REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 7294 del 1999 proposto da M.P.,
rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Scillia, con
domicilio eletto in Roma, presso la Segreteria del Consiglio
di Stato;
contro
il COMUNE DI LAMEZIA TERME, in persona del Sindaco in carica,
rappresentato e difeso dall’avv. Antonello Sdanganelli,
con domicilio eletto in Roma, presso lo studio legale dell’avv.
Saverio Menniti, al Lungotevere dei Mellini, n. 10;
per l'annullamento
della sentenza n. 452/1999 in data 3.2.1999/12.4.1999, pronunciata
tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale della
Calabria, sede di Catanzaro;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ente
civico appellato;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore il cons. Gabriele Carlotti;
uditi alla pubblica udienza del 29.10.2004 l’avv. A.
Manzi, su delega dell’avv. Sdanganelli, per il Comune
appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. È impugnata la sentenza con la quale il T.a.r.
della Calabria, sedente in Catanzaro, ha respinto il ricorso,
proposto dall’odierno appellante, dipendente del Comune
di Lamezia Terme, per ottenere la declaratoria del diritto
all’integrale corresponsione di compensi per prestazioni
di lavoro straordinario effettuate nell’anno 1991, con
conseguente condanna dell’amministrazione civica intimata
al pagamento delle ulteriori spettanze dovute, in aggiunta
alle 178 (centosettantotto) ore liquidate con deliberazione
della Commissione straordinaria del 22.5.1992, n. 997 (in
atti).
2. L’appello è affidato ai seguenti motivi:
erroneamente il Tribunale calabrese ha dubitato dell’esistenza
di un’autorizzazione comunale allo svolgimento di lavoro
straordinario per l’anno 1991;
a torto il primo giudice ha ritenuto di poter applicare ratione
temporis alla fattispecie l’art. 16 del d.p.r. 13.5.1987,
n. 268, ricavandone argomenti ostativi all’accoglimento
delle pretese patrimoniali dedotte in giudizio, invece del
successivo d.p.r. 3.8.1990, n. 333 che, a detta del ricorrente,
ben avrebbe consentito il riconoscimento del diritto al versamento
degli emolumenti contestati;
la sentenza impugnata è censurabile nella parte in
cui statuisce che, in luogo della remunerazione del lavoro
straordinario eccedente i limiti stabiliti dal succitato art.
16, il Comune di Lamezia avrebbe potuto soltanto concedere
all’appellante congrui periodi di riposo compensativo
da usufruire nel mese successivo, senza tuttavia soffermarsi
a considerare né la concreta impraticabilità,
nello specifico, di siffatta soluzione in ragione del lungo
tempo intercorso dallo svolgimento delle prestazioni in questione
(e tale da frustrare la funzione di “recupero”
delle maggiori energie lavorative profuse, propria dei turni
di riposo), né la circostanza che il ricorrente venne
indotto a non avanzare alcuna domanda di riconoscimento di
periodi di assenza compensativa a causa del comportamento
contraddittorio tenuto dall’Amministrazione appellata
(avendo il Comune dapprima autorizzato il lavoro straordinario
e poi lasciato intendere, con una nota dell’aprile del
1992, che la monetizzazione delle relative spettanze sarebbe
stata integrale);
il T.a.r. non si è avveduto della grave disparità
di trattamento subita dall’appellante, avendo il Comune
di Lamezia Terme liquidato in favore di taluni dipendenti
tutte le ore di straordinario effettuate;
il giudice di prime cure avrebbe dovuto far applicazione
dell’art. 6 del d.p.r. 3.8.1990, n. 333, relativo all’utilizzo
del “Fondo per il miglioramento dell’efficienza
dei servizi”, giacché il lavoro straordinario
in parola si rese necessario per la realizzazione del censimento
dell’A.I.R.E., imposto dalla L. 27.10.1988, n. 470 e
dal relativo regolamento di esecuzione.
3. Nel giudizio così promosso si è costituito
il Comune di Lamezia Terme, contestando tutto quanto ex adverso
dedotto e chiedendo la reiezione del gravame.
4. L’appello è stato posto in discussione all’udienza
pubblica del 29.10.2004 ed, in pari data, è passato
in decisione.
5. La sentenza avversata si presenta affetta dai vizi denunciati
e non resiste alle censure dedotte dall’appellante;
invero, la pretesa del ricorrente ad ottenere la totale liquidazione
delle ore di straordinario compiuto nel corso dell’anno
1991 (anche, ma non unicamente) per l’effettuazione
del censimento A.I.R.E. si rammostra pienamente fondata per
i motivi, assorbenti, di seguito precisati.
6. In primo luogo non possono condividersi i dubbi nutriti
dal primo giudice in ordine alla sussistenza della prova dell’effettivo
svolgimento, nel corso dell’anno 1991, di prestazioni
di lavoro straordinario previamente autorizzate dall’amministrazione
comunale.
