Lo strumento cautelare della revoca degli amministratori
di società a responsabilità limitata, può
essere diposta anche ante causam, é quanto ha stabilito
il Tribunale di Marsala, con l'ordinanza 15 marzo 2005
TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE CIVILE
in persona del Giudice designato Pier Luigi Tomaiuoli,
letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta, uditi
i procuratori delle parti; a scioglimento della riserva assunta
all’udienza del 9.3.2005, ha emesso la presente
ORDINANZA
nella causa civile n. 125/2005 R.G.;
OGGETTO: ricorso ex artt. 671 c.p.c., 2476, comma III, c.c.,
23, d.lgvo 5/2003.
Premesso in fatto.
Con ricorso ex artt. 671 c.p.c., 2476, comma III, c.c., 23,
d.lgvo 5/2003, depositato in data 24.01.2006, Nicolò
G., premesso di essere socio della C. s.r.l., con sede in
Mazara del Vallo, per una quota pari al 60% del capitale sociale;
che con sentenza del 13.9.2004 il Tribunale di Marsala aveva
annullato la deliberazione dell’assemblea ordinaria
della società del 30.6.2003; che tale sentenza era
stata notificata alla C. s.r.l. in data 2.11.2004; che, in
assenza di iniziativa da parte dell’amministratore unico,
egli aveva domandato la convocazione dell’assemblea
della società, al fine di prendere i dovuti provvedimenti
susseguenti all’annullamento giudiziale; che, in assenza
di risposta alcuna da parte dell’amministratore unico,
aveva chiesto al Tribunale di Marsala di provvedere alla detta
convocazione; che nel procedimento instauratosi la C. s.r.l.
si era costituita, eccependo l’avvenuta convocazione
e la tenuta della seduta assembleare, esponendo di aver inviato
l’avviso di convocazione presso il domicilio eletto
dal ricorrente ed annotato sul libro soci; che tale annotazione
era evidentemente falsa; che, venuto a conoscenza, dello svolgimento
della seduta assembleare, aveva contattato lo studio del notaio
Laurora in Roma, presso il quale essa si era svolta, così
venendo a conoscenza che era stato modificato lo statuto sociale;
che tali modifiche consistevano nell’attribuzione al
socio di minoranza G. Marcello Paolo, detentore di una quota
sociale pari al 13,25%, del diritto di nominare i membri del
consiglio di amministrazione, ovvero l’amministratore
unico, nonché nella previsione di un quorum deliberativo
dell’assemblea ordinaria e straordinaria, costituito
dall’unanimità dei presenti, a prescindere dalle
quote sociali degli stessi, nonché l’attribuzione
all’amministratore unico di ampi poteri di gestione
ordinaria e straordinaria e di rappresentanza; che il ricorrente,
pertanto, aveva inviato in data 29.12.2004 presso la sede
sociale un professionista munito di procura, al fine di visionare
i libri sociali e chiedere informazione all’amministratore
unico; che gli era stato impedito di accedere alla detta sede
ed esercitare il suo diritto di controllo; che per tali fatti
aveva presentato denunzia-querela presso la Procura della
Repubblica; che, in punto di fumus boni iuris, l’amministratore
unico della C. s.r.l. aveva illegittimamente impedito al ricorrente,
socio di maggioranza, di esprimere il proprio voto nell’assemblea
che aveva portato all’approvazione del bilancio ed alla
proroga dell’incarico dello stesso amministratore unico,
e la cui delibera era stata in seguito annullata dal Tribunale
di Marsala con la riferita pronunzia del settembre del 2004;
che l’amministratore unico (omonimo del ricorrente),
aveva compiuto altre e più gravi irregolarità
causative di danno alla società ed al patrimonio dello
stesso ricorrente, violando il dovere di regolare tenuta dei
libri sociali, sui quali era stato apposta una falsa indicazione
del domicilio del socio di maggioranza, così estromesso
dalla possibilità di partecipare alla cruciale delibera
del 2/12/2004; violando, altresì, la norma di cui all’art.
2479, I comma, c.c., a mente della quale le decisioni di approvazione
del bilancio e di nomina degli amministratori devono essere
adottate, salva diversa previsione dello statuto, con il voto
favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà
del capitale sociale; nonché la norma di cui all’art.
