TRIBUNALE CIVILE DI PALERMO
III SEZIONE CIVILE
Composta dai Signori Magistrati
Angelo Monteleone, Presidente
Cristina Midulla, Giudice
Giulia Maisano, Giudice Relatore
Riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 7511 del Registro Generale degli
Affari Contenziosi Civili dell’anno 2004
TRA
A.S., elettivamente domiciliato in Palermo, Via P.pe di Granatelli
n. 76, presso lo studio dell’Avv. Gaia Matteini che
lo rappresenta e difende, insieme all’Avv. Filippo Di
Pace. per mandato a margine dell’atto di citazione.
ATTORE
E
XXXXXin persona del direttore generale, elettivamente domiciliata
in Palermo, via XXXXX, presso lo studio degli Aw.ti XXXXXXX,
che la rappresentano e difendono unitamente agli avvocati
XXXX e XXXX del Foro di Milano, per mandato in calce alla
copia notificata dell’atto di citazione
CONVENUTA
Conclusioni dell’attore:
In via principale, accertare e dichiarare la nullità
e/o inefficacia e/o annullabilità del contratto di
vendita dei band negoziati in contropartita diretta dalla
convenuta in favore dell’attore, sig. A.S., per violazione
del combinato disposto degli artt. 1418, 1439 e 1343 c.c.,
art. 21 Dlgs 58/98, artt. 26, 27, 28, 29, del. Consob 1.7.1998
e per l’effetto condannare la società convenuta
alla restituzione del capitale investito in obbligazioni Cirio
ed al risarcimento danni da liquidarsi in via equitativa,
oltre interessi e danno da svalutazione monetaria, dal diritto
al soddisfo; in linea subordinata, accertare e dichiarare
che nelle operazioni di collocamento delle obbligazioni Cirio,
la XXX ha tenuto per le motivazioni in narrativa, ed in particolare
per l’omissione di informazioni doverose, una condotta
violativa del dovere di buona fede precontrattuale e dell’obbligo
di diligenza specifica (art. 23 comma 6 D.Lgs 58/98, art.
28 comma II e art. 96 comma II lett, c del, Consob 1.7.1998,
art. 1337 c.c.); per l'effetto, condannare la convenuta al
risarcimento dei danni subiti e subendi da liquidarsi in misura
pari all’investimento sollecitato, oltre interessi e
danni da svalutazione monetaria, dal diritto a soddisfo, ai
sensi dell’art. 1224 c.c.;
in ogni caso, ritenere e dichiarare che i diritti di custodia
per le obbligazioni Cirio Del Monte, percepiti dalla Banca
dal novembre 2002, ossia dalla ufficializzazione della perdita
di valore dei bond, non sono più dovuti, atteso che
le dette obbligazioni sono prive di valore e, per l’effetto,
condannare XXX alla restituzione degli importi percepiti e
percependi a titolo di diritti di custodia, dal novembre 2002
alla data di effettivo soddisfo, ai sensi dell’art.
2033 c.c.;
condannare la società convenuta alle spese e compensi
del presente giudizio, con distrazione in favore dei sottoscritti
procuratori antistatari, i quali dichiarano di averle interamente
anticipate.
Conclusione del convenuto:
respingere tutte le domande ex adverso formulate nel presente
giudizio, in quanto infondate in fatto ed in diritto e comunque
sprovviste di supporto probatorio; per l’effetto, assolvere
XXX da ogni avversa domanda e pretesa; con vittoria di spese,
diritti ed onorari di lite. oltre IVA e CPA sulla parte imponibile,
rimborso forfettario, sentenza e successive occorrende;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato a XXX il giorno 4.6.2004,
e depositato presso la cancelleria del Tribunale di Palermo,
unitamente al fascicolo ed alla nota di iscrizione a ruolo,
nel termine prescritto dall’art. 3 comma I D.Lgs n.
