Cassazione
Sezione prima civile
Sentenza 14 maggio 2005, n. 10126
Svolgimento del processo
Con decreto del tribunale per i minorenni di Firenze del 13
dicembre 2002, veniva dichiarato lo stato di adottabilità
di Manuel F., nato il 10 aprile 2002 da Silvia F., all’epoca
ospite di una comunità terapeutica per tossicodipendenti,
non riconosciuto dal padre, e già affidato, dopo essere
vissuto nei primi mesi di vita insieme alla madre, alla nonna
materna, Eda F., affidataria anche della prima figlia della
F., Selene V..
Con il predetto decreto, veniva altresì disposta nei
confronti della madre di Manuel la sospensione dell’esercizio
della potestà genitoriale, e veniva stabilito che il
bambino venisse ospitato presso l’istituto Innocenti
di Firenze.
Con ricorso del 17 gennaio 2003, la madre proponeva opposizione
avverso detto decreto, chiedendone la revoca, con affidamento
del piccolo alla nonna. La opposizione veniva rigettata dal
Tribunale, con sentenza in data 14 febbraio 2003, sulla base
della conferma delle valutazioni negative già espresse
dal Tribunale in ordine alle figure della madre e della nonna
del bambino.
Le due donne impugnavano la decisione innanzi alla Corte
d’appello di Firenze, sezione per i minorenni, lamentando
in primo luogo che il Tribunale non aveva considerato l’importanza
per il bambino del contatto con la sorellina Selene e la grave
perdita che sarebbe derivata ad entrambi dal loro allontanamento,
e che inoltre era immotivata la critica alla figura della
nonna materna; e rilevando inoltre il miglioramento delle
condizioni della madre del bambino.
Con sentenza del 25 febbraio 2004, la Corte territoriale
respingeva l’impugnazione, osservando, quanto al rilievo
degli effetti negativi che sulla personalità del piccolo
Manuel avrebbe potuto determinare il suo allontanamento dalla
sorella maggiore, che questi era stato presso la nonna solo
per pochi mesi, sicchè non era sostenibile che potesse
risentire di detto allontanamento; per quanto concerne le
valutazioni negative espresse dal Tribunale in ordine all’affidamento
del bambino alla nonna, tra l’altro ormai ultrasettantenne,
che tali valutazioni erano determinate da tutti gli elementi
acquisiti,quali le relazioni dei servizi sociali e quelli
desumibili dalle condizioni della piccola Selene; quanto,
infine, al presunto miglioramento delle condizioni della madre,
rilevava la Corte che attualmente costei risultava detenuta,
con previsione di scarcerazione solo nel 2014, sicchè
nessun utile riferimento avrebbe potuto farsi alla stessa
in ordine all’affidamento.
Avverso tale sentenza Silvia F. e Eda F. hanno proposto ricorso
per cassazione.
Motivi della decisione
Con il primo, articolato, motivo di ricorso, si lamenta violazione
degli articoli 1, 6, 8 e 14 della legge184/83, motivazione
insufficiente, inesistente e/o meramente apparente su punti
decisivi della controversia, nonché omessa pronuncia
su di un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo
360, 3 e 5 comma, Cpc. La Corte di merito si sarebbe limitata
a desumere lo stato di abbandono del piccolo Manuel dalla
ritenuta inadeguatezza della personalità della mamma
e della nonna, senza fornire elementi di riscontro, e senza
considerare che detto stato, che giustifica la dichiarazione
di adottabilità del minore, non può costituire
conseguenza automatica dei problemi personali dei genitori
e dei parenti prossimi, postulando l’accertamento in
concreto di una effettiva situazione di abbandono non transeunte
e prevedibilmente non suscettibile di superamento.
