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Amletica inquietudine: meglio il trapano
del dentista o il rumore del suo compressore ? (§)
Nota a commento della sentenza T.A.R. Puglia, Sez. I Bari,
26 settembre 2003, n. 3591
Silvano Di Rosa (*)
(Avvocato - Consulente Legale Ambientale - Esperto A.N.E.A.)
Mauro Del Sordo (**)
(Tecnico competente in acustica ambientale – M.R.T.)
Sommario:
Premessa; – 1. I fatti accaduti; – 2. Presunta
mancanza di un corretto contraddittorio; – 3. Corretta
posizione di misura; – 4. Impugnazione del verbale
di contestazione-accertamento; – 5. Entità
del superamento dei limiti; – 6. Utilizzabilità
di una ordinanza contingibile ed urgente; – 7. Conclusioni.
Premessa
Per chi non ha da spartire pareti o solai con un attiguo
studio dentistico, la scelta è indubbiamente tanto
ovvia quanto scontata: il dolore causato dal trapano (per
quanto oggi esistano sistemi e cautele che lo riducono)
è certamente uno spauracchio temuto dai più!
Tutti – a fronte del tormento arrecato, dal “temuto
strumento”, sulla propria dentatura – sarebbero
pronti a dichiararsi affatto preoccupati per il problema
della rumorosità connessa e scaturente dall’impiego
di tale apparecchiatura “nel suo complesso”1;
ritenendo tale “scoppiettio” una cosa trascurabile
rispetto all’anzidetta “tortura”.
Quando, viceversa, si abita a diretto contatto2 con uno
studio dentistico (ma, ovviamente, tutto questo vale ancor
più per qualsiasi altra attività che possa
costituire fonte di rumore) non v’è alcun dubbio
sul fatto che l’angolo visuale e, soprattutto, l’opinione
del diretto interessato – che venga interpellato al
riguardo – cambi in maniera, a dir poco, radicale.
Se non altro per il fatto che il “rumore” lo
si percepisce3 tutti i santi giorni lavorativi dell’anno4,
mentre invece il “dolore” – derivante
dall’azione diretta del trapano sugli incisivi, canini,
molari, premolari e chi più ne ha ne metta –,
tutto sommato, lo si prova soltanto qualche volta nella
vita (ovviamente ciò vale per i più fortunati
!!).
Si tratta, quindi, di mettere a confronto l’intensità
di una possente, dolorosa, temporanea e – fors’anche
– occasionale, sensazione fisica sgradevole, con la
costante, martellante, ossessiva e deprimente sottoposizione
– “non desiderata” – ad una rumorosità
prodotta da altri. Situazione, quest’ultima, che implica
non solo una reale esposizione ad agenti fisici, ma anche
delle malaccette inquietudini psichiche, evolvibili, fra
l’altro, in vere paranoie.
La questione, in apparenza, può sembrare banale –
se non addirittura grottesca – ma, tanto per dimostrare
il contrario, è proprio un caso del genere ad esser
divenuto oggetto di ricorso giurisdizionale di fronte al
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di
Bari, Sez. I. In tale contesto, il giudice di primo grado
– pronunciandosi definitivamente con sentenza 3591
del 2003 – ha preso posizione sul ricorso n. 1664
del 2000, dichiarandolo, in parte, improponibile e, per
il resto, rigettandolo; lasciando così del tutto
indenne il provvedimento sindacale impugnato.
Riguardo ai fatti, sarà sufficiente fornirne un
conciso sunto – facendo rimando, per il resto, al
dettagliato testo della sentenza che viene riportata in
calce al presente lavoro –; mentre invece, per quanto
concerne i contenuti più rilevanti della questione,
riteniamo di poter prendere spunto da questi, per affrontare,
in maniera specifica, alcune particolarità che, ciclicamente,
ricompaiono5 in questo genere di contenziosi.
1. – I fatti accaduti
A seguito dell’esposto di un cittadino (da questo
momento qualificato: “il lamentante”), l’organo
di controllo tecnico – territorialmente competente
– ha effettuato un sopralluogo presso la di lui abitazione;
ciò al fine di accertare quale fosse il livello,
ivi percepibile, della rumorosità proveniente dallo
studio dentistico situato nel sovrastante appartamento.
