REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA SEZIONE 2^ CIVILE
IL GIUDICE
DOTT.SSA MARIA FIAMMETTA SQUARZONI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 6748 del Ruolo Generale
dell'anno 1998, promossa
da:
XX 1 non in proprio ma quale tutore di XX 2
elettivamente domiciliata in TREBBO DI RENO (BOLOGNA), via
Don Minzoni 1, presso e nello studio dell'avv. CARLOTTA SOAVI
che la rappresenta e difende unitamente all'avv. PARAGGI ANI
ENRICO del Foro di S. Benedetto del Tronto (AP)
- ATTRICE
c o n t r o
AZIENDA OSPEDALIERA DI BOLOGNA - POLICLINICO S. ORSOLA -
MALPIGHI -
e
YY
elettivamente domiciliati in BOLOGNA, via S.Stefano 11, presso
e nello studio dell'Avv. PECCENINI FLAVIO che li rappresenta
e difende -
- CONVENUTI
In punto a:
RISARCIMENTO DANNI PER RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE
CONCLUSIONI:
Il Procuratore dell'attrice chiede e
conclude:
"Piaccia al Giudice adito, tenuto conto delle risultanze
della perizia d'ufficio, dichiarare e riconoscere la responsabilità
solidale delle parti convenute per negligenza nella sottovalutazione
della patologia collaterale di cui è affetta l'attrice
(soggetto Down) e imprudenza nella esecuzione dell'atto chirurgico;
condannare, sempre con vincolo solidale tra di loro, le parti
medesime a risarcire alla concludente, per l'inabilità
temporanea del 10% indicata dall'ausiliare, la somma di €
14.651,97; per l'inabilità temporanea totale e parziale
dopo il secondo intervento, come indicate dal medesimo CTU,
la somma complessiva di € 1.704,30; per danno morale,
tenuto conto che trattasi di soggetto DOWN, la somma di €
8.167,80 o comunque condannarli per i suddetti titoli a quelle
somme diverse che fossero ritenute benevise in via equitativa,
tenuto conto che le conseguenze delle accertate responsabilità
hanno inciso su soggetto DOWN facendolo regredire sotto il
profilo psicofisico, rispetto ai notevoli risultati precedentemente
conseguiti. Si chiede che la somma liquidanda sia comprensiva
di interessi come per legge dalla domanda fino al soddisfo;
vinte le spese del giudizio, da porsi a carico solidale dei
convenuti".
Il Procuratore dei convenuti chiede e
conclude:
"Voglia il Tribunale adito, respingere la domanda così
come formulata da parte attrice, con vittoria di spese, competenze
ed onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 14.10.1998 XX 2 conveniva in
giudizio la REGIONE EMILIA ROMAGNA - AZIENDA OSPEDALIERA DI
BOLOGNA - POLICLINICO S.ORSOLA-MALPIGHI e il dott. YY per
ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di intervento
correttivo di alluce valgo al piede destro eseguito il 4.03.1996.
Si costituivano entrambi i convenuti resistendo, negando
qualunque addebito e precisando che l'intervento era stato
eseguito correttamente. La causa era istruita mediante C.T.U.
e mediante interrogatorio formale della tutrice dell'attrice,
dichiarata interdetta nelle more e con l'escussione di due
testi.
Indi, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte,
la causa era trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre inquadrare il rapporto intercorrente
tra l'attrice e le parti convenute.
Per quanto riguarda l'Azienda Ospedaliera di Bologna, deve
considerarsi che il ricovero di un paziente in una struttura,
sia essa pubblica o privata, idonea a fornire assistenza sanitaria,
si fonda su un contratto tra il paziente e il gestore della
struttura medesima, sicché l'adempimento del contratto
"è regolato dalle norme che disciplinano la corrispondente
attività de! medico nell'ambito del contratto di prestazione
d'opera professionale, con la conseguenza che il gestore risponde
dei danni derivati al paziente da trattamenti sanitari praticatigli
con colpa, alla stregua delle norme di cui agli artt. 1176
e 2236 c.c." (Cass. n. 6386/2001).