Nella specie, la sentenza non avrebbe preso in considerazione
gli elementi istruttori che dimostrerebbero la sussistenza
di buoni rapporti tra la nonna e l’altra nipotina, e,
quindi, l’attitudine della prima a creare rapporti significativi
anche con il piccolo Manuel.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
L’articolo 1 della legge 184/83, attribuisce carattere
prioritario alla esigenza del minore di vivere nella famiglia
di origine, esigenza ribadita con forza ancor maggiore attraverso
le successive modifiche apportate alla predetta norma. Ed
infatti, mentre il testo originario dell’articolo 1,
con il quale si apriva il titolo I, “Dell’affidamento
dei minori”, della citata legge 184/83, si limitava
ad affermare il diritto del minore «di essere educato
nell’ambito della propria famiglia», la riformulazione
della stessa disposizione ne ha arricchito il testo, introducendo,
tra i “Principi generali” - così mutata
la rubrica del titolo 1 della legge 184/83 per effetto della
legge 149/01 - anche quello relativo al «diritto di
crescere» nella famiglia naturale, nonché quello,
enunciato nel comma 2 dell’articolo 1, aggiunto dalla
stessa legge 149, secondo il quale «mai la condizione
di indigenza dei genitori naturali può portare alla
dichiarazione di adottabilità del minore», essendo
affidato alle organizzazioni statali competenti, ed in particolare
dei servizi sociali, in caso di difficoltà della famiglia
d’origine, il compito di rimuovere le cause che possono
precludere una crescita serena.
Una esigenza, quella appena evidenziata, della quale è
consentito il sacrificio solo in presenza di una situazione
di carenza di cure materiali e morali, da parte dei genitori
e degli stretti congiunti – ed a prescindere dalla imputabilità
a costoro di detta situazione tale da pregiudicare in modo
grave e non transeunte lo sviluppo e l’equilibrio psico
- fisico del minore stesso.
La richiamata valorizzazione del legame di sangue rende necessario
un particolare rigore nella valutazione della situazione di
abbandono del minore quale presupposto per la dichiarazione
dello stato di adottabilità dello stesso, finalizzata
esclusivamente all’obiettivo della tutela dei suoi interessi.
Al riguardo, questa Corte ha già ripetutamente posto
in evidenza la necessità che tale valutazione non discenda
da un mero apprezzamento circa la inidoneità dei genitori
e parenti del minore, cui non si accompagni l’ulteriore
positivo accertamento che tale inidoneità abbia provocato,
o possa provocare, danni gravi ed irreversibili alla equilibrata
crescita del minore. Sotto un tal punto di vista, è
stato altresì, in particolare, posto l’accento
sulla positiva presenza dei nonni, la cui posizione diventa
sempre più rilevante nell’ambito della famiglia,
non potendo ritenersi privi di tutela vincoli che affondano
le loro radici nella tradizione familiare, la quale trova
il suo riconoscimento anche nell’articolo 29 della Costituzione
(v., tra le altre, Cassazione 4568/99).
In siffatta ottica, l’accertamento dello stato di abbandono
del minore non può essere rimesso ad una valutazione
astratta, compiuta ex ante -alla stregua di un giudizio prognostico,
fondato su indizi privi di valenza assoluta, ed in assenza
di qualsivoglia riscontro obiettivo -circa la scarsa idoneità
della famiglia di origine a fornire in futuro al minore le
cure necessarie per il suo sano sviluppo; dovendo, invece,
la valutazione di cui si tratta necessariamente basarsi su
di una reale, obiettiva situazione esistente in atto, nella
quale soltanto vanno individuate, e rigorosamente accertate
e provate, le gravi ragioni che, impedendo al nucleo familiare
di origine di garantire una normale crescita, ed adeguati
riferimenti educativi, al minore, ne giustifichino la sottrazione
allo stesso nucleo.
Nella specie, la Corte di merito si è limitata, al
riguardo, ad un apprezzamento negativo della personalità
della nonna del bambino, asseritamente desunta dagli elementi
acquisiti in atti, senza fare alcun concreto riferimento al
reale contenuto degli stessi, e, soprattutto, senza spiegare
in alcun modo in quale misura detti elementi potessero incidere
negativamente sul processo di evoluzione fisica ed intellettuale
del piccolo Manuel, impedendone una crescita serena ed un
accudimento adeguato.