5/03, S.A. esponeva di aver acquistato, su suggerimento di
un promotore finanziario dell’istituto di credito convenuto,
sig. XXX XXX, il quale si era fatto garante della sicurezza
e del buon rendimento dell'investimento, obbligazioni Cirio
Del Monte al 6,625% con scadenza nel maggio dell’anno
2006, per un controvalore di € 10.000.
Deduceva che gli era stato fatto intendere che l’emissione
obbligazionaria provenisse da una solida impresa nazionale
e che, avendo manifestato la propria indisponibilità
ad investimenti rischiosi, gli fosse stato assicurato il recupero,
alla scadenza, del capitale investito.
Lamentava la mancata consegna del documento informativo sui
rischi generali correlati agli investimenti finanziari, del
contratto di apertura del dossier titoli, della scheda relativa
al profilo di rischio dell’investitore.
Rappresentava che, ricevuta copia dell’ordine di acquisto
e poi del fissato bollato, si era avveduto che questa era
stata eseguita da XXXX in contropartita diretta, ovvero tramite
cessione di titoli già presenti nel proprio paniere.
Proseguiva riferendo che nel novembre 2002 una società
di trustee inglese aveva dapprima dichiarato il default della
emittente i titoli – la quale, si apprendeva solo allora,
non aveva sede in Italia, ma in altro paese europeo, il Lussemburgo
– in quanto resasi inadempiente alla restituzione dei
prestiti alla scadenza, e poi il cross default in relazione
ad altri prestiti obbligazionari emessi da società
facenti parte del gruppo Cirio e parimenti inadempiuti.
Fallito l’investimento e compromessa non solo la possibilità
di percepire gli interessi, ma addirittura di recuperare il
capitale investito, l’attore chiedeva la
condanna dell’istituto di credito alla restituzione
dell’importo riversato nell’acquisto, al risarcimento
dei danni conseguenti, alla ripetizione, infine, degli indebiti
prelievi per spese di custodia dei titoli.
Censurava, invero, sotto diversi angoli visuali il contegno
della banca che assumeva contrario alle disposizioni di legge
(D.Lgs n, 24.2.1998 n. 58, c.d. TUF) e regolamentari (delibera
Consob 1.7.1998 n.11522) disciplinanti la materia con pari
forza imperativa, in quanto poste a presidio di interessi
generali, taluni di rango costituzionale, facendone discendere
il corollario dell’invalidità ed inefficacia
del contratto concluso.
Imputava, in particolare, alla banca:
di non aver raggiunto un apprezzabile livello di conoscenza
dei prodotti finanziari compravenduti;
di aver contravvenuto agli obblighi preliminari alla prestazione
dei servizi di investimento proponendo ad un risparmiatore
inesperto -senza renderlo edotto del rischio connesso all'investimento,
senza segnalargli l’inadeguatezza dell’operazione
rispetto alle sue propensioni ed anzi fornendogli dolosamente
dichiarazioni fuorvianti- l’acquisto di titoli emessi
da una società straniera in uno stato estero ove non
vigevano gli stringenti limiti all’emissione di prestiti
obbligazionari dettati dal codice civile italiano a garanzia
della restituzione, non quotati nei mercati regolamentati
e negoziati solo neî servizi di scambi organizzati,
privi di prospetto informativo in quanto destinati ad un pubblico
di investitori professionali, non assistiti da alcuna valutazione
circa il merito di credito della società emittente;
di avere agito in conflitto di interessi, cedendo al cliente
strumenti finanziari già in suo possesso, senza informarne
per iscritto l’investitore e senza acquisirne il consenso;
di non avere informato il risparmiatore della precipitosa
riduzione del valore dei titoli e dunque del patrimonio investito.
Ritualmente costituitasi, con comparsa notificata il 16.9.2004
e depositata il successivo 23 settembre, contenente istanza
di fissazione di udienza, XXX chiedeva il rigetto delle domande.