Il dott. YY si è invece difeso sostenendo, sostanzialmente,
il proprio difetto di legittimazione passiva per non aver
effettuato l'intervento e per non aver mai garantito alla
paziente che l'avrebbe eseguito personalmente. L'assunto è
infondato.
Si consideri infatti che è lo stesso convenuto ad
affermare (vedi pag. 3 comparsa di costituzione) di aver personalmente
visitato l'attrice il 28.9.1995 e di avere, all'esito, prenotato
il ricovero in ospedale per l'intervento correttivo.
Ciò comporta il sorgere di un normale contratto d'opera
ex art. 2222 c.c.; se, poi, il dott. YY, per motivi che sfuggono
e che, comunque, paiono irrilevanti, non ha personalmente
eseguito l'intervento, risponderà degli esiti dello
stesso sulla scorta della disposizione dell'art. 2232 c.c.
Infatti, tramite la visita privata specialistica nel corso
della quale egli ha identificato il tipo di intervento che
poi è stato effettivamente eseguito e la prenotazione
del ricovero presso il reparto di cui, significativamente,
era primario, il dott. YY ha assunto la posizione di un prestatore
d'opera intellettuale, a cui va aggiunto il fatto che, come
Primario, è comunque responsabile delle scelte terapeutiche
adottate dai suoi sottoposti nel suo reparto.
Scendendo ora al vaglio del merito, si rileva che la CTU
espletata, pur rilevando come "in fase esecutiva non
vi sono censure dalla disamina della descrizione dell'atto
chirurgico", ha concluso confermando la causalità
tra la lesione lamentata dalla XX 2 e l'intervento subìto,
poiché secondo il consulente "l'intervento praticato
non era congruo".
Ed è proprio questo il nucleo della questione: al
dott. YY non viene imputata una cattiva esecuzione dell'intervento,
(che, come già detto, non ha concretamente effettuato),
bensì una SCELTA ERRATA del TIPO di intervento che,
come ha riscontrato il consulente, "non ha tenuto in
giusta considerazione le complicanze sull'apparato osteo-arlicolare
dei portatori di Down".
La perizia è stata censurata dalle difese dei convenuti,
i quali hanno ritenuto che il CTU "non abbia tenuto in
debito conto alcuni dati oggettivi e per questo abbia errato
nel ritenere non congruo il tipo di intervento effettuato"
(pag. 4 memoria di replica).
Le censure della difesa giuridica sono poi illustrate dalla
difesa tecnica dei convenuti.
Va allora osservato che il CTU, come si evince dalla lettura
dell'elaborato, ha invece esaminato accuratamente la documentazione
medica agli atti, visitando la paziente e vagliando l'attività
di diagnosi secondo il ragionamento logico che di seguito
si riassume.
Egli scrive che è indispensabile valutare la circostanza
della sindrome, di Down, da cui è affetta l'attrice,
"patologia congenita con plurime manifestazioni che comporta
per il soggetto gravi malattie infettive, alta incidenza di
cardiopatie", qualificandole "patologie sistemiche".
Precisa altresì che "altra tipologia di affezioni
e complicanze interessa l'ortopedico: esse ERANO CONSIDERATE
SECONDARIE o non venivano neppure accertate un tempo, a causa
della maggior gravità delle precedenti.
Sono diventate ATTUALMENTE DI INTERESSE PRIORITARIO per la
maggior aspettativa di vita dei portatori di Down", con
ciò sottolineando come, al contrario di quanto argomentato
dai convenuti che ritengono "particolarmente difficile
determinare il miglior trattamento" (pag. 4 memoria di
replica), sia stato eseguito un intervento negligente dal
punto di vista non operativo, ma della "SOTTOVALUTAZIONE
DELLA PATOLOGIA COLLATERALE" (pag. 33 CTU).
