In materia di affidamento d’incarichi di
studio o di ricerca ovvero di consulenza le amministrazioni
pubbliche, comprese le regioni, le province e i comuni, possono
conferire, incarichi individuali ad esperti di “provata
competenza” per “esigenze cui non possono far
fronte con personale in servizio”.
CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
Delibera 15 febbraio 2005 n. 6/CONTR/05
(Pres. Staderini, Est. Gustapane e Carosi)
Oggetto: “Linee di indirizzo e criteri interpretativi
sulle disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria
2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio
o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”.
N. 6/CONTR/05
LE SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
nell’adunanza del 15 febbraio 2005
composte dai magistrati:
Presidente: Francesco STADERINI
Presidenti di Sezione: Tullio LAZZARO
Danilo DELFINI
Luigi SCHIAVELLO
Fulvio BALSAMO
Rosario Elio BALDANZA
Giuseppe S. LAROSA
Enrico GUSTAPANE (relatore)
Massimo VARI
Consiglieri: Maurizio MELONI
Franco TURINA
Claudio IAFOLLA
Giorgio PUTTI
Adolfo DE GIROLAMO
Gaetano D’AURIA
Renzo LIBERATI
Maurizio PALA
Giovanni COPPOLA
Fabio VIOLA
Aldo CAROSI (relatore)
Stefano SIRAGUSA
Vincenzo PALOMBA
I Referendari: Cinzia BARISANO
Maria Luisa ROMANO
Referendari: Elena BRANDOLINI
Con l’intervento, in qualità di Segretario verbalizzante,
del funzionario dott.ssa Angela Maria Giuliani;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n.20 e successive modificazioni;
Vista la legge 20 dicembre 1996, n.639;
Visto l’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 286;
Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni
di controllo, approvato dalle Sezioni Riunite con deliberazione
n. 14/DEL/2000 del 16 giugno2000 (G. U. n. 156 del 6 luglio
2000), modificato con le deliberazioni delle Sezioni Riunite
n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
Visto l’articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista la nota del 28 gennaio 2005 con la quale, d’ordine
del Presidente della Corte dei conti, le Sezioni riunite in
sede di controllo sono state convocate per la seduta odierna;
Uditi i relatori presidente Enrico Gustapane e consigliere
Aldo Carosi;
HANNO DELIBERATO
di approvare il documento allegato, che è parte integrante
della presente deliberazione, riguardante:
“Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle
disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria
2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio
o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”.
I RELATORI IL PRESIDENTE
Presidente Enrico Gustapane Francesco Staderini
Consigliere Aldo Carosi
Depositata in Segreteria il 16 febbraio 2005.
SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO
Adunanza del 15 febbraio 2005
“Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle
disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria
2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio
o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”
Le amministrazioni pubbliche, comprese le regioni, le province
e i comuni, possono conferire, ai sensi dell’articolo
7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
corrispondente all’articolo 7 d. lgs. n. 29/1993 e successive
modificazioni, incarichi individuali ad esperti di “provata
competenza” per “esigenze cui non possono far
fronte con personale in servizio”.
Le regole per il conferimento degli incarichi da parte dei
ministri, sono state definite con il regolamento approvato
con D.P.R. 18 aprile 1994, n. 338, che circoscrive l’oggetto
degli incarichi alla “necessità di compiere studi
e di risolvere problemi”. Gli incaricati devono consegnare
una relazione scritta sui risultati dello studio e sulle soluzioni
proposte. L’attività svolta è soggetta
alla valutazione di un apposito comitato.
Allo scopo di garantire la trasparenza e il rispetto delle
regole sull’affidamento degli incarichi, l’articolo
1, comma 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ha disposto
che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono “di
collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza”
retribuiti, devono pubblicare gli elenchi sui conferimenti,
da inviare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei ministri. La disposizione
è stata inserita nell’articolo 53, commi 14,
15 e 16, d. lgs. n. 165/2001 che ha previsto anche una relazione
annuale al Parlamento nella quale il Dipartimento deve riferire
sui dati raccolti e formulare proposte “per il contenimento
della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei
criteri di attribuzione degli incarichi stessi”.
L’articolo 110, comma 6, d. lgs. 18 agosto 2000, n.
267 stabilisce, infine, che le province e i comuni possono
inserire, nei propri regolamenti sull’ordinamento degli
uffici e dei servizi, disposizioni che prevedano “per
obiettivi determinati e con convenzioni a termine” il
ricorso a collaborazioni esterne “ad alto contenuto
di professionalità”. Gli enti locali perciò,
oltre al conferimento degli incarichi esterni ai sensi dell’articolo
7, comma 6, d. lgs. n. 165/2001, possono ricorrere a collaborazioni
esterne, nei casi in cui sia necessario avvalersi di un contributo
d’alta professionalità, a condizione che la facoltà
sia stata prevista nei loro regolamenti.
