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LUCIANA LITIZZETTO, UN CICLONE
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Ciclone Littizzetto

A colloquio con l'attrice torinese. Il tempo che passa, il fascino della divisa, l'impegno sociale. E la ricerca dell'impossibile pisolino

di Alice Vallerini

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Attrice comica, scrittrice irriverente, cabarettista esilarante dalle gag grottesche e surreali. All’indomani del lancio del suo nuovo film intitolato Se devo essere sincera, Luciana Littizzetto racconta un po’ di sé. E dei suoi primi quarant’anni.
Innanzitutto auguri di buon compleanno per il 29 ottobre. Spaventata o divertita dagli “anta” appena compiuti?
Direi decisamente spaventata. Mi fanno paura soprattutto perché ricordo che quando ero piccola, mia mamma parlava sempre di questi famigerati “anta” come di un punto di svolta (in che direzione poi non si sa) nella vita di una donna. A quel tempo però mi sembravano lontani anni luce e non me ne preoccupavo; ora me li ritrovo davanti e devo ammettere che fa un certo effetto.
Non si direbbe: il suo look da eterna lolita e l’aria scanzonata fanno pensare a una donna per nulla preoccupata dal passare del tempo.
Quello è un personaggio che mi costruisco. Quando mi agghindo come un’adolescente è soprattutto per fare il verso a quelle donne che hanno varcato da tempo la mezz’età ma continuano a vestirsi e ad acconciarsi come ragazzine per tentare di piacere agli uomini. Prendo in giro il ringiovanimento portato all’eccesso, insomma, una cosa molto comune di questi tempi. Io la tecnica seduttiva delle eterne ventenni la trovo piuttosto ridicola.
La strategia però funziona?
Non credo più di tanto. Magari all’inizio è utile per l’acchiappo, ma alla lunga esce fuori la magagna.
Si rischia di restare “sole come un gambo di sedano”?
Già. Il segreto sta invece tutto nel cercare di non essere “principesse sul pisello”.
Come descriverebbe il suo nuovo film, in programmazione da diverse settimane nelle sale?
Se devo essere sincera… è un film semplice ma divertente. Parla di una donna che tradisce il marito e fa di tutto per salvare la faccia; di tutti i casini che stanno dietro a un ménage à trois.
Ma nella vita reale Luciana Littizzetto ha mai tradito?
Io sono un giglio intonso anche se nel film la dò di qua e di là. Comunque sì, ho tradito ed è successo un casino. Mi hanno mollato tutti e due. Ma erano due pirla!
Visto che ha interpretato una donna innamorata di un commissario, la domanda viene spontanea: trova sexy l’uomo in divisa?
La divisa è sempre supersexy. E non solo per gli uomini: dà fascino erotico anche alle donne. Me ne sono resa conto ad agosto, quando ho girato un film con Carlo Verdone e Margherita Buy dal titolo Manuale d’amore. Interpretavo una vigilessa e tutti mi dicevano che stavo uno schianto con l’uniforme addosso. Però mentre giravo le scene vestita in quella maniera pensavo: poveracci ’sti vigili in divisa. Mille bottoni e lacci, centomila cose appese, un passante libero manco a pagarlo. Chi veste le uniformi ha sempre qualcosa di attaccato e penzolante, insomma. Morale della favola: ’sto fascino della divisa è una gran rottura di balle. Ti credo che i vigili urbani sono incarogniti!
Come vede le donne poliziotto nell’ambito del suo ideale di emancipazione femminile?
Forti. Fanno un mestiere interessante, nel quale c’è grande collaborazione coi colleghi. Credo ci sia più parità tra uomo e donna in polizia che in qualunque altro ufficio. Lo dico per esperienza: ho un’amica poliziotto e quando la vado a trovare vedo che nell’ambiente le donne sono molto stimate, considerate, perfino coccolate dai colleghi uomini. E poi sono toste! Non dico con le palle, un’espressione maschilista che non mi piace, ma... gagliarde.
Lei ha adottato un bambino a distanza con l’associazione Terres des hommes. Com’é partito il suo impegno nel sociale?
Ho telefonato all’Associazione e ho chiesto di poter sostenere un bimbo in difficoltà. Sistema banalissimo, che potrebbero usare tutti. Ho mantenuto il piccolo per qualche anno; ora è diventato maggiorenne, dunque me l’hanno levato e me ne hanno dato un altro. Sono felice di poterlo aiutare. Basta così poco per salvare una vita; se lo capissero tutti, il Terzo mondo potrebbe fare grandi passi avanti grazie a uno sforzo minimo da parte della gente. Ma le persone hanno fretta, sono stressate, incentrate sul loro quotidiano. Sembrano sempre avere poco tempo per fermarsi a pensare a cose simili.
Per sfuggire alla frenesia del tran-tran di tutti i giorni lei suggerisce alla gente di fare più pisolini. Dice che fanno bene alla vita. Ma lei lo trova il tempo per appisolarsi?
Faccio pochissime dormitine, purtroppo. Lo so, sfuggo a uno dei principi base della mia etica, ma con il ritmo di vita frenetica che mi ritrovo è praticamente impossibile. Quando però mi trasportano in macchina da un posto a un altro, tipo pacco postale, pisolo volentieri.
In passato è stata per diversi anni insegnante alle scuole medie. Che tipo di professoressa era?
Seriosissima. Ho iniziato che avevo 18 anni ed ero terrorizzata dall’idea di sbagliare, anche perché agli esordi avevo come alunni dei ragazzi che avevano solo qualche anno meno di me e questa poca distanza mi metteva ancora più in imbarazzo. Per risultare brava e essere accettata nei primi tempi la buttavo sul simpatico e sul paritario. Poi ho capito che quelli mi mangiavano in testa ed è cambiata l’antifona: gerarchia!
Il suo compito, quello di far ridere la gente, è piuttosto arduo di questi tempi…
Da un lato sì, c’è meno “leggerezza” nel prendere le cose e meno facilità nel lasciarsi andare al buon umore. Allo stesso tempo però c’è anche un’esigenza spasmodica di levarsi dal dolore e di trovare degli spazi d’evasione. Per questo chi fa un mestiere come il mio oggi ha una grande responsabilità: far sorridere le persone anche se il mondo va a rotoli. Sta a noi non scadere in un umorismo idiota: le battute di spirito vanno fatte con etica, senza sfrugugliare in ambiti troppo seri per poter essere toccati. È qualcosa che sta all’intelligenza di chi fa il comico. Mi fanno sorridere quelle persone che mi criticano facendo la morale solo perché magari dico “culo”: le parolacce non hanno mai fatto male a nessuno, le diciamo tutti i giorni senza scomporci più di tanto. Invece è l’ironia stupida e gratuita sui temi scottanti quella che dovrebbe essere bastonata dalla critica.
Restando in tema di confini da non oltrepassare: come si fa a prendere in giro qualcuno senza offendere?
È semplicissimo: basta dire le cose in faccia. Quando critichi una persona o fai dell’humor sui suoi difetti meglio averla di fronte. Dare la possibilità di rispondere non è solo un sistema democratico; serve anche a smitizzare qualunque affermazione. Se la prendi in giro alle spalle la gente s’offende e s’immusonisce; se le stesse cose le dici con l’interessato di fronte diventano subito simpatiche. Tutti ridono e nessuno si arrabbia.

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