Il Ctu precisa che l'intervento intrapreso è denominato
"riequilibrio funzionale della prima MF; dopo aver variamente
descritto l'analisi dei documenti e delle lastre (rilevando,
al riguardo, anche la "atipicità del referto del
radiologo che non fa riferimento di lato pur avendo radiografato
entrambi i piedi"), passa a considerare l'angolo di valgismo
dell'alluce e l'angolo intermetatarsale, valutando tali situazioni
"tutte nettamente AUMENTATE PEGGIORATIVAMENTE rispetto
a quelle di prima dell'intervento, in un lasso di tempo certamente
troppo breve per ritenere questa grave situazione peggiorativa
dovuta a recidiva del valgismo semplicemente per caso fortuito
o di forza maggiore, ma da ATTRIBUIRE ALLA TIPOLOGIA DELL'ATTO
CHIRURGICO, limitato alla correzione delle parti molli in
paziente con labilità delle medesime, ove sarebbe stato
sicuramente PIÙ' SAGGIO FARE UNA CORREZIONE SCHELETRICA
DI SICURA MAGGIORE GARANZIA." (pag. 27 perizia).
Il dott. Tessere passa poi a considerare il profilo dell'ulteriore
erronea valutazione delle situazione patologica della XX 2
in relazione all'intervento praticato al piede sinistro anni
addietro che ha avuto, "nonostante il tempo scheletrico,
una rilevante recidiva rispetto alla situazione radiografica
che è dato vedere nelle pellicole del 1992 ove si aveva
una correzione del tulio accettabile".
E infatti egli precisa che "la disamina di queste pellicole
avrebbe dovuto allertare il chirurgo sulla recidiva del primo
piede operato, per valutarne attentamente le possibili cause
che NON POTEVANO ESSERE MISCONOSCIUTE essendo chiaramente
nota la patologia sindrome di Down della paziente".
Conclude il dott. Tessere: "ritengo di poter affermare
che l'insuccesso dell'intervento bolognese del febbraio 1996
fatto nel reparto del dott. YY, sia da attribuire ad IMPRUDENZA
nel non aver tenuto in giusta considerazione la patologia
congenita di cui la XX 2 era affetta, e ciò ANCHE in
considerazione del risultato del piede sinistro operato alcuni
anni prima ove, a fronte di una radiografia che dimostrava
una buona correzione con intervento più allargato,
si era avuta una recidiva morfo-strutturale non indifferente".
E ancora: "dal punto di vista medico-legale non credo
si possa attribuire l'insuccesso morfologico degli interventi
a malpractica sanitaria, bensì alla concomitante patologia
della sindrome di Down, mentre ritengo CENSURABILE la SCELTA
DELL'INTERVENTO LAUS".
Dalla sintesi appena tracciata, che ha focalizzato i punti
salienti della perizia, non pare affatto, dunque, che il Ctu
"non abbia tenuto in debito conto alcuni dati oggettivi".
Deve rilevarsi quindi che, non essendo emersi concreti vizi
del ragionamento logico né del procedimento del CTU,
la sua opinione debba prevalere, per la sua superiore terzietà,
su quella dei tecnici di parte.
Meramente ad abundantiam si osserva che non risulta che il
caso in discussione configuri una fattispecie gravata dai
caratteri di straordinarietà né di speciale
difficoltà.
Va ricordato, come da tempo insegna la giurisprudenza (cir.
Cass. n. 8218/1990), che è al professionista che incombe
la prova dell'esistenza di problemi tecnici di speciale difficoltà.
Nel caso de quo non è emersa, infatti, né è
stata invocata, alcuna particolare difficoltà diagnostica,
e neppure che il caso medesimo fosse stato oggetto di studi
insufficienti.
Sotto il profilo dell'an appare dunque dimostrata la colpa
dei soggetti convenuti, la causalità tra l'attività
colposa e le lesioni di cui ha sofferto la Giosuè.
Occorre ora procedere alla liquidazione del danno sulla scorta
delle conclusioni dell'elaborato peritale: il CTU ha concluso
determinando una ITT di giorni 30, nonché una ITP di
mesi 16 al 10% e di ulteriori giorni 30, nella misura del
50%, a seguito dell'ulteriore intervento effettuato per ovviare
all'esito rovinoso di quello per cui è causa.
Nessun danno patrimoniale incidente, stante la considerazione
che l'attrice non svolgeva alcuna attività lavorativa.