2476, comma II, c.c., a mente della quale i soci, nella libera
esplicazione del potere di controllo, hanno il diritto di
consultare i libri sociali; che tali condotte erano a fondamento
della volontà del ricorrente di promuovere azione di
responsabilità nei confronti dell’amministratore,
nonché revoca cautelare dello stesso e sequestro conservativo
dei suoi beni; che la delibera assembleare del 2.12.2004,
nel modificare lo statuto sociale, aveva illegittimamente
e gravemente inciso sui diritto del socio di maggioranza;
che in particolare, essa, nell’attribuire ampi poteri
all’amministratore unico e nel prevedere il diritto
di nomina dello stesso in capo ad un socio di minoranza, aveva
violato la norma di cui all’art. 2479 bis, comma III,
c.c..; che di tale operato doveva rispondere l’amministratore
unico, il quale aveva dichiarato l’assemblea “idonea
a deliberare sugli argomenti posti all’ordine del giorno”,
nonostante la presenza di soci che rappresentavano solo il
40% del capitale sociale; che l’amministratore era stato
altresì inadempiente almeno sino al 2.12.2004 all’obbligo
legale di provvedere all’adeguamento dello statuto sociale
alla riforma del diritto societario; che tutte le riferite
circostanze evidenziavano il pericolo che l’amministratore
unico depauperasse il proprio patrimonio personale al fine
di sottrarlo alla garanzia risarcitoria dei soci e della società,
nonché il patrimonio sociale e, conseguentemente, quello
personale del socio di maggioranza, ed infine che commettesse
ulteriori gravi irregolarità nella gestione sociale;
tutto quanto sopra premesso, chiedeva al Tribunale adito l’autorizzazione
al sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti
dell’amministratore unico della C. s.r.l., nonché
la revoca dello stesso, anche inaudita altera parte, preannunziando
nel merito di voler spiegare azione di accertamento delle
gravi irregolarità compiute dal resistente e di condanna
dello stesso al risarcimento dei danni patiti dal ricorrente,
da quantificarsi in € 150.000, o nella diversa misura
ritenuta di giustizia; con vittoria di spese.
Si costituiva Nicolò G. (ndr. amministratore unico
della C. s.r.l.), eccependo l’inammissibilità,
improponibilità e/o improcedibilità, della domanda
cautelare di revoca dell’amministratore per essere stata
essa proposta al di fuori di una già intrapresa azione
di responsabilità; nonché per difetto di strumentalità
della revoca rispetto all’azione instauranda nel merito,
indicata dal ricorrente siccome azione personale risarcitoria
e non già sociale di responsabilità; nonché
per difetto non emendabile di integrità del contraddittorio,
essendo necessaria la vocatio in ius della società;
eccependo, altresì, l’inammissibilità
della domanda cautelare di sequestro conservativo, pure invocata
a tutela anticipata della fruttuosità di una successiva
azione di responsabilità sociale, stante il suo collegamento
con l’inammissibile richiesta cautelare di revoca e
per la mancata indicazione delle conclusioni adottande nel
merito; l’insussistenza del fumus boni iuris, avendo
il ricorrente dedotto delle doglianze unicamente azionabili
con l’impugnazione della delibera assembleare del 2.12.2004,
non avendo proposto querela di falso avverso la copia autentica
del libro soci prodotta nel giudizio volto alla convocazione
giudiziale dell’assemblea, e non potendosi desumere
la presunta falsificazione dalla copia prodotta in quel giudizio
dal ricorrente, stante l’impossibilità di identificarne
con certezza la data; l’infondatezza della doglianza
relativa all’impedimento del diritto di controllo, avendo
il ricorrente effettuato le sue verifiche il 3.12.2003, il
27.7.2004 e non avendo fornito un congruo preavviso per la
verifica richiesta per il 28.12.2004; l’insussistenza
del periculum in mora, tanto nei riguardi della società,
quanto del socio; tutto quanto sopra premesso, concludeva
per la dichiarazione d’inammissibilità, improponibilità
od improcedibilità del ricorso, ovvero per il suo rigetto;
con vittoria di spese.
Ritenuto in diritto.
E’ pregiudiziale l’esame dell’ammissibilità
del ricorso.
E’ noto che chi si avvale di un rimedio cautelare –
in ossequio alla sua intima strumentalità rispetto
al successivo giudizio a cognizione piena – deve fare
chiara menzione delle domande proponende nel merito, in maniera
da consentire al giudice ed alla controparte di comprendere
la questio facti et iuris oggetto del giudizio, fermo restando
che, laddove essa sia comunque individuabile con sufficiente
certezza dal tenore del ricorso, tale condizione di ammissibilità
può ritenersi soddisfatta.
Non è dato di giungere a diversa conclusione in ipotesi
di azione cautelare proposta in materia societaria, nel vigore
della nuova disciplina di cui al d. l.gvo 5/2003, posto che
la stessa ha inciso ex art. 23 esclusivamente sull’efficacia
dei provvedimenti cautelari ante causam, svincolandoli dalla
necessaria proposizione del successivo giudizio di merito
ex art. 669 octies c.p.c., ma non certo sulla loro natura
strumentale od anticipatoria rispetto ad esso, per quanto
eventuale.
