Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento
7 luglio 2005
Attività giornalistica - Privacy e televisione: quando
si ha il diritto di non ricomparire in tv
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti,
presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente,
del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti
e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
VISTA la segnalazione presentata in nome e per conto di XY,
dagli avv.ti Luciano Randazzo e Magdalena Giannavola;
VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali
(d.lg. 30 giugno 2003, n. 196) e il codice deontologico relativo
al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività
giornalistica (Allegato A1);
VISTI gli atti d'ufficio e le osservazioni formulate dal
segretario generale ai sensi dell'art 15. del regolamento
n. 1/2000;
RELATORE il dott. Mauro Paissan;
PREMESSO
Il giorno 11 marzo 2004, nel corso della trasmissione televisiva
di Rai Tre "Un giorno in pretura", è andata
in onda una puntata, già trasmessa nel 1988, dedicata
ad un procedimento penale a carico di alcune persone accusate
di omicidio volontario, celebrato nello stesso anno dinanzi
alla Corte di assise di Roma.
Con segnalazione presentata al Garante è stata lamentata
la circostanza che Rai S.p.a, nel riproporre la predetta puntata,
abbia diffuso illecitamente immagini che ritraevano, oltre
alle parti del processo, altre persone presenti nell'aula
del dibattimento, tra cui la sig.ra XY, all'epoca del processo
legata affettivamente ad uno degli imputati.
In particolare, è stato fatto presente che nella puntata
dell'11 marzo 2004 sarebbero state diffuse nuovamente le immagini
che coglievano la stessa assistita in vivaci reazioni emotive
emerse durante il processo, legate alla drammaticità
del momento.
Secondo quanto sostenuto nella segnalazione, la rinnovata
pubblicità dell'episodio a notevole distanza di tempo
dai fatti avrebbe danneggiato l'interessata "ledendo
l'onore, la reputazione e la dignità di una donna ormai
di 35 anni inserita in un contesto sociale differente".
Per tali motivi i legali hanno adito l'autorità giudiziaria
competente, segnalando invece al Garante la possibile violazione,
da parte di Rai S.p.a., della disciplina a tutela della riservatezza
e del diritto alla protezione dei dati personali;
Nel fornire riscontro alla richiesta di questa Autorità
volta ad acquisire ogni elemento utile all'esame del caso,
Rai S.p.a. ha risposto precisando che la decisione di riproporre
le sequenze del processo era assunta per permettere al pubblico
di confrontare le regole processuali vigenti all'epoca dei
fatti e il diverso rito processuale intervenuto successivamente,
nonché per evidenziare il "contesto sociale e
di costume" di allora. La società ha evidenziato
che la puntata dell'11 marzo 2004 seguiva un'altra, andata
in onda la settimana precedente e relativa ad un caso giudiziario
analogo a quello del 1988, ma risalente al 1999 e quindi trattato
con il nuovo rito processuale. Rai S.p.a. ha poi ritenuto
infondate le doglianze della segnalante, adducendo che le
riprese sarebbero state autorizzate dal giudice presso il
quale era incardinato il giudizio e che le immagini contestate
consistevano, in realtà, in "una ripresa larga",
di "pochissimi secondi", del pubblico presente in
aula, effettuata "senza ritrarre alcuna delle persone
ivi presenti in primo piano" e con telecamere ben visibili
a tutti i soggetti presenti in aula; in ogni caso -ha aggiunto-
tali persone non sarebbero state riconoscibili in ragione
del tempo trascorso e del presumibile mutamento del loro aspetto
avvenuto nel frattempo. RAI S.p.a. ha infine precisato che
aveva preannunciato ai telespettatori l'intenzione di riproporre
il processo de quo, con un comunicato stampa e con altri canali
di promozione dei propri programmi televisivi, e che nessun
dissenso era stato manifestato al riguardo dall'interessata
o da altre persone; ha specificato da ultimo di aver comunque
deciso di non trasmettere più il programma, "fino
a diversa decisione".
CIÒ PREMESSO, IL GARANTE OSSERVA
La questione oggetto di segnalazione riguarda la liceità
della diffusione, a distanza di diversi anni (sedici), di
immagini riprese nel corso di un dibattimento penale.
Com'è noto, tale fase processuale, salvo casi particolari,
è pubblica (art. 471 c.p.p.). Ai fini dell'esercizio
del diritto di cronaca, il giudice, può anche autorizzarne
la ripresa televisiva (art. 147 disp. att. c.p.p.). Invero,
la cronaca diretta nell'aula giudiziaria riguarda a volte
vicende umane, dettagli e relazioni interpersonali particolarmente
delicati. L'ordinamento processuale detta alcune cautele volte
a non interferire sulla regolarità e genuinità
del procedimento e a tutelare i soggetti presenti in aula
(art. 472 c.p.p. e art. 147 cit.). Tali cautele non esauriscono
i doveri dei giornalisti relativi alla successiva diffusione
delle immagini, posti dal Codice in materia di protezione
dei dati personali e dalle fonti ad esso allegate o presupposte.
Infatti, la disciplina in materia di protezione dei dati personali
contenuta in particolare nel Codice (artt. 136 e 137, comma
3, d.lg. n. 196/2003) e nel codice di deontologia relativo
al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività
giornalistica, riportato in allegato, permette di trattare
dati personali per finalità giornalistiche, anche senza
il consenso degli interessati, ma nei limiti del diritto di
cronaca e nel rispetto della dignità della persona.
