quelle missive precedente all'assunzione
dell'impegno fideiussorio, il Banco aveva l'onere di informarsi
circa l'effettiva estensione della garanzia che andava ad
assumersi, che le missive non avevano modificato l'obbligazione
garantita (la quale esisteva già al momento della sottoscrizione
del contratto di leasing ed era operativa indipendentemente
dal momento della consegna), che non esiste collegamento funzionale
tra obbligazione fideiussoria ed effettiva consegna del bene.
Che nella questione posta dal Banco sia configurabile una
"domanda nuova", costituisce un'affermazione sicuramente
errata in diritto.
Come s'è visto l'istituto di credito ha originariamente
agito perchè fosse accertato che l'utilizzatrice non
era obbligata (in ragione della mancata consegna dei beni)
al pagamento dei canoni di locazione finanziaria e, di conseguenza,
che esso, che quell'adempimento aveva garantito in favore
del concedente, non era obbligato al pagamento del debito.
Il petitum consisteva, dunque, nell'accertamento dell'inesistenza
del debito della garantita e, di conseguenza, del proprio;
la causa petendi nella mancanza, appunto, di causa giustificatrice
del debito per la mancata consegna del bene (o, addirittura,
per l'inesistenza del bene stesso). Così stando le
cose, la questione posta dal Banco deve (e doveva) essere
considerata come la legittima e tempestiva eccezione proposta
avverso il tentativo della controparte di giustificare l'esistenza
del debito non più (o non solo) sulla base del contratto
di finanziamento, bensì con riferimento a patti ad
esso estranei e che erano sconosciuti al fideiussore nel momento
in cui prestava la garanzia.
E sul punto è necessario ricordare che il contratto
di fideiussione- consistente in un accordo stipulato tra creditore
e fideiussore, rispetto al quale il debitore è terzo
- garantisce l'adempimento dell'obbligazione altrui attraverso
la personale obbligazione del fideiussore verso il creditore
( art. 1936 c.c.). L'obbligazione del fideiussore si configura,
dunque, come obbligazione accessoria, il cui oggetto è
naturalmente identico a quello dell'obbligazione principale,
e, salvo patto contrario, si estende solo a tutti gli accessori
del debito principale ed alle spese ( art. 1942 c.c.). Ne
consegue che - sia per la natura stessa dell'obbligazione
fideiussoria, sia per i disposti degli artt. 1372 (effetti
del contratto) e 1346 (determinatezza o determinabilità
dell'oggetto del contratto) c.c., - non sono efficaci nei
confronti del fideiussore i patti intervenuti tra creditore
e debitore, modificativi dell'obbligazione principale garantita.
In quest'ordine di idee, il Banco ha giustamente osservato
che l'obbligazione principale, da lui garantita, è
quella scaturente dal contratto di finanziamento intervenuto
tra concedente ed utilizzatrice e che, quindi, non gli sono
opponibili altri patti intervenuti tra questi due, ad esso
sconosciuti al momento della prestazione della garanzia e
sostanzialmente modificativi dell'obbligazione principale.
Ragion per cui non può sostenersi - come fa la sentenza
impugnata - che il Banco avesse l'onere di accertarsi dell'effettiva
estensione della garanzia che andava ad assumersi, procedendo
all'individuazione di eventuali accordi modificativi dell'obbligazione
principale intervenuti tra concedente ed utilizzatrice.
3.3. - Svolti questi rilievi, è il momento di spiegare
la ragione per cui, nonostante gli errori di diritto nei quali
è incorsa la motivazione, il dispositivo della sentenza
impugnata si manifesta conforme a diritto.
Per farlo è necessario richiamare i principi precedentemente
espressi in tema di locazione finanziaria (cfr. supra il punto
3.3), soprattutto con riguardo all'interesse comune del concedente
e dell'utilizzatore rispetto alla consegna del bene, ed al
doveroso modello comportamentale improntato per entrambi alla
reciproca cooperazione rispetto al momento della consegna.
S'è già spiegato come funziona il collegamento
tra il contratto di finanziamento e quello di compravendita
e come sia sbagliato affermare che il concedente è
disinteressato addirittura rispetto all'esistenza o meno del
bene. In altri termini, l'utilizzatore (che è l'esclusivo
detentore del bene) ha il dovere, anche se non sia specificamentepattuito,
di dare notizia al concedente (che è il proprietario
del bene) dell'avvenuta consegna e delle condizioni nelle
quali il bene stesso è stato consegnato, per fare in
modo che il concedente possa tempestivamente determinarsi
riguardo all'obbligazione di pagamento che ha assunto nei
confronti del fornitore. Se l'utilizzatore tali notizie non
fornisce al concedente o le fornisce falsamente, non può
poi dolersi di una mancata o incompleta consegna e, quindi,
pretendere di non effettuare o di sospendere il pagamento
dei canoni.