Confutava, documentalmente, talune affermazioni dell’attore,
evidenziando come dal contratto da costui sottoscritto il
14/2/2001 emergesse non solo la eseguita rilevazione del profilo
dell’investitore, la sua situazione finanziaria, le
sue esperienze, il grado di propensione al rischio e dei suoi
obiettivi di investimento, ma anche l’avvenuta consegna
del documento esplicativo dei rischi generali degli investimenti
in strumenti finanziari, ed ancora come l’ordine di
acquisto del 22/1/2002 – una copia del quale era stata
consegnata al cliente – questi era stato reso edotto
delle modalità di esecuzione dell’acquisto operate
dalla banca per conto proprio.
Segnalava come ciò non implicasse che i titoli fossero
stati tratti dal proprio paniere ed assumeva, anzi, di averne
regolato l’acquisizione in misura strettamente necessaria,
per tempi e quantità a soddisfare gli ordini impartiti
dalla clientela.
Negava, infatti, di aver preso parte al consorzio di banche
incaricate del collocamento dei titoli, e rappresentava come
le informazioni reperibili sul mercato all'epoca dei fatti
per cui è causa non delineavano il titolo come altamente
rischioso, non imponevano di qualificare l’operazione
come inadeguata, né lasciavano presagire il crollo.
Riprendendo le osservazioni sviluppate in una nota curata
dai servizi studi della Banca d’Italia, affermava la
legittimità della negoziazione del titolo -articolata
nelle due fasi dell’assunzione a fermo e della negoziazione
sul mercato secondario- anche rispetto alle norme del testo
unico delle leggi finanziarie disciplinanti la divulgazione
del prospetto informativo verso i risparmiatori.
Con decreto di fissazione di udienza depositato il 22.11.2004,
il giudice relatore disponeva il libero interrogatorio delle
parti e rigettava. in quanto tardive, le istanze istruttorie
della convenuta.
A11’udienza collegiale di discussione del 17.12.2004.
espletato il libero interrogatorio delle parti. tentata. con
esito negativo, la conciliazione e confermato il decreto di
fissazione, la causa veniva posta in decisione con assegnazione
al relatore del termine di cui all’art. 16 comma V D.Lgs
5/03.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Alla delibazione delle domande dell’attore, cui è
sottesa l’allegazione, sotto diversi profili, dell’invalidità
del negozio di acquisto delle obbligazioni Del Monte al 6,625%,
nonché l’addebito all’intermediario finanziario
di responsabilità precontrattuale, è opportuno
premettere qualche considerazione sulla struttura dei rapporti
negoziali intercorsi tra le parti.
Compendiando i dati che si ritraggono dalla produzione documentale
e dalle dichiarazioni rese dall’attore nel corso del
libero interrogatorio, risulta acclarato che in data 14.2.2001
S. A. sottoscrisse un contratto di conto corrente di corrispondenza
e deposito titoli a custodia ed amministrazione, in forza
del quale risultava autorizzato ad impartire a XXX -alla quale
aveva contestualmente reso informazioni sulla propria situazione
finanziaria ed i propri obiettivi di investimento- ordini
per la negoziazione di strumenti finanziari.
Tale contratto, istitutivo, per la parte che qui viene in
rilievo, di un mandato avente ad oggetto la prestazione di
servizi di investimento, sub specie di negoziazione ex art.
32 delib. Consob 1.7.1998 n. 11522. costituisce dunque la
cornice negoziale alla quale si correlano le singole operazioni
che. con l’intervento necessitato dell’intermediario,
l'attore compì. ovvero l’acquisto, dapprima,
di titoli in valuta polacca per l’equivalente di L 15.000.000
circa e, successivamente, delle obbligazioni Del Monte oggetto
del giudizio.
Ricorrono dunque, sia nel caso specifico che in termini più
generali, due piani negoziali tra loro collegati; il conferimento
del mandato e l’attuazione del servizio di investimento
(il quale può assumere svariate conformazioni, implicando,
in ragione dell’oggetto dell'incarico -dalla mera ricezione
e trasmissioni ordini alla gestione di patrimoni affidati.
attraverso la mediazione e la negoziazione- e delle concrete
modalità operative, un diverso grado di coinvolgimento
dell’intermediario) prima ed in vista del compimento
del quale l’intermediario è tenuto a partecipare
al cliente le informazioni in suo possesso “la cui conoscenza
sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento
o disinvestimento” (art. 28 comma II delib Consob 1.7.1998
n. 11522).