Particolare riguardo assume invece la liquidazione del danno
morale; a tale riguardo occorre considerare che presupposto
della sua risarcibilità era la presenza di un reato,
ex art. 2059 c.c.
Anche per aggirare questo limite, peraltro, la giurisprudenza
ha elaborato una nuova figura di danno, quello cosiddetto
esistenziale, in riferimento a quel profilo di danno, non
patrimoniale, che incide sulla esistenza, appunto, nel senso
di normale vita di una persona.
Ma, com'è noto, la recentissima sentenza n. 233/2003
della Corte Costituzionale, richiamandosi a Cassazione n.
8827/2003 e Cassazione n. 8828/2003, ha fatto ricadere nell'art.
2059 c.c. ogni danno non patrimoniale inerente alla persona:
"sia il danno morale soggettivo inteso come transeunte
turbamento dello stato d'animo della vittima, sia il danno
biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse,
costituzionalmente garantito, all'integrità psichica
e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico,
sia, infine, il danno derivante dalla lesione di ulteriori
interessi di rango costituzionale inerenti alla persona".
Alla luce di tale innovazione interpretativa, è risarcibile
come danno non patrimoniale il danno esistenziale che si estrinseca
dunque in una lesione, intesa come modificazione peggiorativa,
della propria vita quotidiana, comunque essa si delineasse
prima dell'evento causativo la lesione. Occorre quindi valutare
in concreto come questo tipo di danno è andato ad incidere
sul soggetto che lo ha subìto.
Nel caso che qui ci occupa, l'attrice è una giovane
donna (è nata il 17 giugno 1973) che, se è vero
che non ha riportato esiti permanenti dall'intervento e che
non svolgeva alcuna attività lavorativa, è altrettanto
vero che, per la sua condizione patologica, particolarmente
grave (è invalida al 100% e nel corso del processo
è stata anche interdetta) trova eccezionale esplicazione
della .sua potenzialità affettiva e delle aspirazioni
ad una vita "normale" esclusivamente nella vita
di relazione; orbene, l'intervento effettuato ha avuto come
conseguenza l'impossibilità di camminare per molti
mesi, l'interruzione di un'attività sportiva (il nuoto)
che costituiva una delle poche possibilità di relazionare
con altre persone e, comunque, di "esprimersi" normalmente,
la costrizione in casa per lunghi mesi.
È dunque evidente che la prova della lesione esistenziale
è, in un simile soggetto, in re ipsa, atteso che la
stessa non ha di certo potuto avere possibilità di
recuperare il tempo "perduto", né di supplire
alla forzata interruzione dell'attività che prima svolgeva
serenamente.
Per quanto sopra detto, il danno esistenziale e i! connesso
danno morale, inteso come sofferenza soggettiva per tale "deprivazione"
della qualità della vita merita una liquidazione in
via equitativa ed all'attualità di €.15.493,70,
a cui vanno aggiunti € 2.581,25 per danno biologico,
e così, complessivamente, € 28.015,00, oltre ad
interessi dal 29.5.2004 al saldo.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Giudice Unico del Tribunale di Bologna, definitivamente
decidendo nella causa promossa da XX 2 nei confronti di AZIENDA
OSPEDALIERA DI BOLOGNA e YY, ogni diversa e contraria istanza,
domanda ed eccezione disattese:
1) in accoglimento della domanda proposta, condanna i convenuti
solidalmente al risarcimento dei danni in favore dell'attrice
per la complessiva somma di € 28.016,00 all'attualità,
oltre ad interessi dal 29.5.2004 al saldo;
2) condanna i convenuti in solido tra loro a rifondere a
controparte le spese di lite complessivamente liquidate in
€ 5.000,00 di cui € 1.000,00 per esborsi e spese
generali, € 1.500,00 per diritti, ed € 2.500,00
per onorari, oltre ad IVA e CPA come per legge, nonché
le spese di CTU come già liquidate.
Bologna, 28 maggio 2004.
Il Giudice
Dott.ssa Maria Fiammetta Squarzoni
Deposito in Cancelleria il 15/10/2004.
La redazione di megghy.com |