Oltre le disposizioni di carattere generale, diverse leggi
consentono, alle amministrazioni dello Stato, di ricorrere
ad incarichi esterni in casi determinati; anche le regioni
hanno emanato leggi per disciplinare gli incarichi e le consulenze.
Sulla base delle disposizioni citate, la giurisprudenza della
Corte dei conti, in sede di controllo e in sede giurisdizionale,
ha elaborato i seguenti criteri per valutare la legittimità
degli incarichi e delle consulenze esterni:
a) rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’amministrazione;
b) inesistenza, all’interno della propria organizzazione,
della figura professionale idonea allo svolgimento dell’incarico,
da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
c) indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per
lo svolgimento dell’incarico;
d) indicazione della durata dell’incarico;
e) proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato
e l’utilità conseguita dall’amministrazione.
Allo scopo di contenere la spesa delle amministrazioni pubbliche,
aumentata anche per il ricorso, frequente e ingiustificato,
agli incarichi esterni, con il duplice effetto di una spesa
aggiuntiva e della mancata utilizzazione delle ordinarie strutture
amministrative, l’articolo 1, commi 9 e 11, del d. l.
12 luglio 2004, n. 168, convertito con legge 30 luglio 2004,
n. 191, ha posto un limite alla spesa per gli incarichi. Il
limite è posto per le regioni, le province e i comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti “a tutela
dell’unità economica della Repubblica”.
Oltre il limite della spesa, la norma citata ha individuato
tre categorie d’incarichi: di studio, di ricerca o di
consulenza, per le quali ha prescritto un’adeguata motivazione
e la possibilità di ricorrervi “solo nei casi
previsti dalla legge o nell’ipotesi di eventi straordinari”.
Gli atti di conferimento dell’incarico devono poi essere
trasmessi agli organi di controllo interno degli enti.
L’affidamento d’incarichi, in assenza dei presupposti
stabiliti dall’articolo 1, comma 9, “costituisce
illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”.
Le disposizioni dei commi 9 e 11 dell’articolo 1 della
legge n. 191/2004 hanno cessato di essere in vigore il 31
dicembre 2004 e sono state sostituite, a decorrere dal 1 gennaio
2005, dall’articolo 1, commi 11 e 42, della legge 30
dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).
I commi 11 e 42 confermano il limite della spesa per il conferimento
degli incarichi esterni, determinandolo, per tutte le amministrazioni
pubbliche, comprese le regioni, le province e i comuni con
popolazione superiore a 5.000 abitanti, escluse le università
e gli enti di ricerca, nell’importo erogato per lo stesso
oggetto nel 2004. Gli atti di affidamento degli incarichi
dovranno recare perciò una certificazione dell’Ufficio
centrale del bilancio, per le amministrazioni centrali dello
Stato, e dei competenti servizi di ragioneria per gli enti
pubblici nazionali, per le regioni, le province e i comuni,
sul rispetto del limite di spesa stabilito dalla legge n.
311/2004. Per gli enti che adottano la contabilità
economica, l’attestazione è rimessa all’organo
che esercita il controllo contabile.
Il comma 11 disciplina, poi, il conferimento degli incarichi
esterni da parte delle amministrazioni dello Stato, delle
Regioni e degli enti pubblici non economici nazionali; il
comma 42 riguarda, invece, l’affidamento degli incarichi
da parte delle province e dei comuni, comunità montane
e unioni di comuni, con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Le norme attuali hanno per oggetto le tre categorie già
individuate dal d. l. n. 168/2004: incarichi di studio, di
ricerca, di consulenza. I due commi differiscono, invece,
nella motivazione prescritta per il conferimento.
Le differenze fra i due commi saranno esaminate successivamente,
poiché è necessario definire, in via preliminare,
il contenuto degli incarichi ai quali si applica la legge.
Gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento
ai parametri indicati dal D. P. R. n. 338/1994 che, all’articolo
5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento
di un’attività di studio, nell’interesse
dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto
svolgimento di questo tipo d’incarichi, è la
consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno
illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte.
Gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva
definizione del programma da parte dell’amministrazione.
Le consulenze, infine, riguardano le richieste di pareri
ad esperti.
Il contenuto degli incarichi, cui fanno riferimento i commi
11 e 42, coincide quindi con il contratto di prestazione d’opera
intellettuale, regolato dagli articoli 2229 – 2238 del
codice civile.
Per valutare se un incarico rientra in una delle categorie
previste dai commi 11 e 42, occorre considerare il contenuto
dell’atto di conferimento, piuttosto che la qualificazione
formale adoperata nel medesimo.