In un secondo momento, il dentista, veniva edotto –
dallo stesso organo di controllo tecnico – circa il
fatto che gli accertamenti fonometrici effettuati superavano
i valori limite differenziali di immissione, di cui all’art.
4, comma 1, del D.P.C.M. 14/11/1997 – violazione punita
ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 26/10/1995,
n. 447 –; palesando, fra le altre cose, la possibilità
di pagare, in misura ridotta, la sanzione amministrativa
prevista per legge ed in tal sede quantificata (pari all’equivalente
in euro di 2.000.000 del vecchio conio).
Il dentista, a tal punto, chiedeva la revoca della sanzione
amministrativa, lamentando una presunta violazione del principio
del contraddittorio (scaturente, a suo avviso, dall’aver
eseguito dei rilievi fonometrici senza fornirne preavviso
al diretto interessato: lui stesso).
Il comune di Bari, con ordinanza sindacale, stigmatizzava
come la rumorosità prodotta dal compressore, utilizzato
dall’anzidetto studio dentistico, non potesse considerarsi
compatibile con il limite differenziale di immissione imposto
dal D.P.C.M. 14/11/1997; ritenendo altresì che l’inquinamento
acustico, in tal modo determinato, potesse risultare di
grave pregiudizio6 alla salute pubblica. Con tale provvedimento
veniva imposto, al responsabile dello stesso studio, di
porre in essere misure tecniche ed organizzative per l’abbattimento
delle emissioni rumorose prodotte dal citato compressore
per quanto utilizzato per finalità odontoiatriche
.
Il dentista esperiva ricorso al TAR – divenendo, in
tal modo, ricorrente – impugnando: ? l’ordinanza
sindacale; ? il verbale di sopralluogo ed accertamento stilato
dall’organo di controllo tecnico; ? il sopralluogo
e la rilevazione fonometrica eseguita; nonché ? il
separato verbale di contestazione-accertamento con cui era
stata irrogata la sanzione amministrativa.
Il Comune di Bari, costituitosi in giudizio, confutava
gli addebiti mossi dal ricorrente e precisava, fra le altre
cose, come gli accertamenti fonometrici – per prassi
– vengono necessariamente eseguiti, almeno una volta
– in prima istanza –, con modalità discreta
(e quindi senza preavviso), al fine di monitorare le normali
ed effettive condizioni di funzionamento e di emissione
della sorgente sonora presa in esame; precisando altresì
come, nel caso di specie, il ricorrente fosse stato tempestivamente
reso edotto dei risultati dei rilievi; informandolo, oltretutto,
circa la facoltà di poter far intervenire persona
di propria fiducia. Proprio come, di fatto, si è
puntualmente verificato; avendo potuto, il dentista, partecipare
– grazie a tale modalità procedurale –
al completamento degli accertamenti tecnici di rumorosità,
anche per il tramite di propri consulenti.
Il TAR ha rigettato l’istanza di sospensione proposta
in via incidentale dal ricorrente.
Il cittadino lamentante si è costituito in giudizio
chiedendo il rigetto del ricorso.
2. – Presunta mancanza di un corretto contraddittorio
Lasciando da parte la cronistoria degli eventi e limitandoci
ai motivi di ricorso di nostro interesse, possiamo considerare
interessante la palesata nullità dell’accertamento
fonometrico (effettuato dall’organo di controllo tecnico)
e del relativo verbale, per presunta violazione dell’art.
2237 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 – in relazione
all’art. 24, comma 28, Cost. –, oltre che per
violazione ed errata applicazione sia dell’art. 2,
lettere e) ed f)9, della legge 26 ottobre 1995, n. 447,
sia degli artt. 14 e 1510 della legge 24 novembre 1981,
n. 689.
