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LITURGIE lettera "E"

Era un giorno come tanti altri e quel giorno Lui passò. Era un uomo come tutti gli altri e passando mi chiamò. Come lo sapesse che il mio nome era proprio quello, come mai vedesse proprio me nella sua vita non lo so. Era un giorno come tanti altri e quel giorno mi chiamò......
 

È la mia strada

È la mia strada

che porta a Te (3 volte)

È la mia strada, Signor,

che porta a Te.

E mio fratello

viene con me (3 volte)

Lungo la strada, Signor,

che porta a Te.

E mia sorella

viene con me (3 volte)

E tutta la gente

viene con me (3 volte)

E batte le mani

viene con me (3 volte)

 

È la Pasqua

È la Pasqua del Signore:

esultiamo, esultiamo

e a lui cantiamo, alleluia.

È Dio di Abramo e Isacco,

è il Dio di Giacobbe.

È lui che ha aperto il Mar Rosso

e noi siamo passati.

È lui che ci porta nel deserto:

ci guida nel cammino.

È lui che il Figlio ha mandato

e l’ha risuscitato.

 

E lo credemmo abbandonato da Dio

L’ultima sera trascorsa coi suoi

prima di andare a morire per noi,

egli giurò che neppure la morte

ora ci avrebbe divisi da lui.

Poi lo vedemmo in ginocchio tra noi

che ci pregava di amare così

con l’umiltà di chi vuole servire,

nella memoria del gesto di lui.

E noi a chiederci tristi, perché

ci ripeteva sereno che ormai

egli doveva lasciarsi tradire

e poi andare a morire da solo.

Ora ti chiedo umilmente, mio Dio,

di perdonare il mio cuore insicuro:

dammi la forza di accogliere ancora

la tua parola e il tuo gesto d’amore.

Dopo aver detto, nell’ultimo addio,

di non aver paura per lui,

fu trascinato davanti al giudizio

- fino alla morte - nel nome di Dio!

E lo vedemmo - lontani da Lui -

dire per l’ultima volta «Mio Dio»:

poi, nel silenzio, ci siamo lasciati

ed avevamo paura per noi.

E noi a chiederci tristi perché

s’era lasciato morire così

senza colpire la mano dell’uomo

che aveva avuto paura di Dio.

Quando poi venne di nuovo tra noi

in quel momento soltanto con lui,

noi comprendemmo che forza di Dio

è solo quella che dona la vita.

Ora ti chiedo...

 

È l’ora che pia

In valle d’Iria, nel mese dei fior,

apparve Maria, regina dei cuor.

Ave, ave, ave Maria.

Ave, ave, ave Maria.

È l’ora che pia la squilla fedel

le note c’invia dell’Ave del ciel.

O vista beata: la Madre d’amor

si mostra svelata, raggiante fulgor.

Le fulge sul viso sovrana beltà,

vi aleggia un sorriso che nome non ha.

Dal braccio le pende dell’Ave il tesor,

che immagine rende d’un serto di fior.

Il tredici maggio apparve Maria

a tre pastorelli in Cova d’Iria.

Splendente di luce un sole appariva,

col volto suo bello veniva Maria.

E dolce la Madre allora l’invita

con questa parola al cuor sì gradita.

«Miei cari fanciulli, nessun fugga più:

io sono la Mamma del dolce Gesù».

«Dal cielo son discesa a chieder preghiera

pei gran peccatori, con fede sincera».

In mano un rosario portava Maria,

che addita ai fedeli del cielo la via.

Madonna di Fatima, la stella sei tu

che al cielo ci guidi, ci guidi a Gesù.

O Bianca Signora, il mondo proteggi,

il Papa e i fedeli tu sempre sorreggi.

Il pié rassomiglia dei gigli al color,

e rosa vermiglia ne infiora il candor.

Un tempio troneggia sull’orda sacrata,

e un cantico echeggia a te, Immacolata.

O quanti dolori la Vergin sopì,

o quanti terrori di morte rapì.

Le gioie veraci venite a cercar,

coprite di baci il vergin altar.

Umil Bernardetta del messo divin,

per mano s’affretta al fiume vicin.

Un soffio di vento l’avviso le diè

che questo un momento di grazia sarà.

E su Massabielle repente è il chiaror,

del sol ne le belle sue forme l’albor.

D’amore un sembiante rimira gentil

del sol più smagliante tra velo sottil.

Vagheggia in viso divino voler,

le dice il sorriso: «O no, non temer!»

Di giglio immortale è il manto, e dal sen

giù un nastro a due ale celeste le vien.

Le fregia una rosa il candido piè

che il cielo vezzosa poc’anzi le diè.

In mano un divino rosario brillar

si vede, e il cammino al prego tracciar.