A titolo esemplificativo, si elencano alcuni tipi di prestazione
che rientrano nella previsione normativa:
studio e soluzione di questioni inerenti all’attività
dell’amministrazione committente;
prestazioni professionali finalizzate alla resa di pareri,
valutazioni, espressione di giudizi;
consulenze legali, al di fuori della rappresentanza processuale
e del patrocinio dell’amministrazione;
studi per l’elaborazione di schemi di atti amministrativi
o normativi.
Non rientrano, invece, nella previsione dei commi 11 e 42:
le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi
o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano
uffici o strutture a ciò deputati;
la rappresentanza in giudizio ed il patrocinio dell’amministrazione;
gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi,
necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione.
Non rientrano, in sostanza, nella previsione gli incarichi
conferiti per gli adempimenti obbligatori per legge, mancando,
in tali ipotesi, qualsiasi facoltà discrezionale dell’amministrazione.
L’esclusione di questo tipo di incarichi è, del
resto, convalidata dallo stesso comma 42 che esclude dall’ambito
della sua applicazione gli incarichi conferiti ai sensi della
legge quadro sui lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109.
Restano fuori dell'oggetto dei commi 11 e 42 anche i “rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa”, che rappresentano
una posizione intermedia fra il lavoro autonomo, proprio dell’incarico
professionale, e il lavoro subordinato (art. 409, n. 3 del
codice di procedura civile; art. 61 d. lgs. 10 settembre 2003,
n. 276).
L’esclusione di questo tipo di rapporti si ricava,
del resto, dalla stessa legge n. 311/2004 la quale, al comma
116 dell’articolo 1, prevede che le pubbliche amministrazioni,
comprese regioni, province e comuni, possono avvalersi, nel
2005, di personale a tempo determinato, esclusa la nomina
del direttore generale dei Comuni (art. 108 d. lgs. n. 267/2000),
“con contratti di collaborazione coordinata e continuativa”.
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono
quindi utilizzabili per le esigenze ordinarie proprie del
funzionamento delle strutture amministrative e non riguardano
perciò il ricorso agli incarichi esterni.
Gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa,
infatti, per la loro stessa natura che prevede la continuità
della prestazione e un potere di direzione dell’amministrazione,
appaiono distinti dalla categoria degli incarichi esterni,
caratterizzata dalla temporaneità e dall’autonomia
della prestazione. Resta fermo, peraltro, che, qualora un
atto rechi il nome di collaborazione coordinata e continuativa,
ma, per il suo contenuto, rientri nella categoria degli incarichi
di studio o di ricerca o di consulenza, il medesimo sarà
soggetto al limite di spesa, alla motivazione e all’invio
alla Corte dei conti, secondo le previsioni dei commi 11 e
42.
Dopo avere precisato il contenuto degli incarichi, si può
passare a considerare le differenze fra il comma 11 e il comma
42, per quanto riguarda la motivazione prescritta.
Il comma 11, che si applica alle pubbliche amministrazioni
di cui all’articolo 1, comma 2, d. lgs. n. 165/2001,
comprese le regioni, dispone che il conferimento dell’incarico
deve essere adeguatamente motivato ed “è possibile
soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nelle ipotesi
di eventi straordinari”. Le amministrazioni statali,
gli enti pubblici nazionali non economici e le regioni potranno
quindi conferire incarichi esterni soltanto nei casi previsti
dalla legge nazionale, o dalle leggi regionali, salvi gli
eventi straordinari. Le università, gli enti di ricerca
e gli organismi equiparati, benché esclusi dal rispetto
del limite di spesa stabilito dal comma 11, sono assoggettati
alle altre disposizioni dello stesso comma, limitatamente
però agli incarichi di studio, di ricerca o di consulenza,
conferiti in materie e per oggetti rientranti nella competenza
della struttura burocratica dell’ente.
Il comma 42, che riguarda le province e i comuni, con popolazione
superiore a 5.000 abitanti, stabilisce che il conferimento
degli incarichi “deve essere adeguatamente motivato
con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative
o professionalità interne all’ente in grado di
assicurare i medesimi servizi”. L’affidamento
dell’incarico deve essere preceduto perciò da
un accertamento reale, che coinvolge la responsabilità
del dirigente competente, sull’assenza di servizi o
di professionalità, interne all’ente, che siano
in grado di adempiere l’incarico.
Il comma 42 dispone poi che l’atto di conferimento
deve essere sottoposto all’esame del collegio dei revisori
dei conti, che valuterà, ai sensi dell’articolo
239 lettera b) T. U. n. 267/2000, la regolarità contabile,
finanziaria ed economica dell’atto, con particolare
riguardo all’osservanza del limite di spesa posto dalla
legge n. 311/2004.
I commi 11 e 42 stabiliscono, infine, la trasmissione alla
Corte dei conti degli atti di conferimento degli incarichi
e prevedono che l’affidamento dei medesimi, senza il
rispetto delle previsioni della legge, “costituisce
illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”.