Né può ricavarsi, dalla sola circostanza, pure
evidenziata nella sentenza impugnata, della età inoltrata
della donna - nell’attuale momento storico, in cui la
evoluzione della natura ed i progressi della scienza medica
rendono sempre più lento il processo di senescenza
e sempre più ampia l’aspettativa di vita e di
vitalità - un elemento idoneo di per sè a dimostrare
lo stato di abbandono attuale del piccolo per la inadeguatezza
della nonna, della quale invero nessun riscontro obiettivo
è stato fornito: tanto più in considerazione
della sussistenza dell’obbligo, anche legislativamente
assunto dallo Stato, di intervenire con opportune misure di
sostegno in favore delle famiglie in difficoltà nel
gestire il processo di crescita dei minori, proprio allo scopo
di «prevenire l’abbandono e di consentire al minore
di essere educato nell’ambito della propria famiglia»
(v. articolo 1, comma 3, della citata legge 184/83, introdotto
dalla legge 149/01).
Alla luce delle suesposte argomentazioni, risulta radicalmente
carente di motivazione la decisione impugnata, con la quale
la Corte d’appello di Firenze, sezione per i minorenni,
ha confermato la dichiarazione dello stato di adottabilità
di Manuel F., già assunta dal Tribunale per i minorenni
di Firenze, senza preoccuparsi affatto - in una situazione
nella quale alla temporanea assenza della madre del bambino,
sia pure destinata a protrarsi per un periodo di non breve
durata, a causa dello stato di detenzione della stessa, ed
alle condizioni di degrado in cui ella versava, non tali,
comunque, da renderla insensibile alle esigenze affettive
del figlio e da impedirle di determinarsi a chiederne l’affidamento
alla propria madre onde evitare di recidere definitivamente
ogni legame con lui, ben poteva far fronte, proprio a tutela
della esigenza del minore di non perdere definitivamente il
contatto con la famiglia di origine ed il calore che questa
era in grado di offrirgli, la nonna materna - di chiarire
le obiettive ragioni che, a suo avviso, rendevano configurabile,
in atto, quella situazione di abbandono del minore per mancanza
di «assistenza morale e materiale da parte dei genitori
o dei parenti tenuti a provvedervi», cui l’articolo
8 della citata legge 184/83 subordina la dichiarazione dello
stato di adottabilità, sempre che, tra l’altro,
la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza
maggiore di carattere transitorio. E ciò in considerazione
altresì della circostanza che la nonna del piccolo
risultava già affidataria - e pertanto evidentemente
ben in grado di seguire il percorso formativo di un minore
- dell’altra figlia della F., figura, tra l’altro,
a sua volta, giova sottolinearlo. niente affatto irrilevante,
a prescindere dalla brevità, evidenziata dalla Corte,
del periodo di effettiva convivenza dei due, ai fini del sereno
sviluppo della personalità di Manuel nel contesto della
sua famiglia naturale.
Né può sottacersi, avuto riguardo alla circostanza
del precedente affidamento del piccolo alla nonna materna,
la presenza, nella specie, di quei significativi rapporti
- accompagnati dalle relazioni psicologiche ed affettive che
normalmente caratterizzano un così stretto legame di
parentela - di Manuel con la nonna stessa, quale figura sostitutiva
della madre, che costituiscono il presupposto giuridico per
escludere lo stato di abbandono, e, quindi, la dichiarazione
di adottabilità v., al riguardo, Cassazione 3083/97).
Resta assorbita - per evidenti motivi di logicità
- la seconda censura, con la quale si lamenta la omessa pronuncia
della Corte d’appello sulla richiesta di sospensione
del procedimento, originata dalla finalità di valutare
la evoluzione della situazione nell’arco di un determinato
periodo di tempo.
Conclusivamente, il ricorso va accolto per quanto di ragione;
la sentenza va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello
di Firenze, stessa sezione, in diversa composizione, che la
riesaminerà alla stregua dei principi di diritto sopra
enunciati, e che regolerà anche le spese del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa
la sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’appello di Firenze, stessa sezione, in
diversa composizione.
Così deciso in Roma il 19 gennaio 2005.
Depositata in cancelleria il 14 maggio 2005.
La redazione di megghy.com |