Così come il concedente, prima di effettuare il pagamento
in favore del fornitore, ha il dovere di verificare l'effettiva
e completa consegna del bene in favore dell'utilizzatore,
altrimenti non può esigere da questo il pagamento dei
canoni per un bene non consegnato o consegnato in maniera
incompleta.
Nella fattispecie in esame esiste un accertamento di fatto
(sul quale non è più possibile discutere in
questa sede) che risolve in radice il problema. Si tratta
dell'affermazione (più volte ribadita in sentenza:
cfr. pagg. 10, 12 e 18) che la B.N. Leasing non paqò
senza prima avere verificato, per quanto le era possibile,
l'avvenuta consegna di almeno una parte dei carri oggetto
del contratto, acquisendo le bolle di consegna sottoscritte
dall'utilizzatrice Eurorail, "per cui non era ragionevolmente
dubitabile che quei beni fossero stati effettivamente ricevuti
dall'Eurorail". In questo modo la concedente ha correttamente
soddisfatto il suo onere comportamentale ed ha eseguito il
contratto secondo buona fede, acquisendo dall'altro soggetto
avente l'interesse al bene (l'utilizzatrice) la documentazione
idonea a dimostrare l'esistenza e la consegna del bene. Nè
era ragionevolmente esigibile da essa (come sostiene il ricorrente)
il compimento di più approfondite verifiche tendenti
ad accertare eventuali accordi truffaldini o collusioni tra
l'utilizzatrice ed il fornitore (riguardo i quali il Banco
potrà far valere le sue ragioni in altra sede e nei
confronti di altri soggetti).
In altri termini, come l'Eurorail, avendo prima generato nella
concedente il giustificato affidamento intorno all'effettiva
verificazione della consegna (tanto da indurla a versare il
corrispettivo della mercè), non potrebbe poi esimersi
dal pagare i canoni adducendo che quella mercè non
l'ha in realtà ricevuta, così il Banco, che
della medesima obbligazione dell'utilizzatrice è responsabile,
non può oggi chiedere di essere esonerato dall'adempiere
alla garanzia offerta in base alla stessa eccezione che alla
debitrice principale sarebbe interdetta.
A fronte di tale accertamento e nell'ottica finora assegnata
al problema, si rivela dunque inutile discutere sia sulla
natura di termine o di condizione delle date fissate per la
consegna, sia sull'interpretazione del contratto, sia sull'efficacia
o meno di patti aggiunti al contratto di finanziamento, sia
sulla rilevanza dell'esistenza o meno del bene e della sua
consegna. Con la conseguenza che i primi cinque motivi di
ricorso vanno respinti.
4. - Le osservazioni finora svolte risolvono anche il sesto
motivo di ricorso (violazione c.c. artt. 1173/ 2043 - vizi
della motivazione) nel quale il Banco si duole della mancata
condanna della finanziaria al risarcimento, in suo favore,
del danno, nella misura delle somme corrisposte in dipendenza
dell'escussa fideiussione. La domanda - fondata sulla violazione
del dovere di correttezza, buona fede e diligenza commessa
dalla concedente nell'effettuare i pagamenti in favore del
fornitore - è stata respinta dalla sentenza in ragione
del fatto che non solo non v'è prova che la convenuta
abbia agito in mala fede, ma v'è, al contrario, la
prova che essa agi con tutte le cautele del caso (qui è
ribadito il riferimento alla documentazione fornita dall'utilizzatrice,
a seguito della quale la concedente effettuò i pagamenti
in favore del fornitore). La sentenza continua, poi, addossando
l'imprudenza del comportamento al Banco, per non avere accertato,
prima di concedere la fideiussione, l'estensione effettiva
dell'impegno assunto.
Anche sul punto la motivazione va corretta dove sembra ripetere
l'erronea affermazione dell'efficacia nei confronti del garante
di patti aggiunti tra creditore e debitore. Tuttavia, la soluzione
alla quale la sentenza è giunta si rivela conforme
a diritto in relazione a quanto prima affermato circa la correttezza
del comportamento della finanziaria e, di conseguenza, l'insussistenza
di un danno ingiusto risarcibile.
5. - E' inammissibile il settimo motivo (violazione art. 92
c.p.c.) con il quale il ricorrente censura il potere discrezionale
del giudice di merito di procedere o meno alla compensazione
delle spese di giudizio.
6. - In conclusione il ricorso va respinto. Sussistono i giusti
motivi per compensare interamente tra le parti le spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le
parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2004.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2004.
La redazione di megghy.com
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