La legge impone l’invio degli atti alla Corte dei conti,
senza altra specificazione. Poiché la Corte svolge
funzioni di controllo e giurisdizionali, è necessario
individuare se gli atti debbano essere trasmessi alle Sezioni
centrali e regionali di controllo o alle Procure regionali,
restando, in ogni caso, escluse le sezioni giurisdizionali
della Corte che, per la natura delle loro funzioni, non possono
ricevere atti al di fuori dell’esercizio della giurisdizione.
Le Sezioni Riunite in sede di controllo hanno già
riconosciuto, con la deliberazione n. 7/2003 del 27 febbraio
2003, la competenza delle Sezioni del controllo nel caso dell’invio
alla Corte dei conti dei contratti conclusi a trattativa privata.
Le Sezioni Riunite ritennero, infatti, che la competenza a
ricevere gli atti spettasse alle Sezioni del controllo, trattandosi
di atti utilizzabili ai fini del controllo sulla gestione.
Occorre aggiungere che l’eventuale attribuzione della
competenza alle Procure regionali, contrasterebbe con la funzione
istituzionale degli organi requirenti, che hanno il compito
di esercitare l’azione per l’accertamento della
responsabilità amministrativa o contabile e che possono
ricevere, perciò, soltanto gli atti dai quali emergano
elementi di danno per l’erario. La Corte costituzionale
ha affermato (sentenza 22 febbraio 1989 n. 104), del resto,
che il Procuratore della Corte dei conti non può chiedere
una serie di atti amministrativi, al di fuori di “elementi
concreti e specifici” d’ipotesi di danno erariale,
poiché, in tal modo, l’organo requirente si attribuirebbe
compiti di controllo, estranei alla sua funzione istituzionale.
Conferma, ex adverso, tale assunto l’articolo 23, comma
5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria
2003) che fa oggetto di espressa previsione l’invio
alle Procure regionali della Corte dei conti degli atti di
riconoscimento del debito, sintomatici di danno erariale.
Corrobora ulteriormente il riconoscimento della competenza
delle Sezioni del controllo la considerazione che le disposizioni
dei commi 11 e 42 sono dirette, soprattutto, al contenimento
della spesa nel settore degli incarichi. La competenza delle
Sezioni del controllo deriva, perciò, dallo scopo delle
norme, poiché l’accertamento degli equilibri
finanziari delle amministrazioni pubbliche e della “sana
gestione finanziaria” degli enti locali, non può
che spettare alla sede del controllo.
Occorre precisare, ora, secondo le competenze stabilite dalla
legge e dal regolamento per l’organizzazione delle funzioni
di controllo della Corte dei conti, approvato con la deliberazione
delle Sezioni riunite n. 14 del 16 giugno 2000 e successive
modificazioni, le Sezioni del controllo alle quali dovranno
essere inviati gli atti:
Sezione centrale del controllo sulla gestione delle Amministrazioni
dello Stato
Amministrazioni centrali dello Stato
Sezione del controllo sugli enti
Enti controllati
Sezioni regionali di controllo
Amministrazioni decentrate dello Stato
Regioni
Province
Comuni, con popolazione superiore a 5.000 abitanti
Comunità montane, con popolazione superiore a 5.000
abitanti
Unioni di Comuni, con popolazione superiore a 5.000 abitanti
Aziende sanitarie locali
Camere di commercio, industria e agricoltura
Enti pubblici regionali non economici.
Le Sezioni del controllo, ricevuti gli atti, li utilizzeranno
secondo i principi e i procedimenti del controllo successivo
sulla gestione, previsti dall’articolo 3 della legge
14 gennaio 1994, n. 20 richiamato, per quanto riguarda i comuni
e le province, dall’articolo 148 T. U. n. 267/2000,
e dall’articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003,
n. 131. Rientra, poi, nella competenza delle Sezioni l’approvazione
dei criteri organizzativi interni per l’esame degli
atti.
Qualora, in tale sede, si dovesse venire a conoscenza di
ipotesi d’illecito contabile si procederà alla
segnalazione alla competente Procura regionale della Corte
dei conti, secondo le indicazioni della Corte costituzionale
(sentenza n. 29 del 12 – 27 gennaio 1995) che, nell’affermare
la netta distinzione fra il controllo sulla gestione e la
giurisdizione di responsabilità amministrativa, ha
confermato, tuttavia, che il Procuratore della Corte dei conti
può promuovere l’azione di responsabilità
sulla base di una segnalazione acquisita “attraverso
l’esercizio dei poteri istruttori inerenti al controllo
sulla gestione”, arrestandosi alla segnalazione il rapporto
fra attività giurisdizionale e controllo sulla gestione.
Resta fermo, peraltro, l’obbligo di denunzia alla Procura
della Corte dei conti, posto dalla legge a carico degli organi
amministrativi e di controllo interni.
La redazione di megghy.com |