Poiché dunque le parti sono già legate da un
rapporto negoziale, di cui -nel caso concreto- l’acquisto
o il disinvestimento di prodotti finanziari costituiscono
atti esecutivi, il dato in sé dell’anteposizione
temporale delle “adeguate informazioni” rispetto
al compimento della singola operazione non è sufficiente
ad evocare l’operatività delle regole sulla responsabilità
precontrattuale.
La riconduzione della problematica entro la categoria giuridica
della responsabilità contrattuale elide la necessità
di confrontarsi con le questioni attinenti al limite del risarcimento
del danno e consente di qualificare in termini di inadempimento
la violazione ad opera dell’intermediario dei doveri
di diligenza impostigli dalla legge.
Tali doveri, disciplinati in modo peculiare dal legislatore,
che li ha in parte tipizzati offrendo al contempo i presupposti
per l’identificazione delle conseguenze dell’inadempimento,
integrano il contenuto della prestazione gravante sull’intermediario.
In considerazione del profondo divario di informazioni e
cognizioni tecniche possedute dalle parti, con il mandante
in posizione di netto svantaggio sul mandatario, quest’ultimo
è tenuto, usando della diligenza del professionista
avveduto, ad indirizzare le scelte del risparmiatore ed a
segnalargli l’eventuale inadeguatezza delle operazioni
che intenda comunque compiere, illustrandogliene i motivi.
Le regole che sovrintendono la fase immanente al contratto
e prodromica al compimento delle singole operazioni, denominate
con terminologia inglese come know your merchandise rule,
know yuor customer rule e suilability rule, sono codificate
rispettivamente dall’art. 26 comma I lett. e) reg. consob
11522/98, dagli artt. 21 comma I lett. b) T.U.F. e 28 comma
I lett. a) reg. Consob n. 11522/98 e dall’art. 29 comma
I reg. Consob 11522!98. ed impongono all’intermediario
finanziario di:
acquisire un’adeguata conoscenza degli strumenti finanziari.
dei servizi e dei prodotti diversi, propri o di terzi;
raccogliere informazioni necessarie dai clienti, richiedendo
a11’investitore -anche mediante moduli prestampati il
cui utilizzo è stato legittimato dalla Consob- informazioni
sulla sua esperienza in materia di investimenti finanziari,
la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento,
la sua propensione al rischio. annotando l’eventuale
rifiuto del cliente a rendere le risposte;
astenersi dall’effettuare con o per conto degli investitori
operazioni, anche se espressamente impartite dal cliente,
rispetto a costui non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza
e dimensione, salvo la ripetizione scritta dell’ordine
preceduta dall’esplicazione delle ragioni di inadeguatezza.
Il nesso di strumentalità tra tali doveri è
palese così come manifesto è il loro sinergico
operare, unitamente ad altre prescrizioni -quali quelle in
tema di separazione patrimoniale, o di conflitto di interessi-
verso il raggiungimento di un fine superiore, configurato
nell'interesse degli investitori e dell’integrità
del mercato {art. 21 comma I lett. a T.U.F. ed art. 26 comma
I del. Consob 11522/98), ovvero quello di assicurare correttezza
e trasparenza dell’attività di intermediazione:
la corretta interpretazione delle preferenze di investimento
dei risparmiatori e la ponderata valutazione dei rischi da
parte di costoro riducono l’alea connessa agli investimenti
finanziari entro quella connaturata. e perciò insopprimibile,
alle operazioni eseguite sul mercato dei valori mobiliari.
ed elidono, tendenzialmente, il rischio non necessario, evitando
che questo sia addossato in modo inconsapevole al risparmiatore.