E’ su tale scorta, d’altronde, che il ricorrente
ha sostenuto l’illegittimità derivata dell’ordinanza
sindacale, lamentando che l’autorità ispettiva
– artefice delle misurazioni di rumore – avrebbe
dovuto fornire “per tempo”, allo studio dentistico,
l’avviso dell’ora e del luogo di effettuazione
dei rilievi fonometrici successivamente contestati; tanto
da consentire l’instaurarsi di un “corretto
contraddittorio”, ivi compresa la possibilità
di potervi presenziare ed esercitare “a pieno”
il proprio diritto di difesa costituzionalmente tutelato
(Vds. nota 8).
Fra le altre cose11 il ricorrente contesta anche che i
rilievi fonometrici siano stati eseguiti solo vicino ai
ricettori (l’appartamento del lamentante), omettendone
l’effettuazione in prossimità della sorgente
di rumore (lo studio dentistico stesso); ma…. di questo
vedremo nella sezione successiva.
Entrando nel merito della questione – consistente
nella pretesa del dentista di essere preavvertito sul giorno
e l’ora del controllo – è possibile,
in primo luogo, rilevare che – nel caso di specie
– se è vero, com’è vero, che le
misure sono state effettuate una prima volta «in modalità
“discreta”» (quindi all’insaputa
del dentista), è altrettanto vero che, successivamente,
sono state eseguite anche «in modalità “controllata”»;
quindi, con la piena collaborazione del ricorrente. Tanto
che questi ha, addirittura, acconsentito a spegnere il compressore
per il tempo necessario alla verifica, ed ha altresì
potuto – in un secondo momento – partecipare
al completamento degli accertamenti, avvalendosi delle prestazioni
di propri consulenti di fiducia. E’ così che,
nella realtà degli atti, si difende il comune di
Bari.
A dire il vero quest’ultima argomentazione difensiva
(dell’ente locale) ci interessa fino ad un certo punto,
perché, se anche non fosse stato consentito al dentista
di partecipare al completamento dell’indagine, la
sua pretesa – sopra descritta – risulterebbe
ugualmente inaccettabile. Invero, appare consolidato l’orientamento
secondo cui la particolarità tipologica degli accertamenti
di cui trattasi (rilievi fonometrici), presuppone necessariamente
che gli stessi vengano eseguiti – almeno una volta
– senza preavviso; al fine di consentire il monitoraggio
di quelle che possono qualificarsi come “normali condizioni
di funzionamento e di emissione sonora” delle apparecchiature,
la cui rumorosità tipizza il contesto acustico divenuto
oggetto di verifica.
Ma non basta, in quanto è giusto osservare come
il procedimento – conclusosi con l’ordinanza
sindacale del comune di Bari – abbia avuto inizio
sol quando sia stata accertata “in concreto”,
da parte dell’ente locale, l’esigenza di prendersi
cura dell’interesse pubblico perseguito. Pertanto,
si dimostra evidente come tale avvio non potesse considerarsi
già concretizzato in un momento precedente a quello
in cui l’amministrazione comunale – a seguito
del rapporto dell’organo di controllo – ha avuto
conferma della effettiva sussistenza della situazione di
inquinamento acustico denunciata dal lamentante. Ne consegue
che il rapporto dell’organo di controllo tecnico non
può esser visto se non come un mero atto prodromico,
costituente il presupposto per l’apertura del procedimento
amministrativo (inesistente prima di questa). In altre e
poche parole, non appare affatto infondato chiedersi: «come
si poteva pretendere, in tal senso, di essere ammessi a
partecipare ad un procedimento non ancora avviatosi ?»
Tutto questo è conforme - come fondatamente argomenta
l’amministrazione comunale e ribadisce il TAR Puglia
– alla stessa ratio della disciplina vigente in tema
di partecipazione al procedimento amministrativo (ivi compreso
anche quello di irrogazione delle sanzioni amministrative
ex-legge n. 689/1981); sulla cui scorta non v’è
alcun dubbio che sia consentito anteporre – al procedimento
stesso – dei controlli, degli accertamenti e/o ispezioni,
svolti “ovviamente” senza la partecipazione
del diretto interessato. Tanto da dover considerare del
tutto legittimo che quest’ultimo venga ad esserne
informato con una “successiva” comunicazione;
ugualmente idonea a porlo nella condizione di intervenire
e partecipare alla procedura – a quel punto certamente
avviatasi –, tanto da poter verificare e, se del caso,
contestare la veridicità o l’esattezza degli
accertamenti compiuti, od anche l’idoneità
degli strumenti tecnici utilizzati, ecc.12
Se volessimo avvalersi delle deduzioni tipiche di un particolare
filone13 della giurisprudenza, non ci verrebbe neppure impedito
di poter sostenere, nel caso in cui ricorrano quelle «ragioni
di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità
del procedimento»14, che il provvedimento sindacale
– con cui si ordini la cessazione di attività
rumorose eccedenti i limiti di tollerabilità consentiti
– possa essere adottato senza neppure la preventiva
contestazione e/o contraddittorio con l’interessato;
ma torniamo alla realtà in esame.