La circostanza, peraltro mai contestata nemmeno dall’ente
civico intimato, risulta incontrovertibilmente acclarata dal
tenore del primo “Visto” della succitata deliberazione
22.5.1992, n. 997, che reca in allegato un elenco di tutti
i nominativi del personale autorizzato, compreso il ricorrente.
7. Tanto doverosamente premesso, può affrontarsi l’esame
della principale questione dedotta in contenzioso, ovverosia
l’interpretazione del comma 7 dell’art. 16 del
d.p.r. 13.5.1987, n. 268.
7.1. A tal riguardo occorre preliminarmente segnalare, in
risposta ad una specifica deduzione contraria dell’appellante
(secondo cui il primo giudice avrebbe erroneamente selezionato
il parametro normativo rilevante nella presente controversia),
che l’art. 50 del d.p.r. n. 333/1990, di recepimento
dell’accordo 23.12.1989 concernente il personale del
comparto regioni ed enti locali, espressamente rinviava a
tutte le disposizioni previgenti per la disciplina degli istituti
laburistici non modificati dalle norme del medesimo decreto
n. 333: nel novero di siffatti istituti rientrava anche il
lavoro straordinario, regolato, appunto, all’art. 16
d.p.r. n. 268/1987, e, dunque, non è revocabile in
dubbio che proprio quest’ultima fosse (e sia) la norma
da interpretare.
7.2. Per i fini di un ordinato iter motivazionale, mette
poi conto osservare che l’art. 16 in parola limitava
fortemente il ricorso degli enti locali allo straordinario,
mediante la fissazione di rigorose soglie quantitative, autorizzabili
annualmente; siffatto regime era però temperato dalla
previsione che, nei casi di eventuale superamento di detti
monte ore individuali, il dipendente potesse richiedere un
periodo di riposo compensativo, da godere, compatibilmente
con le esigenze di servizio, nel mese successivo (così
il comma 7 della disposizione).
7.3. Il primo giudice, proprio facendo leva sulla prevista
possibilità di concedere a domanda un periodo di riposo
compensativo («… si è in presenza di specifica
disciplina regolamentare che al superamento dei limiti orari
offre la sola possibilità di usufruire di riposo compensativo»),
ha ritenuto corretto, nello specifico, l’operato della
Città di Lamezia Terme, sostenendo che l’amministrazione
comunale non avrebbe potuto derogare al carattere cogente
della riferita normativa sul trattamento del personale, opponendovisi
sia il generale divieto stabilito dall’art. 11 della
legge quadro sul pubblico impiego (L. 29.3.1983, n. 93, all’epoca
vigente) sia i precitati vincoli quantitativi stabiliti dal
surrichiamato art. 16.
8. L’avviso espresso dal T.a.r. calabrese non merita
adesione.
8.1. In primo luogo è del tutto inconferente l’invocazione
dell’art. 11 L. n. 93/1983, il cui secondo comma vieta
alle pubbliche amministrazioni di concedere trattamenti integrativi
non previsti dagli accordi sindacali menzionati negli stessi
articoli della legge quadro.
È però evidente come da un’interdizione
del genere, manifestamente indifferente rispetto al thema
decidendum sopra perimetrato, non possano certamente trarsi
validi argomenti a sostegno della posizione esegetica assunta
dal giudice di prime cure, giacché la lite sottoposta
allo scrutinio del Collegio non verte affatto sulla pretesa
di un quid pluris rispetto a quanto stabilito dall’accordo
sindacale relativo al comparto degli enti locali per il triennio
1985/’87, ma investe esclusivamente i profili della
corretta (o meno) esegesi, e della conseguente applicazione,
di quanto disposto dal più volte citato art. 16.
8.2. È, di contro, opinione della Sezione che il T.a.r.
non abbia adeguatamente valorizzato, nella prospettiva decisoria,
le peculiari circostanze del caso assoggettato al vaglio giurisdizionale.
In dettaglio, non può prescindersi dal rilievo che
il Comune di Lamezia Terme provvide a liquidare i compensi
spettanti al ricorrente a fronte del lavoro straordinario
da questi svolto nell’anno 1991, non già mese
per mese secondo il criterio della postnumerazione, ma molto
tempo dopo, ossia a metà del 1992 ed in un’unica
soluzione.
Siffatto modo di procedere collide manifestamente con il
portato precettivo dell’art. 16 del d.p.r. n. 268/1987
che, invece, patentemente subordina la possibilità
di “compensare” l’eventuale sforamento dei
limiti massimi individuali con adeguati recuperi, alla condizione
che l’amministrazione consenta al dipendente di poterne
fare tempestiva e conforme domanda entro il mese successivo.