Le palpita il core, si sente rapir,

mentre «Ave» l’amore la move a ridir.

O Vergin, dei figli e de’ l’Italo suol

i gravi perigli ti muovano e il dol.

In alto le grida le inviamo e i sospir:

«Accorri: ci guida; siam presso a perir».

Perir? No: la fede di Cristo non muor;

di Pietro alla sede più cresce l’amor.

Ma solo di pianto il giusto ha mercé:

virtude, or no, vanto d’Italia non è.

Ah! Cade venduta la patria a Satan.

O Vergin, l’aiuta, le stendi la man.

Tradita la scola, spogliato l’altar,

oppressa la stola ci vieni a salvar.

La guerra, se freme, o bella vision,

tu sei dolce speme, di gloria cagion.

Tu parla, o sapiente, e, libero, il ver

risuoni potente, di pace forier.

Devoto al pastore d’Italia il vessil

dimostri l’amore di tenero ovil.

Ascolta, è preghiera di popol fedel:

la patria fa vera imago del ciel.

Maria l’annunzio celeste ascoltò,

e il Figlio di Dio in lei s’incarnò.

Ai monti di Giuda Maria salì,

e il grande mistero di grazia compì.

La Madre beata nel fieno adagiò

il Bimbo divino, e poi l’adorò.

Col Bimbo Maria al tempio salì;

un vecchio profeta lo vide e gioì.

Gesù fra i maestri del tempio restò,

la Vergine Madre per lui ripudiò.

Nell’orto, bagnato di sangue e sudor,

pregando, agonizza Gesù Redentor.

Gesù, flagellato a sangue, non ha

chi l’ami e, soffrendo, ne senta pietà.

Per noi coronato di spine è il Signor,

il re della gloria, l’eterno splendor.

Portando la Croce Gesù stancava.

Chi fino al Calvario seguirlo vorrà?

Venite, adoriamo Gesù Redentor,

che, in Croce confitto, sul Golgota muor.

I figli di Adamo non gemano più:

è vinta la morte, risorto è Gesù.

Dal cielo, ove ascendi, Gesù, tornerai,

e il mondo e le genti tu giudicherai.

In noi vieni, o Spirito santificator:

rinnova i prodigi del primo favor.

In cielo portata accanto a Gesù

la Madre, Maria, ci aspetta lassù.

Maria, dei santi tu sei lo splendor:

con te la letizia, la gioia, l’amor.

A tutti perdona le colpe e gli error,

al mondo tu dona la pace e l’amor.

O bella regina che regni nel ciel,

l’Italia t’inchina, t’invoca fedel.

Io sono la mamma del dolce Signor,

che porta la fiamma del santo suo amor.

Dal cielo discesi, per render quaggiù

i cuori riaccesi d’amore a Gesù.

Ognora il mio canto materno coprì

chi recita il santo Rosario ogni dì.

Di preci l’offerta domando dei cuor,

perché si converta chi offende il Signor.

O Vergine bella, del mondo sei tu

la fulgida stella che guida a Gesù.

La fede difendi da tutti gli error,

e luce diffondi, e pace nel cuor.

La vita dei padri sia luce e bontà,

e il cuor delle madri splendor di bontà.

Risplenda nei figli dei puri il candor,

profuma di gigli dei giovani il cuor.

Al mondo la pace tu dona, e l’amor,

dell’odio pugnace tu spegni gli orror.

A tutti perdona, o Madre d’amor,

a tutti tu dona tue grazie e favor.

A te noi sacriamo le menti ed i cuor:

fedeli vogliamo seguire il Signor.

Materna proteggi la nostra città,

e il popol suo reggi con dolce umiltà.

È l’ora che pia la squilla fedel

le note c’invia dell’Ave del ciel.

O vista beata: la Madre d’amor

si mostra svelata, raggiante fulgor.

Le fulge sul viso sovrana beltà,

vi aleggia un sorriso che nome non ha.

Dal braccio le pende dell’Ave il tesor,

che immagine rende d’un serto di fior.

Il tredici maggio apparve Maria

a tre pastorelli in Cova d’Iria.

Splendente di luce un sole appariva,

col volto suo bello veniva Maria.

E dolce la Madre allora l’invita

con questa parola al cuor sì gradita.

«Miei cari fanciulli, nessun fugga più:

io sono la Mamma del dolce Gesù».

«Dal cielo son discesa a chieder preghiera

pei gran peccatori, con fede sincera».

In mano un rosario portava Maria,

che addita ai fedeli del cielo la via.

Madonna di Fatima, la stella sei tu

che al cielo ci guidi, ci guidi a Gesù.

O Bianca Signora, il mondo proteggi,

il Papa e i fedeli tu sempre sorreggi.