La violazione di tali obblighi contrattuali determina la
nullità dell’operazione eseguita. La sanzione
non è posta espressamente dalla norma, ma si ricava
agevolmente. secondo quanto con continuità affermato
dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass.
7.3.2001 n. 3272, Trib. Treviso 26.11-16.12.2004, Trib. Mantova
12.11.2004, Trib. Taranto 27.10.2004), proprio in considerazione
degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale
(art. 4'7 Cost.) che l’impianto normativo mira a tutelare,
identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singuli,
del risparmio pubblico, come elemento di valore dell'economia
nazionale, della stabilità del sistema finanziario,
dell’efficienza del mercato dei valori mobiliari, con
vantaggi per le imprese e per la economia pubblica (in questi
termini, ancorché con riferimento ad altra norma della
disciplina dell'intermediazione finanziaria, Cass. 7..3.2001
n, 3272).
Dalla qualificazione in termini di norma imperativa di legge
dei precetti comportamentali che sovrintendono all'operato
degli intermediari finanziari discende, ai sensi dell’art.
1418 comma I e III c.c., l’affermazione di nullità
degli atti negoziali conclusi in loro dispregio.
L’onere della dimostrazione dell’aver agito con
la specifica diligenza richiesta è addossato dall’art.
23 comma VI T.U.F. al soggetto abilitato all’esercizio
dell'attività che sia stato convenuto in giudizio dal
cliente per il risarcimento dei danni risentiti nello svolgimento
dei servizi di investimento ed accessori.
Nella specie. l'istituto di credito convenuto. che pur avendo
assunto l’iniziativa della notificazione dell’istanza
di fissazione di udienza non ha provveduto ad ordinare per
capitoli separati le circostanze di fatto che intendeva provare,
né ha indicato il nominativo dei testi da escutere,
non ha offerto alcun suffragio all’allegazione di diligente
comportamento.
Elementi contrari emergono. piuttosto dalla pur limitata
istruttoria condotta.
Ed invero, rispondendo al questionario rivoltogli dal promotore
finanziario della banca, l’attore si dichiarò
disponibile a fornire informazioni sulla propria situazione
finanziaria. indicò di avere esperienza in investimenti
in strumenti
finanziari e di averne altri in essere, di aver obiettivi
di investimento a medio termine e di possedere una media propensione
al rischio.
La rappresentazione riassuntiva di tali informazioni, calata
in un modulo a stampa a risposte obbligate, è stata
ampliata nel corso del libero interrogatorio (ed è
presumibile, ed anzi legittimo attendersi in applicazione
delle regole sopra riportate, sia stata più ampia nella
comunicazione verbale intercorsa tra le parti all’atto
della stipula del contratto), ove l’attore ha chiarito
che la propria esperienza si formò nel corso degli
anni ‘80 attraverso l’acquisto di BOT, “ma
mai di titoli di altri genere”
Al profilo di risparmiatore con scarsa esperienza pregressa
e limitata propensione al rischio che ne emerge non apporta
significativa modificazione l’operazione da questi compiuta
prima dell’investimento per cui è causa.
Pur convenendosi con l’istituto di credito che. per
il tramite del suo procuratore speciale ha sottolineato la
necessità di riguardare in divenire alle indicazioni
fornite dal risparmiatore all’atto della conclusione
del contratto di deposito titoli, registrando l’evoluzione
manifestata dalle operazioni da questi successivamente concluse,
deve tuttavia ritenersi che l’acquisto di obbligazioni
in valuta polacca compiuta dall'attore poco prima dell’operazione
per cui è causa -il cui provento costituì oggetto
del presente investimento-, in quanto suggerita dallo stesso
promotore finanziario, originata dal medesimo quadro, contenuta
nell’arco temporale di appena un anno, troppo breve
per far presumere un meditato mutamento delle esigenze e propensioni
di costui, non condizioni e non innovi il profilo cristallizzato
nella scheda informativa.