Nel caso di specie, il ricorrente ha sì indicato le
conclusioni adottande nel giudizio di merito: “accertare
e dichiarare che l’amministratore unico…ha compiuto
gravi irregolarità nella gestione della società…”,
“accertare e dichiarare che le gravi irregolarità…hanno
causato grave danno al socio…”, “per l’effetto
condannare l’ing. G. Nicolò…al risarcimento
di tutti i danni patiti e patiendi dal sig. Nicolò
G.…”.
Tali conclusioni, tuttavia, evidentemente riferibili ad un’instauranda
azione risarcitoria personale iure proprio del socio ricorrente,
appaiono in insanabile contrasto non solo con la stessa intestazione
del ricorso (si legge: “ricorso ex art. 2476, comma
III, c.c.”; ove è prevista la revoca come strumento
cautelare rispetto all’azione di responsabilità
sociale), ma soprattutto con diversi passi dello stesso.
In essi, infatti, si fa esplicita menzione della volontà
del socio di “promuovere azione di responsabilità
contro l’odierno amministratore ai sensi e per gli effetti
di cui all’art. 2476, comma III, c.c., domandando, altresì,
che l’Ill.mo Tribunale provveda al sequestro conservativo
dei beni dell’amministratore unico, al fine di garantire
l’esatto adempimento della pronunciando sentenza di
condanna e disponga, in via cautelare, la revoca dell’amministratore
unico dall’incarico illegittimamente prorogato fino
ad oggi” (pg. 8, in fine); nonchè “delle
gravi irregolarità gestionali, le quali fondano il
diritto dell’odierno ricorrente a promuovere contro
di lui (ndr. l’amministratore unico) azione di responsabilità
ex art. 2476 c.c..” (pg. 11).
L’evidente incertezza che ne deriva sulla direzione
di strumentalità (azione personale risarcitoria del
socio ovvero azione di responsabilità sociale) dei
rimedi cautelari azionati comporta l’inammissibilità
del ricorso.
Solo per completezza di motivazione, va rilevato che miglior
sorte non arriderebbe all’odierna iniziativa del ricorrente,
anche a volerla qualificare in un senso o nell’altro
sopra detti.
Laddove, infatti, si dovesse ritenere, dando preferenza alle
conclusioni indicate nel ricorso, che l’azione cautelare
intrapresa sia a tutela del diritto risarcitorio del socio
- qualificando all’uopo (e salva la valutazione sulla
sua teorica configurabilità) la richiesta di revoca
dell’amministratore siccome tutela atipica inibitoria
riconducibile all’art. 700 c.p.c. – comunque si
perverrebbe ad una pronunzia di rigetto.
Il ricorrente, infatti, non ha minimamente prospettato i
concreti pregiudizi subiti e ricollegabili alle dedotte irregolarità
gestionali dell’amministratore unico, limitandosi a
ritenerli inammissibilmente in re ipsa.
Né la lamentata strategia di estromissione del ricorrente
dalla partecipazione alla vita sociale, quand’anche
sussistente, può ritenersi di per sé sola foriera
di danni patrimoniali, ben potendo comunque la gestione sociale
da parte dell’amministratore resistente (e degli altri
soci di minoranza) essere teoricamente addirittura fruttuosa
e redditizia (anche) per il socio di maggioranza.
Tanto è sufficiente ad escludere già il fumus
boni iuris, inteso come probabilità di fondatezza del
diritto azionato, posto che di esso è elemento costitutivo,
unitamente alla condotta contra ius ed al nesso eziologico,
il danno ingiusto.
Con riferimento alla domanda di sequestro conservativo, poi,
devesi osservare che il ricorrente non ha in alcun modo provato
un concreto pericolo di depauperamento del patrimonio del
debitore, tale da far determinare una incapienza della sua
garanzia patrimoniale, il che escluderebbe del pari il periculum
in mora.
Laddove, invece, si volesse qualificare la domanda cautelare
siccome strumentale ad una successiva azione sociale di responsabilità
ex art. 2476 c.c., dando preferenza interpretativa ai passi
contenuti in ricorso sopra riportati, dovrebbe, innanzitutto,
ritenersene l’ammissibilità anche relativamente
alla richiesta di revoca dell’amministratore.
E’ infondata, infatti, l’eccezione d’inammissibilità
della domanda cautelare per difetto di integrità del
contraddittorio non emendabile sollevata da parte resistente.
A parte il fatto che non è dato di capire quale sia
il fondamento logico e normativo di un’eventuale impossibilità
per il giudice di disporre l’integrazione del contraddittorio
in ipotesi di ritenuto litisconsorzio necessario, è
proprio quest’ultimo che nel caso di specie deve essere
escluso.
La norma di cui all’art. 2476, III comma, c.c., infatti,
nell’attribuire al singolo socio un potere autonomo
di proposizione della domanda di responsabilità sociale
non fa altro che configurare una ipotesi tipica di sostituzione
processuale, rispetto alla quale non ha senso parlare di litisconsorzio
necessario, posto che società e socio sono la stessa
parte giuridica, sia pure nelle rispettive e differenti vesti
di sostituito e di sostituto.