Il pié rassomiglia dei gigli al color,

e rosa vermiglia ne infiora il candor.

Un tempio troneggia sull’orda sacrata,

e un cantico echeggia a te, Immacolata.

O quanti dolori la Vergin sopì,

o quanti terrori di morte rapì.

Le gioie veraci venite a cercar,

coprite di baci il vergin altar.

Umil Bernardetta del messo divin,

per mano s’affretta al fiume vicin.

Un soffio di vento l’avviso le diè

che questo un momento di grazia sarà.

E su Massabielle repente è il chiaror,

del sol ne le belle sue forme l’albor.

D’amore un sembiante rimira gentil

del sol più smagliante tra velo sottil.

Vagheggia in viso divino voler,

le dice il sorriso: «O no, non temer!»

Di giglio immortale è il manto, e dal sen

giù un nastro a due ale celeste le vien.

Le fregia una rosa il candido piè

che il cielo vezzosa poc’anzi le diè.

In mano un divino rosario brillar

si vede, e il cammino al prego tracciar.

Le palpita il core, si sente rapir,

mentre «Ave» l’amore la move a ridir.

O Vergin, dei figli e de l’Italo suol

i gravi perigli ti muovano e il dol.

In alto le grida le inviamo e i sospir:

«Accorri: ci guida; siam presso a perir».

Perir? No: la fede di Cristo non muor;

di Pietro alla sede più cresce l’amor.

Ma solo di pianto il giusto ha mercé:

virtude, or no, vanto d’Italia non è.

Ah! Cade venduta la patria a Satan.

O Vergin, l’aiuta, le stendi la man.

Tradita la scola, spogliato l’altar,

oppressa la stola ci vieni a salvar.

La guerra, se freme, o bella vision,

tu sei dolce speme, di gloria cagion.

Tu parla, o sapiente, e, libero, il ver

risuoni potente, di pace forier.

Devoto al pastore d’Italia il vessil

dimostri l’amore di tenero ovil.

Ascolta, è preghiera di popol fedel:

la patria fa vera imago del ciel.

Maria l’annunzio celeste ascoltò,

e il Figlio di Dio in lei s’incarnò.

Ai monti di Giuda Maria salì,

e il grande mistero di grazia compì.

La Madre beata nel fieno adagiò

il Bimbo divino, e poi l’adorò.

Col Bimbo Maria al tempio salì;

un vecchio profeta lo vide e gioì.

Gesù fra i maestri del tempio restò,

la Vergine Madre per lui ripudiò.

Nell’orto, bagnato di sangue e sudor,

pregando, agonizza Gesù Redentor.

Gesù, flagellato a sangue, non ha

chi l’ami e, soffrendo, ne senta pietà.

Per noi coronato di spine è il Signor,

il re della gloria, l’eterno splendor.

Portando la Croce Gesù stancava.

Chi fino al Calvario seguirlo vorrà?

Venite, adoriamo Gesù Redentor,

che, in Croce confitto, sul Golgota muor.

I figli di Adamo non gemano più:

è vinta la morte, risorto è Gesù.

Dal cielo, ove ascendi, Gesù, tornerai,

e il mondo e le genti tu giudicherai.

In noi vieni, o Spirito santificator:

rinnova i prodigi del primo favor.

In cielo portata accanto a Gesù

la Madre, Maria, ci aspetta lassù.

Maria, dei santi tu sei lo splendor:

con te la letizia, la gioia, l’amor.

A tutti perdona le colpe e gli error,

al mondo tu dona la pace e l’amor.

O bella regina che regni nel ciel,

l’Italia t’inchina, t’invoca fedel.

 

E mi sorprende o Dio

Io non ricordo che giorno era

la prima volta che t’incontrai:

non ti ho cercato, ma ti aspettavo,

non ti ho mai visto, ma so chi sei...

E mi sorprende che dal profondo

del tuo mistero, Dio,

tu m’abbia chiesto di condividere con te

la gioia immensa di poter dare

l’annuncio agli uomini

che tu sei lieto di avere figli

che siamo noi.

Ed ora ascolto la tua Parola

e vengo a cena con tutti i tuoi

e so il tuo Nome - credo da sempre -

e la tua Casa è casa mia...

Ed avrò cura del mio fratello,

te lo prometto, Dio:

sarò felice di dare

quello che hai dato a me!

Ma tu Signore ricorda sempre

di non lasciarmi solo:

anche se io qualche volta

mi scorderò di te.

Ed avrò cura del mio fratello,

te lo prometto, Dio:

sarò felice di dare

quello che hai dato a me!

Ma tu Signore ricorda sempre

di non lasciarmi solo:

anche se io qualche volta

mi scorderò di te.

Ricorda sempre Signore

di non lasciarmi solo.

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