Il giudice di primo grado, nella sentenza di cui trattasi,
ha giustamente ritenuto insussistente qualsiasi violazione
del diritto alla difesa dello studio dentistico. Posizione
da condividere senz’altro, dal momento in cui è
del tutto sufficiente che al titolare dell’attività
rumorosa siano forniti tutti i dati relativi alle misurazioni
effettuate; in maniera che questi – direttamente o
per interposta persona – possa rimettersi, ricreandole,
nelle stesse identiche condizioni di misura, per poter procedere
a sua volta ad eventuali e successive verifiche o controlli,
in base ai quali fondare il proprio irrinunciabile diritto
di difesa.
3. – Corretta posizione di misura
Le misurazioni di rumore finalizzate alla verifica dei
valori limite differenziali di immissione (e ciò
vale anche per quelli assoluti) debbono essere effettuate
“in prossimità dei ricettori”15! Appunto
per questo appare del tutto inutile la pretestuosa contestazione
avanzata dal responsabile dello studio dentistico –
come accennato in precedenza –, circa il fatto che
i rilievi di rumorosità siano stati effettuati “solo”
vicino ai ricettori (l’appartamento del lamentante)
e non anche in prossimità della sorgente (lo stesso
studio dentistico). Secondo la vigente normativa sarebbe
stato possibile far valere tale pretesa solo e soltanto
nel caso in cui l’organo di controllo stesse provvedendo
alla verifica del rispetto dei valori limite assoluti di
emissione16. Trattandosi, viceversa, di una verifica del
rispetto di valori limite di immissione, l’eccezione
non ha alcun pregio e si svela come meramente pretestuosa.
Con l’occasione pare conveniente ricordare che, nelle
misure all'interno di ambienti abitativi, il microfono della
catena fonometrica deve essere posizionato a 1,5 m dal pavimento
e ad almeno 1 m da superfici riflettenti; eseguendo il rilevamento
sia a finestre aperte che chiuse, al fine di individuare
la situazione più gravosa. Nella misura a finestre
chiuse, il microfono deve, altresì, essere posto
nel punto in cui si rileva il maggior livello della pressione
acustica17.
4. – Impugnazione del verbale di contestazione-accertamento
L’azione difensiva del ricorrente si è spinta
fino a veder direttamente impugnato il separato verbale
di contestazione/accertamento, con cui era stata irrogata
la sanzione amministrativa. Il TAR, a tal proposito ha correttamente
rilevato, in via preliminare, un difetto assoluto di giurisdizione
dell’autorità giurisdizionale (sia essa ordinaria,
che amministrativa). Difatti, non si può sottacere
come detto verbale scaturisca dalla riscontrata violazione
dell’art. 4, comma 1, del D.P.C.M. 14 novembre 1997;
punita – ai sensi dell’art. 10, comma 2, della
legge 26/10/1995, n. 447– con una sanzione amministrativa
pecuniaria, sottoposta in toto alla disciplina generale
della legge 689/1981. Come tale, il caso di specie, è
del tutto estraneo ed esula assolutamente dal regime speciale
previsto dal codice della strada; in forza del quale è
previsto – unico nel suo genere – che il “processo
verbale di accertamento dell’infrazione” possieda
una potenziale attitudine a divenire titolo esecutivo18,
tanto da giustificarne l’immediata opposizione in
sede giurisdizionale. Si tratta però di un caso singolare,
che differisce da quanto comunemente previsto per le altre
e diverse violazioni (depenalizzate); le quali risultano
soggette all’anzidetta disciplina generale ex-legge
689/1981.