Tale evidenza, del resto, trova logica conferma a contrario
nella stessa disposizione di cui all’art. 2393 bis,
III comma, c.c., laddove, proprio perché si tratta
di deroga ai menzionati principi generali e per ritenute ragioni
di opportunità, è espressamente previsto, in
caso di società per azioni, che l’azione di responsabilità
promossa dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale
sociale sia comunque notificata alla società, che deve
essere chiamata in giudizio.
E’ infondata, poi, l’eccezione d’inammissibilità
della domanda cautelare di revoca sollevata da parte resistente,
secondo cui lo strumento cautelare di cui all’art. 2476,
III comma, c.c., potrebbe essere azionato soltanto in corso
di causa di responsabilità sociale e non già
prima della proposizione della medesima.
Tale tesi - pure sostenuta in dottrina in seguito all’introduzione
della citata norma ed alla contestuale eliminazione, nel caso
di società a responsabilità limitata, della
ricorribilità all’analogo strumento previsto
dall’art. 2409 c.c. in ipotesi di denunzia al Tribunale
(mediante la mancata riproduzione nella disciplina novellata
della s.r.l. del rinvio prima contenuto nell’art. 2488,
ult. comma c.c.) - non può essere condivisa.
Essa si fonda su di un’errata interpretazione del dettato
normativo (a mente della quale “l’azione di responsabilità
contro gli amministratori è promossa da ciascun socio,
il quale può altresì chiedere, in caso di gravi
irregolarità nella gestione della società, che
sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori
medesimi”), che fa leva sulla previsione del rimedio
della revoca nella sedes materiae dedicata all’azione
di responsabilità sociale ed immediatamente dopo la
previsione della medesima.
La riferita formulazione, tuttavia, non può essere
interpretata nel senso sopra riferito, sol perché si
limita a prevedere nello stesso comma, oltre all’azione
di responsabilità in capo a ciascun socio, anche (“altresì”)
il rimedio cautelare della revoca dell’amministratore
(ma non già il solo rimedio in corso di causa).
Non va dimenticato, del resto, che a mente dell’art.
669 quaterdecies c.p.c. (sostanzialmente richiamato dall’art.
23, ultimo comma, d. l.gvo 5/2003) la disciplina generale
uniforme dei procedimenti cautelari di cui agli artt. 669
bis e ss., e quindi pure dell’art. 669 ter che prevede
l’azionabilità del rimedio ante causam, si applica
anche agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice
civile e dalle leggi speciali, salvo il limite dell’incompatibilità.
Nel caso di specie, oltre a non esserci alcuna espressa deroga
all’applicabilità della norma di cui all’art.
669 ter c.p.c.., non è dato di rinvenire alcuna incompatibilità
strutturale implicita tra essa e tra la tutela de qua; ed
anzi, un significativo elemento di segno contrario si coglie
nella generalizzata preferenza accordata dal legislatore della
riforma societaria proprio allo strumento cautelare ante causam,
il quale ex art. 23 d. l.gvo 5/2003 non perde efficacia se
la causa di merito non viene iniziata, salva la possibilità
di revoca o modifica dello stesso.
Ciò non toglie che, con l’avvenuta tipizzazione
della misura cautelare della revoca siccome strumentale all’azione
sociale di responsabilità da parte del socio di una
s.r.l., il legislatore ha inteso ancorare la concessione della
prima al concreto verificarsi di un danno al patrimonio sociale,
presupposto necessario della seconda, in sostanza riducendo
rispetto al passato e rispetto al vigente regime in materia
di società per azioni – nell’ottica “liberalizzatrice”
sottesa alla riforma societaria - l’ambito di controllo
da parte dell’autorità giudiziaria, attivabile
ex art. 2409 c.c. anche solo in presenza di irregolarità
gestionali determinanti un mero pericolo di danno.
Ciò avrebbe parimenti comportato, dunque, il rigetto
della domanda cautelare per difetto del fumus boni iuris,
stante anche in tal caso l’assenza di deduzione, ed
a fortiori di prova, di qualsivoglia concreto danno al patrimonio
sociale ricollegabile alle lamentate condotte illegittime,
elemento, come detto, imprescindibile anche dell’azione
di responsabilità di cui all’art. 2467 c.c..
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le
spese di lite.
P.Q.M.
visti gli artt. 669 bis e ss., 671, c.p.c. e 23 d. lgvo.
5/2003
dichiara inammissibile il ricorso;
compensa tra le parti le spese di lite.
Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza.
Marsala, 15.3.2005
Il Giudice
Pier Luigi Tomaiuoli
La redazione di megghy.com
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