Detto altrimenti, il meccanismo sostitutivo contemplato dalla
previsione in esame trova un presupposto indefettibile nell’effettiva
liquidazione mensile dello straordinario.
Del resto, tale approdo ermeneutico è coerente con
la ratio sottesa alla concessione di congrui periodo di riposo,
quietamente ravvisabile nell’esigenza di permettere
al dipendente, impegnato in più lunghi turni lavorativi,
di recuperare il maggiore dispendio delle energie psicofisiche
profuse nella prosecuzione dell’attività oltre
il normale orario.
La precedente considerazione trae seco il corollario dell’assoluta
inutilità di un’ipotetica assegnazione di un
riposo compensativo da usufruire molto tempo dopo lo svolgimento
del lavoro straordinario (ovvero, allorquando il prestatore
non avverta più alcuna necessità fisiologica
di riprendersi da uno sforzo compiuto in passato); di converso,
risalta l’intima coerenza dell’art. 16 che ragionevolmente
individua nell’arco di due mesi il periodo massimo entro
cui beneficiare del suddetto recupero.
8.3. Sono di immediata percezione le ricadute dei superiori
rilievi nella vicenda in esame: qualora l’amministrazione
ometta di tenere una contabilizzazione mensile dello straordinario
prestato dai dipendenti e, consequenzialmente, si astenga
dal segnalare tempestivamente ai medesimi il raggiungimento
(o il superamento) del limite individuale massimo consentito,
non può poi sottrarsi alla cogenza dell’obbligo
sinallagmatico di corrispondere la retribuzione dovuta a fronte
delle maggiori prestazioni lavorative ricevute, adducendo
l’argomento dell’intempestiva domanda, da parte
del dipendente, del prescritto riposo compensativo. Ed invero,
una volta escluso che l’impiegato comunale possa essere
obbligato a lavorare gratuitamente per la p.a., è giocoforza
ritenere che il lavoratore possa consapevolmente esercitare
la scelta tra il prestare, o meno, lo straordinario, solo
quando l’ammistrazione, dal canto suo, adempia diligentemente
all’onere di rendere nota, mese per mese, la perdurante
disponibilità di sufficienti risorse finanziarie da
destinare alla retribuzione della specifica spettanza o, in
caso contrario, quando l’amministrazione comunichi l’avvenuto
esaurimento del massimo monte ore individuale e della conseguente
esercitabilità, nel prosieguo del rapporto commutativo,
della sola opzione per il riposo compensativo.
8.4. In conclusione, i limiti alla remunerazione dello straordinario
stabiliti dall’art. 16 del d.p.r. n. 268/1987 non possono
ridondare in danno del dipendente che abbia prestato il proprio
lavoro oltre il normale orario, qualora l’amministrazione
di appartenenza non gli abbia consentito – come accaduto
nella fattispecie - di usufruire, entro il mese successivo
all’epoca di intervenuto superamento della soglia della
retribuibilità, dei necessari periodi di recupero psico-fisico.
La valorizzazione esegetica delle pur comprensibili preoccupazioni
di carattere finanziario che ispirano le disposizioni recate
in parte qua dal D.P.R. n. 268/1987 (obiettivamente rivolto
a disincentivare l’eccessivo ricorso allo straordinario
da parte delle amministrazioni locali) non può infatti
spingersi fino al punto di accordare prevalenza a norme di
natura organizzativa e contabile, dettate esclusivamente a
presidio della correttezza dell’azione amministrativa,
rispetto al contrapposto diritto soggettivo, costituzionalmente
tutelato (art. 36 Cost.), del pubblico dipendente a ricevere
una retribuzione proporzionata alla quantità (ed alla
qualità) del lavoro effettivamente prestato.
8.5. La sentenza specificata in epigrafe va dunque riformata
in accoglimento dell’appello e, per l’effetto,
deve dichiararsi il diritto del ricorrente ad ottenere il
pagamento delle ore, oltre le 178 (centosettantotto) già
liquidate, indicate nella tabella allegata alla deliberazione
n. 997/1992.
8.6. Per la determinazione della disciplina applicabile in
relazione al computo degli accessori del credito principale
(interessi e rivalutazione) si impone il rinvio ai principi
enunciati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio
con decisione n. 3/1998.
9. Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente
le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando, accoglie l’appello nei
termini precisati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio
del 29.10.2004, con l'intervento dei Signori:
Giuseppe Farina - Presidente f.f.
Chiarenza Millemaggi Cogliani - Consigliere
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Aldo Fera - Consigliere
Gabriele Carlotti - Consigliere rel. est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.
f.to Gabriele Carlotti f.to Giuseppe Farina
IL SEGRETARIO
f.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13 gennaio 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
La redazione di megghy.com |