Non sembra possibile trovare una salda alternativa a quanto
affermato dal Giudice amministrativo pugliese: il verbale
di accertamento dell’infrazione, nel caso di specie
ed in via generale – quantunque contenga l’invito
ad effettuare il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’art.
16 della citata legge dell’81) – è effettivamente
privo della potenziale efficacia di titolo esecutivo, non
essendo – appunto per questo e di per sé –
direttamente impugnabile in sede giurisdizionale19.
Un indomito elemento di verifica e conforto ci viene offerto
dalla Corte Costituzionale20, la quale ha dichiarato manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale
del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 della legge
n. 689/1981, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 Cost..
La Consulta ha rimarcato come tale questione poggi su un
presupposto erroneo, consistente nel fatto che – in
via generale – il verbale di contestazione-accertamento
per violazioni per le quali sia prevista solo una sanzione
amministrativa pecuniaria:
costituisce meramente il primo atto di un procedimento
amministrativo;
non è, di per sé, immediatamente lesivo di
posizioni del soggetto cui viene attribuita la violazione;
non costituisce in alcun modo titolo esecutivo per il pagamento,
dovendo sempre e in ogni caso intervenire “a tal fine”21
una ordinanza-ingiunzione (o, diversamente, una ordinanza
di archiviazione);
non arreca alcuna compressione del diritto alla tutela
giurisdizionale né lesione del principio di eguaglianza
(in ragione di come i procedimenti, ed anche gli effetti,
scaturenti dai verbali di accertamento per violazioni del
codice della strada siano diversi da quelli riconducibili
ai verbali di contestazione-accertamento di carattere generale).
In coerenza con quanto appena detto22, anche nel caso in
cui il “sanzionato” non si sia avvalso della
facoltà di presentare osservazioni, scritti difensivi
e/o documenti nell’ambito del procedimento amministrativo
concernente il verbale, ciò non lo fa decadere dalla
possibilità di rivolgersi, in un secondo momento,
al giudice naturale precostituito per legge; il quale potrà
essere liberamente adito, ma solo una volta che –
e soltanto se – intervenga un vero e proprio provvedimento
amministrativo, qualificabile come “lesivo”:
l’ordinanza ingiunzione ex art. 1823 legge 689/81.
Quanto sopra esposto integra, di per sé, elemento
sufficientemente fondante l’improponibilità
della domanda di annullamento, direttamente posta dal ricorrente
avverso il verbale di contestazione-accertamento dell’organo
di controllo tecnico. In tal senso, appunto, si è
espresso il TAR della Puglia.
5. – Entità del superamento dei limiti
Nel contesto dei motivi di ricorso richiamati nella sentenza
in esame, si evince il tentativo – del ricorrente
– di sostenere come un superamento del limite differenziale,
pari ad 8 dB, dimostri che l’immissione di rumore
sia modestissima; tanto da azzardarsi a qualificare del
tutto ingiustificata – ad avviso di questi –
l’adozione di una ordinanza contingibile ed urgente.
Una tale affermazione fa “sgranare gli occhi”
e “drizzare i capelli” a chiunque; sol tenendo
conto che il valore limite differenziale di immissione per
il periodo diurno è pari a 5 dB, e che, pertanto,
il rumore ambientale rilevato (quindi la rumorosità
misurata in presenza della fonte disturbante) superava di
ben 13 dB il rumore residuo misurato in assenza della fonte
disturbante.
A tal riguardo il TAR Puglia sostiene che l’art.
4, comma 1, del D.P.C.M. 14/11/1997 non riconosce all’Amministrazione
comunale il potere di distinguere – nell’ambito
delle immissioni che superano i limiti previsti dalla normativa
di riferimento – il grado di intensità delle
immissioni stesse, al fine di provvedere o meno all’adozione
delle misure necessarie al loro abbattimento entro la soglia
di tollerabilità; così come rileva –
sempre il Giudice pugliese – il pieno rispetto, nel
caso di specie, nel disposto di cui al comma 2 del citato
art. 4 D.P.C.M. 14/11/199724, concernente l’eventuale
mancanza delle condizioni considerate come soglie di applicabilità
del differenziale; atteso che la documentazione tecnica
predisposta dall’organo di controllo dimostra il superamento/rispetto
delle stesse.