In altri termini sia l’acquisto di obbligazioni di
un paese emergente quale la Polonia, sia l’acquisto
di band Cirio Del Monte, in quanto connotati entrambi da una
grado elevato di rischio, devono ritenersi operazioni inadeguate
per un investitore la cui esperienza prima di allora era maturata
solo grazie alla negoziazione di titoli del debito pubblico
italiano con l’obiettivo, dichiarato, di costituire
la provvista necessaria all’acquisto di un’abitazione.
Tra esse l'unica, di certo rilevante, differenza è
rappresentata dall’esito, fortuitamente favorevole solo
nel primo caso.
L’investimento per cui è causa deve invero ritenessi
incontro rispetto al profilo dell'investitore, sol che si
osservi, utilizzando i dati ritraibili dalle dichiarazioni
del procuratore speciale della banca e dalla nota curata dai
Servizi Studi e Vigilanza della Banca d’Italia. stralci
della quale, insieme agli estremi di pubblicazione, sono riportati
in comparsa di risposta, che:
- le obbligazioni Cirio Del Monte erano state emesse da un
società non soggetta al diritto italiano, avente sede
in Lussemburgo,
- l’emittente non era dunque ristretta, nell’emissione
di prestiti obbligazionari, entro i limiti imposti da11’art.
2412 c.c.. nel testo allora vigente;
- in quanto riservate ad un pubblico di investitori professionali,
erano sollevate, ai sensi dell’art. 100 T.U.F., dall’osservanza
delle stringenti disposizioni di cui agli artt. 94-99 T.U.F.
e degli art. 4-19 della delibera Consob 14.5.1999 n. 11971:
la società emittente non aveva avanzato comunicazione
alla Consob, non aveva sottoposto i propri bilanci al giudizio
di una società di revisione, non aveva compilato il
prospetto informativo nel rispetto degli schemi predisposti
dalla Consob, né un’eventuale nota informativa
- non erano dunque conoscibili le informazioni “necessarie
affinché gli investitori possano pervenire a un fondato
giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria
e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente
nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti”
che a tenore dell’art. 94 comma 2 T.U.F. costituiscono
l’oggetto del prospetto destinato alla pubblicazione;
- erano assistite solo da una offering circular adatta alla
comprensione degli investitori professionali;
- non erano, ovviamente quotate in borsa né in altri
mercati regolamenta.ti italiani, con conseguente sottrazione
alle previsioni di cui agli artt. 113-116 delib. Consob 14.5.1999
n. 11971, ed erano scambiate solo nei c.d. mercati non regolamentati.
ovvero nei sistemi di scambi organizzati dagli intermediari
all’uopo abilitati,
- non erano state sottoposte ad una delle agenzia di valutazione
indipendente per l’apprezzamento del merito di credito
(c.d, rating) della società emittente;
- erano oggetto di limitazioni nella negoziazione, avendo
il procuratore speciale dell’istituto di credito riferito
di una circolare della Banca d’Italia che, verosimilmente
inasprendo le limitazioni di cui all'art. 44 delib. Consob
1.7.1998 n. 11522. ne vietava l'inserimento nei portafogli
titoli oggetto di gestione per conto dei clienti.
Si trattava dunque di strumenti finanziari all’evidenza
destinati, dopo il necessario passaggio mediato nel paniere
titoli di un intermediario finanziario, non alla generalità
dei risparmiatori del mercato secondario, ma a quelli tra
costoro particolarmente avveduti, esperti e, in ogni caso,
significativamente propensi al rischio.
Né è consentito alla banca trincerarsi, senza
alcuna dimostrazione, dietro l’allegazione dell’imprevedibilità
del crack finanziario dell’emittente e dell’ignoranza
delle caratteristiche del titolo, essendo questa tenuta, secondo
quanto sopra rilevato, all’osservanza della regola del
know your merchandise rule, e non avendo dimostrato, come
era suo preciso onere, la diligenza profusa nell’acquisizione
di cognizioni circa le caratteristiche del prodotto finanziario
e, non ultimo, nella sua rappresentazione all’investitore.