In particolare, la diffusione dei dati è ammessa sul
presupposto dell'essenzialità dell'informazione riguardo
a fatti di interesse pubblico (art. 137, comma 3 del Codice;
artt. 5 e 6 del predetto codice di deontologia).
Il trattamento oggetto della segnalazione non rispetta tale
disciplina.
La finalità dichiarata da Rai S.p.a. di far conoscere
quale sia stata l'evoluzione nel tempo del sistema processual-penalistico
italiano e dell'ambiente culturale e sociale di cui esso è
espressione giustificava un approfondimento informativo quale
quello realizzato da Rai Tre, volto ad illustrare tale evoluzione
utilizzando anche immagini di repertorio relative ad un processo
risalente agli anni antecedenti alla riforma del processo
penale del 1989 e relativo ad un grave fatto di cronaca.
Dall'esame della registrazione della puntata dell'11 marzo
2004 emerge che Rai S.p.a. ha omesso talune inquadrature del
pubblico presente nell'aula giudiziaria, rendendo non identificabili
alcuni dei soggetti coinvolti nel processo; analoghe cautele
non sono invece state adottate con riguardo alla segnalante.
Le immagini che ritraggono quest'ultima e le sue reazioni
emotive nel corso del processo medesimo sono state proposte
senza alcuna cautela volta ad evitarne l'identificazione,
non rispettando il richiamato requisito di essenzialità.
Tali immagini riguardano infatti una persona presente tra
il pubblico, estranea al processo e che è stata poi
collegata alla vicenda solo in virtù della relazione
sentimentale, successivamente emersa, intercorrente all'epoca
con uno degli imputati (cfr. art. 5, comma 1 del codice deontologico).
Già all'epoca della prima trasmissione televisiva
riguardante la vicenda giudiziaria la stessa segnalante aveva
contestato alla Rai la liceità della diffusione delle
immagini che la ritraevano nel corso del processo, documentando
specifiche conseguenze negative.
Alla luce della normativa in materia di protezione dei dati
personali intervenuta dopo la prima trasmissione del 1988,
la tutela invocata dalla segnalante trova un giusto fondamento
anche nel diritto della segnalante di non essere più
ricordata pubblicamente, anche a distanza di molti anni (cd.
diritto all'oblio; art. 11, comma 1, lett. e) del Codice).
La riproposizione di una delicata vicenda giudiziaria e personale
-già a suo tempo oggetto di un'ampia attenzione da
parte del pubblico e dei mezzi di informazione- ha leso il
diritto dell'interessata di veder rispettata la propria rinnovata
dimensione sociale e affettiva così come si è
venuta definendo successivamente alla vicenda stessa, anche
in relazione al proprio diritto all'identità personale
e al diritto alla protezione dei dati personali.
A differenza di quanto sostenuto da Rai S.p.a., la tipologia
delle riprese consente di riconoscere la segnalante. Dall'esame
della registrazione emerge infatti che le telecamere si soffermano
sull'interessata mentre la stessa reagisce a seguito della
richiesta di condanna del pubblico ministero. Le immagini
diffuse concernono una persona che era già adulta all'epoca
del processo, le cui sembianze, pertanto, non erano destinate
a subire necessariamente mutamenti significativi nel tempo.
Inoltre, la circostanza che Rai S.p.a avesse annunciato tramite
comunicato stampa e canali di promozione dei propri programmi
la messa in onda di detto processo non era sufficiente a rendere
di per se stessa lecita la diffusione delle immagini suddette,
in ragione dei richiamati principi.
A sostegno di quanto sin qui osservato, non è poi
priva di rilievo la circostanza che anche in caso di interesse
sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento
che giustifica la ripresa dell'udienza, le parti presenti
nell'aula hanno diritto di non essere riprese (art. 147, comma
3, cit.).
Non risulta infine sufficiente l'autonoma decisione di Rai
S.p.a. di sospendere la trasmissione del programma, ma solo
fino a diversa decisione della stessa, dovendo questa Autorità
assicurare un risultato certo di garanzia provvedendo ai sensi
dell'art. 144 del Codice, anche al fine di prevenire il rischio
di un nuovo possibile pregiudizio per l'interessata.
Alla luce delle considerazioni svolte va disposto nei confronti
di Rai S.p.a e del direttore di Rai tre, ai sensi dell'art.
143, comma 1, lett. c), del Codice, il divieto di ulteriore
diffusione delle immagini relative alla segnalante descritte
in premessa in difformità dai principi sopra affermati.
Copia del presente provvedimento è inviata, per le
valutazioni di competenza, anche al competente Consiglio regionale
e al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
a) dichiara fondata la segnalazione e, ai sensi degli artt.
143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d) del Codice
in materia di protezione dei dati personali, vieta alla Rai
S.p.a e al direttore di Rai tre, l'ulteriore diffusione delle
immagini relative alla sig.ra XY; inoltre, ai sensi degli
art. 143, comma 1, lett. b) e art. 154, comma 1, lett. c)
prescrive agli stessi soggetti l'adozione delle misure necessarie
per conformare i trattamenti ai principi richiamati nella
decisione medesima, astenendosi da ulteriori trattamenti in
difformità dai medesimi principi;
b) dispone l'invio di copia del presente provvedimento al
competente Consiglio regionale e al Consiglio nazionale dell'Ordine
dei giornalisti.
Roma, 7 luglio 2005
IL PRESIDENTE
Pizzetti
IL RELATORE
Paissan
IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli
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