A nostro avviso,però, esistono realmente ulteriori
e fondati elementi, in base ai quali – visto un superamento
di 8 dB del valore limite differenziale di immissione diurno
– la rumorosità presa in esame, non può
essere assolutamente essere qualificata come un’immissione
modestissima. A tal riguardo, tuttavia, è essenziale
premettere alcune osservazioni di carattere generale.
In primo luogo è doveroso ricordare che il suono
nasce dalla vibrazione di corpi elastici e, analogamente,
si propaga attraverso la vibrazione delle particelle di
materia, diffondendosi nel mezzo di trasmissione –
sia esso solido, liquido, aeriforme, ma non nel vuoto –
sotto forma di onde oscillatorie. Onde che, raggiungendo
l'orecchio, ne fanno vibrare la membrana sensibile del timpano,
generando un segnale che viene quindi inviato al cervello;
dove il segnale si traduce nella nostra percezione del suono.
Si tratta quindi della diffusione di energia meccanica –
normalmente in un fluido – per onde sinusoidali di
oscillazione (generate da un corpo in vibrazione) propagantesi25
in tutte le direzioni alla velocità di 331,8 m/s,
(in aria a 0°C). Ne consegue che il suono può
definirsi: un fenomeno psico-acustico26, inteso come perturbazione
vibratoria in un mezzo elastico (gassoso, liquido o solido),
senza trasporto di materia, ma di sola energia.
Mutatis mutandis, il rumore deve necessariamente considerarsi
come un fenomeno acustico – dovuto al sommarsi di
un indefinito numero di suoni elementari – che presenta
caratteristiche tali – sia come qualità, sia,
soprattutto, come intensità – da produrre una
sensazione uditiva “sgradevole”; tanto da risultare
indesiderato, fastidioso o, addirittura, dannoso per la
salute.
Le due caratteristiche più importanti per la valutazione
di un suono (sia esso gradito o sgradito) sono l’ampiezza27
e la frequenza28. Quando si “chiacchiera” di
rumore, capita, fra le altre cose, di riferirsi all’
intensità sonora29, alla sorgente di rumore, alla
potenza sonora30, alla sensazione sonora, alla pressione
sonora 31ed al suo livello, ecc. ecc..
Con particolare riguardo a quest’ultimo, bisogna
tener presente che il suono più debole rilevabile
dall’orecchio umano è pari a “20 milionesimi
di Pascal” (quindi 20 microPa)32; anche se poi tale
variazione di livello di pressione sonora è talmente
piccola che la membrana del timpano del nostro orecchio
subisce uno spostamento inferiore al diametro di un atomo.
Ciononostante – in maniera quasi antitetica –
l’orecchio umano riesce a tollerare33 pressioni sonore
di un milione di volte più elevate. Da ciò
risulta scontato – potendosi imbattere in un simile
range di grandezze – che, se misurassimo il suono
in Pascal o in microPascal, sarebbe necessario dover lavorare
con numeri enormi e difficilmente utilizzabili. Ci sono
più modi per risolvere tale problema.
Tutti noi sappiamo che per misurare una «quantità»
occorre avvalersi, in ogni caso, di una scala standard di
riferimento; che non venga semplicemente fissata, ma sia
anche universalmente accettata e riconosciuta34. Il problema
di trovarsi a dover misurare quantità che sono molto
più piccole – ma il dilemma si pone anche quando
sono tanto più grandi – rispetto a quelle “di
riferimento”, può essere “comodamente”
risolto utilizzando dei prefissi standard35. Si tratta di
un sistema molto conveniente che – avendo a che fare
con ordini di grandezza molto diversi fra loro – può
anche divenire indispensabile.