E’ appena il caso di osservare come l’obbligo
di trasfondere informazione in favore di costui non può
ritenersi assolto per effetto della pur indispensabile, ai
fini della validità del negozio. conscia del prospetto
sui rischi generali di investimento predisposto dalla Consob.
La consegna di tale documento, nel caso di specie comprovata,
dà corpo. secondo quanto condivisibilmente segnalato
dalla dottrina, ad una delle tecniche adoperate dal legislatore
per colmare il divario del bagaglio informativo delle parti,
ed in alcun modo può essere valutata alla stregua di
una presunzione di consapevolezza da parte del consumatore.
Anche tralasciando il dato, invero non trascurabile, della
non immediata e diffusa comprensibilità dei concetti
ai espressi, non può invece non evidenziarsi la genericità
del contenuto, tendente ad illustrare le caratteristiche delle
diverse tipologie di strumenti finanziari ed i rischi a ciascuna
astrattamente connessi. ma non ritagliato sull’oggetto
della singola negoziazione.
Il riferimento espresso a tale documento e l’ampiezza
della formulazione utilizzata inducono, infine, a circoscrivere
la portata della dichiarazione apposta in calce all’ordine
di acquisto sottoscritto dal cliente che così recita:
“Vi confermo che le operazioni sopra indicate sono conformi
ai miei obiettivi di investimento e che sono a conoscenza
dei rischi ad esse connessi descritti nel Documento sui rischi
generali degli investimenti in strumenti finanziari da voi
ricevuto” ed a negarle il valore di esternazione di
una consapevolezza sulla natura dell’operazione e sul
rischio correlato alla cui creazione non contribuisce. L’accoglimento
della assorbente domanda principale di nullità del
contratto di trasferimento delle obbligazioni Del Monte 6.625%
con scadenza 24 maggio 2006 (acquistati, secondo quanto indicato
nell’ordine consegnato al cliente, da XXX per conto
proprio, ovvero per sé e poi rivenduti a S.A.) solleva
dalla necessità di esaminare gli ulteriori profili
di invalidità della convenzione negoziale rappresentati
dall’attore, potendosi unicamente soggiungere che difetta
la prova degli artifici e raggiri usati dal promotore finanziario
(ovvero le rassicurazioni sulla storica affidabilità
aziendale della società emittente e sul certo recupero
del capitale investito) il cui onere, in ossequio al canone
generale di riparto dell'onere probatorio fissato dall’art.
2697 c.c., gravava sull’attore non vertendosi nell’ambito
tracciato dall’art. 23, comma VI,D.Lgs 24.2,1998 n.
58.
La declaratoria di nullità del contratto obbliga le
parti alla ripetizione delle prestazioni rispettivamente ricevute
sia con rimando all’attribuzione patrimoniale principale
che a quelle accessorie.
Ne consegue, dunque, l’obbligo per XXX di rifondere
la somma di € 10.446, 00 (tale in effetti fu l’importo
sborsato dall’attore, il quale acquistò le obbligazioni
nell'arco temporale di maturazione degli interessi annuali)
detratto l’importo di € 579.69 che l’acquirente
ha ammesso di aver ricevuto nel maggio dell’anno in
cui eseguì l’investimento quale prima ed unica
cedola di maturazione degli interessi, nonché quello
del risparmiatore alla restituzione dei titoli obbligazionari.
Ne discende infine, l'obbligo per l'istituto di credito di
restituire gli importi trattenuti a titolo di commissione
per l’attività di custodia di questi specifici
titoli.
Riprendendo quanto sopra osservato circa la refluenza dell'inosservanza
degli obblighi di diligenza gravanti sull’intermediario
sui due piani intorno ai quali si articola la vicenda negoziale,
occorre ribadire che la nullità della singola operazione
in valori mobiliari è solo uno dei predicati della
violazione degli obblighi di legge. A tale sanzione si accompagna,
in ossequio alle previsioni dell'art 1453 c.c., l’obbligo
per XXX di risarcire i danni derivati dal proprio inadempimento
al contratto di mandato per la prestazione dei servizi di
investimento.