Per quanto riguarda il rumore36, nonostante che anche per
esso – come negli altri casi cui si è fatto
poc’anzi riferimento – la gamma di valori a
cui ci dobbiamo necessariamente riferire é molto
grande, é stata scelta una soluzione completamente
diversa. Si é preferito utilizzare un sistema di
misura a scala non lineare, ma logaritmica. Vediamo il perché.
La ragione deriva dal fatto che l'intensità sonora
assoluta non è per niente facile da misurare, così
che si preferisce ricorrere alla misura dell'intensità
relativa di un suono; detta anche livello sonoro, misurato
in “decimi di Bell” (dB). Il dB (deciBel) è
un' unità, senza dimensioni, che indica il logaritmo
in base 10 del rapporto tra la pressione sonora del suono
in esame ed una pressione di riferimento. A dire il vero,
il dB non è una vera unità di misura, bensì
un modo per esprimere una misura. In ogni caso il vantaggio
derivante da tale impiego consiste nella notevolissima riduzione
della scala di valutazione del rumore – in base alla
pressione –, potendo, in tal modo, comprimere l’intera
gamma dei rumori in un range compreso tra 0 e 140 dB (senza
dover ricorrere a cifre a 6 o 7 zeri).
Ecco la ragione per cui il livello di pressione sonora
é espresso in scala logaritmica. Ma non si tratta
soltanto di un modo pratico per "comprimere" i
possibili valori di rumorosità e poterne dare un
riscontro più leggibile e maneggevole a chiunque;
perché esiste anche un’altra ragione altrettanto
valida. Il campo dinamico dell’udito umano è
molto ampio, così che si preferisce esprimere i parametri
acustici come logaritmo del rapporto tra valore misurato
(p) ed un valore di riferimento (pari alla più piccola
pressione in grado di produrre una sensazione sonora). La
scala in dB – logaritmica –, infatti, è
quella che (rispetto alla scala lineare in Pascal) riesce
a dare un’approssimazione migliore per la percezione
umana dell’intensità sonora relativa; non riuscendo,
l’orecchio umano, ad avvertire la variazione di livello
di pressione sonora – in dB – come una variazione
proporzionale di percezione sonora. Sarebbe veramente assurdo
trascurare o sottovalutare che la sensazione uditiva soggettiva
non corrisponde linearmente all’ampiezza di un suono
(essendo essa molto più vicina al logaritmo della
variazione relativa fra due livelli di pressione sonora),
ed il farlo non porterebbe ad ottenere alcun vantaggio;
quindi meglio tenerne conto!
Per questa ragione, quel valore di 20 microPa – che
si è visto essere il suono più debole che
l’orecchio umano possa percepire – non fa altro
che divenire il corrispondente valore di 0 dB (soglia dell’udito);
definibile come nostra “pressione sonora di riferimento”,
in contrapposizione al valore massimo di 140 dB (soglia
del dolore) che caratterizza il culmine della scala logaritmica
di cui trattasi.
Quindi, niente scala lineare (come si avrebbe se utilizzassimo
i microPascal: microPa); preferendo ad essa una scala diversa
e più ridotta (logaritmica), che consente l’uso
di grandezze molto più “pratiche” ed
attinenti!
A dire il vero, ci sarebbe anche da rilevare che una valutazione
qualitativa dei suoni, basata esclusivamente su dati oggettivi
(quali i livelli di pressione sonora alle diverse frequenze),
non potrebbe considerarsi valida ai fini di un riscontro
in termini di sensazione sonora. Solitamente, per simulare
la risposta in frequenza dell’orecchio umano, occorre
computare la ponderazione introdotta dall’apparato
uditivo – in funzione della frequenza – attraverso
la cosiddetta «scala di ponderazione “A”37»;
cui competono le necessarie correzioni che, in genere, fanno
optare per l’utilizzo del dB(A) invece del dB. Ma
questa sarebbe una questione che ci porterebbe eccessivamente
“fuori strada” rispetto al tema che ci siamo
prefissati di trattare.
Con la sottostante tabella sono state poste a diretto confronto
una scala logaritmica38 ed una scala lineare 39, indicanti
entrambe dei livelli di pressione sonora fra loro corrispondenti
(tabella –1 –).
SEGUE>>>>>
La
redazione di megghy.com
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