E’appena il caso di sottolineare, invero, che ai sensi
dell’art. 30 comma II D.Lgs 24.2.1998 n. 58, il soggetto
abilitato alla prestazione di tali servizi è responsabile
in solido verso i terzi insieme al promotore finanziario di
cui si sia avvalso per l’offerta fuori sede dei prodotti
finanziari.
Il danno, legato alla mancata redditività del denaro
non correttamente investito, può dunque essere liquidato
nella sua interezza, senza la limitazione imposta dalle regole
di restituzione dell’indebito di cui all’art.
2033 c.c,, ovvero senza necessità -derivante dall’incongruità,
in termini astratti, dell’equiparazione tra mancanza
di diligenza e mala fede e dalla mancata dimostrazione, nel
concreto, della condizione di mala fede della banca al momento
dell’acquisizione patrimoniale- di liquidare i frutti
e gli interessi dalla data della domanda giudiziaria.
L’entità del danno effettivamente patito deve
essere dimostrata dal creditore ed in difetto può essere
liquidato equitativamente dal giudice.
'Nella specie non occorrono presunzioni logiche per affermare
che S. A. avrebbe fatto un uso proficuo della somma di €10.000.00.
poiché egli si era appunto rivolto all'istituto di
credito per investire il madama ritratto dal proprio precedente
investimento finanziario.
Ancora una volta senza necessità di ricorso a presunzioni.
può affermarsi sulla scorta delle dichiarazioni da
costui rese in risposta alle domande rivoltegli dall’intermediario
finanziario per delinearne il profilo, che si sarebbe indirizzato
verso impieghi prudenti finalizzati precipuamente alla conservazione
del valore del capitale investito.
Può dunque concludersi che ove non gli fosse stato
proposto, con la negligenza sopra illustrata, l’acquisto
di obbligazioni Del Monte avrebbe indirizzato le proprie scelte
verso titoli dell’obbligazionariato statale.
Poiché il rendimento dei buoni ordinari del tesoro
si attesta, da quando il saggio legale è fissato anno
per anno in misura variabile, su valori moderati a questo
sostanzialmente assimilabili, XXXXXXXX va condannata al pagamento,
sull’importo di € 9.866,31, degli interessi al
saggio legale dal dì dell’esborso sino a quello
dell’effettivo pagamento.
In applicazione del principio di soccombenza, le spese di
giudizio, liquidate in € 2.300, di cui € 170 per
esborsi, € 900 per diritti di procuratore e € 1.230,00
per onorario di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge e
spese generali secondo tariffa su diritti e onorari vanno
poste a carico del convenuto. Di esse va disposta la distrazione
in favore dei procuratori che si sono dichiarati antistatali.
P.Q.M.
In parziale accoglimento delle domande proposte da S.A.,
con atto di citazione notificato il 4/6/2004, dichiara la
nullità del contratto di vendita in contropartita diretta
di obbligazioni Del Monte al 6,625% con scadenza il 24/5/2006
per il controvalore di € 10.000, da questi sottoscritto
in data 22/1/2002;
condanna XXX alla restituzione in favore dell’attore
della somma di € 9.866,31, maggiorata degli interessi
al saggio legale dal 22.1.2002 sin al dì dell’effettivo
pagamento ed alla rifusione delle somme trattenute a titolo
di custodia delle obbligazioni indicate;
obbliga A. S. alla restituzione dei titoli;
condanna altresì l’istituto di credito convenuto
alla rifusione in favore dell’attore delle spese del
giudizio, liquidate in € 2.300,00 e specificate in parte
motiva, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge e spese generali
secondo tariffa su diritti ed onorari, disponendo la distrazione
in favore dei procuratori antistatari.
Così deciso in Palermo il giorno 17 gennaio 2005.
Il Giudice Relatore
Presidente
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